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lunedì 13 maggio 2024 ..:: Eam Lab PA 2600 ::..   Login
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 Eam Lab PA 2600 Riduci

 

 

INTRO

E' passato qualche mese da quel nebbioso pomeriggio in cui resi visita alla EAM Lab dei fratelli Pizzi, azienda produttrice di amplificazioni Hi End che opera in quel di Parabiago. Quella capatina fu indubbiamente fruttuosa: me ne tornai a casa con un bell'HA 600 nel baule della mia auto e il voice recorder nel taschino che conservava numerose info della ditta, compresa la sua storia e quella del fuoriclasse che avevo a bordo. A quell'appuntamento seguì un mesetto di attenti ascolti che condusse alla stesura della mia recensione.

La visita si è ripetuta a Febbraio di quest'anno, esattamente un mese prima della presentazione al Milano Hi End del nuovo finale PA 2600, quando il ricordo dell'HA 600 era ancora abbastanza vivido nella mia memoria. Questa volta nel baule della mia Astra 1600 c'era proprio lui, un esemplare del finale di potenza stereo PA 2600 che, tengo subito a precisare, differiva però dalla più recente release in diversi particolari pur ricalcandone nella sostanza l'impostazione tecnica e sonora. La curiosità di ascoltare il 2600 è stata grande sin dal primissimo approccio: avrebbe retto il confronto con il raffinato 600? Se si, quali le differenze del carattere timbrico? Molti meno dubbi si addensavano sulle capacità di pilotaggio e di erogare corrente, basta dare un'occhiata alle specifiche tecniche elencate nel "Datasheet" per intuire che si tratta di un oggetto capace di grandi potenzialità, perfettamente in grado di pilotare anche i sistemi più impegnativi come gli ostici elettrostatici.

Sull'onda di questa riflessione il mio pensiero va all'ultimo Milano Hi End, la cui eco non si è ancora estinta: ricordo bene con quale autorevolezza i finali EAM Lab riuscivano a pilotare i diffusori dell'ingegner Renato Giussani, sia i grandi sistemi da pavimento GR Delta R9 Mk2 e GR Delta R10 Mk2 che i sorprendenti bookshelf "Butterfly".

Si fa un gran parlare nei forum dell'"overdose" di apparecchi immessi sul mercato. Spesso ci si accapiglia discutendo sul nuovo corso dell'Hi Fi, cioè di quel fenomeno, quantomeno bizzarro visto il calo di vendite dovuto alla terribile crisi economica che ci attanaglia, dell'incontrollata proliferazione di nuovi oggetti destinati alla fedele riproduzione della nostra amata musica. Un assortimento che diventa sempre più vasto con il risultato di rendere difficoltosa la scelta dell'acquirente, assalito da mille dubbi e costretto a muoversi in un mare di possibilità.

Sorge quindi il dilemma se sia opportuno aggiungere sempre nuovi modelli a quelli già esistenti. Vi do subito la mia personale risposta, affermativa, in quanto l'attributo di "pleonastica" che si vuole dare a larga parte della produzione attuale mostra dei limiti in una superficiale lettura del fenomeno. Due i principi che guidano la mia riflessione, uno è l'evoluzione delle linee produttive dettata dal miglioramento delle tecnologie e l'altra, forse ancora più importante per l'audiofilo, che riguarda le differenze caratteriali segno distintivo di ogni apparecchio, un po' come è impossibile tra i miliardi di esseri umani che popolano la terra trovarne due perfettamente uguali. Starà all'appassionato individuare il temperamento che più si confà ai suoi gusti, seguito dall'esplorazione degli abbinamenti con sorgenti, cavi e diffusori, che possano esaltarne le qualità mitigando eventuali intemperanze. No, la mia non è un'incitazione al My Fi ma una lettura realistica delle infinite possibilità offerte dalla produzione attuale, fermo restando che ritengo una chimera pervenire al "suono ideale" mentre è possibile tentarne l'approssimazione.

Tali considerazioni si attagliano perfettamente all'orientamento dell'EAM Lab, impegnata nella soddisfazione di una fetta sempre più larga di audiofili come nella differenziazione dell'indole sonica dei suoi prodotti.

 

 


L' EAM LAB PA 2600 ALLA SBARRA.

Specifiche tecniche:

Power: 310 + 310 Watt RMS su 8 Ohm
Power: 560 + 560 Watt RMS su 4 Ohm
Power in Bridge: 1240 Watt RMS su 8 Ohm
Rated Voltage Output RMS: 45 Volt
Rated Voltage MAX output RMS: 85 Volt
Frequency Response (+0/-3db , 1 Watt/8 Ohm): 15 Hz - 60 kHz /-6db at 135 kHz
THD + Noise (4 ohm 1 kHz): < 0,01%
Damping Factor (10 - 400Hz at 4 Ohm): >300
Input CMRR (1 KHz): >70db
Input Sensivity: 1,1 Vrms (full power 4 Ohm)
Impedance in unbalanced: 25 KOhm
Impedance in balanced: 10 KOhm
Hum and Noise: >95 dB
Crosstalk: >70 dB
Type of Class: AB High Polarized
Filter Storage: 44.000 µF
Max Current out (full power 2 Ohm): 40 A
Dimension in mm. (L x P x H ): 380 x 420 x 200
Weight: 28 Kg
Safety Guard Protection Type: Active CC in Out, Short wiring cable.
Safety Guard Protection Type: Passive Fuse on power rail, Fuse on power AC
Anti Shunt Power On: 3 Sec.

L'EAM Lab si sta dimostrando come azienda "iperattiva" e dotata di notevole spirito d'iniziativa. Le recenti novità parlano non solo di upgrade di modelli già esistenti a catalogo, come nel caso del protagonista della nostra prova, ma anche del ribollire in pentola di nuovi prodotti. L'azienda dei fratelli Pizzi è un vero fiume in piena, fautrice di un netto incremento della sua produzione che, partita da pochi modelli, oggi offre una rosa ben più vasta rispetto a soltanto qualche mese fa. Al momento della mia precedente visita infatti non si parlava ancora dell'HA 300, del formidabile HA1k2, del TO 3.16, PA 2300 e PA 2150. E' quindi evidente il proposito di allargare le possibilità offerte al cliente sia verso l'alto, con il potentissimo HA1k2 (monofonico da 600 Watt RMS su 8 Ohm), sia verso il basso, dove con questo termine s'intendono amplificazioni di potenza più contenuta ma perfettamente atte a sonorizzare anche grandi ambienti domestici con diffusori di sensibilità media e medio-bassa.

Venendo al nostro, in cosa differisce il nuovo 2600 rispetto alla precedente versione? E' presto detto: è stata ottimizzata la stabilità termica di tutto il circuito avendo riprogettato lo stadio di ingresso e quello differenziale, è migliorata anche la diafonia (separazione tra i canali) con due schede distinte per ogni canale e non una sola per entrambi, sul fronte della resa sonora invece, come affermavo nell'introduzione, nessun cambiamento perché componenti e transistor finali sono i medesimi.
 
L'amplificatore finale di potenza stereofonico PA 2600 nasce da un progetto risalente al 2000, si tratta di una delle prime realizzazioni della Eam Lab ed è basato su schemi circuitali utilizzati nel professionale. Si presenta con una veste massiccia e molto solida; non indifferente, anche se non eccessivo considerata la potenza in gioco, il peso di 28 Kg. Il frontale è costituito da una spessa lastra di alluminio spazzolato dello spessore di 10 mm, mostra un design comune a tutti i modelli EAM: semplice ma raffinato.

Nell'esemplare che ho avuto per il test c'era soltanto il pulsante d'accensione e un led che indicava la messa in tensione, un po' diverso da quello definitivo destinato all'acquirente il quale, oltre al pulsante e al led, ha serigrafato il logo aziendale e il nome del modello in basso a destra. Manca la finestra centrale illuminata presente invece nella serie "HA", un particolare che aiuta a differenziare le gamme con un immediato colpo d'occhio. Sul retro dello chassis, in alto, sono accolti gli ingressi di segnale per i due canali: XLR bilanciati e RCA sbilanciati, subito al di sotto troviamo quattro morsetti multifunzione di ottima fattura per i diffusori che accettano banane, forcelle e cavo spellato.

In basso a sinistra c'è la vaschetta IEC per il collegamento del cavo di alimentazione con accanto un fusibile da 6,3 Ampere. Sul metallo del cabinet rimangono molto evidenti le impronte digitali di chi lo maneggia, è un difettuccio di poco conto... basta una passatina con un panno, magari imbevuto con un po’ di Vetril o simili per rimuoverle. Sulle fiancate dello chassis decorre un'ampia alettatura che si rivela molto efficace nella dissipazione del non indifferente calore prodotto dai transistor finali.

Bene, è giunto il momento di andare oltre il vestito parlando delle specifiche tecniche e lo facciamo citando uno dei dati più eclatanti di questo sostanzioso finale: la potenza erogata è di 310 + 310 Watt, un valore che ne consente l'ingresso nel ristretto Olimpo delle amplificazioni di alta potenza e lo rende in grado di pilotare praticamente di tutto: dal poco sensibile minidiffusore al sistema elettrostatico affamato di watt. La classe di funzionamento è la A/B ad alta polarizzazione, questo significa che l'amplificatore lavorerà in classe A per una buona dose di Watt per poi passare alla B. In condizioni di funzionamento "condominiale" e con diffusori di sensibilità media credo che ben difficilmente ci sarà il passaggio alla "B" se non nei picchi dinamici.

Quello che impressiona però non sono solo i 310 Watt ma ciò che è possibile tirare fuori su un carico di 4 Ohm (560 + 560 Watt) e soprattutto nel funzionamento a ponte in cui si arriva all'erogazione di ben 1240 Watt RMS su 8 Ohm, segno di una sezione di alimentazione dimensionata senza alcun risparmio. Nella sezione di filtro dell'esemplare in mio possesso erano utilizzati sei grossi condensatori Daewoo da 3.300 μF ciascuno per un totale di 19.800 μF, ordinatamente montati nella porzione della grande PCB subito a ridosso del frontale. Le cose però si sono evolute e tra i miglioramenti introdotti nel nuovo PA 2600 annotiamo l'incremento della capacità di filtro, più che raddoppiata passando a 44.000 μF grazie a 4 condensatori da 10.000 μF montati sotto le due board.

Con un'"artiglieria pesante" di questo calibro il dato complessivo di corrente che il PA 2600 è in grado di erogare su un carico di 2 Ohm è di ben 40 Ampere. Ottime notizie provengono dal fronte del "Damping Factor" il cui valore (tra 100 e 400 Hz su un carico di 4 Ohm) si attesta su un rilevante 300, un risultato possibile grazie alla bassissima impedenza d'uscita interna che presenta uno stato solido e che nel caso del PA 2600 equivale a 0,013 Ohm in un range di frequenze particolarmente critico per il controllo delle membrane.

Il modus operandi della EAM Lab risente della lunga esperienza consumatasi nel professionale, tale approccio si ritrova anche su questo modello che è progettato con il sano principio di una grande affidabilità, robustezza, buona ingegnerizzazione e dotazione di tutte quelle protezioni che è giusto impiegare su un ampli di questa potenza. Un occhiata più attenta al layout circuitale inoltre ci permette di apprezzare una grande pulizia, senza cablaggi a vista. La configurazione dello stadio finale è in push-pull, dieci i dispositivi attivi adoperati per ognuno dei canali, divisi in cinque Iscsemi 2SC5200 1142 che lavorano di concerto con cinque Iscsemi 2SA1943 1142 mentre nella sezione pilota è impiegata una tripletta di piccoli semiconduttori, sempre Iscsemi: due MJE340 1142 e un MJE350 1142 per canale, i più curiosi e tecnicamente ferrati potranno accedere al PDF dei Datasheet cliccando sul link.

In uscita verso gli altoparlanti troviamo un relè Good Sky MI-SH-212L che provvede a staccare repentinamente la corrente in caso di corto circuito. Il grosso e pesante trasformatore toroidale è nascosto alla vista dalla grande PCB che ospita tutti i componenti elettronici, durante il funzionamento si è rivelato molto silenzioso nonostante la notevole quantità di VA che è in grado di fornire, segno di un'efficace insonorizzazione.

L'operazionale ST Microelectronics ST LM324N G40230FS V6 G4 CHN già incontrato sull'HA 600, si occupa di controllare lo stato dell'amplificatore. Non poteva mancare infine l'utile dispositivo Anti Shunt, una protezione che impedisce l'arrivo improvviso della tensione piena al trafo di alimentazione e alle capacità di filtro. Come sappiamo una richiesta di corrente intensa e repentina potrebbe far scattare i relè del contatore, cosa che non avviene se rendiamo l'assorbimento più progressivo. L'esemplare in mio possesso non aveva questo dispositivo e, infatti, in più occasioni all'accensione del finale son dovuto andare in cantina per riattaccare la corrente.


Un "Rotary Position Sensor" della spagnola Piher.

 

 

EAM LAB PA 2600: UNA BELLA GIORNATA DI SOLE.
GLI ASCOLTI

Il setup:
Personal Computer HP G62 con player Foobar 2000
Scheda audio E-MU Creative Pre Tracker Pre USB 2.0
Giradischi Pro-ject Debut II SE con testina Denon DL 160
Cavi di segnale Fluxus 2*70 S
Cavi di potenza Fluxus LTZ 900
Cavi di alimentazione Fluxus "Alimentami"
Diffusori: Canton LE 109 - Dynavoice Definition DF-6 - Pure Acoustics PRO 838

Il primo vantaggio di avere a disposizione un finale così potente consiste nel fatto che non ci saranno perplessità riguardo al pilotaggio del diffusore che andremo ad abbinargli in quanto, come dicevo poc'anzi, in un ambiente domestico anche di dimensioni molto grandi non si verificherà mai alcuna difficoltà a rendere alte SPL indistorte. Piuttosto il problema si pone al contrario, dovremo cioè stare attenti alla "manetta" per non inviare agli altoparlanti una dose eccessiva di watt che potrebbero danneggiarli. Tutte e tre le coppie di diffusori in mio possesso (temporaneo per le PRO 838, di passaggio per una recensione) hanno beneficiato dell'impostazione timbrica, molto sana e concreta, di questa creazione EAM lab.

Il PA 2600 spicca per l'energia che sprigiona su tutta la banda audio, ha un'impostazione sostanzialmente neutra e una grande vivacità sul registro medio-alto corroborata da una musicalità al di sopra di ogni sospetto. E' stato molto bravo nel mitigare la "freddezza" delle Canton LE 109, tedesche nella costruzione e nell'anima, rendendole meno spigolose e più musicali mentre nel caso delle Definition DF-6, diffusori più morbidi e naturali, è stato proprio il brio in gamma alta a renderle più vive e pulsanti. Un breve cenno sulla resa delle piccole e economicissime Pure Acoustics, anch'esse nobilitate dal timbro "Cristal Clear" dell'ampli parabiaghese, ma con queste più che altro ho dovuto stare attento a non "sbragarle" con una quantità di watt per loro insostenibile.

Decido di partire con una "terapia d'attacco": dosi massicce di musica sinfonica tardoromantica, Bruckner e Mahler su tutti, con qualche puntata sull'amato Richard Strauss e un'elettrizzante ascolto dei "Pianeti" di Gustav Holst. Il "la" alla seduta viene dato dalla magniloquente seconda sinfonia di Gustav Mahler in do minore "Risurrezione", nell'interpretazione di Simon Rattle con la City of Birmingham Symphony Orchestra. Il repentino attacco iniziale dei violoncelli nell'Allegro Maestoso stabilisce un clima ad alta tensione con delle volute dense e materiche dove è percepibile senza sforzo il colore ligneo dello strumento ad arco.

Nella seconda, come in altre sinfonie di Mahler, si alternano momenti di rarefatta riflessione, proposti in maniera quasi cameristica, ad altri di feroci esplosioni orchestrali, l'integrità emozionale di questi improvvisi soprassalti dinamici non può essere resa in tutta la sua efficacia che da un'amplificazione generosa. Tra le frecce al suo arco deve esserci quella di una riserva di corrente, e velocità nell'erogarla, di assoluto rispetto, diversamente la rappresentazione si appiattirà perdendo parte della sua abilità nel suscitare forti emozioni. Il PA 2600 riesce benissimo nell'intento anche nelle due regioni estreme della banda audio, dove un'eventuale carenza di energia depriva la musica della sua completezza, ecco allora che le grandi percussioni sinfoniche (timpani e grancassa) non perdono un solo grammo della loro devastante efficacia, neanche nei transienti più impegnativi.

La sinfonia n° 7 in mi maggiore di Anton Bruckner è uno scrigno ricolmo di bellissime melodie. L'andamento qui assume una connotazione più distesa e ieratica, all'apparato riproduttivo è richiesta, oltre alla competenza nel trattare l'imponente massa orchestrale, una non indifferente capacità di analisi necessaria a rendere intellegibili i complessi blocchi armonici creati dalle varie sezioni orchestrali. Non da meno dovrà essere l'accuratezza timbrica, basilare per rendere credibile, per esempio, il nitore brunito delle quattro tube wagneriane impiegate nel corso della composizione. L'EAM Lab si dimostra valido nel ricreare la sontuosa massa orchestrale senza rimpicciolirla in una scena costretta nelle dimensioni. Insomma non si verifica assolutamente quello che un sagace recensore ha definito L"effetto presepe". La sezione degli ottoni svetta con nettezza di accenti unita a una solida luminosità. Le prestazioni dinamiche, micro e macro, l'impatto restituito sono di piena soddisfazione. Più in là negli ascolti riconosceremo con maggior evidenza questa tremenda efficacia, soprattutto nel genere Fusion e Rock.

Ritorno al prediletto Mahler con "Des Knaben Wunderhorn", ciclo di lieder per soli e orchestra in cui il grande compositore di Kaliště mise in musica le ventiquattro poesie dal ciclo curato da Achim von Arnim e Clemens Brentano. Lo posseggo nell'interpretazione di Claudio Abbado con i mitici Berliner Philharmoniker, solisti Anne Sofie Von Otter e Thomas Quasthoff. L'amalgama tra i soli e l'orchestra è perfetta. Il PA 2600 è dotato di un registro alto eminentemente lucido ed energico, piacevolmente consistente ma sempre molto corretto. Volendo fare un paragone sportivo direi che possiede lo scatto del centometrista non indulgendo mai a mollezze "audiophile", un tipo di riproduzione che ritrovo nella musica cameristica con la Sonata per violino e pianoforte n° 5 in fa maggiore op. 24 "La Primavera" di Ludwig Van Beethoven. La ricca fioritura di melodie intessuta dal violino ed echeggiata dal pianoforte si fa notare per il timbro forte, estroverso ma allo stesso tempo rispettoso delle sfumature più delicate, nulla viene perso per strada grazie a una buona capacità analitica che sonda alla grande e delinea con precisione il profilo armonico dei due strumenti.

Decido di approfondire la tematica degli strumenti ad arco avventurandomi nell'esplorazione di registri più scuri con le sei Suite per violoncello solo di J.S. Bach nell'interpretazione del grande Pierre Fournier. L'intensa matericità dello strumento, meravigliosamente fotografata dall'ottima registrazione Archiv, trova una valida corrispondenza nella straordinaria corposità del mediobasso del PA 2600. Il suono ha un'intensità fantastica, da vero peso massimo, questo EAM Lab manifesta grande equilibrio d'intenti, non elefantizza la riproduzione ma riesce a mantenersi agile nei transienti, il risultato preserva la snella levigatezza della danza, il timing insomma non viene per nulla pregiudicato pur nell'ambito di uno spessore timbrico/armonico fuori dal comune.

Potenza, avvolgenza e intensità di accenti nelle note dei Weather Report, grande gruppo fusion degli anni '70 - '80. Le irripetibili atmosfere lunari di Night Passage con Dream Clock non temono cadute di tensione, il suono dei piatti della batteria di Peter Erskine si diffonde pastoso, il giusto tempo di permanenza nell'aria non rinsecchisce il suono del metallo sino a condurlo all'acuminatezza, ne guadagna il corpo che appare integro nel suo spessore. E' la volta di "Port of Entry", sempre dall'album capolavoro "Night Passage", ricco di ritmi sapientemente cadenzati. Le frasi di basso di Jaco Pastorius vengono esaltate dall'ottima articolazione fornita dal PA 2600, le note scorrono potenti e profonde; capirete che poter disporre di un damping factor di 300 da 100 a 400 Hz è un dato che può fare la differenza proprio dove occorre una prestazione tesa, pronta e reattiva negli sbalzi dinamici.

Le atmosfere si fanno più rarefatte in "Badia", dall'album del 1975 "Tale Spinnin'", il dialogo tra le tastiere elettroniche dell'indimenticato Joe Zawinul e gli strumentini che suggestivamente ricreano un clima da monastero tibetano trovano un incontro perfetto, di una musicalità mai erosa da eccessi iper-radiografanti ma sempre coerente con la visione che il PA 2600 vuol dare di se stesso: quella di una perfetta macchina da musica ricca di una confortante pienezza di suono, prosperosa e giunonica nella floridezza che riesce a esprimere, ma non per questo molle nella sua espressione. Il PA 2600, quando occorre, balza sulla materia sonora con scatto felino, sorretta dai muscoli di un agile e nello stesso tempo possente centometrista. Dall'album studio "Black Market" ascolto in sequenza "Cannon Ball", "Elegant People" ed "Herandnu", i quali mi sembrano degni per concludere in bellezza questa parentesi reportiana. Molto presente il drumming di Alex Acuña, comunque equilibrato con gli altri elementi del gruppo in un impasto tonalmente corretto dove nessuna voce prevarica innaturalmente l'altra.

I Gentle Giant sono un'altra band della mia giovinezza che mi ha accompagnato per lunghe ore e ancora oggi allieta le mie giornate di musica quando ho voglia di quello che un acuto giornalista inglese negli anni '70 definì "Baroque and Roll", cioè un azzeccatissimo mix di atmosfere rinascimentali e rock progressive che ancora oggi conserva intatta la sua freschezza. L'impeto ritmico dimostrato in "Free Hand", brano dall'omonimo album, è reso con notevole focalizzazione, una scena naturale e credibile agevolata dal supporto vinilico. Estraggo ora un dischetto argenteo dalla custodia, è "Aquiring the Taste", il lavoro dove forse il gruppo britannico ha dato il meglio di se, ascolto "Pantagruel's Nativity" e subitanea s'instaura una formidabile atmosfera onirica, segue l'ammiccante "The House, the Street, the Room" contraddistinto da interessanti intrecci vocali che il PA 2600 rende con buona almalgama e nettezza di contorni.

Un plauso va al palcoscenico sonoro che il nostro è in grado di ricostituire e non solo per le dimensioni molto ampie e svincolate dal seppur minimo accenno di scatolarità, ma anche dal notevole fuoco di tutto ciò che si muove nel suo ambito. Due qualità, che probabilmente possono sembrare inconciliabili, come la fluente musicalità e la precisione dei contorni strumentali, convivono in uno stesso amplificatore. A coronamento della parentesi dedicata al Gigante Gentile ascolto "Funny Ways", tratto dall'album d'esordio "Gentle Giant" del 1970 dove i fratelli Phil e Ray Shulman danno sfoggio della loro bravura di polistrumentisti. Belli i fiati, morbidi e incandescenti nella loro naturale metallicità, dalla rimarchevole presenza.

Ritrovo un entusiasmante Fabrizio De Andrè, artista che tassativamente nelle mie sedute d'ascolto non deve mancare. La sua voce è tratteggiata con completezza sia nel registro medio-alto che nel basso, forte di un'intensità non timidamente abbozzata ma vissuta a tutto tondo, senza tentennamenti o approssimazioni. La prestazione ha il pregio di una grande schiettezza, con franchezza si dipana il tessuto musicale.

Il gran finale è riservato alla caleidoscopica produzione discografica di Stanley Clarke, rigoroso costruttore di trame musicali ricche di feeling Jazz-Rock. In alcuni passaggi a volume sostenuto talvolta fa capolino qualche indurimento sulle frequenze alte, la loro marcata vivacità può in certi momenti diventare un po' eccessiva e trasformarsi in una certa tendenza all'aggressività, il rischio che questo fenomeno si verifichi aumenta in presenza di registrazioni non eccelse, magari "spinte" sulle alte e/o con sorgenti che vanno nella stessa direzione.

Il mio consiglio è di abbinare il PA 2600 con partner neutri, rigorosi e non protagonisti nel registro medio alto, ben accette anche quelli inclini a una certa morbidezza ma, attenzione, non carenti in focalizzazione per non macchiare la notevole accuratezza che il PA 2600 denota nella delineazione del palcoscenico tridimensionale. Gli amanti del vinile non saranno assolutamente delusi da questo finale così come i digitalisti che si avvalgono di sistemi moderni, improntati alla naturalezza e quanto mai lontani dalla vetrosità del numerico prima maniera.

 


CONCLUSIONI

La EAM Lab definisce l'amplificatore finale di potenza stereofonico PA 2600 come "entry level" di qualità... con grande modestia aggiungo io.

La dinamica azienda di Parabiago in verità ha dato alla luce un'elettronica concreta, schietta e potente, forse non altrettanto raffinata dell'HA 600 ma ricca di un'appagante musicalità. Impetuoso nei generi musicali più energici ma sempre controllato, attento a non allontanarsi mai da un comportamento di grande correttezza tonale. Operante in classe A/B ad alta polarizzazione, utilizza transistor bipolari di ultima generazione capaci di gestire correnti molto elevate, la possibilità di poter configurare l'amplificatore in modalità Mono Bridge lo rende molto versatile. La configurazione a ponte (BTL) si rivela particolarmente efficace quando dal proprio sistema si vuole ottenere il massimo in termini di potenza ed efficienza. In BTL il PA 2600 diventa a tutti gli effetti un monofonico di enorme potenza: erogante la bellezza di circa 1300 watt RMS su 8 Ohm, ovviamente ne occorreranno due per creare un sistema stereofonico.

L'imponente erogazione di corrente asseconda l'espressione di una dinamica pressoché inesauribile, grazie all'eccellente capacità di pilotaggio non teme carichi impegnativi o poco ortodossi essendo in grado di domare alla grande qualsiasi sistema di altoparlanti. Una cosa è certa: chi si mette in casa un PA 2600 non andrà incontro ad alcuna spiacevole sorpresa né in termini di resa musicale né di watt erogati. Nel contesto dei parametri valutati mi sento di assegnargli un bel 10. Interfacciatelo preferibilmente con sorgenti e diffusori neutri, tonalmente equilibrati o anche leggermente tendenti al morbido ma dalle capacità di analisi immacolate e vi ripagherà con tantissime ore di musica riprodotta al meglio.

Alfredo Di Pietro

Marzo 2012


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