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venerdì 19 aprile 2024 ..:: EAM Lab PA 2150 ::..   Login
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 EAM Lab PA 2150 Riduci

 

 

Il biscione visconteo colpisce ancora...

 

Risale a pochi giorni fa la pubblicazione su Non solo audiofili dell'ultima News proveniente da quella fucina di buon suono che è la EAM Lab. L'anteprima parlava del nuovo HA 360.2, un imperioso amplificatore finale di potenza foriero di importanti novità non solo estetiche (viene abbandonato il frontale a linee curve in favore di un disegno più pulito ed essenziale) ma anche e soprattutto tecniche con l'introduzione del nuovo modulo HDCA (High Dynamic Current Amplifier), messo a punto nei laboratori Eam Lab. In sintesi, questo dispositivo consente l’amplificazione del segnale in corrente prima che venga consegnato allo stadio pilota, driver e di uscita, cioè i tre stadi canonici preceduti dal differenziale d'ingresso negli amplificatori controreazionati.

L'HDCA è simile ad un OpAmp ma completamente costituito da componenti discreti, dotato di una banda passante di 1 MHz e bassissima distorsione (THD dichiarata addirittura dello 0,00001%), con una linearità di risposta entro 0,1 dB tra 1 Hz e 250.000 Hz. Ma il dato forse più importante, visto il delicato compito cui questa sezione è preposta, è l'immunità ai noti fattori disturbanti esterni come vibrazioni, interferenze AC e RF. E' ampiamente intuibile l'importanza di affidare ai successivi stadi un segnale che sia integro ed esente da sporcizia elettrica: se ciò che sta a monte non è valido, quello che segue non può fare miracoli o "resurrezioni di segnale". Si vocifera anche di un amplificatore integrato atteso per meta marzo circa, si chiamerà S300I e farà parte della linea "economica" Serie 300. Coming Soon anche un'integrato Hi-End, l'S900I facente parte della linea 900.

Non si può certo affermare che la EAM Lab sia un'azienda pigra, impegnata com'è a perfezionare continuamente i suoi modelli e produrne di nuovi. In questo dinamismo non si allontana però dalle sue radici, che sono ben piantate su precise idee di come debba essere concepita una buona amplificazione. Dopo aver apprezzato le qualità dell'HA 600, PA 2600 prima serie, TO 3.8 e il preamplificatore HP 01, posso spingermi a dire di avere ben interiorizzato il feeling di casa, ritrovandolo in tutte le realizzazioni pur con qualche variazione sul tema.

Il progettista Emanuele Pizzi con la sua attuale produzione ha compiuto un'efficace osmosi più che un parallelismo tra il mondo "audiophile" e quello "Pro", ha messo a frutto i tanti anni di esperienza nel professionale affinando le qualità delle sue elettroniche sino a renderle perfettamente mature per una clientela esigente e, diciamolo, anche parecchio schizzinosa come quella degli audiofili cosiddetti hiendisti. Ne è venuto fuori un mix di virtù che connota tutte le amplificazioni targate EAM Lab, fatto di affidabilità, robustezza, correttezza, potenza, preclare capacità di pilotaggio e bella timbrica.

Sostanza e concretezza potrebbero essere i due termini più adatti per definire gli oggetti sfornati dall'azienda parabiaghese. In fondo quello che conta davvero non sono le categorizzazioni cui ci ha portato un certo modo di concepire l'Hi Fi, fortemente condizionato da un approccio pubblicistico alla materia. Al di fuori e al di là di un certo tipo di letteratura audio, come sono solito definirla, ciò che conta è la capacità di fare dei buoni progetti, mettere la massima cura laddove è necessario per creare degli oggetti ben funzionanti. Solo se le basi tecniche sono solide ci si potrà mettere anche l'anima, magari infondere un feeling particolare, anch'esso riconducibile a determinate scelte tecniche o di componentistica.

 

 

LA GAMMA PA

La linea PA sta alla base della produzione EAM Lab e si ispira agli stessi criteri delle serie maggiori, vale a dire l'ammiraglia HA e la TO, mentre lo Studio 300 si presenta come un "outsider" di schietta impronta "Pro", espressamente dedicato al pilotaggio degli studio monitor professionali ma che mi piacerebbe scoprire sin dove è in grado di spingersi. Possiamo quindi considerare questa serie, composta dai due modelli 2150 e 2600, come la entry level del marchio, realizzata a vantaggio di chi non intende rinunciare a una qualità al di sopra di ogni sospetto senza spendere delle cifre importanti. Nelle intenzioni del progettista non sono nati quindi come una riproposizione "povera" o in sedicesimo dei fratelli maggiori ma come delle amplificazioni, sempre interamente assemblate in Italia, che grazie a una ponderata ricerca di materiali hanno beneficiato di un significativo abbattimento dei costi di produzione.

Una volta tanto l'economia orientale non c'entra, l'intero catalogo è frutto dell'estro e dell'alto artigianato italiano. Dal punto di vista tecnico-sonico sono perciò da considerare esponenti a pieno titolo della filosofia EAM Lab, in grado di pilotare efficacemente in ambiente domestico anche sistemi di altoparlanti ostici. Se è vero che il più potente PA 2600 può disporre di ben 310 + 310 Watt su 8 Ohm, il PA 2150, che è dichiarato per averne "solo" 130 per canale sullo stesso carico, al banco di prova ha dimostrato di averne 20 in più, una potenza rispettabilissima e spesso a mio parere sovrabbondante per un utilizzo Home.

I due finali, pur avendo una corrente di polarizzazione leggermente diversa, dal punto di vista circuitale praticamente si equivalgono mentre gli stadi finali differiscono per il numero dei transistor d'uscita: quattro in meno nel 2150 rispetto all'"artiglieria" esibita dal fratello maggiore, tutto il resto è uguale. In virtù della maggior potenza quindi con il 2600 si potrà osare di più spingendosi sino al pilotaggio degli elettrostatici, bestia nera per ogni amplificazione.

Nel catalogo di un marchio può succedere che i modelli più economici siano meno correntosi rispetto ai top, ma in casa EAM Lab l'alta potenza è un requisito cui non si è voluto assolutamente rinunciare, prima di tutto credo per non sminuirne la versatilità al momento dell'abbinamento con i diffusori e poi per non avere difficoltà a seguire l'ampia dinamica offerta dai moderni file digitali in alta risoluzione. E' opinione comune tra gli audiofili che un amplificatore possa essere messo in crisi dalla bassa sensibilità di un sistema di altoparlanti, oltre che da un modulo e argomento d'impedenza impegnativi, ma meno frequentemente si fa caso al fatto che lo stesso tipo di problema si può presentare nella riproduzione di un file audio a 96 kHz/24 bit, specialmente in registrazioni "nature" (leggi non compresse) di grandi orchestre sinfoniche.

Laddove l'escursione dinamica spicca per la sua ampiezza, un'elettronica dev'essere in grado di sostenerla senza cedimenti, in questo frangente non ci sono santi ne miracoli, entry level o no occorre la giusta dose di Watt. Un'altra dote che non deve mancare è l'elevato standard qualitativo della componentistica, il tanto anelato bel suono non si consegue solo con una felice progettazione ma anche con la qualità dei transistor finali, condensatori e altri elementi cruciali che concorrono alle performance di qualsiasi amplificazione. Produrre un buon oggetto economico è un po' come avere a disposizione una coperta corta, nell'azienda di Parabiago sono stati quindi ben attenti a coprire le parti giuste curando con attenzione componentistica e affidabilità e risparmiando sul layout circuitale, più semplice e quindi meno costoso da realizzare rispetto a quello dei modelli Top.

Dopo un buon numero di progetti e una lunga esperienza sul campo, sono stati individuati dei punti importanti, irrinunciabili a parere del progettista Emanuele Pizzi, che devono essere curati in tutte le amplificazioni, povere o ricche che siano. Ecco perché questa serie è stata fatta sulla falsa riga della linea Hi-End, compresi i condensatori Audio Grade con basso ESR, le resistenze a film metallico con tolleranza all’1% e dispositivi di uscita a bipolari ad elevata banda passante. L'affidabilità è assicurata da un set di controlli e protezioni molto semplici ma dal funzionamento sicuro. Il rilevamento di un'eventuale tensione DC in uscita, per esempio, è demandata alla circuitazione proprietaria ILPTM (Intelligent Lock Power) già impiegata negli amplificatori HA, Studio e TO mentre per l’alimentazione il circuito di antishunt e controllo della corrente di erogazione è disponibile solamente sul PA 2600.

Non è stata ovviamente trascurata la protezione da elevati stress termici, compito affidato a un disgiuntore da 10 A posto direttamente sulla linea di alimentazione che interviene se la temperatura supera i 90° C. Se questa evenienza si presenta, il disgiuntore spegne l’amplificatore e lo riaccende automaticamente quando si scende sotto i 70° C. 

 

 

EAM LAB PA 2150

INTRODUZIONE ALL' HIGH END

 

 

CARATTERISTICHE TECNICHE

 

Potenza RMS con entrambi i canali pilotati tra 20 Hz e 20 kHz:

130 + 130 Watt su carico di 8 Ohm - 230 + 230 su 4 Ohm

THD: 0,03% (a 900 Hz piena potenza @ 8 Ohm)

Impedenza ingresso: 47 kOhm bilanciato/25 kOhm sbilanciato

THD Vs Frequenza: +/- 0,4% tra 5 kHz e 20 kHz

Rapporto SN: >97 dB

Damping Factor: >120 (100 Hz @ 4 Ohm)

Max tensione di uscita: 34 Volt

Max corrente di uscita: 18 Ampere

Dimensioni: 470 x 400 x 200 mm

Peso: 18 Kg

Consumi (@230Vac Full Power): 2,54 Ampere

Connettori: XLR Neutrik Ingressi RCA/Binding Post 8 mm Wire (uscite diffusori)

Filtro rete: no

Protezioni: ILP - Disgiuntore termico 90°

Dissipazione: A convezione

 

 

DESCRIZIONE

 

Il "Packaging" del PA 2150 ricalca gli stilemi dell'azienda parabiaghese, il frontale in alluminio spazzolato di ottimo spessore (quasi 1 cm) ha la tipica forma rettangolare dove le linee non sono rette ma curve. Sul pannello anteriore sono presenti semplicemente il led azzurro di messa in tensione "Power on", che inizialmente lampeggia per alcuni secondi, con sotto il pulsante di accensione. In basso segue il logo del marchio, il biscione visconteo, simbolo araldico che rappresenta un serpente ondeggiante. Simpatica la sua stilizzazione: la coda termina con una spina elettrica mentre la bocca non è impegnata a ingoiare un fanciullo ma emette delle onde sonore. Il simbolo vuole essere una dichiarazione non certo di mansuetudine ma di aggressiva potenza e la dice lunga sulle capacità di corrente di queste elettroniche.

Il coperchio nero presenta diverse feritoie, superiormente e lateralmente, per favorire lo smaltimento del calore che si sviluppa durante il funzionamento, anch'esso è piuttosto pesante e robusto contribuendo all'impressione di solidità generale. Capovolgendo l'apparecchio troviamo i quattro robusti piedoni in alluminio massiccio che fanno da base allo chassis e le sei viti con testa cava esagonale che fissano i due dissipatori in posizione verticale al fondo del telaio.

Il lato "B" è appena più affollato, dovendo accogliere le connessioni di segnale bilanciate (XLR) e sbilanciate (RCA), selezionabili tramite apposito commutatore a levetta, e quelle di potenza (degli ottimi e robusti binding post multifunzione WBT). In basso a sinistra c'è il fusibile con accanto la vaschetta IEC 230 V/50-60 Hz per il collegamento del cavo di alimentazione. L'aspetto, ribadisco, è solido, senza fronzoli e tradisce la lunga esperienza del progettista nel campo del professionale.

Una volta scoperchiato, il PA 2150 mostra il consueto ordine cui le realizzazioni EAM Lab ci hanno abituato. Guardando dalla parte del frontale possiamo esaminare la sua "geografia": sulla destra c'è il grosso trasformatore toroidale da 500 VA assicurato al fondo con una grossa vite bullonata, accanto si vede la basetta che gestisce l'accensione con il relay elettromagnetico ad alta corrente Rayex Electronic L90A-12W.

Sul lato opposto, a ridosso del pannello posteriore è presente la PCB che gestisce gli ingressi.

Il lato sinistro del telaio ospita il cuore elettronico dell'amplificatore. Su due grossi dissipatori sono montate, tramite corti distanziatori, le Board dei due canali con la relativa circuiteria, mentre a diretto contatto con il metallo ci sono i sei transistor finali di potenza, ben distanziati tra loro.

Gli elementi attivi sono un trittico di Iscsemi NPN 2SC5200 e un altro di Iscsemi PNP 2SA1943 come la tecnologia a simmetria complementare richiede, entrambi analoghi agli omonimi Toshiba.

Sullo stesso circuito stampato sono alloggiati i due condensatori di filtro, in totale 4 Rubycon da 4700 μF-63V per i due canali a raggiungere una capacità complessiva di 18800 μF.

 

 

LA TECNICA

 

Il PA 2150 è un classico amplificatore a tre stadi, presenta quindi un differenziale d'ingresso, in sostanza un preamplificatore che entra nel meccanismo della controreazione. La sua funzione è accettare il segnale che arriva dalla sorgente e amplificarlo in Push-Pull. Il differenziale del PA 2150 è a simmetria complementare, cioè costituito da una coppia di transistor NPN e PNP, ciascuno dedicato all’amplificazione di una semionda del segnale audio. Quella della simmetria complementare è una scelta circuitale implementata in tutte le sezioni, dall'inizio alla fine.

All'ingresso seguono i tre stadi complementari che sono il "Driver", il "Pilota" che fornisce corrente alle basi dei transistor e il "Finale" vero e proprio con i dispositivi attivi. Il progettista ha deciso di orientarsi verso la filosofia circuitale a simmetria complementare con retroazione, convinto che le elettroniche a "Zero Feedback" siano utilizzabili su basse potenze d'uscita e abbiano una stabilità perfettibile, con la controreazione invece si ottiene un ottimo controllo di tutti i parametri insieme a una notevole stabilità. Ricordiamo che nel meccanismo della retroazione negativa il segnale in uscita dall'amplificatore (Su) viene riportato all'ingresso dopo essere passato attraverso un quadripolo di retroazione (feedback - β), il quale genera a sua volta un segnale di retroazione (Sr) che verrà poi sottratto (o sommato) a quello d'ingresso correggendolo.

In questo modo è possibile definire con precisione il guadagno e generare un "codice d'errore", mediante il quale eventuali allontanamenti dalla correttezza vengono assestati.

Per il TO 3.8 e la serie PA si è optato per la configurazione appena descritta mentre nell'HA 600 il differenziale d'ingresso è in Cascode con specchio di corrente di tipo Wilson, l'ideale quest'ultimo per ottenere dei bassi segnali da un'alta tensione d'ingresso. Si tratta di una soluzione circuitale che prevede due transistor in serie ed ha tra i suoi vantaggi il conseguimento di una buona banda passante, un'alta resistenza di uscita e un notevole guadagno di tensione.

Nello stadio d'ingresso, allo scopo di avere un minor residuo di offset d'uscita, è stata operata una buona selezione sui transistor, necessaria anche per limitare il rumore dato dall'utilizzo di diversi dispositivi attivi. Gli stadi che seguono (Pilota, Driver e Finale) altro non fanno se non amplificare sempre più il segnale generando una corrente adeguata a pilotare le basi dei transistor d'uscita. Il problema dei transistor bipolari (BJT) è che hanno un coefficiente di temperatura positivo, questo significa che più scaldano e più generano corrente per cui, se non adeguatamente limitati, innescano un pericoloso effetto valanga che cresce sino alla rottura vera è propria.

Questa deleteria eventualità viene scongiurata da un transistor sensore di temperatura, il quale interviene togliendo corrente alle basi dei transistor quando i gradi calore aumentano oltre un certo segno, la sua funzione è dunque controllare la corrente di polarizzazione dello stadio finale affinché si stabilizzi su valori corretti. In buona sostanza l'azione di vigilanza è effettuata non sui gradi centigradi ma sugli Ampere, che vengono limitati al salire della temperatura per non superare determinati valori di guardia. A differenza degli altri stadi, nel PA 2150 quello pilota funziona in classe A.

 

 

LE MISURE

 

HARDWARE E SOFTWARE

 

Dummy Load & Differential Front End Lym Audio

Scheda Audio E-MU Creative Pre Tracker USB 2.0

Filtro di rete Schaffner FN9290-10-100

Multimetro Digitale True RMS PCE-UT61E

Software: Arta - Steps.

Cablaggio di segnale: Supra RCA-6

Cablaggio di potenza: Labirinti Acustici Fluxus.

 

Da qualche mese è entrato a far parte della mia strumentazione il Lym Audio Dummy Load & Differential Front End, un dispositivo molto utile, direi indispensabile per poter testare un amplificatore, anche erogante in BTL (Bridge Tie Load). Si tratta di un apparecchio complesso, costruito su mie specifiche dall'azienda varesina, un "tre in uno" che integra un Instrumentation Amplifier fornito di stadio differenziale in ingresso, un carico fittizio che sopporta potenze sino a 400 Watt su 8 Ohm/800 Watt su 4 Ohm e un partitore di tensione su tre posizioni di attenuazione: 0, -20 e -40 dB, provvidenziale per non far defungere prematuramente la scheda audio sotto le bordate di un'eccessiva tensione.

Oggi curo con più attenzione anche il filtraggio di rete a monte del DUT (Device under Test) con un filtro Schaffner FN9290-10-100, non tutte le elettroniche sono dotate di filtraggio autonomo e il PA 2150 è una di queste. Oltre ai vistosi Ground Loop che sono all'analisi spettrale come un pugno in un occhio, ci sono disturbi più sottili, più difficili da individuare come gli EMI e soprattutto gli RFI, in grado di inficiare l'accuratezza delle misure e che possono essere validamente combattuti dai filtri di rete.

La scheda audio E-MU ha lavorato sempre in modalità ASIO, con la minima dimensione di buffer possibile per un funzionamento senza problemi. Il Wave Format è stato impostato su "Float", come consigliato da Arta nel caso di utilizzo dei driver ASIO.

La medesima configurazione è stata adottata nel secondo programma (Steps), che ho utilizzato per la misura della Distorsione Vs Frequenza e Distorsione Vs Ampiezza.

Tutte le misure sono state eseguite con entrambi i canali in funzione.

Il Guadagno è stato calcolato inviando un segnale test sinusoidale a 400 Hz/0,552 Volt in ingresso all'amplificatore, preventivamente collegato al carico da 8 Ohm, e misurando la tensione in uscita con il multimetro. Con tale segnale la tensione ai morsetti d'uscita si è attestata su 8,745 Volt, per un guadagno di 23,996 dB.

dB=20*Log(VOut/VIn)

dB=20*Log(8,745/0,552)

dB=20*Log 15,842

dB=20*1,199

dB=23,996

Impostando il generatore di frequenze di Arta e Steps a 0 dBFS si ottiene la massima uscita in voltaggio del segnale (2,2 Volt RMS).

In queste condizioni il PA 2150 è arrivato a erogare una tensione di 34,72 Volt, corrispondenti a 150,684 Watt su carico di 8 Ohm, oltre 20 in più rispetto al dato dichiarato nelle specifiche tecniche.

 

 

La risposta in frequenza rilevata a 1 Watt (2,83 Volt su 8 Ohm) si svolge molto regolarmente nell'ambito di una banda passante non particolarmente ampia. Il roll off agli estremi si manifesta con i 20 Hz attenuati di 0,2 dB rispetto ai 1000 Hz e i 20.000 Hz a -1,02 dB. La piega si fa più consistente oltre tale limite raggiungendo i -3 dB alla frequenza di circa 36 kHz. Le rilevazioni a 8 e 4 Ohm coincidono.

Potrà sembrare un eccesso di zelo rilevare la fase in un amplificatore, ma mi sembra interessante guardare insieme i risultati.

A 20 Hz siamo in presenza di una rotazione positiva di 21,7°, la rotazione si annulla (0°) a 452 Hz per poi diventare vieppiù negativa con valori che raggiungono i -21 a 10 kHz e -41 a 20 kHz.

Il PA 2150 purtroppo non è del tutto immune ai disturbi generati dalla frequenza di rete, parlo dei 50 Hz e armoniche che sporcano leggermente l'analisi spettrale. Nonostante questo il valore della THD rilevata a 2,83 Volt è buono, attestandosi sullo 0,0082%, con una TND+N dello 0,11%. Tutte le acquisizioni spettrali (SPA) sono graficate in modalità lineare. Altro particolare da tenere presente è l'attenuazione applicata al segnale in uscita dal carico fittizio e inviato all'ingresso della scheda audio, necessaria per non saturarlo o magari mandarlo in fumo. In modalità Hi-Z/line la mia scheda accetta in ingresso segnali sino a 9,1 dBu (2,208 Volt RMS), capirete bene che non è salutare per lei digerire segnali che arrivano sino a 32,249 Volt (130 Watt su 8 Ohm)! Tutte le acquisizioni quindi sono state portate a termine impostando il partitore di tensione a -40 dB.

Tenendo fisso il voltaggio a 2,83 Volt, passiamo alla misura della distorsione di intermodulazione con doppio tono a 13 e 14 kHz, dove il nostro PA 2150 ha esibito uno 0,092% con una componente di seconda armonica (DFD2) dello 0,024%, inferiore alla terza, risultata invece dello 0,085%.

Si prosegue con la IMD ma con doppio tono spostato più in alto, a 19 e 20 kHz. In questo caso i tassi percentuali crescono allo 0,27% con la componente di secondo ordine sempre in vantaggio sulla terza (DFD2 0,051% - DFD3 0,26%), un trend confermato anche dalle misure eseguite con Steps e che indica un aumento dei tassi nella regione delle alte frequenze.

Allontanandosi dalle zone più alte i tassi distorsivi di intermodulazione tendono ad abbassarsi. Ce ne dà conferma la SMPTE IMD con doppio tono a 250 e 8000 Hz, la quale mostra un confortante 0,085%. Inversione di rotta per quanto riguarda le componenti di secondo e terzo ordine: in questa misura è la terza a essere più contenuta con lo 0,034% (MD3), contro lo 0,076% della MD2.

Si sale con il voltaggio arrivando a quota 22,803 Volt (65 Watt su 8 Ohm), ci troviamo a metà della potenza massima dichiarata. Come vedremo dalle prossime rilevazioni, effettuate alla massima potenza di targa (130 Watt), i tassi di THD e THD+N a 1000 Hz si mantengono costanti e inferiori al dichiarato (0,03% a piena potenza). Sul grafico di Arta leggiamo rispettivamente uno 0,013% e 0,045%, ottimi valori per un "entry level" di questa potenza.

0,15% la SMPTE IMD 250-8000 Hz. Da sottolineare il valore particolarmente basso della componente di terzo ordine, soltanto dello 0,031%.

Nell'analisi spettrale condotta alla massima potenza di targa (130 Watt su 8 Ohm, corrispondenti a una tensione di 32,249 Volt) si possono apprezzare i vantaggi della controreazione: anche a potenze rilevanti e praticamente coincidenti con la massima, i tassi si rivelano sempre contenuti ed estremamente stabili. I dati dello 0,018% riguardante la THD e dello 0,045% per la THD+N coincidono in sostanza con quelli stimati a metà potenza, in particolare la THD+N è la medesima.

La IMD SMPTE con ratio di 4:1 a 32,249 Volt si attesta allo 0,21%, le due componenti di secondo e terzo ordine sono abbastanza vicine, rispettivamente 0,18% (MD2) e 0,091% (MD3).

Sin qui abbiamo preso in esame la distorsione armonica rilevata su segnale test sinusoidale a 1000 Hz. Con i grafici che seguono do il via alle misure della distorsione armonica (THD - Seconda e Terza) Vs Frequenza, non a banda intera ma allargando quella individuata nelle specifiche (5 kHz e 20 kHz) a 500/20.000 Hz. Sempre tre le tensioni considerate (2,83 V - 22,803 V - 32,249 V) e uguale attenuazione fornita dal partitore di tensione (-40 dB) (per la precisione -39,952 dB).

Si osserva una regolare e omogenea risalita dei tassi sulle alte frequenze, a partire da circa 1 kHz, seconda e terza armonica si incrociano a 8 kHz invertendo la tendenza manifestata più in basso, dove la terza risulta inferiore alla seconda, seppur di poco. A 20 kHz la terza sovrasta la seconda: 0,257% contro 0,110%.

Salendo in tensione si perde l'andamento uniforme manifestato ai bassi voltaggi. A 22,803 Volt si verifica una certa impennata dei valori dopo i 2000 Hz, che porta la terza armonica a raggiungere il 10% nei pressi a 10.258 Hz, molto più bassa la seconda che si limita all'1,3% alla stessa frequenza, valori che rimangono immutati sino alle frequenze più alte. L'incrocio con inversione di tendenza tra seconda e terza, in questo caso viene anticipato a 1600 Hz.

La fotografia scattata a piena potenza, 32,249 V = 130 Watt su 8 Ohm, ripropone una situazione pressoché analoga pur se la stabilizzazione dei tassi verso l'alto avviene a una frequenza più bassa (6500 Hz contro 10.000 Hz). Da notare che la magnitudo subisce un evidente roll off sulle alte frequenze, di conseguenza anche i tassi distorsivi seguono questo andamento con una lieve deflessione nel range 6-7000/20.000 Hz. La situazione è più evidente nel primo grafico, quello che esprime i livelli relativi secondo la scala logaritmica.

Si tratta chiaramente di una situazione limite, è molto improbabile che ci si troverà ad ascoltare in queste condizioni. Normalmente, con diffusori dalla sensibilità media l'erogazione di potenza continua non va oltre pochissimi Watt, aumentando in regime impulsivo e sui picchi dinamici.

Terminiamo la carrellata di misure con le rilevazioni di THD e DIN IMD 250/8000 Hz, singolarmente prese e riunite in overlay per un più agevole confronto. L'andamento della THD Vs potenza non è sempre scontato come si crede, da uno stato solido ci si aspettano dei valori molto bassi sino alla brusca impennata oltre un certo limite, nei valvolari invece la salita è più dolce e costante, per certi versi più prevedibile. Le due categorie hanno quindi un modo diverso di distorcere, improvvisa e brusca nello stato solido, più blanda nel termoionico. Sono rimasto sorpreso a riconoscere nell'andamento del PA 2150 un profilo che somiglia più alla seconda che alla prima, pur trovandoci di fronte a un ampli a transistor "duro e puro".

Si va dallo 0,006% sino allo 0,017% in una progressione regolare.

Più elevati i valori della DIN IMD, com'era lecito aspettarsi. In questo caso sono di dieci ordini superiori, estendendosi da un minimo dello 0,063% a un massimo dello 0,19% alla potenza di 80 Watt.

 

 

EAM LAB PA 2150. UNO "STATUS SYMBOL" MUSICALE

L'ASCOLTO

 

SETUP

 

Preamplificatore Rotel RC 06

Personal Computer HP G62 con player Foobar 2000

Scheda Audio E-MU Creative Pre Tracker USB 2.0

M2Tech hiFace DAC 384/32

JRiver Media Center e Foobar 2000 Software

Giradischi Pro-Ject Debut II SE con fonorivelatore Denon DL 160

Cavi di segnale Fluxus 2*70 S

Cavi di potenza Fluxus LTZ 900

Cavi di alimentazione Fluxus "Alimentami"

Diffusori Canton LE 109

Diffusori Dynavoice Definition DF-6

Diffusori VEF Radiotehnika RRR Gold FS-500.1

 

"We'll wait in stone circles 'til the force comes through lines joint in faint discord and the stormwatch brews a concert of kings as the white sea snaps at the heels of a soft prayer whispered".

(Jethro Tull - "Dun Ringill" - Stormwatch)

 

Lo confesso, il PA 2150 mi è piaciuto così tanto da diventare un elemento fisso nella mia catena, direi imprescindibile per portare a termine le prove d'ascolto con un partner consono.

Sgombrare il campo dalle pregresse esperienze può diventare compito arduo, soprattutto quando a ripresentarsi alle orecchie è un marchio noto. Mi direte che un recensore, sia pur dilettante, non può fare tabula rasa del suo vissuto, non può materialmente perché ciascuno di noi è, lo voglia o no, condizionato dalle sue conoscenze e non può di punto in bianco far finta che non esistano. Eppure il termine "sgombrare il campo" ha una sua ragione sottile, che va intesa nel senso di far piazza pulita dei pregiudizi che insieme all'esperienza possono accumularsi in ciascuno di noi. Ecco la cosa più difficile: giudicare con mente libera sbarazzandosi di tutti i condizionamenti che provengono dall'oggetto che si ha di fronte. Tutto deve sparire, censo, prezzo, blasone e quant'altro per lasciare spazio alle pure sensazioni d'ascolto. Una chimera? non saprei ma ci provo...

Con questo sano proponimento mi accosto al primo brano della mia compilation d'ascolti, Warm Sporran dall'album Stormwatch dei Jethro Tull, un bel concept album del 1979 che posseggo sia in vinile che nella versione "Digital Remastered". Il brio strumentale viene reso con smalto dalla catena riproduttiva, traspare immediatamente la notevole dolcezza del mandolino di Martin Barre, la notevole riserva di potenza rende molto piacevoli i segnali impulsivi di basso e batteria, mai tosati nella dinamica. Il PA 2150 ricama con grazia l'atmosfera Folk Rock del lavoro dalla prima all'ultima nota senza alcun segno di asprezza o vetrosità. Proseguo sulla strada delle sonorità flautate con Travelogue di Joni Mitchell, la raffinata artista canadese qui lascia la sua chitarra nella custodia per prodursi in una serie di deliziosi capolavori di fantasia e sensibilità dove la sua particolare voce si incontra a meraviglia con l'orchestra sinfonica. Resto quasi incantato dalla gamma centrale, levigata, lucida e fluente in un effluvio di musicalità davvero coinvolgente.

La considerazione per la gamma media, senza nulla togliere alle altre, è destinata a diventare il leitmotiv degli ascolti. E' ancora Joni Mitchell a stregarmi con una delle sue più belle song, parlo di Both Sides Now dall'album omonimo. Il caratteristico timbro vocale si avvantaggia della rilassata naturalezza di cui è capace questo finale, decido di scollegare il preamplificatore e ascoltare in "presa diretta": M2Tech hiFace DAC 384/32 e PA 2150, volume controllato via software da JRiver, nessun patema d'animo riguardo perdite di risoluzione abbassando il volume perché il software interviene sovracampionando. La resa così è ancora più dettagliata, ogni minima inflessione acquista il giusto peso, confortata dall'eccellente risoluzione e microdinamica della hiFace.

Il PA 2150 rivela un equilibrio semplicemente perfetto, abbastanza carezzevole ma meno del pacioso TO 3.8 che invece ha dalla sua una maggior compostezza nelle zone superiori di erogazione. A onor del vero bisogna dire si tratta di due oggetti di diversa caratura e impostazione timbrica, più essenziale e veloce il nostro, più opulento lussureggiante il TO 3.8 che si avvicina molto al suono dei valvolari. Compiendo un salto di tre secoli, dal genere West Coast passo al barocco con Domenico Scarlatti e le sue numerosissime sonate per clavicembalo, ben 555. Uno dei suoi interpreti più validi è stato Scott Ross, prematuramente scomparso all'età di soli 38 anni, autore di una delle più belle integrali di questo immenso corpus di sonate. Le registrazioni sono di buon livello, l'EAM Lab riesce ad ammorbidire, rendere più caldo il carattere tendente al freddo delle Canton LE 109 pur conservandone l'analiticità. Il timbro metallico dello strumento non è mai appuntito, arricchito da una folta messe di armonici risulta in qualunque occasione rotondo e corposo. Mediamente, questo EAM Lab ha una scena molto stabile, discretamente a fuoco e con una buona riproposizione dell'ambienza, ma soprattutto molto ampia.

E' ora di passare alla musica jazz con un gigante del pianoforte, Michel Petrucciani, e lo faccio nel migliore dei modi ascoltando il "Triple best of Petrucciani", una specie di summa della sua immensa cifra artistica. Petrucciani aveva un senso dello swing molto pronunciato, un modo di suonare che esaltava il carattere percussivo dello strumento. Sulla bontà della gamma media abbiamo già detto, in questo triplo album, per'altro molto ben inciso, spicca la luminosità del tocco e i rapidi sbalzi dinamici che le dita di Petrucciani imprimono ad ogni nota, si apprezza nei momenti più distesi la superlativa liquidità del "middle ground" mentre nei più concitati prevalgono le grandi doti dinamico/impulsive di questo finale. Il risultato è il conseguimento di quella naturale vitalità che avvicina alla sensazione di realtà.

Nessun impianto può surrogare la partecipazione umana all'evento, ma una buona approssimazione (incisione permettendo) è certamente in grado di intensificare il piacere d'ascolto, rendere più vive le nostre emozioni. Mi concentro anche sulla resa della batteria, gli assoli esplosivi con cui metto a rischio i trasduttori delle mie due torri li riservo di solito per la fine, per divertirmi un po'. Ora no, è il momento di gustarsi la raffinata arte percussionistica di accompagnamento a splendidi brani come "She did it again", "Regina". In "Sahara" le spazzole su pelli e piatti hanno il giusto peso, quando il batterista passa alle bacchette trovo il suono dei piatti ride particolarmente corposo e pulito senza lack di incisività.

Nella mia discoteca liquida ho giusto qualche album di musica sinfonica in alta risoluzione, di quelli giusti per mettere alla frusta le capacità dinamiche del sistema, sin qui solo vellicato da escursioni tutto sommato non sconvolgenti. Una grande orchestra ben registrata comprende davvero i salti di livello più arditi che si possano concepire, altro che il piattume di certe registrazioni ipercompresse, per capirlo basta ascoltare l'incipit della Sinfonia da requiem di Benjamin Britten nell'interpretazione di Michael Stern con la Kansas City Symphony Orchestra, una splendida registrazione della Reference Recordings a 88.200 Hz/24 bit. Complici le Canton LE 109 con la loro buona tenuta in potenza, mi concedo un ascolto a volume sostenuto.

Il fortissimo colpo di timpani iniziale della composizione è davvero in grado di far sobbalzare dalla sedia l'ignaro ascoltatore e i tanti Watt di cui dispone il PA 2150 si rivelano efficaci nel trasfondere il necessario vigore all'evento sonoro. Una sensazione che viene replicata all'ascolto dell'unisono timpani-grancassa in Fanfare for the common man di Aaron Copland. Ritorno sulla prima registrazione e la musica di Benjamin Britten con il delizioso The young person's guide to the orchestra, qui si ammira il prezioso cesello di un'orchestrazione magistrale, l'arcobaleno della cangiante gamma umorale disegnata dal grande compositore britannico su un tema di Henry Purcell. L'EAM Lab non indugia sull'iperdettaglio, certe leziosità "audiophile" non sono nelle sue corde pur non mancando il fuoco e una giusta dose di analiticità. Si lascia apprezzare piuttosto per la visione d'insieme, il grande equilibrio generale, la corposità e una giusta miscela tra verve e musicalità.

E' una fisionomia che ritrovo in Carmina Burana di Carl Orff, un'altra registrazione eccellente in 88/24 della Chandos. Fortuna imperatrix mundi, o fortuna ha delle dimensioni alla Cecil B. DeMille, la massa corale è omogenea e compatta stagliandosi sullo sfondo di una scena che non soffre di certo dell'effetto presepe, ampia e magniloquente com'è. La tentazione di ascoltare da capo a fondo questa cantata scenica è forte, vado avanti con i brani a seguire, scorrono come in un film Primo vere-Veris leta facies, Uf dem anger-Tanz, Uf dem anger-Floret Silva e altri, una vera delizia per le orecchie.

Qualche difetto dovrà pur averlo questo diavolo di finale! Mi dico... A essere proprio cattivi l'Hum di fondo da breve distanza dai diffusori è sensibile, anche se in posizione d'ascolto sparisce praticamente del tutto. Cerco allora di coglierlo in fallo sulle sibilanti, metto a riposo le Canton LE 109 e collego le Dynavoice Definition DF-6 che sulle voci femminili sono meno fredde. E' la volta della voce graffiante di Janis Joplin, ascoltata a volume poco condominiale in Me and Bobby McGee, il PA 2150 si avvantaggia di una gamma media di grande qualità, il feeling irripetibile della cantante texana passa con efficacia, solo qualche indurimento quando il volume sale ulteriormente ma qui è difficile individuare se la colpa è dell'amplificatore piuttosto che i diffusori. Com'era prevedibile, stupendamente limpida, sinuosa e sensuale la prestazione vocale di Etta James.

Vi ricordate il famoso leitmotiv di cui parlavo? Tenetelo bene a mente e andate ad ascoltarvi il PA 2150...

 

 

CONCLUSIONI

 

Con il PA 2150 la EAM Lab ha dimostrato come possa essere labile la linea di confine tra un amplificatore relativamente "affordable" e la cosiddetta Hi End. Certe cose non si improvvisano, l'esperienza, la conoscenza approfondita delle soluzioni circuitali più idonee e anche un certo "manico" possono fare la differenza offrendo agli amanti della musica uno strumento di sicura qualità, polivalente, che non presta il fianco a critiche. Nel PA 2150 c'è tanta sostanza e un'ottima dose di sana musicalità, il suono in gamma media è levigato, pulito, del tutto privo di grana o spigolosità di sorta, potente e controllata la gamma bassa, corretta la alta senza ricorrere a furbeschi effetti speciali che tanto in passato hanno intorbidato le acque dell'alta fedeltà. L'EAM Lab rende efficace ogni programma musicale senza alcun tipo di forzatura, con civiltà e ammirevole equilibrio.

Si dice che la calma è la virtù dei forti, qui abbiamo davanti un'elettronica che non esprime stentoreamente le proprie qualità, piuttosto le amministra con misura pur essendo in grado di dare la classica zampata da leone quando occorre. L'impostazione è eminentemente neutra, con il PA 2150 non credo proprio che si andrà incontro a sorprese in fase di abbinamento, ha la vigoria necessaria per smuovere il 99% dei woofer in commercio e la compostezza tonale per non influenzare invasivamente il carattere di nessun sistema di altoparlanti. Questa è la sua forza. Unico neo riscontrato è un certo ronzio, percepibile in assenza di segnale da distanza ravvicinata, che però sparisce in posizione d'ascolto durante lo svolgimento del programma musicale. In sintesi, un piccolo campione di potenzialità dinamiche e bel suono a un prezzo vantaggioso.

Il costo del PA 2150 è di 1990 euro.

 

Ringrazio Emanuele Pizzi delle EAM Lab per aver contribuito alla stesura delle note tecniche sul PA 2150!

 

Alfredo Di Pietro

Febbraio 2014


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