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BREVE STORIA DELLA NOR-SE TRASFORMATORI

Egidio Mapelli

C'è un filo sottile nella storia dell'alta fedeltà che lega scienza e arte, così come ogni attività umana portata a livelli estremi di raffinatezza grazie alla genialità e all'assiduo lavoro di persone illuminate. È un'equazione che qualcuno nega, magari irridendo chi l'ha formulata. "Sono solo elettrodomestici" dice qualcun altro, "da collegare alla rete elettrica e far funzionare". Ci sono poi persone speciali, come Egidio Mapelli, titolare della Nor-Se Trasformatori, che sono riuscite a individuare il modo per poter conciliare questi due concetti. Anni, decenni di passione per l'audio e per i trasformatori elettrici, arte e scienza appunto, testimoniano la sua volontà di lasciare un buon ricordo nel mondo della riproduzione del suono. È storia di questi giorni, d'altronde, il rilascio sul mercato di una seconda e migliorata versione del suo Step-Up per testine, in sostituzione della prima che già andava molto bene, a comprovare la sua inestinguibile sete di perfezionismo. Egidio, da me sollecitato, sbircia tra i meandri della memoria e mi racconta la storia della sua azienda, lui che ha sempre operato nel mondo dell'audio svincolandosi dai cliché del tecnico "puro e duro". L'incipit della sua attività coincide con l'ingresso nella ditta Baldrighi dell'ingegner Griffini, uno dei cinque uomini che avevano fondato la Geloso. Ancora molto giovane, Egidio ha iniziato a lavorare per quest'azienda, dedita alla realizzazione di trasformatori esclusivamente per la nota ditta dell'ingegner Giovanni Geloso, realtà molto nota per la sua produzione di radio, televisori e registratori audio a nastro (chi non ricorda il mitico Gelosino degli anni '60?)



Il suo ruolo di novello apprendista in una ditta così vicina alla milanese di via Sebenico, gli dette occasione di conoscere personalmente l'ingegnere. Il tempo passa e si arriva al 1981, anno in cui Egidio Mapelli si mise in proprio con un'azienda tutta sua, avviando una produzione di trasformatori sia per la Paso, che aveva ritirato la Geloso, sia per l'azienda di elettronica Unaohm Start, cui si aggiunse in seguito anche la RCF. Grazie a questi anni di duro lavoro nell'ambito dei trasformatori per PA, si conquistò una grande esperienza nel campo. Visto che era stato un po' "punzecchiato" a mettersi alla prova, si applicò alla progettazione e costruzione dei trasformatori toroidali, che allora in Italia non c'erano ancora, nell'ambito del P.A. (Public Address). Ne furono prodotti una gran quantità, dai 60 ai 480 watt. Contemporaneamente il nostro amico, da appassionato di Hi Fi, si era anche interessato ai trasformatori per amplificatori valvolari. La sua Nor-Se è nata nel 1981 a Milano 2, inizialmente operante in un seminterrato di proprietà della sorella e poi spostatasi a Vaiano Cremasco, in un capannone preso in affitto. Un sogno si era avverato. In anni più recenti, nel 1990, si è dotata di un capannone che si estende su una superficie complessiva di 2500 metri quadri, sito sempre nel cremonese, precisamente a Dovera, distante 40 km da Milano. Gli scampoli di memoria aprono al presente, a una realtà industriale che oggi produce trasformatori elettrici di varia tipologia: lamellari, toroidali, con nuclei a "C", monofase, bifase e trifase, dedicati all'audio, automazione, elettronica, ascensoristica, costruzione quadri elettrici e per svariati altri usi.



Ma Egidio non si è lasciato travolgere da un'attività così intensa, nel suo cuore c'è sempre stato, e continua a esserci, spazio per l'alta fedeltà, una grande passione che non ha mai smesso di nutrire fattualmente, protratta nel tempo con l'impegno a mantenere il passo con le nuove tecnologie, non solo nella trasformazione elettrica industriale. La crescente risonanza nel mercato della Nor-Se, in qualità di azienda all'avanguardia, ne ha agevolato la collaborazione con diversi venditori e importanti marchi del settore audio. Espositrice nelle più prestigiose mostre del settore (ricordo i frequenti incontri al "defunto" Top Audio/Video e al Milano Hi-Fidelity, ex Milano Hi-End), una per tutte il Munich Hi-End, ha lasciato traccia anche negli estimatori dei tubi a vuoto. Oggi fornisce aziende non solo nostrane, ma anche giapponesi, americane e russe, realtà che non partecipano alle fiere, pur essendo presenti sulle migliori riviste mondiali. Il brand di Dovera è arrivato col tempo a vantare un ottimo "carnet" di riconoscimenti in America, Giappone e altri Paesi, in cui viene ritenuto un'eccellenza. Negli ultimi tempi, mi confessa Egidio, è in atto un interessamento alle amplificazioni valvolari soprattutto utilizzanti le valvole 211 e 845, di grande reputazione tra gli audiofili, ma non vengono trascurati altri tubi di vaglia, come i 300B, 2A3, KT 66 e 88. Ma sono le 211 e 845 a essere in cima ai suoi pensieri, da lui ritenute davvero il "Top" della qualità sonora. Sono impiegate in amplificazioni che arrivano a pesare anche 60 kg, per via dei ponderosi trasformatori d'uscita a bordo.



Per i materiali la Nor-Se si avvale da trent'anni di fornitori storici, sia per quelli elettromagnetici che per i fili di rame. Le cronache degli ultimi sette-otto anni dell'azienda raccontano dell'impegno a mantenere un elevato standard costruttivo, con l'utilizzo di nuove macchine elettroniche dedicate alla produzione, anche dei minuscoli trasformatori utilizzati negli Step-Up. Si tratta di apparecchiature elettroniche computerizzate, le quali danno garanzia di massima precisione nella lavorazione di ogni singolo avvolgimento eliminando l'errore umano. I vantaggi si apprezzano pure in termini di riduzione dei tempi di produzione, in considerazione del fatto che, sbagliando anche di una sola unità il numero delle spire, il trasformatore è da scartare in fase di collaudo. La ditta, lungimirante, si è quindi dotata a fine 2017 di due nuove macchine tedesche di ultima generazione, una lineare e una per toroidali, fatte appositamente costruire per la Nor-Se. Il tempo di lavorazione, in realtà, non si riduce di molto ma si ha un grande vantaggio in termini di accuratezza costruttiva. Negli ultimi tempi sono avvenuti dei cambiamenti nell'approccio produttivo, causati dal fatto che delle aziende hanno richiesto trasformatori differenti dall'usuale produzione destinata al settore industriale. In quello audio si è riscontrato un importante ritorno alle amplificazioni valvolari, che ha indotto la Nor-Se a migliorare ulteriormente la qualità dei suoi trasformatori dedicati.

Con Egidio lavorano i suoi figli Norberto e Benedetta. Il primo si occupa dei progetti, della programmazione e anche della produzione. In più, esercita la funzione di controllo sia dei materiali in ingresso che dei prodotti in uscita. Benedetta invece si dedica alla parte amministrativa, ma cura anche il rapporto con i clienti e i fornitori. "Oggi come oggi", dice Egidio, "sono due valenti giovani che mandano avanti l'azienda, nel vero senso della parola. Norberto ha ormai un'esperienza ventennale e Benedetta quasi decennale".


IL TRASFORMATORE, QUESTO SCONOSCIUTO

 





Per gli appassionati curiosi di tecnologia, per quanto le loro conoscenze elettrotecniche di base possano favorire la comprensione, può essere utile un breve e semplice "excursus" sui concetti basilari che ne governano il funzionamento. Niente di complicato, rigorosamente vietati numeri e formule. Il trasformatore cosiddetto statico è costituito nei suoi elementi fondamentali da due fili conduttori, questi vengono avvolti a formare una bobina (detta anche solenoide) attorno ai due lati di un elemento di materiale ferromagnetico chiamato nucleo. Questo può essere costituito da laminati in acciaio di forma rettangolare, solido in polvere di ferro, toroidale (con forma ad anello) o in aria, sorvolando sui terminali, in cui dei piccoli trasformatori hanno i conduttori collegati direttamente alle estremità delle bobine. Ogni singolo avvolgimento del filo attorno al nucleo è detto spira. Alle due estremità di ciascun filo conduttore sono presenti due morsetti, sui quali va collegato da una parte un generatore di tensione alternata, mentre sull'altro un secondo dispositivo di qualunque genere. Ma cosa fa, in buona sostanza, un trasformatore? Prende la tensione dalla prima bobina (quella collegata al generatore di tensione) e la trasferisce mediante il campo elettromagnetico che fluisce nel nucleo alla seconda bobina. La prima si dirà "primario" e la seconda "secondario". La tensione in ingresso circola nel filo conduttore e questo, percorso dalla corrente, genera un campo magnetico proporzionale alla tensione nella bobina.



A questo punto interviene il nucleo, che è circondato dalla bobina e per le proprietà tipiche dei materiali ferromagnetici, si magnetizza. Il campo magnetico così generato è proporzionale non solo alla tensione ma anche al numero di spire di cui è costituito il solenoide: maggiore è questo e più intenso risulterà il campo originato. Ma nel secondario cosa accade? La legge di Faraday-Neumann-Lenz insegna che, quando il nucleo si è completamente magnetizzato, la corrente alternata rende il campo magnetico generato ondulante, in base all'andamento nel tempo della sinusoide. A causa di questo suo variare, nella seconda bobina inizia a circolare una corrente che è però sempre proporzionale al numero di spire. Se questo è uguale (ma non avrebbe senso una cosa del genere), anche la tensione circolante nel secondario è la medesima. Se invece il numero delle sue spire è minore rispetto alla prima, sarà minore anche la tensione in uscita (il trasformatore si dice in discesa). Al contrario, se il numero di spire è maggiore anche la tensione in uscita sarà maggiore (trasformatore in salita). C'è da dire che siamo in presenza di un dispositivo perfettamente reversibile, nel senso che il primario può diventare il secondario, seconda dei collegamenti, e viceversa.




MONDO TRASFORMATORE
A COLLOQUIO CON EGIDIO MAPELLI



I due misteriosi cubetti che sono sul tavolo dello studio di Egidio Mapelli sono il cuore pulsante dello Step-Up Nor-Se Versione 02. Lui li guarda con una certa tenerezza mista a orgoglio, come si può fare per un figlio che dà grandi soddisfazioni al genitore. Nel corso della nostra piacevole conversazione, alle note di sostanza storica e tecnica se ne sono aggiunte altre di "gossip", con la rivelazione di alcuni "gustosi" retroscena del mondo audio che, ovviamente, sono e devono rimanere rigorosamente riservati. Nel piccolo il complesso, sembrano suggerire questi due dispositivi da pochi centimetri. In un trasformatore di Step-Up come la versione 02, ci sono qualcosa come sei-ottomila spire più altri quattro avvolgimenti, per un totale di diecimila spire, messe in uno spazio molto ridotto. Si tratta di filamenti che, al confronto, i nostri capelli sono decisamente grossi. Solo chi si "sporca le mani" con questo tipo di trasformatori può rendersi conto di certe problematicità, una di queste è la manipolazione. Trattare dei fili così sottili richiede il doversi lavare le mani spesso perché, dopo un po', si perde la sensibilità; lo stesso avviene nel passare dai conduttori capillari a quelli di maggior diametro, per poi ritornare ai primi. È un problema serio che dev'essere avanzato, insieme ad altri particolari, all'attenzione di certi audiofili che valutano il prezzo "un tanto al chilo", magari sorprendendosi che un dispositivo così piccolo possa costare cifre considerevoli. In questo caso è davvero un ragionamento oltremodo grossolano valutare il prezzo in base alle dimensioni.



Pensiamo anche alla difficoltà di eseguire saldature su filamenti dal diametro così minuscolo. Egidio Mapelli, con pazienza, mi fornisce diversi elementi di riflessione che mi aiutano a capire quanto lavoro e affinamento ci sia dietro un trasformatore di Step-Up come il suo e perché alla fine il prezzo debba essere, inesorabilmente, di un certo impegno. Il suo ha gli isolamenti in Mylar. Non solo, sono presenti anche delle adeguate schermature interne tra uno e l'altro. La risposta in frequenza che si è riusciti a ottenere è molto estesa. Produrre un trasformatore del genere vuol dire impiegare almeno quattro ore di tempo, dopodiché c'è il montaggio e il collaudo, per un tempo complessivo speso di sei ore. Poi bisogna traferrarli, fare delle misure d'induttanza che siano precise e soprattutto rispondenti alle specifiche di progetto. I trasformatori vanno montati a coppie, facendo attenzione che le loro specifiche siano il più possibile corrispondenti, poiché i due canali devono essere, ovviamente, uguali. Gli avvolgimenti, dalla lavorazione molto complessa, sono fatti tutti in conduttore multifilare; per portare a termine la loro costruzione è richiesta una destrezza non da poco. A questo si aggiunge che non c'è possibilità di errore nelle spire, se un dato trasformatore deve avere 1200 spire, come da progetto, tutti quelli dello stesso modello devono averle, non una in più né una in meno perché altrimenti quell'oggetto è da buttare. La misura dirimente in tal senso è l'esame oscilloscopico, atto a rilevare eventuali differenze di comportamento.



Non si tratta di un fattore marginale, trascurabile, ma implica una precisione maniacale nella costruzione, sia del primario che del secondario. I primari vengono messi in serie e poi parallelati, mentre i secondari possono essere messi solo in parallelo. Si viene attraversati da un simile patema anche se si sta lavorando alla costruzione di un trasformatore multiplo e all'improvviso ti si spezza un filo. Se ciò accade, quell'avvolgimento va eliminato. Se tutto fila liscio ci vuole un certo tempo, altrimenti tutto si complica. Nei trasformatori per uso audio alta fedeltà si possono raggiungere delle tensioni anche notevoli; nelle 211, come nelle 845, si può arrivare anche a 1200 Volt. Si tratta comunque oggetti di un certo costo (e non potrebbe essere diversamente), giustificato non solo dalle ore di lavoro occorrenti ma anche dai materiali impiegati. Se parliamo di amplificatori valvolari, appare chiaro che il trasformatore d'uscita, quello cioè attraverso cui passa il segnale da destinare ai diffusori, è un componente di capitale importanza, in grado di condizionare fortemente la qualità finale del suono. Ma il discorso non cambia di una virgola anche se ci si sposta sugli Step-Up per testine. Egidio me ne mostra anche due nudi, dove si possono vedere gli avvolgimenti. Se nella precedente versione del Nor-Se la risposta in frequenza arrivava intorno ai 20 kHz, nella seconda e più evoluta si giunge addirittura ai 75-80 kHz in alto, mentre sul basso si arriva a uno straordinario 0,8 Hz (-3 dB). "Ne ho pronti alcuni da mandare in Giappone", mi dice, "la loro tecnica di costruzione è identica a quella dei trasformatori d'uscita.



Non manifestano problemi di saturazione, tanto che gli si possono dare in pasto anche uno o cinque Volt in ingresso e loro non fanno una piega. In più hanno un range di frequenze estremamente elevato". Appare sul volto di Egidio un'espressione di grande soddisfazione: il ragazzino che tanti anni fa iniziò il suo apprendistato con la ditta Baldrighi, oggi è un fior di professionista, orgoglioso di aver progettato e fabbricato uno Step-Up eccellente, dimostrando con i fatti ciò che oggi la sua ditta è in grado di fare. Dopo la chiacchierata, abbandoniamo il tavolo del suo studio e iniziamo una passeggiata negli spazi dell'officina, tra macchine vecchie e nuove. Egidio mi regala un'ultima "chicca": siede davanti a una macchina per la lavorazione dei trasformatori toroidale, facendomi assistere in tempo reale alla fabbricazione di uno.


STEP-UP A TRASFORMATORI NOR-SE VERSIONE 02




Specifiche Tecniche Dichiarate

Condizioni di misura: Frequenza 1 kHz - Tensione d'uscita da 0,01 a 1 Volt - Impedenza di carico 100 kOhm-100pF

Rapporto di trasformazione: 1:5 - 1:10 - 1:20

Distorsione Armonica (Frequenza 1 kHz - Vout 10 mV - Zload 100 kOhm-100 pF

Seconda armonica: 0,007 %
Terza armonica: 0,001%
Quarta armonica: 0,0007%
Quinta armonica: 0,0004%
Sesta armonica: 0,0005%
Settima armonica: 0,0002%

Banda passante: f1 (-1 dB) 2,4 Hz - 62 kHz / f1 (-3 dB) 0,8 Hz - 72 kHz

Rapporto di trasformazione 1:5
Impedenza di carico: 47 kOmh-100 pF
f2 (-1 dB): 46 kHz / f2 (-3 dB): 56 kHz

Rapporto di trasformazione 1:10
Impedenza di carico: 47 kOmh-100 pF
f2 (-1 dB): 48 kHz / f2 (-3 dB): 57 kHz
Impedenza di carico: 47 kOmh-200 pF
f2 (-1 dB): 46 kHz / (-3 dB): 62 kHz

Rapporto di trasformazione 1:20
Impedenza di carico: 47 kOmh-100 pF
f2 (-1 dB): 45 kHz / f2 (-3 dB): 54 kHz

Si fa presto a descrivere l'aspetto fisico di quest'oggetto: un robusto case verniciato in nero effetto sabbiato delle dimensioni di 10,8 x 4,4 x 8 cm (Larghezza - Altezza - Profondità) e del peso di 375 grammi. Sul top è riportata la serigrafia "Nor-Se Audio Step-Up Transformer" con sotto il selettore rotativo per scegliere il rapporto di trasformazione voluto (tra i valori di 1:5, 1:10 e 1:20). Sul frontalino e posteriormente sono alloggiati i due connettori RCA dorati per collegare da una parte il giradischi e dall'altra il preamplificatore Phono MM. Null'altro serve. Ho evitato di aprire il telaietto, anche perché per farlo avrei dovuto prima rimuovere i quattro piedini di plastica, tenacemente incollati sul fondo, i quali occultavano alla vista le viti. Operazione tra l'altro del tutto inutile in quanto avevo già immortalato in foto i due piccoli trasformatori durante la mia visita all'azienda. Nel corso della recensione mi sono quindi concentrato molto sulle misure, non dopo aver soddisfatto l'acquolina in bocca degli ascolti, dove ho subito presagito di trovarmi di fronte a un compito non agevole. Le prime perplessità sono provenute proprio dal "sensore" utilizzato, il fonorivelatore. Sul mio Pro-Ject Debut II SE ho montata una Denon DL 160, testina del tipo MC ad alta uscita, accreditata di produrre un voltaggio pari a 1,6 mV, con carico resistivo consigliato superiore a 47 kOhms. Ottimo fonorivelatore certo, ma forse alquanto lontano dal vertice di accuratezza che può assicurare una MC a media, o ancor meglio a bassa uscita.



Ma questo non era l'unico problema poiché i suoi 1,6 mV di targa sarebbero diventati, pur utilizzando il rapporto di trasformazione più basso (1:5), quasi 10 in uscita (9,504 mV per la precisione), i quali elevati di 53 dB, quanti ne concede il mio Grandinote Celio fatto funzionare in modalità "Low" (MM), avrebbero offerto al mio preamplificatore linea un voltaggio della bellezza di 4,245 Volt. Troppi. In effetti all'ascolto i segni della saturazione dell'ingresso linea c'erano tutti. Ho dovuto quindi approfittare della disponibilità del solito buon amico audiofilo, quello che viene generosamente in soccorso nei momenti difficili della vita :-), che mi ha prestato per un mesetto abbondante una delle sue testine, un'ottima Ortophon Quintet Bronze, che ben si conciliava con le caratteristiche del braccio Pro-Ject 8.6 equipaggiato sul Debut SE, anche se ho dovuto dotarmi di un contrappeso più corposo giacché quello di serie supporta testine da 3,5 a 5,5 grammi. Perfetta anche la frequenza di risonanza braccio testina, in base ai calcoli di 9,42 Hz. La Quintet Bronze esce con 0,3 mV, quindi rifacendo i calcoli di cui sopra, con i rapporti di trasformazione a disposizione (1:5 - 1:10 - 1:20) ottenevo in uscita rispettivamente 1,78, 3,42 e 5,562 mV, perfettamente compatibili con il guadagno del mio Celio. Scampato pericolo anche per il preamplificatore linea, il quale avrebbe visto presentarsi alla porta una tensione accettabilissima, nella peggiore delle ipotesi di 2,484 Volt (1:20) che scendevano a 1,528 su 1:10 ed a 0,795 Volt su 1:5.



Tutto risolto allora? Niente affatto! Toccava a questo punto pelare la gatta delle misure, compito ancor più improbo se possibile. Non utilizzabile l'uscita della scheda audio E-MU Pre Tracker USB 2.0 per via della sua impedenza piuttosto elevata (564 Ohm), adatta semmai a una testina MM ma non MC, men che meno a bassa uscita. È con il carico a valle dello Step-Up come si metteva? Insomma, si poneva un caso di evidente mismatching d'impedenza, che mi avrebbe certamente esposto al pubblico ludibrio audiofilo e al linciaggio mediatico degli espertoni. Utilizzabile era invece l'altra uscita della mia scheda, con impedenza di 22 Ohm, assimilabile a quella interna di una MC a media o medio-alta uscita. Anche in questo caso un ottimo amico, Dorino Maghini, mi è venuto in soccorso dotandomi di un trasformatore che abbassava drasticamente i 564 Ohm della sorgente test sino a 1 Ohm scarsi, valore congruo e utile a simulare l'impedenza delle Moving Coil a bassa e bassissima uscita. C'eravamo quindi con l'impedenza sorgente ma non con il carico, sempre Dorino allora ha tirato fuori dal suo cilindro magico altri due dei suoi diabolici aggeggi: uno spinotto RCA che offriva un carico di 47 kOhm e un apparecchietto dotato di minuscoli switch difficilmente azionabili dalle mie manone, per cui ho dovuto usare uno stuzzicadenti. Tale dispositivo offriva la scelta di due carichi resistivi, 68 kHz e 100 kHz, usabili singolarmente o in parallelo, e tre valori di carico capacitivo (100-200-300 pF), buoni per simulare la capacità del cavo di segnale e quella dell'ingresso Phono MM.



La nebbia nella mia mente si stava progressivamente diradando, aiutato anche dalla lettura di qualche "sacro" testo e dalle lezioni dell'amico Dorino. Il trasformatore da lui fornitomi presentava però due inconvenienti, entrambi brillantemente superati, ovvero uno si è superato da solo, vista l'esigenza di poter cavare dalla scheda delle tensioni molto basse (non più di 1,5 mV). L'impedenza si riduceva, ma altrettanto succedeva alla tensione in uscita della scheda audio, la quale veniva ridotta di ben 117 volte. Questo ha significato che per ottenere i fatidici 1,5 mV in uscita dovevo ricavarne quasi 176 mV dalla mia E-MU. Niente di drammatico, a parte la preclusione di voltaggi che andassero oltre i 18-19 mV; comunque non mi servivano. Il secondo problema riguardava la banda passante, era prevedibile un suo restringimento con un certo Roll-Off alle estremità. Problema questo risolto semplicemente adottando la tecnica del Dual Channel, in cui il software opera una compensazione delle non linearità, rendendo il segnale da dare in pasto al DUT privo di alterazioni. Come si evince dal grafico, la perfetta linearità parte da 3,2 Hz e si mantiene sino alla frequenza di quasi 40 kHz, con cali irrilevanti a 50 kHz (-0,08 dB) mentre i 60 e 70 kHz sono, rispettivamente, a -0,2 dB e -0,7 dB. Direi che c'è di che stare tranquilli...



Una volta individuati i parametri elettrici con i quali condurre le misure, vista l'esiguità delle tensioni in gioco, ho dovuto scegliere per la risposta in frequenza non il metodo FR2 di Arta con il rumore rosa periodico come segnale test, ma la "Heterodyned Stepped Sine Technique" offerta dal software Step, vale a dire una lunga progressione di sinusoidi con le quali disegnare la funzione di trasferimento, essendo l'altra abbastanza affetta da rumore e imprecisa alle basse frequenze. Ho invece usato validamente Arta per l'analisi spettrale, le onde quadre e ancora Step per la rilevazione delle distorsioni armoniche Vs frequenza.

 

SEGUE ALLA SECONDA PARTE...


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