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 18/09/2020 Premio Pianistico Alkan 2020 - Serata di Gala Minimizar




PREMIO ALKAN - SERATA DI GALA
VENERDÌ 18 SETTEMBRE 2020
SALA GIUSEPPE VERDI - CONSERVATORIO DI MILANO

PROGRAMMA DELLA SERATA

Accoglienza invitati

Vincenzo Maltempo - "La musica di Alkan"

Charles-Valentin Alkan
Petits préludes sur les 8 gammes du plain-chant, N. 6

Symphonie pour piano seul
- Allegro moderato
- Marche Funèbre
- Menuet e Finale

Trois Andantes Romantiques Op. 13 N. 2
25 Préludes Op. 31 N. 8 "Chanson de la folle au bord de la mer"
Laus Deo

Discussione
Vincenzo Maltempo, Eric Véron, Luca Ciammarughi

Serena Valluzzi

Charles-Valentin Alkan
Notturno Op. 22

Frédéric Chopin
Scherzo Op. 20 N. 1
Notturno Op. 55 N. 2
Scherzo Op. 54 N. 4

Franz Liszt
Rapsodia Spagnola

Premiazione

Ringraziamenti

Finale a tre mani

Charles-Valentin Alkan
11 Grands préludes Op. 66, N. 10 pour piano pédalier


INTRO



La musica, cibo per lo spirito, è evidentemente più forte di qualsiasi avversità, compresa la sciagurata vicenda della pandemia da COVID-19, la quale sembra aver superato la fase più drammatica, la primaverile, per conoscere una certa recrudescenza autunnale. La mia frequentazione di concerti ed eventi in quel di Milano ha dovuto quindi accusare una brusca fermata, ma oggi sembra gradualmente ripartire, con mia grande soddisfazione. Preceduta da qualche "rumor" in rete, il 18 settembre U.S. si è consumata la Serata di Gala del Concorso Pianistico Internazionale Charles-Valentin Alkan. Un piccolo pieghevole viene distribuito al pubblico nel foyer, prima dell'ingresso nella grande Sala Verdi del Conservatorio di Milano. Riporta il cartellino di marcia di questo tanto atteso evento, il programma musicale e un ampio paragrafo dedicato a Vincenzo Maltempo, che nell'ambito di questo premio riveste l'importante carica di Direttore Artistico. Si evince l'importanza della sua figura, quella di un volenteroso e giovane musicista, dalla sua indefessa attività concertistica, di studio, masterclass e, oggi, con l'uscita di un libro, anche saggistica. Una notevole parte delle sue energie l'ha spesa e continua a spenderla per questo grande pianista/compositore dell'ottocento, Charles-Valentin Alkan, il quale ha conosciuto un lungo periodo di oscurità ma ora sembra riguadagnare, grazie anche a un valoroso paladino come Maltempo, la visibilità che si merita. Si sta quindi verificando la palingenesi di un compositore dalla forte e indiscutibile originalità, che non appare affatto come una delle tante superfetazioni dello stereotipo romantico.



Ecco che Vincenzo Maltempo, non si sa per quale favorevole congiunzione astrale in forte sintonia con Alkan, si avvale delle potenti armi di comunicazione per divulgare la sua figura. I fatti parlano chiaro: grazie alle numerose registrazioni discografiche, ai recital, al recente libro "Lo strano caso di Charles Valentin Alkan - Vita e musica di un genio dimenticato", l'artista beneventano si è oggi guadagnata la reputazione di uno dei suoi più autorevoli interpreti e conoscitori al mondo. È una storia che risale a parecchi anni or sono; gli sono stati necessari ben dieci anni di studi e ricerche per la stesura del libro, che non è soltanto una biografia dell'autore francese, per quanto estremamente dettagliata, ma contiene anche un'accurata analisi della sua opera pianistica. Sul versante discografico, a partire dal 2009 ha inciso le opere più importanti del compositore per l'etichetta "Piano Classics". Solo pochi anni più tardi, nel 2014, viene pubblicato un cofanetto di cinque CD con opere di Alkan. Non meno rilevante è l'attività concertistica di Maltempo su tale autore, a lui tra l'altro spetta il merito di essere uno dei pochissimi interpreti al mondo ad aver suonato l'intera - corposissima - raccolta dei "Douze études dans toutes les tons mineurs Op. 39 e questo nel volgere di un unico recital, a Yokohama, nel novembre 2013. I frutti non si sono fatti attendere: come riconoscimento alla sua continua opera di riscoperta e promozione della musica di Alkan, è stato nominato membro onorario della "Alkan Society" di Londra. Sempre nelle note di sala, possiamo leggere alcuni lusinghieri giudizi che alcune indiscusse personalità della musica hanno dato su di lui.



Viene definito un "Musicista pieno di risorse, con una tecnica e un'intelligenza formidabili" (Jeremy Lee, Top Ear), dai "Suoni come scolpiti nel marmo" (Piano News). Il grande Alexander Lonquich lo ritiene "Un pianista/musicista fuori dal comune. È uno dei pochi che possono rendere giustizia alla musica di Alkan, che sembra non avere segreti per lui. Maltempo tende generalmente a esplorare i lati estremi di uno stile. Non mi sorprende che il suo ultimo CD dedicato a Schumann abbia colpito nel centro. Raramente, se non mai ho ascoltato una Humoreske così convincente e multiforme allo stesso tempo". Vincenzo Maltempo vive nella sua città natale, Benevento, ed è attualmente docente di Pianoforte presso il Conservatorio "Gesualdo da Venosa" di Potenza.




LA DISCUSSIONE



Cominciamo con la nuda cronaca. La quarta edizione (2020) del Premio Pianistico Alkan avrebbe dovuto dividersi tra la Sala Giuseppe Verdi del Conservatorio di Milano, per le selezioni del 25 aprile, e il Castello di Castano sui colli piacentini dal 17 al 19 giugno, mentre la Serata di Gala avrebbe dovuto svolgersi il 20 giugno, sempre nella citata Sala Verdi. Tali piani sono stati purtroppo sovvertiti dalla terribile vicenda della pandemia, con l'annullamento delle audizioni in data 25 aprile, soppiantate dall'invio da parte dei partecipanti di video e curriculum. Anche la data della Serata di Gala è slittata di tre mesi, ma è con grande gioia che sono qui a raccontarla. Con orgoglio Eric Véron, General Manager della Vailog nonché organizzatore e Main Sponsor dell'evento, è qui ad annunciarla. Molte persone probabilmente conoscono già il Premio Alkan, giunto quest'anno alla quarta edizione e dedicato al virtuosismo pianistico. È un riconoscimento che ha come obiettivo quello di premiare, aiutare e accompagnare nella loro carriera dei giovani talenti di tutta Italia. Ogni anno si cercano, si ascoltano e selezionano giovani pianisti con l'aiuto di Luca Ciammarughi e Vincenzo Maltempo. Vengono individuati sulla base delle loro qualità tecniche, sensibilità artistica, ma anche per la capacità d'interpretazione, le loro ambizioni e, perché no, anche dei loro sogni. Quest'anno è stato ovviamente particolare, durante il confinamento le audizioni sono state fatte a distanza, mentre a giugno si è dato il via alle registrazioni e alla masterclass, purtroppo non in presenza del pubblico.

Ci sarebbero stati mille motivi di posticipare, o forse anche di annullare, questo concerto perché fino all'ultimo minuto sono sopravvenute molte difficoltà pianificative. "Come organizzatori", afferma Véron, "abbiamo voluto mantenere questa serata a tutti i costi. Questo premio è dedicato a Charles-Valentin Alkan, compositore francese della metà dell'ottocento, contemporaneo di Chopin e Liszt. Ci è stato presentato da Vincenzo Maltempo, che non è solo uno dei suoi interpreti più autorevoli al mondo, ma ha anche scritto un libro su di lui, pubblicato nel 2020: un'esaustivissima biografia." Vincenzo Maltempo prende la parola affermando che è difficile descrivere Alkan in poche parole, sicuramente è stato una delle personalità più enigmatiche e misteriose della storia della musica. Si tratta di un compositore vissuto nell'epoca d'oro del romanticismo, nato negli stessi anni non solo di Liszt e Chopin, ma anche di Verdi e Wagner. C'era un grandissimo fermento culturale all'epoca, soprattutto a Parigi, città dove Alkan nacque e visse praticamente tutta la sua esistenza. Diversamente da Liszt fece pochissimi viaggi fuori dalla Francia, in Inghilterra e Belgio soltanto, ma ai suoi tempi era uno dei compositori e dei virtuosi più in vista, non meno dello stesso Liszt e Chopin. Se ne persero poi le tracce, poiché intorno ai quarant'anni si ritirò dalle scene, sicuramente a causa di delusioni avute dal punto di vista professionale. Dopo una serie di riflessioni evidentemente maturate nella sua anima e nella sua testa, decise di condurre una vita solitaria chiudendosi in casa.

Eric Véron

Alkan era ebreo e aveva un rapporto molto profondo con la spiritualità, con la fede, si dedicò intensamente alla composizione di musica misteriosissima, bellissima, diversa e molto originale. Dice Vincenzo Maltempo: "Non so se vi siete resi conto che ognuno di questi brani di Alkan che ho suonato stasera sembrava essere di un compositore differente". Fu un musicista che vide e visse interiormente un gran numero di eventi, ebbe tantissimi stimoli, tradusse tutta la Bibbia dall'originale, si dedicò a un lungo lavoro di studio e traduzione dei testi sacri. Poi, alla fine della sua vita, dopo vent'anni di autoesilio ritornò a calcare le scene, naturalmente sempre nel suo stile, quindi esecuzioni in piccoli consessi. Nonostante il suo virtuosismo trascendentale faccia pensare a Liszt, possiamo accostare Alkan per indole e spirito più alla figura di Chopin, un aristocratico del pianoforte che si concede a pochi intimi, cioè personalità all'epoca importantissime come Dumas, Hugo e Delacroix. Sfortunatamente, in seguito si persero le sue tracce in quanto non produsse alcun lascito, tramite una scuola o degli allievi, che pure aveva. Così il suo messaggio dopo la morte è rimasto latente per lunghissimo tempo. Solo negli anni '60 del '900, dopo alcuni sparuti tentativi a inizio secolo, ha ricominciato a essere eseguito, sempre però da pochissimi pianisti, e oggi lo sentiamo un po' più spesso. Tocca a Luca Ciammarughi parlare del virtuosismo nell'epoca romantica. Anche questo è un tema piuttosto complesso da affrontare in pochi minuti.

Luca Ciammarughi

Quando parliamo di virtuosismo, tutti noi abbiamo in mente la dimensione spettacolare, qualche volta addirittura l'aspetto circense. Nel pianista pensiamo all'agilità, alla potenza, così come in un o una cantante facciamo riferimento alla coloratura, quelli che volgarmente si chiamano gorgheggi. In realtà, il virtuosismo romantico ha un ruolo molto più complesso, che va ben al di là del fattore puramente tecnico per abbracciare non solo l'elemento atletico, muscolare, ma tanti altri. Con la magnifica interpretazione di Vincenzo oggi li abbiamo visti tutti e possiamo apprezzarli in maniera completa proprio in Alkan. Dicevamo del virtuosismo tecnico, che è sicuramente il primo elemento, questo nel romanticismo venne completamente stravolto e portato a una visione trascendentale. Si rivelò innanzitutto come fatto fisico. Mentre nel '700 i pianisti suonavano fondamentalmente con l'articolazione delle dita, quelli romantici, anche se noi non lo vediamo, suonavano invece con tutto il corpo, coinvolgendo molto di più le spalle, le braccia, il busto e persino le dita dei piedi. Questo oggi avviene nella scuola russa e, in generale, anche nelle varie altre si vede molto più di un tempo. Uno dei primi a propugnare questa novità fu certamente Chopin, ma la vediamo anche in Alkan, in Liszt. L'innovazione tecnica portò tuttavia con sé un cambiamento nella dimensione virtuosistica che fu puramente artistico/espressivo, nel senso che il pianoforte in questo modo poteva diventare qualcosa d'altro, trascendentale perché appunto in grado di diventare un'orchestra, a volte una voce.

Diventava canto e l'abbiamo sentito benissimo nella "Symphonie pour piano seul", che viene sovente eseguita come opera a se stante, ma, in realtà, essa comprende i numeri dal 4 al 7 dei Douze études dans tous les tons mineurs (Dodici studi in tutte le tonalità minori) Op. 39. È quindi un ibrido tra uno studio, quello che nel '700 era un esercizio, come le sonate di Domenico Scarlatti, e un qualcosa di nuovo non solo dal punto di vista musicale e tecnico, ma anche legato all'immaginazione di un'intera società, quella borghese d'inizio '800, che sognava delle innovazioni rispetto al passato. Lo vediamo per esempio anche nel balletto, che nel '700 era una festa aristocratica, spesso anche un po' limitata a una forma ginnica, mentre nell'800 diventa il "Ballet d'action" (Balletto d'azione), cioè un teatro pantomimico che vuole raccontare una storia la cui trama si sviluppa per mezzo della danza. Così ne Lo schiaccianoci di Čajkovskij o in Giselle di Adam. Allora al pianoforte sempre di più il virtuosismo puntò non soltanto alla spettacolarità tecnica, ma al fatto che l'esecutore, attraverso il timbro e il colore, sempre più ricchi e diversificati, voleva narrare a un pubblico sempre più avido di storie, come d'altronde accade nella nostra società. Ci sono, in effetti, dei parallelismi fra quel periodo e il nostro, non soltanto in questa voglia di racconto, ma anche nella dimensione competitiva, che è assolutamente cruciale nel tema del virtuosismo. L'ottocento fu un secolo di grandi sfide, si pensi al duello pianistico di Liszt contro Thalberg, ai continui scontri più o meno dichiarati in cui ogni virtuoso cercava di essere superiore all'altro.

Vincenzo Maltempo

Quando Alkan per la prima volta ascoltò Liszt ebbe una specie di shock ed è forse da lì che iniziò a meditare il suo ritiro dalle scene. Lui in realtà aveva una personalità molto diversa dagli altri, parecchio simile a quella di Chopin. Le strade dei virtuosi ottocenteschi erano fondamentalmente due: c'era chi voleva vivere questo spirito di competitività, come Liszt, il quale almeno per dieci anni viaggiò in tutta Europa e sguazzò in questi singolar tenzoni, mentre altri pensavano che l'artista fosse qualcosa di unico e non potesse essere paragonato ad altri nel corso di una competizione. Questi ultimi quindi, invece d'impegnarsi in duelli pianistici, anche se ne avevano i mezzi, si ritiravano. Così succede in Alkan, e un po' anche in Chopin, che si rinchiuse in piccoli salotti privilegiati nei quali si esibiva per i suoi amici, da cuore a cuore. Suonava per George Sand, per figure femminili e non soltanto maschili che lo ascoltavano svenendo di fronte ai suoi pianissimi. Pianissimi che sono anch'essi un virtuosismo. Vincenzo Maltempo accenna all'inizio del brano "Chanson de la folle au bord de la mer", esempio di virtuosismo timbrico/narrativo. C'è questa folle, di cui non sappiamo nulla, che è in riva al mare e il pianoforte ci racconta di questa pazzia, ma noi non conosciamo come andrà a finire. Lei potrebbe tentare un gesto estremo oppure tornare indietro. Le mani suonano in due registri molto lontani tra loro, praticamente agli estremi della tastiera, uno grave e l'altro acuto, e questo crea quell'effetto dissociativo tipico della pazzia.

La parte bassa dovrebbe imitare il rumore delle onde di un mare buio e informe, mentre in alto si staglia un canto allucinatorio, fatto di poche note che si ripetono ciclicamente come in un'ipnosi. È un canto fermo, che solo in un punto si fa più caloroso per poi svanire in balbettii insignificanti. "È un pezzo di due pagine", dice Vincenzo Maltempo, "contenuto in una raccolta di preludi giovanili, nel quale Alkan fa già capire che i suoi intenti artistici erano abbastanza profondi." Qui assistiamo a un tipo di virtuosismo che vuole comunicare una specie di canto senza parole, in qualche modo assimilabile ai mendelssohniani Lieder ohne Worte. Un po' tutti i compositori romantici, anche se aspiravano all'ineffabile volevano in qualche modo raccontare qualcosa attraverso i suoni. C'è un altro aspetto del virtuosismo in epoca romantica, oltre a quello tecnico e timbrico, che potremmo definire quasi filosofico, cioè la ricerca del sublime romantico, che noi ben conosciamo dalla filosofia di Kant, raggiunto sia attraverso il misticismo (come nel brano Laus Deo) sia per mezzo di una scrittura portata all'esasperazione. Nel finale della Sinfonia constatiamo che non è solo capacità di far vedere la propria bravura, ma pure tentativo di superare i limiti dell'uomo, quella demarcazione che nel sublime romantico si mette in raffronto con l'immensità della natura. L'uomo, piccolo di fronte a essa. È attraverso l'arte che riusciamo ad affrancarci da questa finitezza. Vincenzo Maltempo ci regala un'altra piccola "clip" dall'ultimo movimento (il Menuet e Finale) di quest'opera.



C'è un limite che si pensa non si possa superare, ma i compositori dell'epoca sapevano ben trattare la materia pianistica, riuscivano a scrivere cose che uno strumentista, quando le vede sulla carta, dice subito che sono impossibili da eseguire. Tuttavia, con un intenso lavoro, fatto anche su se stessi, si scopre che questo limite lo si può superare ed è una piccola vittoria per il "povero" pianista che deve cimentarsi con tali difficoltà e può così entrare in una dimensione che non aveva immaginato. Dichiara Maltempo: "Questa credo sia una cosa molto importante e bella di questi compositori, i quali avevano visto al di là dello strumento". Per tutti questi motivi riscoprire Alkan è veramente importante, una figura di estrema complessità che sino a oggi è stata vista dai pianisti come l'insuperabile, nel senso d'impossibile da eseguire; un autore che risulta molto interessante anche dal punto di vista filosofico e intellettuale. Stimolante è pure lo stretto rapporto tra Alkan e Chopin; i due si stimavano molto e addirittura Chopin affidò ad Alkan il metodo di pianoforte che non era riuscito a finire. Erano molto legati, vissero tra l'altro vicinissimi a Parigi, Chopin spesso invitava Alkan a cena e ci sono delle testimonianze molto belle su quest'amicizia particolarmente affettuosa. Il compositore polacco non la concedeva facilmente, era una persona molto riservata, come pure Alkan. La loro vicinanza si manifesta sicuramente nella preferenza dei piccoli salotti in cui decidevano di suonare, rispetto alle grandi sale da concerto, ci sono però anche delle similarità nel loro modo di scrivere.

Dice Maltempo: "Si trattava di una grande amicizia e fiducia reciproche, se Chopin ha ritenuto di dover affidare anche ad Alkan, oltre che a uno dei suoi più cari allievi, il completamento del metodo per pianoforte che stava scrivendo e che poi non portò a termine." Tra l'altro, la morte di Chopin è stato uno dei motivi per cui Alkan si è ritirato a vita privata, avendo perso questa figura che era una delle ultime a rappresentare la musica che lui aveva in mente. Un bellissimo pianoforte Steinway & Sons fornito da Lorenzo Cerneaz campeggia al centro del palcoscenico, lo sentiremo cantare meravigliosamente sotto le dita, l'anima, il cuore e la fisicità di due egregi strumentisti. Le riprese Video sono state portate a termine da Media Partner 2R Studio Produzioni Multimediali di Riccardo Radivo (circola già su YouTube il Laus Deo e diversi altri video, testimoni della qualità molto alta della registrazione, eccellente sia per la parte audio che quella video).




L'ESIBIZIONE DI VINCENZO MALTEMPO



Il piccolo recital di Vincenzo Maltempo si apre con il sesto degli otto Petits préludes sur les 8 gammes du plain-chant di Charles-Valentin Alkan. Una miniatura in tempo di 12/8, Poco lento, di breve durata ma dall'intensa espressività, dove si possono già intravvedere alcune originalità di scrittura, come le dodici crome puntate affidate alla mano sinistra che compaiono a partire dalla tredicesima battuta, inconfondibilmente alkaniane. Il pianista di Benevento segue una linea rigorosa, dall'andamento ritmico preciso, parca di estetizzanti rubati con cui si corre il rischio di rallentare il brano offuscando la visione d'insieme. Il piccolo preludio termina quasi sfumando con il Poco più lento ancora. Di ben altro cimento appare la Symphonie pour piano seul, incastonata nei Douze études dans tous les tons mineurs Op. 39 (occupa i numeri dal 4 al 7), già a partire dall'Allegro moderato, che Maltempo affronta con vero impeto romantico, in pieno clima "Sturm und Drang". Ma è nel turbinio di note e, soprattutto, nella risoluta scansione di accordi estremamente complessi che dimostra di quale polso concertistico sia dotato. Non si lascia mai travolgere da uno slancio tanto ardente, nel senso che non perde mai la bussola, favorendo una navigazione dentro architetture sonore che rimangono sempre nitide. Qua e là, in particolare nei frangenti maggiormente cantabili, occhieggia un'anima chopiniana. Ma ritorna presto Alkan a raccontarci uno stile, il suo, che è fortemente distintivo rispetto ad altri autori, come nel luciferino "piano e staccato" in cui la dialettica transita sotto un processo di temporanea rarefazione.



O negli intricati accordi che impegnano tutte e dieci le dita dell'esecutore. Nella Marcia funebre sulla morte di un uomo da bene. Andantino, Vincenzo Maltempo mette in campo una dolente teatralità, con un uso del rubato e dell'agogica opportunamente più spiccato che in altri momenti, anche la dinamica sviluppata sul gran coda Steinway & Sons s'impone con grandi sbalzi del livello sonoro tra piano e forte. Nel forte, alla diciassettesima battuta, con potenza braccio e dita si abbattono sulla tastiera, tanto da farmi quasi sobbalzare sulla poltrona. Un episodio liberatorio, foriero di ampi squarci di sereno, si apre nel "Con dolore contenuto", dove la tonalità passa al fa maggiore. Dolce e sostenuto è il canto che si dipana, nella nona battuta diventa addirittura "Dolcissimo", qui la difficoltà è tutta nel saper graduare i volumi sonori, nel ricreare un climax doloroso, teatralmente efficace e Maltempo lo fa in modo magistrale con il suo pianismo in ogni occasione cristallino. Tre misure con accordi di semiminime in "ppp" preludono alla ripresa della trenodia. Prima del finale "Dolce" un lungo e macabro trillo compare nella regione ima della tastiera. Brano enigmatico il "Menuet", si affaccia con grande forza volitiva, senza avere nulla delle graziose movenze del ballo a "pas menu", rivelandosi al contrario molto pesante nell'andatura, quasi elefantiaco. Anche questo è affrontato con furore dal nostro, che evidentemente intende rimarcare con vigore la sua ironia, in contrasto con le altre parti. Ironia, se non sarcasmo, che appare dopo la ripresa del tema, la cui furia quasi iconoclasta è momentaneamente interrotta da eleganti e leggere volute di crome in legato.



Il Trio. Dolce e legato, è di una grazia tutta speciale. Screziato da una limpida malinconia, dimostra come Alkan fosse autore tutt'altro che monocorde, ma sovente imprevedibile, comunque in possesso di una tavolozza espressiva particolarmente ampia. Il Presto finale viene staccato a un tempo rapidissimo da Maltempo, che in questo come in altri frangenti si dimostra un virtuoso di livello davvero alto, qualora non ce ne fossimo già accorti. Con questo turbinare di note si conclude la mirabolante Symphonie pour piano seul. Dopo la tensione da questa generata, è giusto concedere, nell'economia dell'impaginato di sala, un brano che consenta un certo rilassamento. Ecco allora che nella Sala Verdi del Conservatorio di Milano effonde il N. 2 dei Trois Andantes Romantiques Op. 13, pezzo sognante in 6/8 in Andante con moto. Si snoda in regolari figurazioni di croma con l'indicazione "Pedale a tutte le battute", tecnica che il nostro usa con accortezza, circondando le ampie volute di suono di un'aura luminescente, pur senza intaccarne l'intelligibilità. In seguito il brano si anima, lo fa in occasione dello sdoppiarsi delle crome in semicrome (Crescendo) per poi abbandonare il pedale e affidare alle due mani, alternatamente, delle veloci figurazioni, all'inizio ascendenti e discendenti, di biscrome e poi ancora rapide scale cromatiche. L'effetto può essere straniante, personalmente ho ricevuto la sensazione di un discorso che dalla fissità iniziale, quasi ipnotica, si trasforma prendendo il volo in aerei volteggi. Ritornano allora le triadi iniziali in crome, ma trasfigurate nel senso, "Duramente" in "fff" e con una complessità accordale molto maggiore. Questo pezzo di grande fascino termina in "dissolvenza", Smorzando (ppp) e poi Più lento e Rallentando, come non di rado capita in Alkan.



Di altrettanta suggestione è "Chanson de la folle au bord de la mer", N. 8 dai 25 Préludes Op. 31, di cui si è già parlato nel corso della discussione. La scansione accordale all'estremo inferiore, implacabile, vorrebbe rievocare il rumore delle onde in continua e inarrestabile formazione, mentre a notevolissima distanza si sviluppa un canto ipnotico, quasi una follia circolare appunto, che raggiunge il suo culmine dopo un imperioso crescendo. Il canto della folle si spegne progressivamente come in una dissolvenza filmica. Il pedale nella regione più bassa della tastiera amplifica la sensazione di mistero, allargandola in profondità. Laus Deo conclude la bellissima esibizione di Vincenzo Maltempo. Esquisses Op. 63 è una raccolta di quarantanove brevi pezzi, pubblicata nel 1861. I brani sono divisi in quattro libri che comprendono tutte le tonalità maggiori e minori. Il quarto libro termina con una "Bonus Track", proprio questo Laus Deo, in cui si apprezza la propensione di Alkan a quella commistione tra una musicalità di stampo romantico e l'esternazione di certe "bizzarrie" che gli piace disseminare qua e là. L'esordio è di colore impressionistico, potrebbe tranquillamente essere un pezzo di Debussy, ma presto cambia assumendo il carattere di un corale bachiano, preceduto da sette battute formate da gruppi irregolari di semiminime (quintine), sono queste che preparano e danno impulso al corale vero e proprio. Assistiamo a un geniale intersecarsi di stili e forme diverse che si embricano quasi senza soluzione di continuità in un brano che potrà sembrare strambo, ma al quale non si può negare di essere generatore di una grande suggestione.



Vincenzo Maltempo si conferma anche in questa Serata di Gala come grande artista, sostanzialmente scevro da forme di narcisismo, fedele al testo come all'autore. Ha proposto al pubblico una lettura tesa, caleidoscopica (esattamente come la sostanza musicale). Mi ha sorpreso la vigoria degli accordi nella parte bassa della tastiera, potenti e incisivi, quasi scavati nella pietra. Dal suo libro e dal suo sintetico intervento nella discussione a tre con Eric Véron e Luca Ciammarughi, emerge la sua vasta cultura e la speciale conoscenza di Alkan, del quale oggi è sicuramente uno dei maggiori interpreti a livello mondiale. Sappiamo benissimo come la conoscenza di un musicista, soprattutto se così poliedrico come lui, deve passare per l'esperienza "live", non solo perché questa è priva della rete di salvataggio che una produzione discografica in studio invece fornisce, quanto per quella parte visiva che ne mostra anche la fisicità, il movimento delle mani sulla tastiera, financo la postura sullo sgabello. Vincenzo Maltempo è dotato di formidabili mani, che si abbattono come un maglio negli accordi in forte e fortissimo, portati in affondo con incredibile efficacia. Ma è altrettanto persuasivo nelle parti più distese e cantabili, dove fa leva sulla perfetta padronanza dinamica, coloristica e agogica.




L'ESIBIZIONE DI SERENA VALLUZZI



Serena Valluzzi, è lei la valente pianista pugliese di Gioia del colle che ascoltiamo nella seconda parte di questa Serata di Gala. Le sue doti hanno convinto la giuria, composta da Vincenzo Maltempo, Klara Wurtz, Mark Viner, Pieter van Winkel, Luca Chierici e Luca Ciammarughi, ad attribuirle all'unanimità il premio. L'ha meritato in pieno per la passione che mette nel suonare, l'impeccabile tecnica, l'interpretazione e la maturità artistica. Entra sicura sul palcoscenico e siede al pianoforte, suonando come primo brano il noto Notturno Op. 22 di Alkan, dal sapore schiettamente chopiniano. Sin da questo Andantino in 3/4 si possono apprezzare le qualità che contraddistinguono la giovane pianista, nella bellezza, omogeneità e uguaglianza del tocco, sempre morbido e privo di asprezze (molto bello l'accompagnamento in terzine di crome della mano sinistra) e un uso congruo del rubato, che qui trova giustificazione nelle modulazioni espressive del cantato. Un lirismo che si accalora nel passaggio "con anima"; qui il suono s'intensifica ma la sua morbida bellezza, oserei dire sensualità, rimane intonsa. Grande prova quella del temibile Scherzo Op. 20 N. 1 di Chopin. Il Presto con fuoco viene affrontato con autentico slancio, è trascinante, a dimostrazione di un limpido virtuosismo digitale. Anche gli accordi iniziali in "ff" sono potenti e incisivi. La posizione di Serena sullo sgabello è piuttosto bassa, cosa che la obbliga a un notevole lavoro di avambraccio negli affondi dinamici. Si sente che ha lungamente lavorato su questo pezzo, dalla grande sicurezza con cui lo suona, da ogni passaggio, studiato nel suo effetto in ogni minimo particolare e testimone di un certosino lavoro di cesello.



Nella parte centrale Molto più lento - Sotto voce e ben legato, affiora nuovamente la capacità della pianista di cantare; pure qui l'uso del rubato è molto studiato. Con foga si ritorna al Tempo I, dopo il clima idilliaco della parte intermedia, un fiore tra due abissi; questo è preceduto da un massiccio accordo in "ff" che si abbatte all'improvviso sulla tastiera a ricordarci che la tempesta non è finita. Ancora tre battute in "pp" smorzando e incede il finale, dopo un vertiginoso Agitato. Emozionante! Nel Notturno Op. 55 N. 2, secondo brano della triade chopiniana, l'ondeggiare agogico si ripete secondo schemi precisi, in particole tensive e detensive che si susseguono con discreta regolarità. Nella pur giusta sottolineatura espressiva, avrei forse preferito un andamento ritmico meno indugiante. La dinamica si conferma piuttosto ampia. Di notevole durata è lo Scherzo Op. 54 N. 4, il quarto e anche ultimo composto dal compositore romantico. Si basa su una canzone popolare polacca, di raffinata concezione timbrica è interessante per il contrasto tra le note lunghe e le repentine, veloci volate che seguono. Gli episodi più distesi sono interpretati da Serena Valluzzi con terso lirismo e grande nobiltà, come il Più lento. Brano piuttosto lungo e complesso è anche la Rhapsodie espagnole S.254 di Franz Liszt, che contiene la celeberrima melodia Folies d'Espagne e la Jota Aragonesa in una specie di pot-pourri. La giovane Serena Valluzzi è emersa in questa Serata di Gala come una pianista dotata di tecnica formidabile, sicura e scintillante nei passaggi più brillanti. Introspettiva e insieme estroversa, repentina nei cambiamenti d'umore che i vari brani hanno presentato.



Ha dato in ciascuno dei brani presentati un'interpretazione decisamente personale, dai contrasti ben marcati e, soprattutto, con un suono sempre bello, morbido e, a tratti, con un alto contenuto di dolcezza. La sua è un'espressività senz'altro appassionata, moderna, spesso percorsa da fremiti ben controllati. Gran finale a tre mani con il N. 10 dagli 11 Grands préludes Op. 66 pour piano pédalier, in compagnia di Vincenzo Maltempo che suonava il "pedale". Un pezzo ammiccante e anche divertente, con i tipici colpi di teatro, i fulminei cambiamenti d'umore che caratterizzano la produzione dell'autore. L'incipit Scherzando è sornione, con il pedale che scandisce un accompagnamento in semicrome puntate, dall'effetto quasi tellurico (specialmente se eseguito all'organo). In questo Grand prélude il genio di Alkan ha saputo fondere a meraviglia un aspetto che ludico lo è solo in apparenza, un gioco in verità intriso di tensioni sotterranee. L'episodio centrale (Dolce) è distensivo e si scioglie in un canto sottile e leggero. È solo una pausa, prima della ripresa, veemente e in chiave diabolica, del tema iniziale. La conclusione è affidata a quattro secchi accordi in triplo "f".




LA PREMIAZIONE




Alfredo Di Pietro

Settembre 2020


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