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venerdì 26 aprile 2024 ..:: Maurizio Baglini - Schumann Piano Sonatas 1 & 2 ::..   Login
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 Maurizio Baglini. Schumann Piano Sonatas 1 & 2 - Presto Passionato - Toccata Riduci

 

 

"You can't judge a book by the cover" è il titolo di una canzone di Rock 'n' Roll scritta nel 1962 da Willie Dixon, ma anche la copertina ha la sua importanza. In questo CD Universal-Decca "Schumann Piano Sonatas 1 & 2 - Presto Passionato - Toccata" segno iconico del contenuto è l'immagine evanescente di un assorto Maurizio Baglini, in trasparenza con un fondale attraversato da lunghe linee nere (forse il simbolo della tastiera di un pianoforte?). La visione ispira sensazioni che appartengono alla sfera dell'onirico, intento non certamente casuale poiché lascia presagire uno dei tratti più affascinanti della musica di Schumann: il sogno. L'album è uno di quelli importanti, annunciato come l'avvio alla registrazione dell'integrale pianistica del grande compositore romantico e parte di un progetto di lungo respiro che assorbirà l'interprete toscano nei prossimi dieci anni di carriera. Non si nasconde Baglini, mai, sempre prodigo di dichiarazioni riguardo i suoi progetti attuali e futuri. Ben lo sa chi segue le sue lezioni concerto, sempre stimolanti per le informazioni elargite, ricche di addentellati storici che si fondono con qualche notazione di tecnica pianistica, a mo' di flash. Una nota che aiuta a capire come sia tutt'altro che un artista compassato: alcuni giorni prima della pubblicazione di questo CD, avvenuta il 29 gennaio, gli era piaciuto creare un po' di suspence su Facebook con un conto alla rovescia. Nessun roboante annuncio quindi, ma solo un simpatico memorandum dei giorni rimanenti al lancio discografico.

La predilezione di Maurizio Baglini per il compositore tedesco si era manifestata precocemente, come lui stesso racconta: "Schumann mi entusiasma da sempre: ricordo ancora quando lo suonai in pubblico per la prima volta a dodici anni". Nel 2012 l’agognato esordio discografico del "Carnaval" dava ampia prova della sua cifra interpretativa. L'album riscosse grandi consensi di pubblico e critica e lasciò il segno, come tutte le cose che sgorgano dal profondo del cuore e trovano espressione in un percorso di maturazione conquistato nel tempo. Tre anni separano il "Carnaval" da questo primo tassello ufficiale della sua integrale, un tempo non passato invano perché qualche mutazione stilistica, seppur non sconvolgente, è avvenuta. Oggi lo Schumann di Baglini si conferma intenso negli accenti, di grande libertà agogica, doti necessarie per seguire gli incontenibili slanci passionali come le zone d'ombra, l'euforia vitalistica che si alterna alla profonda mestizia in un turbinoso avvicendarsi, costantemente sorretto da una scrittura elegantissima.

La sonata per pianoforte N° 2 in sol minore Op. 22 fu pubblicata dall'editore Breitkopf & Härtel a Lipsia nel 1839. Ebbe genesi lunga e travagliata. Il lavoro iniziò nel 1833 con la stesura del primo e terzo movimento. Il primo esordisce perentorio, calando immediatamente l'ascoltatore in uno stimmung tempestosamente romantico. Per l'Andantino intermedio il musicista pensò alla trascrizione per pianoforte solo di un Lied per voce e pianoforte, "In Herbste", composto due anni prima. Questo secondo movimento è una gemma di meditazione tra due burrasche: So rasch wie möglich e lo Scherzo: Sehr rasch und markiert, rispettivamente primo e terzo movimento della sonata. Il Quarto fa storia a se. L'originale pensato da Schumann era di una difficoltà terribile, tanto che la moglie Clara Wieck, pianista tra l'altro dotatissima, rifiutò di eseguirlo e Robert alla fine desistette dall'inserirlo nella Sonata. Il brano "rejected" non andò perso ma divenne il "Presto passionato in sol minore", pezzo a se stante pubblicato postumo. Maurizio Baglini dimostra di saper coniugare a perfezione le due valenze principali di quest'opera, uno spettacolare virtuosismo la prima e un alto contenuto poetico la seconda, riesce a cogliere nel segno grazie alla sua tecnica trascendentale, sempre nobilitata da un alto afflato lirico.

Dove Schumann indica "Il più presto possibile", la concitazione prende piede e veniamo coinvolti in un turbine di note, non si rimane però disorientati dal moto vorticoso. La visione di Baglini non è mai approssimativa, ma piuttosto analitica anche nei momenti di maggior esagitazione, riesce a conservare un'esemplare lucidità, agevola l'accurata percezione di quanto si sta ascoltando. Questi sbalzi d'umore sono frequenti, quasi una costante, nel primo e terzo movimento mentre nell'Andantino: Getragen i marosi si acquietano, la superficie si spiana in increspature sottili. Il baluginare si stempera in una visione quasi crepuscolare dove però non si smarrisce la tensione interiore, quasi una corrente sottomarina che l'interprete non trascura di estrinsecare con un fraseggio e una dinamica gestiti con grande sapienza. Nella seconda variazione dell'andantino si lascia andare al canto in un progressivo crescendo di accordi, i quali dopo il climax espressivo-dinamico riconducono all'assorta atmosfera iniziale. Il delicato sospirare della musica fluisce in una pressoché totale assenza di rigidità. Brevissimo lo Scherzo: Sehr rasch und markiert, un minuto e quarantasette secondi di drammatica temperie, preludente al più variegato finale.
Nell'ascolto del Presto Passionato in sol minore c'è la spiegazione del diniego a eseguirlo di Clara Wieck, ma il nostro non si fa certo intimorire e, ancora una volta, da prova della sua formidabile tecnica pianistica.

La prima sonata in fa diesis minore Op. 11 è datata 1833, pubblicata da Kinster a Lipsia tre anni dopo, nel 1836. L'incipit è meno imperioso della N° 2. Nell'Introduzione: Un poco adagio esordisce un tema che esprime un dolore abissale, quasi disperato, un amarissimo fiore che sboccia sotto i nostri occhi che presto però muta colore e sembianze, quasi a voler respingere pensieri di grande sconforto. Segue l'Allegro Vivace, dal carattere più meditativo (tutta questa prima sonata è forse meno "violenta" della seconda). Il discorso prosegue in un caleidoscopio di situazioni espressive dal carattere episodico che fanno fatica a essere ingabbiate nella rigida forma sonata bitematica tripartita. Si tratta di un Allegro già noto perché composto nel 1832 e pubblicato da Schumann sotto il nome di Fandango: Rhapsodie pour le Pianoforte Op. 4. E' lecito quindi parlare non di composizione unitariamente concepita, ma di una sorta di parziale montaggio di brani già noti che in quest'opera sono utilizzati come tasselli di un mosaico. La dialettica musicale di Schumann trova la sua massima espressione in quell'andare rapsodico, già ventilato nell'ultimo Beethoven, che qui si concretizza nell'intima urgenza di dar vita a emozioni contrastanti. Ed è proprio in questi frangenti che l'arte di Maurizio Baglini fa la differenza, ombre e luci tratteggiate con somma mobilità, duttilità e flessibilità. Nessuna fatica a inanellare in rapida successione i repentini soprassalti schumanniani. L'aria è ricavata anche in questa sonata da un Lied per canto e pianoforte, "An Anna", poi trascritto dallo stesso autore per pianoforte solo.

Maurizio Baglini non solo mirabolante virtuoso ma artista totale, ne da prova certa con la sublime liricità espressa nell'Aria, affrontata con un cantato quasi operistico (ma non languido), dove è mantenuto un controllo assoluto del fraseggiare, senza incorrere in calcolate quanto prevedibili zuccherosità. Uno Schumann dotato di una solida spina dorsale, sottile nei sospiri, nobile, dalla profonda inclinazione all'introversione come allo slancio più espansivo. Di una spontaneità assoluta, sempre. Nello Scherzo e Intermezzo prevalgono quelle schiette sonorità, la felice inventiva melodica nonché l'originalità nel trattamento armonico che hanno reso immortali composizioni come il Carnaval Op. 9 oppure Papillons Op. 2. I "bassi vivi" indicati in partitura dall'autore sono qui intellegibilissimi, pulsanti come da natura percussiva del pianoforte, ancora una buona occasione per ammirare la straordinaria articolazione della mano sinistra di Baglini, la quale si produce in uno staccato dalla prodigiosa chiarezza. Inizia con severità il tempo Finale: Allegro un poco maestoso, si conclude così questa bellissima Sonata N°1, lavoro giovanile che potremmo definire "letterario" senza la tema di essere lontani dal vero. Schumann non fu solo un grande compositore ma anche un letterato di vaglia, eccellente scrittore e critico musicale acutissimo. Con la "Neue Zeitschrift für Musik" inaugurò una splendida stagione critica, forse non più ripetuta dagli emuli con la medesima intensità.

Dopo cotanto stimmung romantico il CD si chiude con un brano di "sbarazzo", la brillantissima Toccata in C Op. 7: Allegro. Un altro discreto "Tour de Force" che il pianista toscano affronta con apparente sprezzo del pericolo, forte della sua ormai proverbiale nonchalance tecnica, che è quella cosa per cui riesce a far apparire facili, senza sforzo, anche le cose più impervie. Da provetto maratoneta, nella musica come nello sport. Da sottolineare l'uguaglianza e la velocità con cui vengono eseguite le rapide quartine di semicrome dalla battuta 119 alla 134, quasi una mitragliata di note snocciolate con linearità e assoluto tempismo. La Toccata fu portata a termine nel 1836, in anni quindi vicini alle due Sonate, dedicata all'amico Ludwig Schuncke fu definita dallo stesso compositore come il "pezzo più difficile mai scritto".

Un album non è fatto soltanto da un dischetto argentato da inserire in un CD Player, ma anche da note di copertina che a volte andrebbero lette come si legge il manuale utente di un macchinario prima dell'uso. Quelle qui presenti sono stilate dallo stesso Baglini e fanno capire come la cultura, certe informazioni storiche, devono far parte del corredo di ogni interprete, tanto più quando questo è del suo livello. C'è qualcosa da sentire oltre le note, a monte di esse, che suggestiona l'interpretazione e la percezione che di questa ha l'ascoltatore, il quale dovrà farsi anche lettore (per i più pigri ci sono le lezioni-concerto) per addivenire a un ascolto più consapevole. In tutta la vita di Robert Schumann aleggia il concetto di "enigma", la sua triplice anima racchiusa nei tre pseudonimi di Eusebius, Florestano e Mastro Raro che caratterizzano altrettante predisposizioni d'animo. Eusebius è il volto riflessivo, poetico e sognatore; Florestano il sanguigno e rivoluzionario; Mastro Raro l'emblema della saggezza conservatrice che si traduce però in autorevolezza creativa, dice Baglini nelle sue note e molto altro ancora. Ma ciò che gli sta più a cuore trasmettere, con le parole e le note, è la valenza avveniristica di questa musica, emblema di un'imperitura modernità che sta prima delle note scritte, alberga nel profondo dello spirito di un genio creativo poco disposto a volgari banalizzazioni sul suo essere romantico. Solo liberandosi da certi cliché tesi a intrappolare più che emancipare, si può riconquistare la potente originalità del genio di Zwickau. In ogni caso c'è sempre un qualcosa di non scritto e non scrivibile, in una parola d'ineffabile, in qualsiasi recensione, di cui chi ascolta dovrà individualmente prendere coscienza secondo la sua sensibilità.

Maurizio Baglini con questa fatica discografica inizia alla grande l'integrale dell'opera pianistica di Robert Schumann. L'insaziabile voglia di scavo dell'autore più connaturale al suo sentire l’ha portato su un livello d'immedesimazione pressoché totale. L'impressione generale che si riceve da questo disco è un avvicinamento alla partitura così intimo da quasi annullare il dislivello che esiste tra interprete e opera. Come ogni "ricercatore" Baglini manifesta dei mutamenti sottili, ma sensibili, rispetto alle sue pregresse interpretazioni. Il suo Schumann di oggi è forse più sincero che in passato, più essenziale, conquista una dimensione maggiormente aderente alla parte più autentica della sua fervente poetica. Il risultato è lo svincolamento da ogni minima traccia di autocompiacimento. In buona sostanza uno Schumann senza veli, dalla ferrea coerenza stilistica, dalle concatenazioni umorali che appaiono consequenziali nel seguire un moto interiore, nettate da ogni sospetto di gratuita eccentricità. La "semplicità" è a volte una conquista, così gli originali flussi melodico-armonici perdono ogni irrazionalità diventando l'esito del turbine emozionale che urgeva all'atto del comporre. Potrebbero sembrare incomprensibili o stravaganti se visti dall'esterno o se raccontati senza quella purezza di linee che mette a nudo lo scheletro reggente la superba e particolarissima dialettica musicale schumanniana. Questo senza che vada perduto un grammo della fantasia, dell'estro, dell'ispirazione che rendono oggi Maurizio Baglini uno dei più grandi interpreti di Robert Schumann sulla scena mondiale.

Alfredo Di Pietro

Febbraio 2016


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