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 Maurizio Baglini A laFeltrinelli di Milano 13/04/2018 Riduci


 

 

Campione del fare e delle proposte intriganti, nemico acerrimo dell'ordinario, Maurizio Baglini anche in questa presentazione non veleggia verso teoretiche astrazioni, ma s'impegna nel concedere al pubblico scampoli di esperienza, di vita vissuta, svelando anche dettagli che si sono consumati dietro le quinte. Presenza ricorrente a laFeltrinelli di Milano, sia nella sede di Piazza Piemonte che in quella centralissima della Galleria Vittorio Emanuele II, oggi presenta il terzo CD della sua integrale pianistica di Robert Schumann, un progetto ambizioso quanto destinato a lasciare un'impronta indelebile nella discografia del genio di Zwickau. La prima domanda posta da Silvia Corbetta è precisa, riguarda la sua essenza d'interprete, dalla critica definita visionaria e anticonformista. E Baglini anticonformista lo è di sicuro, per sua stessa ammissione, prova ne è il suo non seguire le abitudini, le convenzioni sociali assodate per definizione. Non va dimenticato che è un toscano, entra in gioco quindi una logica di appartenenza che indica la sua originalità come frutto di una stratificazione storica. A titolo di esempio cita il Granducato di Toscana, il primo Stato al mondo ad abolire formalmente la pena di morte con una normativa. Sul termine visionario però il pianista ha un momento di pencolamento. La Treccani ne da un'accezione negativa, come di uno che ha le traveggole e non è certo questo il suo caso. Per inciso, la stessa autorevolissima fonte fornisce anche un significato differente, di "sognatore" e questo credo possiamo accettarlo in pieno poiché il maestro appartiene a quella rara categoria di persone che si sforzano, spesso con successo, di trasformare il sogno in realtà.

 

 

Non si ritiene tuttavia un genio ed è questa la differenza sostanziale con Robert Schumann, spera di poter andare avanti nella sua vita, perché questa gli piace, con un cervello sempre attivo. Accetta quindi l'appellativo di visionario come di persona che ha una visione a lungo termine. In questo senso si ritiene tale, nel pensare non a cosa succederà domani ma dopodomani, a quelli che potranno essere i suoi progetti tra cinque, dieci anni. Maurizio Baglini mi ha sempre dato l'impressione di un uomo che guarda costantemente in avanti, per certi versi sfuggente, non per impazienza o scortesia ma per il fatto che il suo pensiero è sempre proiettato verso uno scenario che verrà. Se con lui desideriamo fissare un momento, ci accorgiamo che è già oltre quel limite. Dice di sentirsi tra amici; non è un'affermazione atta a risolversi in una "Captatio benevolentiae" verso il pubblico, lo si sente dal tono colloquiale e disteso della sua voce quando, per esempio, fa sapere che quest'integrale dovrà completarsi entro il 2025. Un obiettivo che già concretamente lo inquadra in una proiezione visionaria. Anticonformista si ma "cum grano salis", il che vale a dire non la ricerca, nel suonare la musica romantica, di un atteggiamento "rockettaro", ma possibilmente porsi il problema fondamentale di come rendere oggi, in una società che vive a ritmi velocissimi e nella consumazione vorace di tutto quello che offre, importanti e necessari capolavori scritti due secoli fa da un genio.

 

 

Un'operazione che necessita, a suo avviso, di una buona dose di coraggio e assunzione di responsabilità poiché, se ci si basa soltanto sull'intento di seguire quello che a livello interpretativo hanno dato artisti stratosferici come Horowitz o Cortot, sarebbe inutile porsi il problema di fare un disco come questo. Lungi dal mettere il carro davanti ai buoi, Baglini è contento quando può dire qualcosa di nuovo e per farlo bisogna assumersi dei precisi oneri. Ed è proprio l'anticonformismo, più che la visionarietà, il concetto che sembra destinato a diventare sempre più il "leitmotiv" della serata. Esistono però anche dei fattori pratici riscontrabili in quest'incisione per Decca che possono rientrare in qualche modo in quest'idea, facenti comunque parte di una scelta ben precisa. Uno è la registrazione dal vivo, in Francia, dove ci sono 2700 festival musicali estivi, a diversi di questi Baglini va spesso perché questo Paese è un po' la sua patria di adozione. Lui ha la fortuna di aver ricevuto carta bianca da un direttore artistico, in questo caso una signora, che da tanti anni lo stima e sostiene. Una libertà che gli ha consentito di definire le coordinate di un programma monografico su Schumann, cosa non scontata perché in Italia l'impresa sembra non essere possibile. È andato a farlo in Sardegna, a breve distanza temporale da questa presentazione, ma nelle grandi città gli si chiede sempre di accostare qualcosa di più popolare alla musica dell'autore tedesco, secondo la logica meramente quantitativa della vendita dei biglietti.

 

 

Elemento anticonformista due: ha deciso d'investire un cachet molto importante per portare in Francia il suo pianoforte Fazioli, percorrere 1800 chilometri all'andata e altrettanti al ritorno per un'ora e venti di musica non è uno scherzo. L'ha fatto perché credeva fortemente nell'esigenza di personalizzare questo concerto "live". Durante l'esibizione c'è stato un temporale. Si è dovuto la mattina dopo riverificare che tutto fosse a posto, prima che andassero via tutti i tecnici. Ha suonato nella chiesa di un villaggio che conta quarantadue residenti, quattrocento villeggianti in estate mentre ben cinquecento erano le persone presenti al concerto. Madiran è un borgo vinicolo situato tra Lourdes e Pau, quindi nel dipartimento degli alti Pirenei. Ma in questo caso dov'è l'anticonformismo? Nel fatto che la maggior parte dei suoi colleghi si sarebbero tranquillamente goduti il lauto cachet, registrando poi il disco in Italia. Senza ignorare che l'esecuzione dal vivo ha regalato tante belle cose all'interprete, ma sicuramente anche al pubblico. "C'è una differenza sostanziale", dice il maestro Baglini, "In studio si può fare davvero l'incisione ideale in quanto verifichi quello che stai facendo. Fughiamo subito un dubbio: quando si registra si pensa sempre al calcolo degli errori e delle correzioni, questa è una preoccupazione reale ma non l'unica. In studio se una nota è sbagliata viene corretta mentre in questo live qualcosina ho lasciato, lo dico sinceramente. A un certo punto si sente che il mio Fazioli si scorda, ma si trattava di un'esecuzione dal vivo e l'ho lasciato così.

 

 

Dopo le Davidsbündlertänze ritorna perfetto perché c'era stato un intervallo, nel tempo del quale è stato sistemato, nella seconda parte ho quindi potuto suonare la Kreisleriana con il pianoforte perfettamente accordato. Registrare in studio vuol dire anche fermarsi ogni tot di tempo e appurare, per esempio, se hai fatto giusto un particolare accento, quella forcella, quella dinamica. Dal vivo no, prendi quello che è il momento della serata". Sono cose che non troveremo mai nelle note di copertina allegate a un CD, ma è altresì difficile che un pianista sia disposto a rivelarle al pubblico con tanta spontaneità. Eppure tanto sono preziose per comprendere come quello del concertista sia un mestiere difficile, irto d'imprevisti, alla stregua di un equilibrista. Elemento anticonformista tre: questo programma contiene due manifesti veri in cui Schumann dichiara guerra al passato, con le Davidsbündlertänze, mentre in Kreisleriana pone i fondamenti del romanticismo agganciandosi a quella letteratura tedesca incline al fantastico (E.T.A. Hoffmann e la sua raccolta Fantasiestücke in Callot's Manier insegnano...). Maurizio Baglini ha ritenuto giusto, in qualità d'interprete, ripristinare quel senso dell'improvvisazione che nella musica classica è andato perduto. Se guardiamo alle edizioni di Franz Liszt delle sonate di Beethoven, noteremo che lui si prende la libertà di cambiare delle note e suggerire delle cadenze improvvisate. Con tutta probabilità oggi i filologi griderebbero vendetta per queste operazioni, non però Liszt, il quale era consapevole di quello che faceva.

 

 

Questo ci fa capire come all'epoca s'improvvisasse sulla musica contemporanea, la "Hammerklavier" la inventa Liszt poi, di fatto. Perché il Jazz nel ventesimo secolo, secondo Gulda e altri eminenti artisti, era l'unica forma di musica contemporanea vera? Perché teneva conto della comunicativa e dell'estemporaneità, dell'improvvisazione del momento, per la quale si può sentire l'esigenza di suonare in maniera leggermente più lenta o magari di ritardare un intervallo. Puoi farlo dal vivo ma non in uno studio di registrazione dove, nel momento in cui riascolti e vai a verificare, siccome tutti hanno l'ambizione di restituire la perfetta fedeltà al testo, si rimane subito castrati per aver notato magari un qualcosa di eccessivo. Un'interessante anticipazione: i prossimi undici CD dell'integrale non saranno registrati tutti dal vivo, non possono esserlo in quanto ci sono, obiettivamente, anche dei pezzi che Schumann ha scritto in modo sperimentale e che dal vivo funzionano poco. Dichiara il pianista pisano: "Non cerco di essere originale per fare qualcosa di diverso, non cerco la provocazione". Le scene infantili riportano al mondo dell'infanzia, tanto caro a Schumann, ricordiamo anche l'Album della gioventù Op. 68. Questi meravigliosi quadri non sono però riservati ai bambini, lo stesso autore li definì "reminiscenze per adulti da parte di un adulto", non musica per bimbi dunque, ma sui bimbi. Schumann ha avuto la sorella e il padre suicidi, lui stesso tenterà per due volte di togliersi la vita,senza riuscirci.

 

 

Affetto dalla patologia psichiatrica di personalità molteplice, morirà poi in manicomio. Oggi non si deve usare questo termine ma a quei tempi erano chiamati così e Schumann in quei luoghi terribili ha subito sevizie e torture. Che non siano le Kinderszenen un modo catartico per ritornare ai soprassalti dell'infanzia, che una certa letteratura ha voluto colorare di rosa. In realtà si tratta di piccole scene destinate agli adulti, come "Kind im Einschlummern" (Bambino che s'addormenta), sintesi perfetta dell'universo angoscioso e angosciato del bambino. Cos'è l'infanzia per lui? È il momento in cui si dà spazio alla fantasia come sesto senso. Per primo il musicista tedesco conierà il termine di "Phantasieren", cioè quel libero procedere che obbedisce solo alla logica di non avere logica. Con coraggio si batterà strenuamente per la commistione delle arti, per lui nessuna, nemmeno dunque la musica, può vivere da sola ma dev'essere complementare alla letteratura, all'arte figurativa, alla filosofia. Fondò la critica musicale, da intellettuale emotivamente coinvolto, un'attività che affrontò con un forte spirito militante. Prediligeva la musica come missione di rinnovamento, contestando i cosiddetti parrucconi, in riferimento agli accademici, ma nello stesso tempo ne era affascinato perché era un mondo di cui non riusciva a fare parte. Per tutta la vita cercherà di scardinare le leggi dell'armonia. Scrisse delle nuove regole per i musicisti. Ritornando a bomba al CD e al ricorrente concetto di anticonformismo, nella registrazione vengono adottate delle velocità diverse rispetto alle solite usualmente accreditate.

 

 

Nella musica del '900 il metronomo è un fattore squisitamente emotivo e parte integrante del fattore artistico, prima era stato invece adoperato in funzione di abbellimento. Il primo a usare il metronomo fu Beethoven, per Schumann questo diventa un elemento portante, con dei tempi spesso bizzarri in cui comunque c'è una logica. Ancora Baglini ci confida: "Sto affrontando per il prossimo disco l'ultima opera di Schumann, Gesänge der frühe, in cui nel quarto brano c'è il famoso dilemma del metronomo alla croma, per cui non si sa se farlo al tempo indicato o alla metà. Poi si arriva a constatare che se si compie uno studio abbastanza approfondito e si dimentica cos'hanno fatto i grandi interpreti, è possibile trovare una personale chiave di lettura, ovviamente non certificabile. Nessuno di noi può parlare con Schumann. Nelle Scene Infantili possiamo notare, nei brani suggestivi di una felicità completa, l'adozione di tempi molto più lenti. Non è tuttavia una vera felicità poiché il bambino, per il compositore, non si sente felice; lui certamente non lo era stato nella vita. Come pianista in fondo era invidioso del successo della moglie, poiché lui non era riuscito a raggiungerlo. Parliamo di questi geni in termini sempre lusinghieri, ma in realtà anche in loro c'erano delle umane debolezze. Il fatto di non aver conseguito l'anelato successo fece di lui un uomo frustrato, si sente questa cattiveria nei confronti di chi doveva suonare la sua musica. Nella Toccata Op.7 per esempio che è una cosa tecnicamente mostruosa".

 

 

Silvia Corbetta si dichiara un po' stupita per la copertina in bianco e nero, leggendo però l'intervista contenuta nelle note di copertina e ascoltando il CD, ha trovato quest'opzione quanto mai appropriata. La scelta la si fa, in effetti, con il produttore, però in questa è stata coinvolta anche la compagna del maestro, Silvia Chiesa, che ha trovato questa posa particolarmente espressiva. In effetti, in questa foto in bianco e nero c'è un'intensità che magari i colori avrebbero disturbato. Afferma Baglini: "Credo sia un disco che segni veramente un cambio di passo, anche nella logica della mia attività concertistica, una decisione programmatica importante destinata a cambiare anche l'agenda dei miei concerti. Nel mese di giugno ne registro un altro, che non era previsto fino a qualche mese fa. Oltretutto si sposava molto bene nell'idea di assemblare tre titoli particolarmente significativi". Non sarà tutta così quest'integrale, ci confessa, la quale presenterà per il futuro anche uno Schumann inusuale, piuttosto irregolare per com'è scritto, così da rendere possibile la realizzazione di un qualcosa che non gli sarebbe stato permesso con titoli quali il Carnaval Op. 9 o con il futuro progetto della Fantasia in C Op.17, tipicamente "Sturm un Drang". Nelle sue intenzioni c'è comunque quella di presentare un "prodotto" scevro da qualsiasi tipo di posticcio abbellimento, convogliato nella scia progettuale della Decca, che da anni è impegnata nella valorizzazione di artisti italiani. C'è anche la novità di un logo graficamente inedito per un disco che Baglini stesso da lì a poco avrebbe presentato a Parigi.

 

 

Il bianco e nero sottolinea i contrasti di luce estremi, ma è significativo anche delle notevoli escursioni dinamiche del livello di pressione sonora nella registrazione. Da audiofilo posso dire che questa registrazione si rivela un test dinamico terribile per qualsiasi impianto o cuffia, anche blasonati, proprio per la grande escursione della dinamica, soprattutto se si ha la pretesa di voler ascoltare a volumi realistici. Nella produzione pianistica di Robert Schumann, le Davidsbündlertänze Op. 6 sono meno conosciute di altre raccolte di brani. Forse perché piacciono meno e sono molto poco frequentate dai concertisti? D'altronde i concerti monografici su Schumann sono come delle mosche bianche. "Intanto c'è un problema di durata", dice Baglini, "sono diciotto pezzi caratteristici in forma di danza che, suonati con tutte le repliche, possono durare mediamente trentadue, trentatre minuti. Io ho cercato il rispetto dei metronomi originali, preferendo dei tempi congrui alla percezione acustica del tempo, che è diversa da quella di oggi. C'è stato dunque tutto un lavoro di riattualizzazione. Ci sono delle interpretazioni pregevolissime che sfiorano i quaranta minuti. In ogni caso bisogna tenere presente che Schumann dichiara una rottura sostanziale con il passato. L'Op. 6 è stata rimaneggiata per molto tempo, non riuscendo a trovare degli editori che la pubblicassero. Altro punto rimarchevole è che sono difficili, anche dal punto di vista pianistico". La composizione sarebbe dovuta terminare con l'ottavo brano della seconda serie, cioè con il numero diciassette, ma poi se n'è aggiunto un diciottesimo a concludere la raccolta.

 

 

A un certo punto in "Wie aus der Ferne" sopravviene una culminazione spasmodica, altamente virtuosistica, alla quale segue una dissolvenza che conduce al famoso "shock" acustico di un brano fondato sul quarto grado (sottodominante) rispetto all'inizio di questo valzer, quel "Nicht schnell" in cui lui parla di uomini che devono diventare angeli in una sorta di catarsi. Questo brano che va lentamente a spegnersi è in controtendenza rispetto all'epoca, dove il forte e il veloce pagava molto di più, difficile dunque per l'editore di turno accettare un andamento del genere. Peccato che, invece, abbia rappresentato una delle rivoluzioni più sconcertanti in senso armonico, grammaticale e pure emotivo. È ferma convinzione del pianista che Schumann meriti oggi molto più successo di quello che riscuote, facendosi paladino della sua modernità. Allora sorge spontanea una domanda: come l'interprete Maurizio Baglini riesce a consegnare l'equilibrio tra le due istanze di Florestano ed Eusebio, che forse è l'elemento più difficile poiché Schumann le giustappone senza mai approdare a una mediazione tra loro? "A mio modesto parere la risposta", sostiene Baglini, "assumendomi tutta la responsabilità d'interprete, sta nel fatto che è sempre lui. La doppia personalità, che io spiego agli adolescenti o ai bambini con l'esempio di dottor Jekyll e Mister Hyde, appartiene comunque a una dimensione sincera. Lui è autentico sia quando veste i panni del poeta tranquillo e riflessivo, sia quando esce fuori con tutta l'aggressività del sanguigno Florestano.

 

 

Ma c'è un altro elemento che può aiutare l'interprete, soprattutto i direttori d'orchestra impegnati a rimaneggiare in qualche modo l'orchestrazione, non ritenendo sufficientemente efficace l'originale. Sono arrivato alla conclusione che, in realtà, non vogliono renderla efficace. È vero che ci sono degli squilibri, ma Schumann ne era perfettamente consapevole. È un po' come il campione di Formula Uno che passa col rosso, operazione che adesso non si può più fare mentre era consentita ai tempi in cui non c'era la telemetria. I piloti sapevano benissimo di fare delle cose pazzesche". Il grande Robert non era certo un improvvisato, le sue partiture denotano un'estrema precisione nei dettagli riguardanti qualsiasi tipo d'indicazione, dal segno all'agogica, alla dinamica e i suggerimenti di espressione, per'altro tutti rigorosamente in tedesco. Cosa che ci fa capire come sapesse molto bene ciò che stava facendo. Non solo nelle opere dove protagonista è il pianoforte solo, ma nelle cameristiche, nell'orchestrazione delle sinfonie come nel Teatro d'Opera, indica meticolosamente una serie d'istruzioni da rispettare in maniera pedissequa, cosa che poteva appartenere a Beethoven, Schubert, che apparterrà più in là a Ravel, molto meno a Brahms che non radicalizzava la questione. Un "modus operandi" sicuramente in antitesi totale con quello di Chopin, che ogni giorno, a seconda dell'allievo con cui si trovava, cambiava. Il segno non è allora un codice da rispettare in maniera burocratica, come un amministratore che deve far tornare i conti.

 

 

"Si deve perciò cercare di lavorare sulla voglia che aveva di rinnovamento", conclude Baglini, "Si potrebbe pensare che questo compositore pecchi di personalismo, che la sua scrittura e ricerca musicale convergano verso un risultato troppo legato alla sua persona. La storia smentisce questa tesi. Nei suoi contatti epistolari, Robert racconta a Clara che Liszt si presentò nella sua residenza in un soggiorno estivo: "Stamattina Liszt ha suonato il mio Carnaval, ha fatto tutto il contrario di quello che ho scritto ma ho capito che può essere suonato solo così". Questo dimostra come non fosse legato ad alcuna forma di autoreferenzialismo". Il monito lanciato dal maestro toscano è sin troppo chiaro: è opportuno combattere la pigrizia che subentra in chi ancora vuole ascoltare quello che già si conosce. Da direttore artistico fa molta fatica per convincere la gente alla scoperta di cose bellissime, delle quali poi si rivelano puntualmente entusiaste, riguardanti non solo gli interpreti ma anche gli autori. Pressoché ineseguiti sono gli Intermezzi Op. 4 e le Romanze Op. 28, Baglini dichiara che registrerà anche questi, un integrale ha quasi l'obbligo di farlo e non è certo colpa di Robert Schumann se queste autentiche perle sono trascurate. Questa tendenza dev'essere combattuta con la potente arma della divulgazione culturale. L'opera delle tre contenute in questo terzo CD cui Maurizio Baglini è più affezionato è Davidsbündlertänze: "È un pezzo che ho scoperto quando avevo dieci anni a un concerto di Vladimir Aškenazi.

 

 

Mi è rimasto particolarmente impresso per il profluvio di applausi che ha ricevuto. Allora, nei recital pianistici questi si potevano protrarre per oltre mezz'ora, è successo con Alfred Brendel, per esempio. Un "delirio" collettivo che neanche l'Opera provoca. Per questo i Davidsbündlertänze mi sono rimasti molto cari". Parole e musica s'intrecciano in questa memorabile serata primaverile milanese. Il maestro siede al pianoforte tre quarti Yamaha, appare concentrato, volitivo, intenzionato a lasciare delle forti sensazioni in chi gli sta di fronte. Colpisce dritto al cuore il viscerale impatto che hanno queste pagine. Ma l'estro del momento di questo abile olografatore di "texture" musicali non si fa mai mettere i piedi in testa da una sterile accuratezza di lettura, la piega piuttosto alle sue più intime volontà espressive. Solo così può verificarsi il prodigio, secondo il quale capolavori di questo spessore diventano estremo avamposto della modernità, in una tensione oscillante tra il dilaniante tormento e una soavità di origine celestiale, indelebile imprimatur del marchio di fabbrica schumanniana. Si affaccia alla mia mente l'immagine di un equilibrista sospeso nell'aria su una fune, sotto di lui l'abisso, obbligato ad agire non perdendo mai di vista il senso di un infallibile bilanciamento, nell'ambito del quale muove ogni suo passo. L'artefice Maurizio Baglini sa come imbastire le stratificazioni, i numerosi rimandi e citazioni, endogene ed esogene, che fanno della musica di Schumann una miniera di umanità e misteriose simbologie.

 

 

 

 

BRANI SUONATI

 

Dalle Kinderszenen Op. 15:

   1) Von fremden Ländern und Menschen (Da paesi e uomini stranieri)

   2) Kuriose Geschichte (Storia Curiosa)

   3) Hasche-Mann (A rincorrersi)

   4) Bittendes Kind (Fanciullo che supplica)

   5) Glückes genug (Quasi felice)

   12) Kind im Einschlummern (Bambino che s'addormenta)

   13) Der Dichter spricht (Il poeta parla)

 

Dai Davidsbündlertänze Op. 6

   1) Lebhaft

   2) Innig

   3) Mit humor. Etwas hahnbuchen. Schneller

   4) Ungeduldig

   17) Wie aus der Ferne

   18) Nicht schnell

 

Da Kreisleriana - Otto fantasie per pianoforte Op. 16

   1) Ausserst bewegt

   8) Schnell und spielend

   3) Sehr aufgeregt

 

 

Alfredo Di Pietro

 

Maggio 2018

 


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