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 Venite pur avanti vezzose mascherette! - Evento MaMu - 20/06/2020 Riduci




Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)

Concerto per pianoforte e orchestra N. 11 in fa maggiore K1 413 (K6 387a)
- Allegro
- Larghetto
- Tempo di Minuetto

Pianoforte: Emanuele Delucchi
Archi: MaMu Ensemble


Concerto per pianoforte e orchestra N. 12 in la maggiore K1 414 (K6 385p)
- Allegro
- Andante
- Allegretto

Pianoforte: Stefano Ligoratti
Archi: MaMu Ensemble


 



Tra gli afrori di un assolato pomeriggio estivo milanese, un bel cespuglio di Viburnum Opulus Roseum, più comunemente noto come "Palla di neve" o "Pallon di Maggio" mi accoglie con le sue delicate infiorescenze all'ingresso del Magazzino Musica. Dopo il periodo di confinamento da COVID-19, per me, audiofilo e frequentatore di concerti è stata una grande gioia poter ritornare nell'amata capitale lombarda, con la sua effervescenza artistica, con la sua musica, abbracciato dal calore che solo essa sa dare nell'aggregazione tra appassionati, sia pur mascherati per l'occasione. Si tratta di volti e persone mai visti prima, ma che sento immediatamente amici già dopo le prime note. Il titolo dell'evento "Venite pur avanti vezzose mascherette!" è una palese citazione mozartiana dal "Don Giovanni", come di quest'autore sono i due concerti per pianoforte e orchestra che due valentissimi pianisti, Emanuele Delucchi e Stefano Ligoratti, hanno interpretato per l'occasione nella doppia veste di solisti e direttori. L'atmosfera è quella trepidante di una "première". Il MaMu (Magazzino Musica), ibrido tra esercizio commerciale, café-concert e tempio di culto musicale è una realtà molto particolare del panorama culturale di Milano. Già teatro di tantissimi eventi, persegue meritoriamente un triplice obiettivo: didattico (attraverso l'organizzazione di laboratori, corsi, masterclass, lezioni frontali e collettive), divulgativo (con incontri o presentazioni di progetti e prodotti editoriali o discografici) e performativo (mediante l'organizzazione o la produzione di concerti e rappresentazioni).

 



Ha conosciuto la sua alba grazie all'intraprendenza di Nicola Kitharatzis, liutista con una grande esperienza nel settore musicale, maturata sia lavorando presso i principali editori musicali con sede a Milano (Carisch e Ricordi), sia in qualità d'ideatore e preparatore dell'orchestra amatoriale Carisch. Dal settembre 2016 a questa realtà si unisce anche Laura Ferrari, giornalista professionista con vent'anni di Web Company alle spalle; in quell'anno lei lascia l'attività di brand manager per condividere generosamente l'avventura imprenditoriale avviata da Nicola, socio sul lavoro oltre che compagno nella vita privata. Nella divisione di compiti che si sono dati, Nicola presiede l'anima musicale di MaMu e il settore strumenti, mentre la comunicazione, l'editoria e l'organizzazione di eventi fanno capo a Laura. Anno cruciale è anche il 2017, in cui si aggiunge al team la violinista Silvia Bertolino, impegnata in un'intensa attività concertistica in ambito orchestrale e cameristico e socio fondatore dell'Associazione MaMu Cultura Musicale; lei si occupa della programmazione delle attività artistiche legate al MaMu Ensemble, il gruppo cameristico amatoriale di cui è spalla e che stasera ha collaborato con Delucchi e Ligoratti. Si tratta di un'orchestra da camera nata nel settembre 2017, operante all'interno delle attività del MaMu, costituita da appassionati esecutori non professionisti che s'incontrano periodicamente per la preparazione dei concerti. Ci aggiorniamo quindi dopo questo sventurato confinamento, ricominciando ad abbeverarci alle più pure fonti musicali proposte da artisti di primo livello come i nostri due strumentisti.

 



Una sorta di riconciliazione con la musica eseguita "Hic et Nunc", eventi dal vivo che nessun succedaneo può validamente sostituire: vanno bene le dirette Facebook, vanno bene gli ascolti dagli impianti Hi Fi, "affordable" o milionari che siano, ma nulla può e potrà mai sostituire il contatto con i musicisti nell'atto del suonare a pochi metri da noi, compreso l'inestimabile valore sociale che da ciò deriva. D'altronde, come ha giustamente detto Laura Ferrari a inizio evento: "Questa serata ha un alto valore simbolico". Lo ha per una coincidenza di fattori che non sono solitamente rintracciabili in un concerto di "routine", compreso l'annuncio da parte del professor Diego Brancaccio, presidente dell'associazione MaMu Cultura Musicale, del momento di grande trasformazione che questa sta attraversando: "Noi cambieremo pelle, anzi cambieremo struttura, perché questa entrerà nel territorio del terzo settore. Per noi la rivoluzione più naturale", afferma orgogliosamente. Altro segno tangibile di continuità musicale, non interrotta da un evento avverso ma solo messa in pausa, è dato da questa serata in due "round", uno alle 19 e l'altro alle 21. È stato, infatti, proprio Emanuele Delucchi ad aver chiuso le attività del MaMu prima del virus e oggi, dopo quattro mesi di silenzio, ad averle riaperte, in proseguimento di una linea ideale. Sotto la spinta di un rinnovato entusiasmo, il MaMu promette che tante cose belle verranno fatte prossimamente.

 

Diego Brancaccio


IL K 413

 



Stasera è quindi di scena Wolfgang Amadeus Mozart, un autore che tutti amiamo, nell'immaginario collettivo considerato come simbolo della perfezione. Primo ascoltato dei due è il Concerto per pianoforte e orchestra N. 11 in Fa maggiore K 413, composto da Mozart, insieme agli affiliati K 414 e K 415, tra il 1782 e il 1783, dopo il suo trasferimento da Salisburgo a Vienna. Quando il compositore si recò nella capitale austriaca, trovò il modo di guadagnarsi da vivere, e anche in maniera piuttosto vincente, scrivendo delle opere che non fossero esclusivamente dedicate a insiemi professionistici. In una lettera al padre del 28 dicembre 1782, Mozart rivela le sue idee su questi tre concerti, concepiti per un pubblico piuttosto vario: "Questi concerti sono una via di mezzo tra il troppo facile e il troppo difficile; sono molto brillanti, piacevoli all'orecchio, e naturali senza essere insipidi. Ci sono qua e là passaggi da cui i conoscitori possono cavare la loro soddisfazione; ma questi passaggi sono scritti in modo che i meno colti non possono non essere contenti, senza sapere il perché." Il K 413 è organizzato in tre movimenti: un elegante "Allegro" d'apertura, un delizioso "Larghetto" e un "Tempo di Menuetto" conclusivo. Come per gli altri due, non è richiesto all'esecutore uno spiccato virtuosismo, ma questo non vuol dire che siano di facile esecuzione, tutt'altro. Si naviga tra motivi molto semplici, dotati di una struttura armonica lineare, privi di difficoltà tecniche, ma la cui felicità d'invenzione e attrattiva è evidente sin dalle prime misure. L'ingresso del solista avviene dopo l'esposizione orchestrale, è un'entrata beneducata, quasi timida e senza clamori, che identifica come cameristico il carattere dell'opera, pienamente compreso da Delucchi.

 

 



Lo si evince anche dall'intessuto della mano sinistra, per lo più di accompagnamento armonico alla melodia, caratteristico della sonata e non propriamente di un concerto. Il clima d'intimità che stabilisce il Larghetto è una di quelle delizie di cui è disseminata la produzione mozartiana. Un'isola di tenera serenità, dove il tema principale (sotto voce) è affidato ai violini primi, sostenuti dal basso albertino dei violini secondi e dal pizzicato in crome di viole, violoncello e basso. Si tratta di un omaggio alla memoria di Johann Christian Bach, l'amico da poco scomparso la cui musica influenzò non poco quella di Mozart, il suo modo di ricordarlo sta nel citare un tema tratto dall'Alessandro nelle Indie, opera appunto di J.C. Bach, undicesimo figlio del più noto Johann Sebastian. La conclusione del Concerto K 413 è affidata a un adorabile Tempo di Menuetto in forma di rondò, passerella di spunti melodici che si alternano con grande felicità inventiva. In questo, il tema principale fa da "refrain" tra quattro episodi solistici di diverso conio caratteriale, dove cantabilità e virtuosismo si esprimono in totale accordo dialettico fra solista e orchestra. Nella sua sapida presentazione, Emanuele Delucchi afferma: "Il K 413 per pianoforte e orchestra, composto nella tonalità di fa maggiore, se leggiamo quello che in genere si scrive nei programmi di sala, è considerato una sorta di brodo freddo, il K 414 è invece buonissimo e il K 415 geniale, dove finalmente Mozart prende il volo. In realtà nel K 413 i gesti musicali sono piccoli e per questo vanno ascoltati con più attenzione, però ci sono eccome e sono certamente interessanti.

 



Nel terzo tempo c'è un accordo strano, che suona come un "cluster", nel primo tempo ce n'è un altro che viene ripetuto per sei volte, creando un effetto assolutamente espressivo, pure innovativo se vogliamo. Così anche la modulazione in tonalità minore, precisamente in do minore, nella parte centrale del primo movimento, è degna di nota. L'indubbia bellezza di questo concerto è quindi un po' più da cercare rispetto agli altri due. È un'opera dalla forma strana: si apre con un tempo ternario (3/4), particolare per Mozart perché non è la solita cadenza di marcia o in quattro dei concerti un po' più vivaci e marziali. Segue un bellissimo Larghetto e un finale in forma di minuetto, nota danza nobiliare che non ha nulla di appariscente o virtuosistico. È interessante notare come il giovane virtuoso Mozart faccia una scelta così raffinata e insolita, rinunciando a una chiusa brillante. Il concerto, infatti, finisce in "piano", per lui non vale la solita legge in base alla quale tutto è bene quel che finisce forte. Come vedete, la sua attrattiva non è così tanto sfacciata come in altri concerti, ma va in qualche modo cercata." La cifra interpretativa di Delucchi, ben assecondata dal MaMu Ensemble, colpisce l'obiettivo di sottolineare le tante idee musicali, semplici e dirette nella loro efficacia, con un pianoforte che nel movimento iniziale embrica il suo ingresso con l'orchestra quasi senza soluzione di continuità, diventando prolungamento di essa e non elemento conflittuale.

 

 



L'accorata dialettica del pianista spezzino si estrinseca in un camerismo ricco di tinte, intimamente entraneo alle linee musicali degli archi, dalla visione lucida e mirante alla valorizzazione del sublime cantabile mozartiano, presente a profusione nei tre movimenti dell'Allegro, Larghetto e Tempo di Minuetto. Sul mio personalissimo cartellino, la sua lettura ha probabilmente toccato il culmine nel sublime Larghetto, affrontato in modo talmente amabile e colloquiale da rendere veritiero il suo dichiarato intento, nel suonare musica, di addivenire a una forma di condivisione con il pubblico, più che esercitare una pura e semplice attività.

 




IL K 414

 

 



Nel breve cappello introduttivo al K 414, Stefano Ligoratti dice: "Questi concerti, che vengono stasera eseguiti solo con gli archi, fanno parte di una ricerca nella scrittura mozartiana perché, pur essendoci nella partitura anche due oboi e due corni, l'autore scrisse che si possono suonare anche senza. In tal modo la musica diventa modulare, adatta anche all'esecuzione da parte di strumentisti dilettanti, che all'epoca erano tantissimi. In realtà io trovo difficilissimo questo concerto, come anche gli altri due, e credo che Emanuele sarà d'accordo con me." Tale concezione modulare è particolarmente evidente sin dal primo movimento, dove il tema iniziale, esposto dagli archi, fa pensare agli schemi dialogico/cameristici di un quartetto appunto d'archi. Il Concerto per pianoforte e orchestra N. 12 in La maggiore K 414 è il secondo di una triade formata dai K 413, K 414 e K 415, concepito anch'esso nel corso del periodo viennese. Il critico musicale Alfred Einstein avanzò la tesi, in accordo con altri importanti studiosi mozartiani, che questo venne in realtà scritto prima degli altri due. Ancora una volta Mozart ha compiuto il miracolo di regalarci melodie che sembrano sbocciare dal nulla tanta è la loro naturalezza e assenza di forzature. Non c'è nulla in lui che non sia espresso con una superiore musicalità, traslata da partiture complesse, difficili e virtuosistiche, oppure ai nostri sensi effusa con un risparmio tecnico che non appanna mai il sorgere di purissime emozioni.

 

 



Ci sono delle notevoli affinità tra il K 414 e il K 413 precedentemente ascoltato, nello stile, nella ripartizione delle cadenze in ciascun movimento e nell'ispirazione melodica, che tuttavia qui si manifesta più appariscente e varia. Le similitudini non si fermano qui poiché anche questo e ripartito in tre movimenti (Allegro, Andante e Allegretto) e cita ancora una volta Johann Christian Bach, segnatamente nel movimento centrale, il cui tema principale è una citazione praticamente letterale dall'ouverture da "La calamita de' cuori" W.G27 (Sinfonia - Andante grazioso). Emerge un motivo disteso, dall'aulica declamazione, inizialmente esposto dagli archi. Un clima intimo e ieratico che viene spazzato via dal brillante finale in Allegretto, con il suo guizzante motivo che si sviluppa in forma di rondeau. Anche nel K 414 notevole spazio viene dato al solista in quanto ognuno dei tre movimenti finisce con un cadenza ben sviluppata. Alcune fonti musicologiche ritengono fondata l'ipotesi di ritenere il Rondò K 386 come destinato a essere un finale alternativo all'Allegretto. Il portamento del solista è elegante, lineare, non passa mai il confine di una sostanziale semplicità tecnica e non cede alle lusinghe di funambolici virtuosismi. Essendo dedicato anche ai dilettanti, la sua difficoltà tecnica non va oltre quella richiesta a un amatore, invero di ottimo livello, che comunque è chiamato a cimentarsi con delle quartine veloci e da eseguire in piena scioltezza.

 

 



E forse in queste, come negli incastri da orologiaio con l'orchestra, ma soprattutto nel portamento lirico che va tenuto costantemente alto nel corso del brano, che si riferisce il termine "difficilissimo" attribuito da Ligoratti a questo concerto. Mozart, in realtà, è di una facilità solo apparente, anche quando non presenta difficoltà tecniche. La seconda melodia viene esposta dai violini primi, sostenuta dalle note ribattute in quartine di semicrome dei violini secondi e delle viole e dalle crome degli archi bassi. Il suono del pianoforte sembra come apparire dal nulla, dopo una pausa generale di 1/4, presenta il tema e sapientemente lo varia sino all'entrata di un nuovo motivo, dolcissimo e sognante. Seguendo uno dei suoi tipici, fulminei colpi di teatro, l'Allegretto sorprende l'ascoltatore con un rutilante inseguirsi di temi. Il carattere brillante dell'Allegretto conclusivo dà il destro a Stefano Ligoratti per esprimere la sua più autentica tempra concertistica. Musicista vigoroso, netto e risoluto anche nella direzione del MaMu Ensemble, ha saputo gestire con sicurezza i più diversi frangenti espressivi del K 414, un concerto ricco di temi, grazia, nobiltà e divertimento. Ha dimostrato sicurezza pure nei molti episodi cantabili, suonati sempre con carnosità d'accento, come nelle più sottili "nuances" d'espressione, in ogni occasione rivelate con naturale chiarezza, priva di qualsiasi ricercatezza. Un artista insomma dalla schiena sempre ben dritta ch ho avuto il piacere e l'onore di conoscere nel corso dell'evento "Non capisco! Son profano!" Se al MaMu Ensemble globalmente manca quella rifinitura tecnica che solo dei professionisti possono avere, la sua passione per la grande musica è commovente e porta a commozione anche noi. Gliela si legge negli occhi, insieme alla gioia del far musica insieme: due valori che nobilitano l'attività di questo insieme strumentale e lo proiettano in una sana idealità d'intenti, quella di coinvolgere senza se e senza ma il pubblico.

 

 

 




Alfredo Di Pietro

Luglio 2020


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