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giovedì 28 marzo 2024 ..:: Federico Biscione - Il Pifferaio Magico ::..   Login
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 Federico Biscione - Il Pifferaio Magico Riduci


 

 

A cappello di questa recensione desidero stilare una riflessione a margine, che tanto a margine non è, riguardo alcune cose gravitanti intorno al mondo dell'editoria discografica, nonché su questo specifico album. La domanda che sorge spontanea è come possa una registrazione realizzata nel 2003 essere pubblicata in CD solo nel 2018, vale a dire ben quindici anni dopo. Le ragioni sono diverse e intrecciate: quella principale è che un autore non molto conosciuto (soprattutto allora), quale che sia il valore del suo lavoro, ha avuto difficoltà a trovare "sponde", come un editore e un discografico disposti a rischiare e mettersi oltretutto al lavoro col Teatro Regio di Torino per ottenere il permesso di pubblicare un suo materiale. Tutto questo è durato finché Da Vinci Classics, già editore discografico per altri lavori di Federico Biscione, ha ascoltato il master trovando che valesse la pena di lavorarci su. Va detto che Edmondo Filippini, direttore della Da Vinci, è entrato nel mondo della discografia con un passo decisamente diverso dalle altre etichette: la pubblicazione con lui comporta una spesa ragionevole - si vadano a vedere i contratti, che sono online - laddove molti altri praticano condizioni immotivatamente assai più gravose. L'etichetta sforna così la bellezza di circa quattro titoli al mese, selezionati tra le molte proposte, e ciò ha il merito di consentire l'emersione di esecutori, compositori e repertori poco noti, il tutto anche sostenuto da un buon lavoro di diffusione. La scaturigine de "Il Pifferaio Magico", balletto in un atto per dieci strumenti, è d'occasione e ce la racconta l'autore nelle note di copertina da lui stesso stilate.

Nel 2002 il compositore di Tivoli ricevette da Marco Tutino, direttore artistico del Teatro Regio di Torino, la commissione per un balletto da dedicare ai ragazzi, il quale doveva essere messo in scena nella primavera dell'anno seguente. Il luogo predestinato per la rappresentazione era il piccolo teatro sottostante la grande sala dove si tenevano le opere. A lui furono dettate delle precise condizioni: la partitura andava realizzata per un massimo di dieci strumenti e doveva durare circa un'ora. A Biscione stesso venne affidata la direzione dell'organico, dieci ottimi musicisti che hanno suonato nella presente registrazione, necessaria per non
avere esecutori nel limitato spazio del Piccolo Regio. I danzatori quindi ballarono esclusivamente sulla musica registrata. Per dovere di completezza, non posso esimermi dal citare la coreografia di Giovanni di Cicco, le scenografie realizzate dai laboratori del Teatro Regio su bozzetto di Paolo Giacchero e, da buon audiofilo, l'eccellente qualità della registrazione, estremamente pulita e rispettosa dei piani sonori tridimensionali. Voglio estirpare subito quello che potrebbe apparire come un inopportuno paletto: in un'era dalle settorializzazioni spinte come la nostra, la dedica ai ragazzi non vuole certamente suonare come una distinzione, o peggio l'esclusione di un "parterre" più in là con gli anni perché le favole piacciono a tutti, piccoli e grandi, e contengono dei significati che sono universali.

Federico Biscione è artista capace di fervidi voli di fantasia come di una rigorosa costruzione formale atta a evocarli con efficacia, uno stregone che ha nelle mani il potere di trasformare in note e armonie i mondi che in un dato momento lo attraversano. Ho avuto il piacere di conoscerlo personalmente, colloquiare a lungo con lui, trovandolo persona di singolare simpatia e profonda umanità. Mi ha calorosamente accolto nella sua casa milanese per una lunga intervista; su uno scaffale della sua sala c'era un oggetto che mi ha molto colpito, un complesso meccanismo, una sorta di orologio costruito con mattoncini di plastica Lego, emblema di una ludica sintesi dei concetti di gioco, fantasiosa creatività e costruzione che sono alla base di ogni arte. Biscione nasce a Tivoli nel 1965. Nel 1983 consegue la Maturità Classica, successive tappe sono i diplomi in Pianoforte, Composizione e Direzione d'orchestra, conseguiti presso il Conservatorio "A. Casella" dell'Aquila. Risale al 1985 la sua prima composizione eseguita, la "Sonatina giocattolo" per tromba e pianoforte, più tardi pubblicata in CD. Si perfeziona alla scuola di Vieri Tosatti, nel frattempo le sue composizioni cominciano a essere eseguite e trasmesse presso le reti radiofoniche, tra queste "Jabberwocky" per soprano e nove strumenti, "Dell'intimità" per clarinetto, violoncello e arpa, "Tredicesimo Canto" per vocalist ed ensemble classico/rock e l'opera da camera "Mamma Laser". Si tratta di composizioni tutte scritte per la Fondazione Arena di Verona; la Sonata e la Sonatina per pianoforte vengono anche trasmesse da Radio Rai.

Dal 1997 al 1999 approfondisce lo studio e l'esperienza della direzione d'orchestra, frequentando corsi di perfezionamento presso l'Accademia Chigiana di Siena e i Pomeriggi Musicali di Milano. Nel 1999 vince il concorso nazionale a cattedre per i Conservatori italiani, nella materia di Fuga e Composizione. Nel periodo dal 2001 al 2005 compone diverse opere: Il balletto "Il Pifferaio magico" (per il Teatro Regio di Torino), "Passacaglia e Sinfonia con sarcasmi" per archi (per il Parco della Musica a Roma), "Dalla Soffitta" per orchestra, brano vincitore del primo premio al concorso nazionale "Mozart oggi 2005" (per l'Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano), "Tropico dello Scorpione" per marimba e archi e "Ego alter" per archi (per l'orchestra da camera Milano Classica), "Hanno" per pianoforte e archi e "Aus Rilkes Bildern" per soprano e archi (per l'Orchestra dell'Università Statale di Milano), "Forse Lontano" e "B-612" per orchestra, eseguiti in Romania. Dal 2005 al 2007 si trasferisce a Lipsia, dove compone e fa eseguire numerosi lavori, tra cui "Myricae" per tre voci e cinque strumenti, "Verkündigung" per soprano e trio, "Mozart eine Biographie" per violoncello e orchestra, "Windmühlen" per otto violoncelli (le ultime due composizioni a Chemnitz, commissionate dalla Robert-Schumann-Philharmonie). La sua fama si estende progressivamente: la radio pubblica tedesca MDR gli dedica un programma monografico con intervista e stralci dalle sue musiche. Nello stesso tempo frequenta due semestri di perfezionamento in Composizione presso la Hochschule "Felix Mendelssohn-Bartholdy".

Vengono pubblicati su CD la "Serenata Breve" per quartetto di legni e le cadenze per le "Preußische Sonaten", "Württenbergische Sonaten" e i Concerti per Pianoforte e orchestra in La minore e in Re minore di Carl Philipp Emanuel Bach. Nell'aprile 2007 gli viene conferito l'incarico di Responsabile dei Servizi Musicali della Fondazione Teatro Comunale di Bologna, dove all'interno della direzione artistica si occupa del coordinamento generale di orchestra e coro. Due anni dopo, alla fine del 2009, si trasferisce a Milano e ottiene la cattedra di Composizione presso il Conservatorio "N. Piccinni" di Bari. Tra i suoi lavori più recenti citiamo le "Britten Diversions" per piccola orchestra (prima esecuzione a Bari), "Evocazioni e Canti" per orchestra d'archi e "Divertimento su temi popolari natalizi" per pianoforte e orchestra d'archi. I suoi lavori sono pubblicati dalla Casa Musicale Sonzogno, Universal Music Publishing Ricordi, Preludio Edizioni, Pentaflowers e Sconfinarte. Un autentico talento tricolore, nonostante lui si schermisca a ogni apprezzamento che gli viene fatto dimostrando grande umiltà. Ne "Il Pifferaio Magico" le ampie volute iniziali del Preludio sono porta d'ingresso per un mondo diverso da quello che abitiamo, ma che con questo ha dei legami ideali. La storia che Biscione ha individuato riporta a un ricordo familiare. "A un anno dalla sua scomparsa, dedico il lavoro alla memoria di mio padre, che per primo mi raccontò questa favola", si legge nell'intestazione della partitura rievocante la celeberrima leggenda tedesca ambientata nella città di Hamelin, in Bassa Sassonia, nel XIII secolo.

In quel periodo la peste mieteva vittime in Germania e il suo agente patologico (il bacillo Yersinia Pestis) era appunto veicolato dal ratto. Sulla base di queste vicende nacque una fiaba di grande suggestione che fu poi trascritta dei fratelli Grimm. Tuttavia, qui è lo stesso compositore che fa prendere alla storia una piega un po' diversa da quella che si conosce. La versione base ci racconta che il pifferaio alla fine porta via i bambini per vendetta, per non aver ricevuto il compenso pattuito con il borgomastro, mentre nella rivisitazione di Federico Biscione le cose stanno diversamente: i bambini abbandonano volontariamente la città per seguire il suonatore, lo fanno poiché grazie a lui hanno potuto discernere il bene dal male, cercando di seguire il primo. Il pifferaio emerge quindi come figura del tutto positiva, non priva tuttavia di qualche lacerante dubbio: è rimasto non solo scosso dalla strage compiuta, ma, poco prima della sua scomparsa nella caverna attraverso la montagna, arriverà addirittura a spezzare il suo strumento, rinunciando con esso anche ai suoi poteri magici, a quelle capacità che non è detto abbiano sempre una finalità positiva, delle quali comunque lui stesso è rimasto spaventato. L'esistenza del flauto nella leggenda, e la sua onnipresenza lungo tutto il dipanarsi della partitura, ha un significato intrinsecamente collegato al desiderio dell'autore che, sin dal suo affacciarsi alla musica, voleva fare il flautista. Sono motivazioni che fanno da collante in una composizione derivante non solo da una vecchia reminiscenza dell'infanzia (il papà che gli raccontava la fiaba), ma anche da un desiderio della prima gioventù.

Subito dopo il Preludio (Adagio), nell'episodio "I Topi (Misterioso)" si assiste all'invasione della piazza di Hamelin da parte dei ratti, che fanno un festino sfrenato, dispersi poi dalla campana che batte le sei del mattino. Si sa, i topi si spaventano, essendo creature notturne, dall'arrivo del giorno. Nell'episodio "Campana-Flagellanti (Largo)" passa una processione di penitenti che implorano la liberazione della città dal flagello di questi animaletti. Ecco che d'incanto, in "Il Pifferaio (Spensierato)", compare la figura di questo musicante portato dalla fortuna, che si ritrova solo in piazza mettendosi a suonare. "I Bambini (Larghetto)": quasi a sorpresa i fanciulli della città cominciano a familiarizzare con lo strano personaggio, ma ciò non viene ben visto dalle autorità. Segue un gioioso ballo con il pifferaio e i bambini, diventati ormai amici, ma arrivano gli alabardieri che lo interrompono. Ben presto le magiche abilità del pifferaio verranno scoperte. Due topi attraversano la scena e lui riesce a immobilizzarli con un incantesimo musicale. Il borgomastro, che ha assistito alla scena, stipula allora con lui un patto in base al quale riceverà una ricompensa se riuscirà a liberare Hamelin dai topi. Nella scena successiva, "La Ragazza (Ampio)" ci troviamo trasportati nella stanza di una giovane donna, maestra del paese e figlia del borgomastro, che ha assistito all'incontro tra il suonatore e i bambini, rimanendo profondamente impressionata da questo personaggio, tant'è che cade in una specie di dormiveglia in cui immagina di ballare con lui.

Nel "Risveglio (Tempo I)" il sogno si dilegua ma lei rimane profondamente colpita dall'imprevista visione apparsagli nel sonno. Si tratta di una ragazza senza nome che forse si era innamorata del musico. Nella scena seguente il pifferaio si accinge all'intervento che gli è stato commissionato, cioè l'eccidio dei topi che infestano la città. Ignari di quanto sta per accadergli, pian piano arrivano dando vita a un altro trasgressivo festino, sempre all'insegna dello svago più sfrenato. A questo punto parte l'incantesimo della musica, "Incantesimo dell'Acqua (Largo)", che li porterà ipnotizzati a seguire il suonatore verso il fiume Weser. Lui è alto e lo attraversa senza problemi ma i topi, molto più bassi di lui, periscono tutti annegati. Alla fine lui rimane solo, un po' dispiaciuto dall'eccidio che ha appena compiuto; viene colto da un momento di meditazione a causa della strage appena provocata. La quarta scena si ambienta nella piazza di Hamelin in festa, ora finalmente liberata dai topi. Si sente un gaio scampanio, passa la banda, ci sono gli ubriachi, il ballo. Lo spettatore viene condotto infine nella quinta scena, quella che ha luogo nella montagna. Il pifferaio reclama per tre volte la ricompensa pattuita (in forma di valzer), sempre però trattato evasivamente, mentre nell'ultimo tentativo cercano addirittura di arrestarlo a causa della sua insistenza. Riesce tuttavia a sfuggire alla cattura, non senza aver pronunciato qualche tremenda maledizione nei confronti del borgomastro e della città tutta. In preda allo sconforto e al risentimento si ritrova fuori dalla città, in fuga, e mentre scappa ripensa a tutti gli avvenimenti che gli sono successi.

Arrivano in modo inaspettato i bambini, i quali hanno capito che Hamelin non è certamente un bel posto dove vivere e organizzare il proprio futuro. Scelgono quindi spontaneamente (e questa è la cosa nuova introdotta rispetto alla leggenda originale) di seguire tutti insieme il pifferaio magico. Anche la figlia del borgomastro, dopo aver riflettuto, si unisce al gruppo. Nell'episodio "Incantesimo della Montagna (Andante mosso) si verifica il sortilegio finale: il suonatore di piffero apre una caverna scintillante nella montagna, sempre in forza del suo potere magico, dentro la quale il corteo si avvia; lui passa per ultimo ma prima spezza il suo strumento, rinunciando definitivamente ai poteri che ha posseduto sino a quel momento. In lui si è insinuata la convinzione che la magia migliore è quella dei sentimenti, dei rapporti umani, avviene una rivoluzione nella sua vita poiché sino ad allora era stato un essere solitario. La vicenda che ha vissuto ha quindi avuto l'esito di cambiarlo profondamente. Il corteo si esaurisce, la caverna si richiude dietro di loro e rimane nell'aria un silenzio spettrale, in cui improvvisamente ricompaiono due topi che riprenderanno il controllo della città. Grande è il potere evocativo di questo balletto, la sua facoltà di superare la barriera epidermica per richiamare in vita una vicenda sepolta dalla coltre del tempo. Il compositore dà una brillante luminescenza alla trama, una luce che cambia caleidoscopicamente tra il giocoso, il festoso, il misterioso, il doloroso in una farandola dalla grande varietà di tinte, solidificata in un linguaggio però dalla ferrea coerenza.

Un sentimento del fiabesco che sembra vivere "motu proprio" per quanto è spontaneo il suo manifestarsi. Nel corso della narrazione affiorano dei leitmotiv, tarsie di un tessuto musicale che rendono ben riconoscibili i vari personaggi e momenti del racconto. Il pifferaio è ogni volta evocato dal suono del flauto, ora dolce ora divertito, tal'altra meditabondo. La spietata autorità, nelle figure del borgomastro e degli alabardieri, è annunciata dagli strumenti più gravi: timpani, contrabbasso, clarinetto basso. Il suono scuro segnala il comparire sulla scena di un personaggio negativo. Nelle corde del violino c'è la tenera intimità della ragazza, mentre l'ironico valzer reitera circolarmente il reclamo del pifferaio di rispettare il compenso stabilito per la sua opera di derattizzazione. I vortici del fiume che sommergono i topi diventano rapidi mulinelli di note. Si procede per scene, quadri, a rammemorare specifici episodi, anche ricorrenti, in un fluire costellato di sorprese, soprassalti d'umore dove il compositore sembra aver dichiarato guerra alla staticità, alla monotonia, facendo scorrere sotto gli occhi dello spettatore sempre nuovi scenari, come in un'incantata pellicola fatta di tanti fotogrammi. In una fantastica girandola si avvicendano i sentimenti più importanti di cui può essere capace essere umano. Del mondo infantile Il Pifferaio Magico rievoca diversi tratti, è pur sempre a dei piccoli uomini che è dedicato e non può dimenticare la delicatezza sognante, la suprema levità che a tal mondo riporta, non rinunciando tuttavia a proporre degli elementi esterni, estranei a quell'età della vita.

Si ripercorrono delle stagioni che il bambino vive in prima persona ma che noi adulti abbiamo già da tempo attraversato. Ecco che la rimembranza di luoghi e tempi passati non si rivela quella sottile velina mnemonica che credevamo, ma balza in avanti ancora in tutta la sua forza. Nell'opera è sensibile una costante tensione, il sentore nell'aria di un presagio che suggerisce l'imminente accadimento di un dramma, qualcosa d'inafferrabile e oscuro che sta per manifestarsi ma del quale noi non riusciamo a individuare direzione e portata. Non tutto è gioco, non tutto è favola, ma con Il Pifferaio Magico siamo di fronte a un qualcosa che li comprende entrambi: è vita. La popolare favola del Medio Evo germanico oggi rivive per mano di Federico Biscione, ma la domanda è: questa composizione può essere frutto dell'artificio di un edificatore di meri scheletri musicali, molto abile nell'utilizzare quei mattoncini Lego che messi insieme formano una struttura modellabile a piacimento in base alle leggi dell'armonia, se non forse anche della melodia? Anche dando per affermativa la risposta, rimane il fatto che la sensibilità dell'ascoltatore smaschererebbe quasi subito un'eventuale scientifica sintesi di laboratorio. La verità è che l'autore di questo incantevole balletto ha usato gli strumenti del mestiere con grande perizia (e già questo sarebbe un vanto) per esprimere quel mondo di autentici sentimenti che lo ha attraversato.

Ha provato di persona prima di consegnarcelo quel toccante stupore infantile, la sorpresa, come i sentimenti più amari. Lo ha fatto con una grazia commovente, in punta di fioretto, intrecciando un florilegio di felici idee musicali, oltrepassando di slancio quell'impostazione esornativo/pittoresca che potrebbe far pendere l'opera verso il didascalico. Tuttociò qui non succede in quanto la composizione si rivela perfetta sintesi di significati profondi ed elementi di spettacolo, indispensabili tasselli per traghettare lo spettatore verso le radici più genuine dell'animo nell'umano.

 




Alfredo Di Pietro

Gennaio 2020


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