Cerca English (United States)  Italiano (Italia) Deutsch (Deutschland)  Español (España) Čeština (Česká Republika)
martedì 19 marzo 2024 ..:: Non capisco! Son profano! - Ottavo Evento ::..   Login
Navigazione Sito

 Non capisco! Son profano! - Il Lied. Pianoforte e Soprano - Lieder vari Riduci

 

 

MARTEDÍ 11 GIUGNO 2019 - PALAZZINA LIBERTY MILANO


Il Lied. Pianoforte e Cantante - Lieder vari, con Soprano

 

Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
- Das Veilchen (La violetta) K 476 (Goethe)
- Abendempfindung (Sensazioni alla sera) K 523 (Campe)

Carl Friedrich Zelter (1758-1832)
- Rastlose Liebe (Amore senza pace) (Goethe)
 
Franz Schubert (1797-1828)
- Heidenröslein (Rosellina della landa) D 257 (Goethe)
- Gretchen am Spinnrade (Margherita all'arcolaio) D 118 (Goethe)
- Nachstück (Notturno) D 672 (Mayrhofer)
- Du bist die Ruh' (Tu sei la pace) D 776 (Rückert)

Robert Schumann (1810-1856)
- Widmung (Dedica), da "Myrthen" Op. 25 (Rückert)

Joahnnes Brahms (1833-1897)
Da unten im Tale (Laggiù nella valle), dai "Deutsche VolksLieder" WoO 35 N. 5 (Anonimo)

Franz Liszt (1811-1886)
Die Lorelei S 273 (Heine)

Hugo Wolf (1860-1903)
- Verschwiegene Liebe (Amore segreto) (Eichendorff)

Richard Strauss (1864-1949)
- Die Nacht (La notte) Op. 10 N. 3 (Von Gilm)
- Morgen (Domani) Op. 27 N. 4 (Mackay)

Joseph Marx (1882-1964)
- Nocturne (Notturno) (Hartleben)

Alban Berg (1885-1935)
Die Nachtigall (L'usignolo), dai "Sieben frühe Lieder" N. 3 (Storm)


Soprano: Monika Lukács
Pianoforte: Luca Ciammarughi




In una rassegna che ha attraversato sei mesi di tempo, da gennaio a giugno, si affaccia la penultima lezione, dedicata al Lied. Si tratta di un genere che per svariati motivi oggi potrebbe apparire fuori moda, basato sull'intimismo, sulla comunicazione di una sensibilità al sentire che abbastanza raramente è estroversa. Rispetto al genere operistico è molto meno spettacolare, anche se non sempre è così poiché ci sono casi di Lieder che manifestano una certa spigliata espansività. Ad ogni modo, non siamo lontani dalla verità nell'affermare che questo genere sembrerebbe molto lontano dalla sensibilità della nostra epoca. Il fatto che il Lied sia trascurato è un peccato perché in fondo è una forma che si avvicina molto a quella dell'odierna canzone, trovando il suo etimo nella parola tedesca che significa "canzone" o "romanza". È un termine che già troviamo nel '300, ricollegabile ai "Troubadours" francesi e ai "Minnesänger" tedeschi, ma ciò che noi oggi intendiamo con Lied è una forma musicale nata alla fine del '700 con il "KunstLied" romantico (canzone d'arte). Questo sboccia come sorta di concentrato di un certo mondo, come se due "metalli", la poesia e la musica, si fondessero per dare vita a un amalgama, la quintessenza di tutto ciò che per il romanticismo rappresenta il desiderio e la sua vertigine. Nel giro di pochi minuti, talvolta pochissimi, si concentra quanto l'epoca romantica concepisce, soprattutto in termini di "Eros" e "Thanatos". Dice Luca Ciammarughi: "Nel percorso che noi oggi faremo, come avviene in tutto il Lied romantico, l'amore e la morte sono quasi sempre cruciali, sin dal primo affrontato di "Das Veilchen (La violetta) di W.A. Mozart, per arrivare ad Alban Berg con "Die Nachtigall.



Un usignolo che come in tanti altri casi di ornitologia romantica ha una metafora anche erotica." L'espressione figurata è costantemente presente nei Lieder e ci rimanda a un mondo che in realtà è molto più vicino a noi di quanto si possa pensare, vale a dire la canzone d'autore novecentesca, anche se nella progenitrice il rapporto fra poesia e musica è molto più raffinato di quanto solitamente avviene nel mondo del Pop. Questa ottava Lezione-Concerto prende quindi il suo avvio con due Lieder di Wolfgang Amadeus Mozart, il citato Das Veilchen (su testo di Goethe) e Abendempfindung (su testo di Campe), precorritori di due situazioni molto diverse. I quindici ascoltati, d'altronde, sono stati scelti per proporre un significativo ventaglio delle varie ed eventuali tipologie. Dallo strofico, in cui un gruppo di versi viene ripetuto rimanendo la musica sempre uguale, come in Heidenröslein di F. Schubert, allo strofico moltiplicato, in cui questa varia in certe strofe, sino al cosiddetto "Durchkomponiert", dove man mano che il testo si dipana muta corrispondentemente anche la musica in un processo unico, non cioè diviso in tante sezioni ma costituente un tutt'uno.



DAS VEILCHEN K 476
Qui si consuma una piccola scena teatrale in cui Mozart caratterizza i diversi episodi in tanti modi e quasi in maniera operistica. È un preclaro esempio del Durchkomponiert, fatto di una musica non ripetitiva che segue passo passo il testo creando situazioni sempre differenti, diversamente dal Lied strofico in cui questa è sempre uguale. Das Veilchen narra la storia di una graziosa e remissiva violetta in un prato che non si sente così bella ma vorrebbe lo stesso attrarre l'attenzione di una pastorella che passa nei paraggi con animo sereno. Il suo più intimo desiderio è di essere colta, stretta al cuore da lei, quasi in un atto masochistico che cela una metafora erotica. Succede però che la pastorella, noncurante, la calpesta ma il povero fiore è lo stesso felice per essere morto ai piedi dell'amata. Il Lied si conclude immerso in una strana serenità, spesso ricorrente nella produzione tedesca, anche in Schubert, dove la morte non sempre è vista come un fatto negativo, ma come una specie di liberazione. L'incipit offre la descrizione dell'amabile violetta.


La presentazione del fiore è tenera, elegante e leggiadra, ma quando arriva la pastorella il pianoforte disegna delle figurazioni che ne tratteggiano dapprima il passo

e poi il canto.

Successivamente si perviene al momento patetico, quando il fiore dice: "Ach! denkt das Veilchen, war ich nur. Die schönste Blume der Natur (Ah, pensò la violetta, se solo fossi il più bel fiore della natura), che sottende al desiderio di conquistare l'amore della pastorella.



In questo passaggio Mozart passa al sol minore, instaurando un'accorata atmosfera che sottolinea le pene d'amore del fiore.

Dall'iniziale leggiadria del sol maggiore si transita quindi verso il sol minore; dopo qualche frase rintracciamo un piccolo recitativo di stampo operistico che segna il momento in cui la pastorella schiaccia il fiore; è come se improvvisamente la musica si fermasse per immortalare questo drammatico frangente.


Una lunga corona coincide con il calpestamento del fiore,

la violetta però trova il modo di consolarsi: "Era lieta anche se cadeva e moriva: se muoio, muoio tuttavia, per causa sua, per causa sua, qui ai suoi piedi almeno."


Si coglie la capacità del Lied di rappresentare, in questo caso in sole due pagine, un'incredibile varietà di stati emotivi. Alla fine Mozart si permette di aggiungere alcune parole che Goethe non aveva scritto: "Das arme Veilchen! Es war ein herzigs Veilchen." (La povera violetta! era una incantevole violetta.), quasi ad apporre la sua firma conclusiva a questo toccante brano.



ABENDEMPFINDUNG K 523
Secondo Lied mozartiano, veramente straordinario, che potremmo definire pre-schubertiano, anche se forse sarebbe più giusto dire che è Schubert a essere mozartiano. Fu scritto in fa maggiore, una tonalità apparentemente serena, ma in realtà il compositore riflette sul mistero della morte: "Presto scompare la variopinta scena della vita e cala il sipario. La nostra parte è finita e la lacrima della vita già scorre sulla nostra tomba." Il padre Leopold era appena scomparso, Mozart compone un Lied "strano", dalla sonorità quasi spettrale nell'evocare queste sensazioni alla sera, metafora della morte.



RASTLOS LIEBE
Prima di passare a Franz Schubert, autore prediletto da Luca Ciammarughi, ascoltiamo il Lied di un compositore che fu molto vicino a Goethe essendone stato il consigliere. Parliamo di Carl Friedrich Zelter, oggi quasi sconosciuto ma che all'epoca era una figura piuttosto importante, vicina anche a Mendelssohn. Il suo Rastlose Liebe ci porta d'emblée in un'atmosfera da "Sturm und Drang" (Tempesta e Impeto), importante movimento culturale germanico che segnò la nascita del Romanticismo tedesco. Nel testo di "Amore senza pace", tra l'altro musicato anche da Schubert, c'è l'idea che la passione amorosa, se non è un qualcosa di nefasto è sicuramente un elemento contro il quale l'uomo lotta: "Contro la neve, la pioggia, il vento, nel fumo degli abissi, tra nebbie odoranti, avanti! Su avanti! Senza sosta né pace!" E cos'è che non da pace all'uomo romantico? È proprio il sentimento dell'amore vissuto come "Sehnsucht", parola chiave del romanticismo intraducibile in italiano, spesso parafrasata con il termine di "nostagia", "bramosia" o "struggimento". Una malinconia paradossalmente rivolta più al futuro poiché incarna lo slancio verso un qualcosa che l'uomo non può afferrare, collegato al sentimento del sublime. Nell'ultima strofa il poeta scrive: "Come, devo fuggire? Andare verso i boschi? Tutto invano! Corona della vita, felicità senza pace. Amore, sei tu!". Compimento quindi della vita ma anche assenza di pace. Centrale è la parola "Ruh" (Pace), che ritroveremo nello schubertiano "'Du bist die Ruh"; appare quasi come un ossimoro questo desiderio d'amore che procura dolore. Zelter mette in musica questo Lied in modo quasi furioso, dando al pianoforte l'indicazione "Rasch und Kräftig" (Veloce e Forte)


Cosa abbastanza inusuale, egli fa eseguire alla voce degli ampi salti, insolita perché il Lied si caratterizza per una scrittura abbastanza omogenea, posta nel registro centrale, diatonica, che procede spesso per gradi congiunti (note vicine). È un altro esempio di quel Durchkomponiert di cui parlavamo prima.



HEIDENRÖSLEIN D 257 - GRETCHEN AM SPINRADE D 118 - NACHTSTÜCK D 672 - DU BIST DIE RUH' D 776
Luca Ciammarughi e Monika Lukács eseguono per noi d'infilata quattro Lieder di Franz Schubert, un compositore che nella storia della musica è citato come sommo artefice di questa forma, una specie di "Dio" del Lied. Nel suo bellissimo libro "Introduzione al Lied romantico", Mario Bortolotto dice che con Schumann scendiamo dall'Olimpo di Schubert e torniamo a terra. "In realtà questo non è vero", dichiara Ciammarughi, "perché sappiamo bene quanto sublime possa essere la liederistica di questo autore. Tuttavia, è pur vero che con Schubert viaggiamo su altezze celestiali o tocchiamo a volte l'abisso, come sentiremo in alcuni dei suoi Lieder." Il primo a essere eseguito è Heidenröslein, esempio del tipo strofico, nel senso che con il variare delle strofe la musica rimane volutamente sempre la stessa volendo aderire al tono popolare, anche un po' naïf di Goethe; lo fa con grande freschezza ed eleganza, creando al pianoforte un accompagnamento semplicissimo

come anche molto lineare è la linea del canto.

Decisamente diverso è il Lied successivo: "Gretchen am Spinnrade", uno dei massimi capolavori del genere che Schubert scrisse a soli 17 anni. È un vero e proprio miracolo che un ragazzino abbia potuto concepire una composizione di tale bellezza e profondità, anche dal punto di vista psicologico. Una rappresentazione efficace dell'amore adolescenziale di Margherita per Faust, espressa nella vertigine del desiderio, dove lei è colta nell'atto di filare all'arcolaio.



In questo caso al pianoforte è affidato un accompagnamento molto complesso, evocativo probabilmente dei colpi di pedale in un ritmo ossessivo "sempre staccato", presente in tutto il corso del Lied, mentre la mano destra suona un motivo da filatrice con l'indicazione "sempre ligato". Lo troveremo anche in Mendelssohn, suggestivo del movimento circolare della ruota

Ma Schubert non ha intenzione di creare un movimento meccanico, piuttosto un'atmosfera si descrittiva dell'azione, ma sempre fluida e ricca di espressività. Un momento "clou" di questo Lied è quello in cui Margherita racconta il bacio (Der Kuss) che Faust riesce a strapparle. Si parte dal re minore poi si arriva al fa maggiore, suggestivo di un'atmosfera piuttosto serena, e su questo l'autore costruisce un vorticoso crescendo, quasi disperato, che culmina con la frase "Sein Händedruck, Und ach, sein Kuss! (la stretta della sua mano e, ah! il suo bacio!)


Dopo il punto culminante, il movimento dell'arcolaio stenta a riprendere, dà prima dei colpi isolati e poi riacquista la sua regolarità,


dando l'impressione del suo rimanere attonita non riuscendo più a compiere l'azione del filare. È la volta del tenebroso Nachstück D 672, calato in uno scenario notturno in cui si muove un vecchio con l'arpa; è ancora il tema dell'imminente morte che scuote l'animo dell'artista. Questa, con la figura dell'anziano, ricorre spesso nei Lied del compositore (e non solo in quelli); sono vecchi che hanno quasi una connotazione da eremiti, intorno ai quali c'è un'aura sacrale, in realtà si tratta soprattutto di figure che portano l'autore verso il tema della morte.



Un'incombente presenza quella del termine della vita, in un sentore diventato più pressante successivamente al 1822-23, dopo che Schubert si ammalò di sifilide e non vedeva di fronte a se un futuro; nel ciclo Winterreise ci sarà poi l'incontro finale con il vecchio e il suo organetto in "Der Leiermann". Di carattere diverso è l'ultimo Lied del quartetto, quel Du bist die Ruh' D 776 che parla di pace, dolce tranquillità e letizia. "Ruh" è la parola chiave del romanticismo tedesco, specialmente in Schubert, che in questo Lied si trasfigura in un'aura quasi religiosa. La composizione si apre nella tonalità di mi bemolle maggiore, che nell'estetica dell'epoca era foriero del divino, del celestiale.



WIDMUNG, DA "MYRTHEN" OP. 25
Da Franz Schubert a Robert Schumann. Spesso il tema della morte nel primo è trattato in tonalità maggiori, avviene in Nachstück con la sua chiusa in do diesis maggiore. Affiora il suo concetto come liberazione, alla fine del bellissimo ciclo "Die schöne Müllerin", narrante la storia di un giovane mugnaio innamorato di una bella mugnaia. Questi fa di tutto affinché il suo amore venga ricambiato, ma quando finalmente ci riesce appare inaspettatamente un cacciatore, il quale invece conquisterà facilmente il cuore della mugnaia. Sconfitto, lui nutrirà un desiderio di morte e si suiciderà buttandosi in un ruscello. Il Lied conclusivo "Das Baches WiegenLied" (Ninna nanna del ruscello) ha in realtà un carattere liberatorio, l'immersione in una natura comunque amica, panica, con la quale sin dall'inizio il mugnaio aveva un rapporto. Con Schumann andiamo in un mondo molto più centrato sull'amore vissuto in maniera estatica, forse più totalizzante rispetto a Schubert, in cui questo tema è sovente non secondario, ma contiene l'idea del suo oltrepassamento per andare in direzione della morte, di un "dopo". Robert Schumann inizia a scrivere Lieder fondamentalmente per amore di Clara Wieck, c'è qualcosa d'inscindibile nel rapporto tra i due coniugi musicisti e le loro opere, intessute di rimandi, di temi musicali che evocano dei nomi nel nome delle note.



Questo Widmung (dedica) nasce proprio nella felice stagione degli anni 1839-40, quando i due si sposano contro il volere del padre di lei, ne reca testimonianza la sua produzione liederistica, che risalta come una grande dedica amorosa a Clara. Nel testo Rückert parla di un amore totalizzante, "Du meine Seele, du mein Herz" (Tu mia anima, tu mio cuore) e ancora "Dass du mich liebst, macht mich mir wert" (Che tu mi ami mi rende prezioso). C'è il concetto di amore come elevazione, come vero scopo dell'esistenza nel tema trionfale in la bemolle maggiore dell'incipit, dove il ritmo puntato gli conferisce un carattere cavalleresco.

Ma Schumann è un'anima inquieta e lo fa virare subito verso delle ambiguità nelle modulazioni. Dal la bemolle maggiore andiamo in mi maggiore nella parte centrale,

sortendo uno strano effetto che spezza all'improvviso il baldanzoso clima dell'inizio sulle parole "Du bist die Ruh, du bist der Frieden" (Tu sei la quiete, tu sei la pace); sono le stesse appena sentite nel Lied di Schubert. La parola "Ruh" è sotto l'egida di una musica in mi maggiore, tonalità nell'800 legata all'idea della morte. Le enigmaticità si alternano a formidabili slanci amorosi, verso la fine compare forse la citazione dell'Ave Maria di Schubert, almeno così pare a Luca Ciammarughi.




DA UNTEN IM TALE, DAI "DEUTSCHE VOLKSLIEDER" WoO 35 N. 5
Johannes Brahms è un autore che, insieme a Franz Liszt, ci porta ancora più in là nel romanticismo. Soprattutto con Liszt questo genere comincia quasi a snaturarsi, a perdere quel carattere di semplicità, d'innocenza popolare che aveva alla fine del '700 e all'inizio dell'800, come succede in molti Lieder di Schubert, per divenire più complicato, più tendente alla Ballata. Si edificano ampie scene con momenti anche spiccatamente virtuosistici del pianoforte e altri invece improvvisamente spogli. Il discorso per Brahms sarebbe molto complesso, pure lui ha scritto dei cicli Liederistici come "Die schöne Magelone", ma in questa sede Luca Ciammarughi vuole semplicemente accennare alla prima strofa di questo Da unten im Tale in quanto Brahms portò avanti una grande ricerca sulla musica popolare, non di tipo etnografico come l'intenderà Bartok o Kodaly nel '900, ma semplicemente attingendo dei temi dalla musica contadina, anche se poi tale non era. In tal senso "Laggiù nella valle", su testo di un anonimo, rappresenta un estremo tentativo di tornare a quella genuinità di partenza. Il duo Ciammarughi-Lukács esegue solo un accenno di questo Lieder, che ha tante strofe e si muove in un tono medio, tipico del Lied e mirato a evitare assolutamente accenti eroici o comici, per assestarsi in una zona sentimentale.





DIE LORELEI S 273
Nel tardo romanticismo il Lied tende talvolta ad avvicinarsi agli stilemi di una Ballata, cioè una composizione sia vocale su testo popolare che per strumento solo, più articolata della semplice "canzone" assomigliando quasi una narrazione, a una specie di storia in diversi episodi. È questo il caso di "Lorelei" di F. Liszt, in cui si racconta la vicenda di un'ondina del Reno, creatura bellissima e seducente ma anche malefica che trascina i marinai nei gorghi del fiume, attirandoli, come le sirene, con l'arma del canto. All'inizio avvertiamo un "climax" wagneriano, le prime note ci ricordano il Tristano


l'atmosfera, inizialmente spoglia, raggiunge lo "zenit" d'intensità espressiva nel punto in cui il marinaio viene trascinato dalla malia dell'ondina, da un canto che si presenta anche violento.


Nel pianoforte il drammatico frangente del rapimento raggiunto tramite il canto viene espresso in una maniera incredibilmente potente, Liszt tiene degli accordi fermi alla mano destra mentre la sinistra esegue delle veloci figurazioni cromatiche in terzine.

Mischiando le due cose viene fuori una specie di caos dissonante, atto a dare l'idea del marinaio che perde completamente la testa e che invece di guidare la sua imbarcazione guarda nel vuoto.



VERSCHWIEGENE LIEBE
Due autori cruciali che rappresentano un momento di apice nella storia del Lied sono Hugo Wolf e Richard Strauss. Molto più sfortunato il primo nella vita, che morì pazzo; decisamente più fortunato il secondo quanto a longevità, essendo scomparso all'età di ottantacinque anni, anche se sappiamo quanti problemi ebbe durante il regime nazista, accusato di aver collaborato con questo (come del resto avvenne a molti altri artisti). Uno dei suoi due Lieder ascoltati è Morgen, brano veramente sorprendente poiché sembra aprire verso una futura speranza, sentimento piuttosto raro nella sua produzione liederistica, quella di un compositore magari non decadente ma che guarda al passato. È evidente che Richard Strauss sia stato un conservatore, anche se sublime. Tornando a bomba a Hugo Wolf, il suo Verschwiegene Liebe su testo di Eichendorff ci parla di un amore segreto, come dice il titolo. Il testo è molto affascinante ma è soprattutto interessante vedere come l'autore metta in musica questi versi, specialmente quando parla di "pensieri che si librano nell'aria", rappresentati al pianoforte da una particolare figura.


Si genera un'atmosfera che, se non fosse musica tedesca, potremmo definire già quasi impressionistica; fa venire in mente ciò che scriveva Debussy quando si lasciava ispirare da melodie che planano sulla cima degli alberi. Nonostante la radicale differenza tra i due mondi, ci sono dei punti di contatto nella dimensione eterea, nella ricerca timbrica di Wolf anche nella voce. Quasi tutto il pezzo è in pianissimo.



DIE NACHT Op. 10 N. 3
Straordinario è questo Lied di Strauss, un momento di poesia davvero alto, dove la notte "Tutte le luci del mondo, tutti i fiori, tutti i colori spegne, e al campo ruba i covoni", deprivando la realtà delle sue forme. Ci sono delle immagini molto belle dal punto di vista lirico, evocate dal testo di H. von Gilm. "La notte porta via l'argento al fiume e al tetto del Duomo porta via l'oro". Estremamente suggestivo è il modo con cui l'autore richiama il furto messo in atto dalla notte. Alla fine il poeta dice: "Oh, io tremo che la notte possa rubarti a me", riferito all'amante. Emerge un senso atavico di mistero, fascino e paura. Nel momento in cui si parla del fiume e del Duomo, Strauss crea una polifonia per il pianoforte e la voce, facendo salire quest'ultima quando il primo scende e scendere il pianoforte quando sale la voce, gli intrecci che così si stabiliscono aggiungono suggestione a un testo già di per sé molto coinvolgente.


In maniera molto semplice Strauss dà vita a un intreccio polifonico tra i più belli della Liederistica.



MORGEN OP. 27 N. 4
Altra pagina sublime, messa in musica pure in maniera orchestrale da Strauss. È basata su un testo veramente eccezionale, uscito dalla penna dello scrittore scozzese John Henry Mackay, anarco-individualista e anche omosessuale. Una poesia alquanto criptica in cui si racconta di due figure umane che scendono verso "la spiaggia larga e le onde azzurre", in un "muto silenzio di felicità". La dimensione ineffabile dell'approdare verso un futuro di speranza è messa in musica con grandissima arte dal compositore tedesco, con delle lunghe sezioni affidate al solo pianoforte,


la dilatazione in lunghe arcate suscita una stasi estatica che da l'idea del paesaggio marino in cui sono immersi questi due personaggi senza nome. Strauss coglie così con rara profondità l'incanto di questa breve poesia.



NOCTURNE
Con gli ultimi due Lieder alfin si giunge al '900. Questo "Nocturne" è stato scritto dal compositore manierista austriaco Joseph Marx, autore di oltre 120 Lieder, molti dei quali sono divenuti parte fondamentale del repertorio di genere. Eccellente virtuoso del pianoforte, in questo Lied sin dalle prime battute affida allo strumento un mondo in cui viene moltiplicato tutto quanto sentito sin'ora, condensato in uno stile lussureggiante, d'impronta "Liberty". Non certamente essenziale, "economico" e sintetico come nel caso di Schubert, Non certamente essenziale, "economico" e sintetico come nel caso di Schubert, ma molto affascinante.


Il Notturno parla di una calda notte di giugno piena di profumi e voluttà: "Dolci fiori profumati del tiglio nella calda notte di giugno. Nata dal mio cuore, una voluttà mi risveglia alla sensualità."



DIE NACHTIGALL
Approdiamo al '900 con Alban Berg, precisamente al 1907, con un brano ancora tonale, quando il compositore non aveva ancora intrapreso quel progressivo percorso che lo condusse verso la tonalità allargata, poi all'atonalità e infine alle tecniche dodecafoniche. Si sente in questo brano una grande complessità di pensiero e compositiva. Abbiamo ancora a che fare con le metafore erotiche già incontrate con la violetta mozartiana o la rosellina di Schubert. Qui invece il riferimento è di tipo ornitologico, all'usignolo, dove si narra di una fanciulla che dopo una notte d'amore si ritrova svuotata nella forza: "Eppure prima era una focosa creatura, ora se ne va tutta assorta in pensieri, porta il cappello d'estate nella mano e sopporta tranquilla l'ardore del sole e non sa più che fare". È il tema dello spaesamento successivo alla rivelazione dell'eros, una scoperta che affascina, ammalia ma che allo stesso tempo sconvolge. Anche nella produzione Liederistica tra fine '800 e inizio '900 il tema dell'amore e della morte, Eros e Thanatos, sono come vediamo strettamente collegati.



Pregevole il lavoro di scavo condotto su questa materia musicale, senza che mai il "professore" abbia avuto il sopravvento sul "bambino". L'insegnamento dato è chiaro e va al di là del valore pedagogico di queste Lezioni-Concerto: la cultura, intesa come bagaglio di nozioni storico/tecniche, è sicuramente importante ma da sola non basta. Si farebbe accademia, diversamente, priva tuttavia di quell'inestimabile partecipazione umana che rende tutto vivo e palpitante. Tra accenti intimi, moti d'amore ma anche di rabbia, si è consumato sul palcoscenico della Palazzina Liberty l'universo della vita, espresso nel corso di un'evoluzione costante della forma. Due personalità differenti quelle di Luca Ciammarughi e Monika Lukács. Sempre raffinato, senza essere mai lezioso o manieratamente ricercato il primo, con il suo pianismo analitico ed equilibrato, calda e istintiva la seconda, del tutto priva di orpelli protagonistici e per questo tanto più vicina al cuore del pubblico. Se le mode e le tendenze mutano con i tempi, i sentimenti sono eterni e nella felice stagione del Lied romantico forse è stata trovata la giusta misura per fonderli mirabilmente con la musica e la poesia. Interprete e ascoltatore in fondo sono "uguali" perché facenti parte della medesima umanità, ambedue intrisi di quel "fanciullino" che Giovanni Pascoli descrisse nel suo saggio: "È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva Cebes Tebano che primo in sé lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi suoi.



Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare, ed egli vi tiene fissa la sua antica serena maraviglia; noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello. Il quale tintinnio segreto noi non udiamo distinto nell'età giovanile forse così come nella più matura, perché in quella occupati a litigare e perorare la causa della nostra vita, meno badiamo a quell'angolo d'anima d'onde esso risuona". Può affacciarsi alle nostre coscienze la "vexata quaestio" se il Lied sia ancora attuale, se possa dire qualcosa a un giovane che frequenta il rap piuttosto che l'hip hop o il trap. Mi piace immaginare un ragazzo che oggi ascolta per la prima volta una di queste incantevoli composizioni. All'inizio potrebbe apparire sulle sue labbra un sorriso ironico o forse sarà colto da un moto di noia. Ma se proseguirà nell'ascolto, riuscendo alla fine a entrare nel circolo magico del Lied, sono sicuro che ne sarà completamente conquistato riconoscendo in lui i medesimi palpiti, quei trionfi e cadute che fanno parte e sempre la faranno dell'intimo sentire di ogni essere umano.




Alfredo Di Pietro

Giugno 2019


 Stampa   
Copyright (c) 2000-2006   Condizioni d'Uso  Dichiarazione per la Privacy
DotNetNuke® is copyright 2002-2024 by DotNetNuke Corporation