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 31^ Edizione Concorso Pianistico Internazionale Alessandro Casagrande Riduci



CONCORSO CASAGRANDE
UNA GIORNATA PARTICOLARE


Nel pieghevole bilingue di ventuno per sessantasei centimetri che ho davanti è racchiuso il programma, regolamento e premi della 31^ edizione del Concorso Pianistico Internazionale Alessandro Casagrande. Credetemi, non è facile condensare in un articolo giornalistico cinquantatré anni di storia vissuta con trepidazione da giovani pianisti, impegnati a costruire il loro futuro, la loro gloria a partire da un evento che non coinvolge solo loro ma una moltitudine di altre persone, il pubblico, un'intera città. Non è per fare il passatista a oltranza, ma è innegabile che una manifestazione come questa trascini con sé un ricchissimo corteo di emozioni, per chi l'ha conosciuta in prima persona ma anche per il passante che fino all'altro ieri era ignaro della sua esistenza. La sua prima edizione risale al 1966, consumatasi nelle quattro fatidiche giornate che, dal 27 al 30 aprile, dettero l'abbrivio a uno dei concorsi pianistici più prestigiosi al mondo, tanto da essere uno dei pochi a meritare sin dall'anno 1975 l'accoglimento nell’importante Fédération Mondiale des Concours Internationaux de Musique di Ginevra, senza ovviamente dimenticare che è membro della "Alink - Argerich Foundation". In quei giorni la competizione si svolse a Palazzo Manassei. Sin dall'esordio possiamo riconoscere degli elementi rimasti punto fermo nel suo oltre mezzo secolo di vita. Dalla prima edizione la città è rimasta sempre la stessa, Terni, insieme al limite dei trentacinque anni d'età per iscriversi.

Da sinistra: Luca Segalla, Francesco Arturo Saponaro e Alberto Massarotto.


L'iniziale esecuzione, invece, del pezzo d'obbligo da "I Segni dello Zodiaco" di Alessandro Casagrande (Toro, Cancro, Bilancia, Scorpione, Sagittario, Capricorno e Pesci) con il tempo ha conosciuto una mutazione, diventando materia per chi desidera concorrere al Premio Speciale A. Casagrande, in alternativa allo Studio da Concerto "La Caccia". Un doveroso tributo al compositore ternano cui questo concorso ha voluto rendere omaggio, nato nel 1922 in una famiglia dove si respirava musica a pieni polmoni essendo suo padre violoncellista dell'orchestra stabile cittadina e la madre diplomata in violino. Presto però il quattordicenne Alessandro dovette abbandonare la città natale per stabilirsi a Roma, dove proseguì gli studi presso l'autorevole Conservatorio di Santa Cecilia sotto la guida di due illustri maestri, Rodolfo Caporali per il pianoforte e Virgilio Mortari per la composizione. Questa trentunesima edizione è stata anche l'occasione per far conoscere la sua passione per la pittura, grazie a una mostra organizzata collateralmente presso il Museo d'Arte Moderna e Contemporanea "Aurelio De Felice". Ma il concorso che ha consacrato vincitori del primo premio artisti come Marta Dejanova, Boris Petrushansky, Alexander Lonquich, Ivo Pogorelich, Dmitri Vorobief, Giuseppe Andaloro e tanti altri, si distingue anche per il calore umano che circonda i partecipanti. Per il clima di cordialità instaurato da quelle famiglie ternane, divenute sempre più numerose con il tempo, che ospitano i giovani strumentisti per lo studio al pianoforte, talvolta offrendo generosamente loro anche alloggio e vitto.



Nel ricucire a grandi linee la storia del Concorso Casagrande, non possiamo assolutamente trascurare una tappa. Facciamo un salto all'indietro di cinque anni, quando grande interesse ha destato la 30^ edizione del maggio 2014, celebrativa dei cinquant'anni dalla morte del compositore, scomparso a Novara il 21 ottobre 1964 all'età di soli quarantadue anni. Per l'occasione centoventuno furono i concorrenti che s'iscrissero, provenienti da trenta nazioni, un dato che non si discosta sostanzialmente dall'odierno, che ha visto centodiciassette ragazzi iscriversi, desiderosi di partecipare a un concorso che può aprire loro un luminoso avvenire. Dietro di questo batte un cuore forte, la Fondazione Alessandro Casagrande, istituzione costituita nel 2002 sotto l'egida dell'Amministrazione Comunale e della famiglia Casagrande, finalizzata allo sviluppo e alla valorizzazione di eventi, manifestazioni, strutture che già esistono nel territorio. I soci partecipanti istituzionali sono tre enti di particolare importanza che la sostengono anche economicamente: Fondazione Carit, Camera Di Commercio Di Terni e Provincia di Terni. Nessun progetto può imporsi senza un adeguato supporto finanziario, soprattutto se di largo respiro. In questo senso è innegabile che l'intervento della Regione Umbria ha rappresentato un salto di qualità per questo concorso pianistico internazionale.




TERNI - 19-25 MAGGIO 2019
LA STORIA SI RIPETE



Sotto la direzione artistica del maestro Carlo Guaitoli, terzo premio nella 21^ edizione dello stesso concorso che ora dirige, si muove la formidabile macchina organizzativa del Casagrande. Questi sono d'infilata i sette nomi in cui è racchiuso il suo spirito: Presidente Leonardo Latini, Sindaco di Terni - Elena e Michele Benucci, rispettivamente Presidente e Vice Presidente della Fondazione A. Casagrande - Loredana Riceputi, Direzione Organizzativa - Eugenia Ortica, Segretaria della Giuria e Francesca Olivieri, Relazioni Giuria. Parlavamo di storia. A colpire sono anche le immagini degli archivi fotografici visibili sul sito ufficiale; fra immagini più recenti e meno riconosciamo i giovanissimi volti di autentiche glorie pianistiche come Alexander Lonquich, Bruno Canino, Roberto Prosseda... Chi tuttavia ha avuto l'onore e l'onere di giudicare questi ragazzi, i professionisti che hanno dovuto emettere un insindacabile verdetto, sono i membri della giuria, i "magnifici sette": Julian Martin (Presidente), Eteri Andjaparidze, Christian Debrus, Carlo Guaitoli, Alexey Lebedev, Andrea Lucchesini e Graham Scott. Grande è stata la loro responsabilità nel valutare queste stelle nascenti, sulla base dei diversi brani suonati nel corso della prima e seconda prova, semifinale, finale. È un dato che va ben tenuto presente, soprattutto per chi come me ha potuto assistere solamente alla serata finale. Può non sorprendere allora se l'esito conclusivo della giuria e il parere del pubblico sono stati diversi, avendo quest'ultimo assegnato il primo premio a un artista che poi ha vinto il secondo.



Ad ogni modo possiamo riconoscere in ognuno dei venti concorrenti dei valori personali di assoluto rispetto, lo ribadisce con chiarezza il Presidente Julian Martin, professore della Juilliard School di New York, nella sua dichiarazione sul palco immediatamente prima della premiazione: "Negli ultimi sei giorni abbiamo ascoltato molte splendide interpretazioni di diversi giovani artisti di talento. Con molto duro lavoro, e un po' di fortuna, sono sulla buona strada verso carriere importanti e visibili." Piuttosto lungo e articolato è stato il cartellino di marcia che ha portato via via a scremare i centodiciassette iscritti nei venti concorrenti e, in ultimo, nei tre finalisti che si sono esibiti la serata del 25 maggio U.S. Il percorso è stato segnato dalle fondamentali tappe della preselezione, nella quale gli iscritti hanno inviato un link del loro file video, precedentemente caricato in forma privata sulle piattaforme digitali YouTube o Vimeo. Membri giudicanti in questa fase sono stati Carlo Guaitoli, Angelo Pepicelli e la pianista partenopea Mariangela Vacatello. È seguita poi la Prima Prova, della durata di venticinque minuti, la Seconda Prova (45 minuti), la Prova Semifinale (60 minuti) e, infine, la Prova Finale con l'Orchestra Sinfonica Abruzzese diretta da Marco Moresco. Per quanto riguarda i brani suonati, a fronte di un programma a libera scelta, sempre presente in tutte le prove, il concorrente ha potuto attingere da un'opera o una serie di composizioni prescelte, come un Preludio e Fuga dal Clavicembalo ben temperato di J. S. Bach o uno studio scelto dall'Op. 10 o dall'Op. 25 di F. Chopin nella preselezione.



Maggior libertà era concessa nelle Prima Prova, con uno studio da individuare tra quelli di Chopin, Liszt, Debussy, Rachmaninov, Prokofiev, Skrjabin, Bartòk o Ligeti. Seconda prova: era possibile scegliere una Sonata di Ludwig van Beethoven (a eccezione di alcune). Secondo un criterio di complessità crescente, nella Prova Semifinale (della durata massima 60 minuti) il candidato doveva vedersela con un'opera completa di Franz Schubert o Fryderik Chopin o Robert Schumann o Johannes Brahms e un'altra edita, composta dopo il 1950. Più in la vedremo quali sono i tre concerti con cui i finalisti si sono cimentati. Concludiamo le "comunicazioni di servizio" con i Premi: 20.000 euro al primo classificato (insieme alla preziosa opportunità di eseguire concerti presso prestigiose istituzioni), che diventano 7.000 per il secondo classificato e 4.000 per il terzo. Non possiamo certamente considerare di "consolazione" gli altri tre riconoscimenti elargiti, vista la loro importanza. Parliamo del Premio "Adriana, Franco e Marina Casagrande" per la migliore interpretazione di un brano di Alessandro Casagrande, vinto dal diciassettenne Elia Cecino, il Premio Dario De Rosa per la migliore esecuzione della Sonata di Beethoven, vincitore il simpatico ferrarese Matteo Cardelli. In ultimo, un premio nel premio è quello del pubblico per la Finale con Orchestra. Ognuna di queste ricompense "secondarie" valeva una vincita in danaro pari a 1.500 euro.


LA FINALE
TRE PIANISTI TRE




FEDERICO GAD CREMA
Terzo Premio

Robert Schumann (1810 - 1856)

Concerto per pianoforte e orchestra in la minore Op. 54
- Allegro affettuoso. Andante espressivo. Allegro
- Intermezzo. Andantino grazioso
- Allegro vivace



In una lettera indirizzata a Clara Wieck il compositore scriveva che questo concerto era pensato come "una via di mezzo fra la sinfonia, il concerto e la sonata grande". Ben cinque anni ci vollero per portare a termine l'opera, iniziata nel 1841 con un primo movimento definito "Konzert-Phantasie" e che possiamo considerare come un concerto nel concerto. È un "unicum" quanto mai variegato in cui le tre forme indicate dallo stesso autore sono fuse in un andamento unitario. Come spesso avviene in Schumann, il movimento centrale lento è in forma di Lied. È un'opera che "suona" diversa dal tradizionale concerto per strumento e orchestra, quasi una coesa rapsodia dove dominano i tipici tratti caratteriali dell'autore, in cui momenti di appassionato impeto si alternano a episodi cantabili dove emergono sublimi melodie, il tutto accompagnato dalla sua proverbiale imprevedibilità, i frequenti e improvvisi sbalzi umorali. Deliziosi i dialoghi tra il pianoforte e i fiati (flauti, clarinetto) nel movimento lento, impegnati in un duettare quasi operistico. Tutto in questo concerto è significativo della volontà di superare la forma canonica per creare una calda corrente di momenti musicali legati tra loro senza soluzione di continuità. Il pianista italiano mostra in questa difficile composizione una dote che è comune ai tre finalisti, vale a dire la grande sicurezza dimostrata sul palcoscenico, arricchita nel suo caso dalla presenza scenica. Chioma fluente, tratti gentili e portamento disinvolto concorrono a creare di lui un'immagine particolarmente "charmant".



La sua tecnica è brillante, non esprime sulla tastiera una grande potenza di suono ma fa leva sulla scorrevolezza. Efficace nel legato veloce, è apparso un po' meno preciso in alcuni accordi suonati in forte, si tratta in fondo di piccole sbavature che si riscontrano in ogni prestazione dal vivo, abbastanza comuni anche nei concertisti più navigati. Nel movimento centrale "Intermezzo. Andantino grazioso" questo ventenne si dimostra abile tessitore di melodie, che si snodano flessuose, ricamate con maestria e quanto mai lontane da quei tratti accademici che potrebbero avvicinarle al classico compitino dello studente, per quanto ben fatto. Il finale fa irruzione senza pause dopo l'Andantino, subito attaccato a esso e preceduto da un fenomenale cambio di atmosfera. Con questo il concerto si conclude trionfalmente, tra sfolgoranti sonorità e brevi episodi d'intima tenerezza che coinvolgono lo strumento e l'intera orchestra. Qui il nostro Federico non forza la mano, si mantiene stabile in una sua personale "olimpicità", la quale non turba mai il raffinato incedere del suo pianismo. Giovane età ma grande maturità esprime quest'artista durante tutta la sua interpretazione, da lui resa nell'alveo di un andamento molto equilibrato, consapevole e scevro da scatti troppo accentuati nel passaggio tra i vari episodi. Un pianista di alto livello che sa muoversi con eleganza e un notevole senso generale delle proporzioni, questo mi è sembrato Federico Gad Crema. Con lui inizia nel migliore dei modi questa elettrizzante serata finale del Concorso Casagrande.


EMANUIL IVANOV
Secondo Premio

Camille Saint-Saëns (1835 - 1921)

Concerto per pianoforte N. 2 in sol minore Op. 22
- Andante sostenuto
- Allegro scherzando
- Presto



Questo concerto affonda le sue radici non in un romanticismo primaverile, come lo schumanniano, ma in un contesto legato alla tradizione classica, non per nulla Camille Saint-Saëns è considerato come un precursore del Neoclassicismo novecentesco (che conta importanti esponenti anche in Italia). La composizione si apre, inaspettatamente, con una cadenza di maniera barocca che ricorda molto da vicino la severità di un corale bachiano, segue un Andante sostenuto dove prevalgono i toni lirici. A tratti bislacco, ma sorretto sempre dalla sensazionale abilità compositiva dell'autore, esordisce il Presto scherzando in forma di rondò-sonata, che contiene una buona dose di umorismo e rivela la voglia di scherzare con le note di un solo in apparenza compunto compositore. Dall'esilarante effetto sono i capricciosi incisi di sapore francese e l'inebriante gioco dialettico che s'instaura tra pianoforte e orchestra. L'impertinente gioco prosegue nel Presto finale con il turbinio di terzine in crome, che disegnano un infiammato tema di tarantella. Si conclude così un'opera sospesa tra toni severi e voglia di "burlesque", forse unica nel panorama del genere. Non dev'essere per nulla facile per un interprete barcamenarsi con disinvoltura tra atmosfere barocche, cantabile lirismo e toni quasi da canzonatura. Molto interessante è risultata la lettura del bravissimo Emanuil Ivanov, pianista dalla superba tecnica, robustezza di suono e notevole uguaglianza digitale. Un esecutore rivelatosi subito molto solido ma assolutamente non privo di capacità di cesello nel fraseggio, che è sgorgato ricercato e d'intensa espressività.



Anche nei momenti più lirici la sua interpretazione ha costantemente conservato una robusta musicalità, alla larga da esilità di sorta e dall'indole schiettamente "bulgara", in riferimento al carattere fiero e deciso di questo popolo. Probabilmente pochissime o nessuna le note sbagliate, almeno io non ne ho sentite. Per quanto di primaria o secondaria importanza sia la questione, credo che a un concorso la giuria sia chiamata a valutare anche questo aspetto. Emanuil calibra attentamente le progressioni in crescendo e il successivo ritorno verso una pacata liricità, sfoderando una gamma dinamica dalla particolare ampiezza. Il suo arsenale tecnico gli consente in ogni occasione di cavarsela alla grande, anche e soprattutto nei passi di brillante virtuosismo, da lui affrontati con disarmante agevolezza. Mai in affanno e poderoso negli affondi accordali. La sua possente natura lo ha forse ha un po' limitato nei frangenti più sbarazzini, nei momenti di "humor", segnatamente nell'Allegro scherzando dove, personalmente, avrei gradito una dose di maggior leggerezza nel tocco e nel gusto, sempre piuttosto granitico anche in tali frangenti. È sempre bene ricordare, a scanso di equivoci, che parliamo di artisti giovanissimi; due hanno vent'anni (lui e Gad Crema), poco più il cinese Aristo Sham, che ne ha ventitre. Sono quindi sicuramente destinati a maturare con il tempo, affinando progressivamente il loro notevolissimo potenziale. Nel vorticoso finale Emanuil si prende la rivincita su qualche "lack" di vaporosità manifestato nel secondo movimento. Tremendamente efficace, manda il pubblico in visibilio con una prestazione travolgente, pressoché perfetta. È qui che risplende in pieno la sua notevolissima tempra concertistica.


ARISTO SHAM
Primo Premio

Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)

Concerto per pianoforte e orchestra N. 4 in sol maggiore Op. 58
- Allegro moderato
- Andante con moto
- Rondò: Vivace



Nella biografia del giovane pianista di Hong Kong possiamo rinvenire quegli elementi che rendono grande e riconosciuto un artista. Nato il 12 marzo 1996, ha già vinto numerosi premi nella sua città natale e oltreoceano, esibendosi in diversi Paesi del mondo. Il suo eccezionale valore gli ha consentito di essere di essere incluso nel programma di Channel 4 "The World's Greatest Musical Prodigies". Ha iniziato a studiare il pianoforte all'età di tre anni e da allora ha conquistato una serie impressionante di riconoscimenti sul palcoscenico internazionale. Solo per citarne alcuni: Primo premio al Gina Bachauer International Junior Piano Competition, Quarto premio al China National Junior Piano Competition, Primo premio nel Gruppo A al "69th Steinway International Children and Youth Piano Competition", medaglia d'oro all'"Hong Kong Schools Music Festival". Si è laureato alla Harrow School nel 2015 ed è attualmente impegnato nei due progetti programmatici tra il Conservatorio di New England e l'Harvard University. Aristo si addentra nelle novità della scrittura pianistica del genio di Bonn con le armi di una grande capacità introspettiva. Dopo la breve entrata nell'iniziale Allegro moderato, sviluppa mirabilmente un discorso intimistico con l'orchestra, mostra una dolcezza colloquiale screziata da soprassalti espressivi in cui talvolta il pianista tende ad allargare i contrasti, con rarefazioni di atmosfera e repentini sbalzi. La sua nitida lettura ha dato anche l'opportunità al pubblico di godere del luminoso registro acuto proveniente dal grancoda Fazioli.



Dotato di una sonorità importante, il minuto artista cinese si è trovato perfettamente a suo agio nel rapporto con l'orchestra, nei confronti della quale ha manifestato una rimarchevole simbiosi. Nei momenti di "tacet" si è girato spesso a guardare gli orchestrali, li osservava penetrandone i movimenti. Dopo la commovente espansività dell'Andante con moto, che ha lasciato tutti con il fiato sospeso in un clima da tre metri sopra il cielo, attacca con baldanza e reattività il Rondò: Vivace, dove Beethoven ritorna a mostrare la sua leonina zampata. Forte di un pianismo scattante, non appiana ma dilata la dualità tra principio d'opposizione e principio implorante. Trova la via dell'apoteosi nel "Rondò" conclusivo, contraddistinto da un tema maschio e impositivo, determinato e ritmicamente propulsivo. Aristo Sham raccoglie impavidamente la sfida sfoderando degli artigli da tigre cinese, fulmineo negli scatti espressivo/dinamici è, sul mio personalissimo cartellino di marcia, il pianista che forse più degli altri ha dimostrato un approccio votato all'approfondimento dei parametri espressivi, oscillante tra introversione e sagace brillantezza. Solo una piccola riflessione. Se fino a qualche tempo fa l'esercito dei pianisti cinesi era considerato formato da tanti soldatini, meri meccanici tecnicamente molto dotati, forgiati sotto una severa disciplina, più sovente le nuove generazioni si sono rivelate sensibili ad abbracciare la cultura europea e penetrarne stile e linguaggio musicale con grande umiltà. Sono artisti veri, autentici, generosi che, nonostante qualche intemperanza alla Lang Lang o qualche nervosità di troppo alla Yuja Wang, oggi possono senz'altro esprimere una sublime sensibilità artistica.


CARLO GUAITOLI
IL DISCORSO FINALE

Carlo Guaitoli

Elena Benucci

Julian Martin con Carlo Guaitoli

Da sinistra: Eteri Andjaparidze, Christian Debrus, Alexey Lebedev, Andrea Lucchesini e Graham Scott.

Michele Benucci con i tre giovani premiati.

Dopo l'esecuzione dei tre concerti per pianoforte e orchestra, il Direttore Artistico guadagna il palco visibilmente emozionato. È venuto il momento di tirare delle somme, dare spazio al desiderio di ringraziare chi ha contribuito alla riuscita di un evento così importante: "È per me un grande onore e un'immensa soddisfazione essere arrivati alla conclusione del concorso in questo modo. Si è trattata di un'edizione realmente speciale, entusiasmante, svoltasi in un confortante clima di serenità, di professionalità, con un'organizzazione davvero impeccabile. È stato un lungo e duro lavoro cominciato più di un anno e mezzo fa. Ci tengo a ringraziare prima di tutto Elena e Michele Benucci perché hanno creduto in questo miracolo, poi avveratosi, il Comune di Terni, la Fondazione Carit, la regione Umbria, la Camera di Commercio, il Rotary, Lions Club e tutti coloro che hanno contribuito in maniera determinante allo svolgimento di questa 31^ Edizione. Voglio esprimere la mia gratitudine alla ditta Fazioli. Quest'anno abbiamo avuto la grande opportunità di avere sul palcoscenico un'eccellenza italiana e nel mondo, con due suoi pianoforti grancoda, uno sul palco e un altro nella sala dove i candidati potevano riscaldarsi prima di entrare in scena. Grazie a Davide Lupattelli, tecnico accordatore Fazioli, che ha lavorato incessantemente per dieci o più giorni qui a Terni.

Aristo Sham

Emanuil Ivanov

Federico Gad Crema

Matteo Cardelli

Elena e Michele Benucci

Tutta la mia riconoscenza va anche alla giuria delle preselezioni perché è stato compiuto un lavoro veramente molto difficile, lungo e pesante. Come sapete, nello scorso mese di novembre sono stati vagliati centodiciassette video di venti, venticinque minuti ciascuno; un lavoro enorme svolto da me, dal maestro Angelo Pepicelli e Mariangela Vacatello in qualità di docenti all'Istituto Superiore di Studi Musicali “Giulio Briccialdi” di Terni. Siamo stati infatti colleghi nel suo ambito. Di grande aiuto è stato lo staff, che ha lavorato instancabilmente in tutto questo tempo e in questi sette giorni. C'è stato un cambio importante, credo avvertito un po' da tutti, a livello organizzativo e anche nella stupenda risposta che la città ha dato in quest'occasione. Sono grato alla Segretaria Loredana Riceputi, ad Alice Bertolini dell'Ufficio Stampa, la Segretaria della Giuria Eugenia Ortica, Francesca Olivieri, Chiara Furiani, Giovanna Durante, Silvia Fioramonti, Benedetta Amadei e Alberto Gentilucci. Finalmente posso presentarvi questa splendida giuria, con cui ho avuto il piacere di trascorrere una settimana che non dimenticherò. Persone splendide e davvero molto professionali, con le quali è stato possibile portare avanti i lavori in maniera del tutto rilassata, senza alcun tipo di discussioni o complicazioni di sorta."


Alfredo Di Pietro

Maggio 2019


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