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venerdì 19 aprile 2024 ..:: Musica e Letteratura a Milano - Ristorante Ruben ::..   Login
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 18/11/2017 - Recital di Luca Ciammarughi Riduci

 

 

Quattro sono gli ingredienti della "fiction" milanese andata in scena sabato 18 novembre U.S. Primo ingrediente: in un luogo dove si portano in tavola pietanze è stata servita grande musica, impiattata da un executive chef d'eccezione, Luca Ciammarughi, figura tra le più eclettiche del panorama culturale italiano, pianista, musicologo, critico musicale, scrittore, conduttore radiofonico su "Radio Classica". " I suoni e le parole volteggiano nell'aria della sera" è il nome del suo recital musical-letterario, risultato di grande suggestione. Un fascino sottile, creato dalla sua figura elegante, discreta, in possesso di cultura cosmopolita, particolarmente abile a calibrare sapientemente l'esprit de géométrie e l'esprit de finesse. Fuori dal comune la sua capacità di concentrazione sulla musica e il testo, si è dimostrato del tutto tetragono alla babelica "vivacità" umana di cui era circondato. Non solo, ha consentito a me reporter per l'occasione, data la scarsa illuminazione e la poca prestanza della mia Panasonic Lumix DMC-FZ28 nel riprendere immagini debolmente illuminate, di usare il flash. Non credevo alle mie orecchie quando me l'ha detto... mai in concerto mi era stato consentito di fare una cosa del genere e io mi sono sempre guardato bene dal suo utilizzo, consapevole di rischiare l'immediato accompagnamento alla porta al primo improvvido lampo. Ma andiamo con ordine. Secondo ingrediente la location: il ristorante solidale Ruben. Prende il nome da un contadino che viveva e lavorava in una cascina alle porte di Milano, sempre sereno e allegro, pacifico, dava a tutti del tu, anche a Ernesto Pellegrini.



Nei momenti di riposo leggeva libri di storia, poi interrogava i ragazzi, apostrofando con un milanesissimo "ti te se gnurant" chi non sapeva rispondere. Verso gli anni '60 un'invasiva urbanizzazione portò all'esproprio dei terreni, all'abbattimento della cascina in cui abitava. Perso il lavoro Ruben fu costretto a sistemarsi in una baracca priva di riscaldamento. Ernesto Pellegrini, oggi importante imprenditore nel settore della ristorazione, allora aveva solo vent'anni e non riuscì ad aiutarlo. Il povero Ruben morì poco dopo di stenti, trovato assiderato un giorno nella baracca. Da questa toccante storia, che sembrerebbe una triste fiaba se non fosse la pura realtà, sboccia il rigoglioso fiore del ristorante solidale Ruben, luogo del recital. L'idea di crearlo risale a un paio d'anni fa, scaturita dalla mente del cavalier Pellegrini e la sua Fondazione Onlus, deciso a non fare la "solita" mensa dei poveri. Una famiglia che fino a un anno fa, o al mese scorso, andava al ristorante con i figli, perde il lavoro. Non è questa un tipo di famiglia che si mette in coda alla mensa dei frati francescani, ma ha bisogno di un ambiente diverso. Si è pensato allora di realizzare un vero e proprio ristorante, dedicato a persone entrate da poco in stato di povertà. Un posto che fosse piacevole, accogliente, senza limite di tempo nella permanenza, con la possibilità di scegliere tra due primi, due secondi, frutta, formaggio e anche un pezzetto di dolce. Il tutto al costo simbolico di un euro, giusto per aver l'idea di non esser lì per carità, ma, dignitosamente, pagare un prezzo piccolissimo, possibile all'avventore.



Idea vincente ospitare un concerto in una simile location: oltre al cibo, anche la musica lega tra loro le persone. Terzo ingrediente l'Associazione per MITO Onlus, una confortante realtà fondata nel 2016 con l'obiettivo di portare concerti di musica classica in luoghi non tradizionali, coinvolgendo un gran numero di persone, con particolare attenzione agli abitanti delle zone periferiche e un occhio attento anche ai giovani, di solito poco interessati a questo genere di musica. Piace constatare come, da qualche tempo a questa parte, sia in corso un'operazione di svecchiamento non della musica (quella si rinnova continuamente grazie alla personale cifra degli interpreti) ma dei luoghi e modalità di fruizione. Quarto e ultimo ingrediente "ClassicAperta", una sorta di propaggine operativa di MITO, destinata a proseguirne le attività e mossa dal desiderio di cambiare la corrente concezione delle periferie metropolitane, grazie al "legante" della musica cosiddetta classica, della cultura e, più in generale, della bellezza. È quest'ultima che ha fortemente voluto il recital di stasera. Al centro di tanta attenzione Milano, realtà che più policroma di così non potrebbe essere, ricchissima di anfratti umani palpitanti di vita e di grandi contrasti. "Abbiamo scelto un percorso di musica e letteratura, anche in coincidenza delle giornate di BookCity. Volevamo che entrassero in dialogo queste due dimensioni in una sorta di sinestesia, sapendo che quando la prima ci parla della seconda è sempre perché questa riesce ad andare al di là della parola, riuscendo a esprimere i nostri sentimenti più reconditi. Bisogna tuttavia riconoscere che la letteratura è in grado di aiutare la musica", sono le parole chiarificatrici di Luca Ciammarughi.




IL CONCERTO

Jean-Philippe Rameau (1683 – 1764)
   - Gavotta e Variazioni dalle Nouvelles Suites de Pièces de Clavecin
     (Denis Diderot: Il nipote di Rameau)

Felix Mendelssohn Bartholdy (1809 - 1847)
   - Venetianisches Gondellied ("Barcarola Veneziana") Op. 30 N. 6
     (George Sand e Alfred de Musset: Il romanzo di Venezia)

Franz Schubert (1797 – 1828)
   - Impromptu in la bemolle minore Op. 90 N. 4
     (Henry James: Ritratto di signora)

Robert Schumann (1810 - 1856)
   - Einsame Blumen ("Fiori solitari") dalle Waldszenen Op. 82
     (Oscar Wilde: Il ritratto di Dorian Gray)

Frédéric Chopin (1810 - 1849)
   - Impromptu Op. 29 e Valzer Op. 69 N. 2
     (Marguerite Duras: L'amante)

Claude Debussy (1862 – 1918)
   -
Les soirs illuminés par l'ardeur du charbon - Quelques aspects de "Nous n'irons plus au bois" da Images Oubliées
     (Charles Baudelaire: Corrispondenze dai Fiori del male)

Reynaldo Hahn (1874 – 1947)
   - Les Rêveries du Prince Églantine ("Le fantasticherie del principe Églantine) da "Le rossignol éperdu"
     (Marcel Proust: Alla ricerca del tempo perduto)

Nino Rota (1911 – 1979)
   - Valzer del Commiato dal Gattopardo
     (Giuseppe Tomasi di Lampedusa: Il Gattopardo)

 



Sabato 18 novembre, ore 20,30, appuntamento presso il Ristorante Solidale Ruben in Via Francesco Gonin 52, un vasto locale con trecento posti disponibili. A pochi minuti dal recital è completamente gremito di gente, non un posto a sedere libero che sia uno, anzi c'è anche parecchia gente in piedi. Inizio a scattare foto compulsivamente, come al mio solito; una signora, infastidita dalla mia ingombrante presenza che le oscurava la vista del palcoscenico, mi dice indispettita "Non rimarrà mica lì per tutto il tempo?", timidamente le rispondo: "Stia tranquilla signora, solo quello necessario per fare qualche scatto" e mi dileguo poco dopo. A un certo punto, tra il rincorrersi degli umani rumori, spunta elegantissimo, in gran spolvero, il protagonista della nostra serata: Luca Ciammarughi. Ogni vociante brusio, ogni appuntito urlo di bambino sembrano svanire quando prende la parola, il suo eloquio è amabile e pacato, parla con la sicurezza di un consumato conduttore radiofonico, c'è molta musicalità nella sua voce, che spesso accompagna le mie notti insonni. Più che il succedaneo di un sonnifero, il suo programma "Il pianista" è un qualcosa che mi fa sognare, aprendo sconfinati spazi nella mia mente. Un buon motivo per credere immortale il "miracolo" della radiofonia. Nel frammento letterario di Denis Diderot "Il nipote di Rameau" si presenta un dialogo satirico settecentesco di stampo illuminista. Appare alla nostra vista il personaggio di un musicista folle e un po' buffo, Jean-François Rameau, nipote del grande Jean-Philippe. Una sorta di musorgskijano "Gnomus", ben distante però da quella selvaggia temperie tardo-romatica, ma rivestito dei "lumi" della sua epoca.



Un "miserabile di talento", musicista fallito e buffone di corte tuttavia in grado di denunciare i guasti della società. Con le grottesche movenze del corpo simula gli strumenti di un'orchestra. Il brano stabilisce la giusta atmosfera per l'ascolto della Gavotta e Variazioni dalle "Nouvelles Suites de Pièces de Clavecin" di Jean-Philippe Rameau. Dismessi rapidamente i panni di voce recitante, Luca Ciammarughi ci regala la sua incantevole lettura, perfettamente in linea con uno spirito si illuministico, nel preciso zampillare di note in figurazioni cristalline, ma anche pregno di quell'amabilissima affettuosità dell'epoca. L'identificazione tra parola, musica e indole dell'interprete qui raggiunge davvero un vertice di coesione affettiva e intellettuale. Tra i vari "pannelli" che si susseguono, un romanticismo primaverile era destinato a emergere dalla Venetianisches Gondellied Op. 30 N. 6 di Mendelssohn, il preludio letterario qui tocca al "Il romanzo di Venezia", opera epistolare scritta a quattro mani da George Sand e Alfred de Musset. Tra i due ci fu una relazione, un viaggio di piacere nella magica Venezia nello spirito del "Grand Tour" ottocentesco. Particolare è l'avventura che in quell'occasione vissero i due artisti; la donna si ammalò e Alfred, da perfetto gaudente, dedicò le sue serate al divertimento in compagnia di donne di facili costumi. Questo ovviamente dispiacque molto a George Sand, che fu curata da un medico veneziano, Pietro Pagello, il quale s'innamorò di lei e i due stabilirono una relazione. Il brano letterario si sarebbe embricato in modo naturalissimo con il cullio suggerito dalla barcarola mendelsshoniana, dolce e meditativo, nella descrizione dell'incantevole paesaggio veneziano.



Però, colpo di scena, il pezzo riportato nel programma viene sostituito da un altro, di carattere simile: Récueillement" di Jean Cras. Si prosegue sull'onda della temperie romantica con Franz Schubert, autore che Luca ha lungamente frequentato e frequenta, a causa credo di una notevole affinità con la sua indole di artista. Per inciso, impossibile non rammentare la sua superba interpretazione dell'estrema sonata per pianoforte di quest'autore, la D 960, e il saggio che ha dedicato alle sue ultime tre sonate. Henry James, con il suo "Ritratto di signora" occupa la parte letteraria dell'abbinata musica-parola, da questo è stato tratto anche un bel film di Jane Campion. L'azione del romanzo inizia nel 1873 in Inghilterra, il personaggio femminile è la giovane americana Isabel Archer, che si reca in Inghilterra al seguito di una ricca zia. Nella vicenda si scontra però con la mentalità chiusa di un gruppo di americani espatriati in Europa alla fine dell'ottocento. A differenza di questi lei invece è decisa a salvaguardare la propria libertà. Incontra in seguito madame Merle, un'avventuriera che le dimostra inizialmente amicizia ma che si rivelerà un'infida consigliera, inducendola a sposarsi con il crudele Gilbert Osmond. Come si concilia il dialogo tra le due donne con l'improvviso in la bemolle minore Op. 90 N. 4? Nell'intensità, quasi tempestosa, della conversazione, vale a dire l'incontro tra l'innocente Isabel e la vissuta madame Merle. Quando Luca Ciammarughi abbandona il pianoforte per recarsi al leggio dove ci sono i testi, il rumorio delle persone si è quasi completamente chetato.


Il romanticismo sembra farla da padrone in questo recital composito, è la volta di una "clip" illustre, quella relativa a "Il ritratto di Dorian Gray", celeberrimo romanzo di Oscar Wilde, predestinata a fare da "pendant" allo schumanniano Einsame Blumen dalle Waldszenen Op. 82. Il romanzo, enigmatico e geniale, narra di un giovane innamoratosi esageratamente del proprio bell'aspetto dopo aver ricevuto in regalo un suo ritratto, dipinto dall'amico Basil Hallward. Questo lo raffigura nel pieno della gioventù. Dorian arriva a stipulare una specie di "patto col demonio", grazie al quale rimarrà per sempre giovane e bello, mentre il quadro mostrerà progressivamente tutti i segni della sua decadenza fisica e corruzione morale. Dopo una serie di terribili eventi il dipinto è ormai testimone di un inesorabile invecchiamento e deturpamento dei suoi tratti un tempo affascinanti. Dorian non ne può più di vederlo, trovandolo a un certo punto troppo angosciante, e lo lacera con lo stesso coltello con cui aveva assassinato Hallward. Dorian Gray viene ritrovato morto con un pugnale conficcato nel cuore, irriconoscibilmente avvizzito, mentre nel ritratto è ritornato giovane e bello. Nel brano di Schumann, terzo delle Waldszenen, si consuma un elegante ed evocativo dialogo tra due voci che vivono in un moto rotatorio: è il fiore solitario che colpisce il viandante con la sua ineffabile bellezza naturale. E ancora romantico è l'impulso che sottende alla diade successiva di Chopin-Duras.



L'inclinazione del grande compositore verso momenti di acuminatissima sensibilità, talvolta sconfinante nel morboso, trova riscontro letterario nel romanzo "L'amante" di Marguerite Duras, scritto nel 1984. Anche questo narra di un tormentato rapporto uomo-donna in una vicenda in larga parte autobiografica. Marguerite, in qualità di io narrante racconta dell'incontro tra lei e il figlio di un ricco possidente cinese, Huynh Thuy Le, un amore che trova ostacolo soprattutto nelle differenti condizioni sociali. La relazione tra i due parte come clandestina ma terminerà nel momento in cui la madre della protagonista deciderà di lasciare il Vietnam per rientrare in Francia. Quale miglior autore se non Chopin per vivificare le pene di un amore impossibile? Luca Ciammarughi evoca il lacerante sentimento con delicatezza e insieme sommessa drammaticità, propone uno Chopin particolarmente intimo, dalle nobilissime movenze danzanti nel Valzer Op. 69 N. 2. Prossimo quadro di quest'intrigante promenade musical-letteraria è
Les soirs illuminés par l'ardeur du charbon - Quelques aspects de "Nous n'irons plus au bois" da Images Oubliées di Claude Debussy, brano che segna il passaggio in questo itinerario ideale all'impressionismo, anzi al simbolismo, in cui l'autore francese si riconosceva. È preceduto dalla lettura delle "Corrispondenze dai Fiori del male" di Charles Baudelaire, scintille di magia letteraria che trovano una felice simmetria nel veloce brano debussyano, nella rappresentazione di quella "foresta di simboli" che è la natura. Risplende un rutilante gioco di colori che nel breve pezzo si alternano con estrema mobilità.



Quelques aspects de "Nous n'irons plus au bois è costruito su una melodia infantile, citata nel titolo, che riapparirà anche in "Jardin sous la pluie" dalla suite Estampes. In "Les soirs illuminés par l'ardeur du charbon" il pianista milanese rimane nel binario di un'assorta pensosità. Ha una storia particolare questo brano, l'ultimo da lui composto, nel 1917, quando era già molto malato. In un inverno freddissimo Debussy ricevette un "surplus" di carbone dal suo fornitore e lo ringraziò donandogli questo breve pezzo con dedica, da considerarsi come pagamento a tutti gli effetti. Fu un regalo molto gradito, visto che nell'ultima parte della sua esistenza non navigava economicamente in buone acque. L'atmosfera rarefatta dell'ultima produzione debussyana, testimonia di un approfondimento espressivo fondato sempre più sulla raffinatezza armonica. Le atmosfere evocate riportano alle fascinazioni delle sue "Six épigraphes antiques" per pianoforte a quattro mani, L 139. Se è vero che la letteratura può essere tranquillamente omessa in un concerto, meno auspicabile e che l'interprete la trascuri nel corso del sua maturazione interpretativa. Sono certo che la lettura di questo mirabile pezzo sarebbe stata meno consapevole, più effettisticamente superficiale, se Luca Ciammarughi non fosse stato anche un profondo conoscitore della letteratura. Seconda incursione nel '900 con Reynaldo Hahn e "Les Rêveries du Prince Églantine" da "Le rossignol éperdu". Compositore anche lui francese, anche se meno noto di Debussy, nacque in Venezuela e affrontò in tenerissima età un periglioso viaggio con i genitori, in cui rischiò tra l'altro la vita, per raggiungere Parigi.



Qui si dimostrò un prodigio della musica, al punto di stupire sin dall'età di sette, otto anni i salotti parigini. Basti pensare che il suo capolavoro, la melodia "Si mes vers avaient des ailes" su testo di Victor Hugo, fu da lui composta intorno ai quattordici anni. Personaggio di grande spessore, estremamente versatile, fu in grande rapporto di amicizia con Marcel Proust, ecco quindi giustificata la scelta del passo da abbinare alle sue Rêveries, cioè un frammento de "Alla ricerca del tempo perduto", tanto più che lo stesso Hahn fu il primo ad ascoltare dalla voce di Proust l'inizio di questo grande capolavoro. Dalla recitazione di Ciammarughi traspare tutta l'oniricità di cui queste pagine sono pervase. In ultimo il cammino approda al nostro paese, l'Italia, con un passo da Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Alla mente viene subito il film di Luchino Visconti, uno dei più perfetti della storia del cinema. Luca Ciammarughi racconta degli aneddoti circa la sua lavorazione, dai quali traspare il maniacale perfezionismo del regista lombardo. Il romanzo parla di un cambiamento epocale della società, legato alle contingenze storiche, dove l'aristocrazia va esaurendo il suo ciclo mentre la borghesia avanza. Quello della fine di un'epoca, con le sue laceranti conseguenze sull'animo delle persone, è un tema che è stato molto caro a Visconti. Ed è veramente un congedo dal recital questo Valzer del Commiato dal Gattopardo, musica di Nino Rota. Alla fine il "mattatore" della serata concede un bis chopiniano: l'Impromptu Op. 29, tra gli calorosi applausi dei presenti.



Il versatile pianismo di Luca Ciammarughi, sintomatico di una vasta cultura anche non musicale, ha dimostrato questa sera di poter adattarsi camaleonticamente, anche dal punto di vista tecnico, alla situazione contingente (impossibile raggiungere tutti gli astanti senza comprimere la dinamica). Questa dote, connaturata a una naturale comunicativa, dona spessore e plastico rilievo alle sue interpretazioni, che ben si differenziano a seconda dei frangenti. È sempre distante da quella espressività di maniera, stereotipata, che fa sembrare un po' tutto uguale. Al contrario affiora una peculiare cifra interpretativa, fatta di acuta sensibilità, squisito senso della misura e la propensione verso tinte che mai sforano in una veemenza gratuita. Tutto degli umani sentimenti può essere raccontato, ogni cosa è rappresentabile facendo a meno dei toni "gridati", di quell'eccessiva muscolarità tanto in voga oggi. È bello lasciarsi accarezzare da una dialettica giocata sul filo delle nuances coloristiche e dinamiche. Un'arte pianistica forse di altri tempi, garbata e civile ma assolutamente non timida, in grado di penetrare nella materia musicale con discrezione ma che sa anche colpire con la stoccata, se necessario. Un approccio al pianoforte "anomalo", che a noi ospiti del Ruben è piaciuto tanto. Una specie di sogno a occhi aperti tra letteratura e musica.

Ed è proprio quello che è accaduto in questa bellissima serata novembrina milanese...

 

Anna Gastel

Da sinistra, Giuseppe Orsi, Luca Ciammarughi, Anna Gastel, Ernesto Pellegrini.


Alfredo Di Pietro

Novembre 2017


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