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 I Monitor HEDD Type 30 all'Indiehub Riduci


 

 

PIANETA INDIEHUB

Non è il caso che questo mio resoconto sia preceduto da lunghe e ampollose introduzioni, sarebbero fuori luogo nel racconto di una realtà dinamica e scattante come questa. Credevo d'incontrare un classico studio di registrazione, ma ho dovuto presto ricredermi perché tale attività, pur essendo contemplata in questo che potremmo definire un multiforme contenitore, non è la sola presente. Martedì 14 marzo, una bella giornata primaverile m'invita a rinunciare ai mezzi pubblici e percorrere a piedi il tratto di strada tra Piazzale Cadorna e Via Bramante da Urbino, civico 39. Lo raggiungo in non più di una ventina di minuti. Qui si trova la sede di Indiehub, a due passi dall'incrocio con Via Paolo Sarpi, in piena Chinatown. L'occasione è ghiotta e merita una piccola premessa. Recentemente, Mauro Piatti della Te.De.S mi ha concesso in prova una coppia di monitor HEDD Type 05, gli è venuto quindi spontaneo invitarmi alla manifestazione del 13 e 14 marzo: "Ascolto dei nuovi monitor midfield HEDD Type 30 nella sala regia di Indiehub a Milano". Avendo già "assaggiato" le prelibatezze delle piccole Type 05, alla base della triade degli "HEDD Studio Monitors", ero davvero curioso di ascoltare le più grandi Type 30, al di fuori delle mura domestiche e in un ambiente per loro massimamente congeniale. Del patron della Te.De.S avremo comunque modo di parlare più estesamente nel corso del test delle Type 05. Attraverso il portico d'ingresso, una specie di separatore tra il frenetico traffico esterno e il tranquillo ambiente interno dello studio.

 

Indiehub, nomen omen? Il fondatore Andrea Dolcino mi spiega che nella denominazione, hub è un termine ancora oggi molto utilizzato nel "Coworking" e per i "Business Center". Per capire meglio il concetto di cui parliamo, si pensi a un aeroporto, dove ci sono delle persone che transitano, s'incontrano, alcune si soffermano per un po' di tempo mentre altre non si vedranno mai più. Indie invece non è un richiamo diretto al genere musicale ma la contrazione della parola "Independent". Questa bella realtà milanese corre un po' da sola, non ha legami con nessun'altra avendo deciso di muoversi in maniera completamente autonoma, in una sorta di "fai da te" di moderna concezione. Perché nel logo c'è il pendolo di Newton colto nel momento dell'innesco? La ragione è tutta nella filosofia cui Indiehub s'ispira: c'è l'idea di un'energia che si attiva conservandosi, non però in un moto perpetuo, che nella realtà non esiste. Una forza che si avvia e si dissipa nel movimento. La carriera professionale di Andrea Dolcino parte dal mondo dell'intrattenimento, soprattutto legato al "mobile". Si è occupato per moltissimo tempo di creare contenuti che avevano come principale mercato i telefonini, quindi salvaschermi, suonerie, giochi, quiz e applicazioni varie. In quel settore ha passato la maggior parte della sua vita lavorativa, sebbene avesse frequentato la SAE nel 2000, una scuola per fonici di Milano che ora si è ingrandita moltissimo, ma che già a quei tempi era la migliore della città. Basti pensare che era l'unica a disporre di studi organizzati in maniera importante, in cui si poteva fare molta pratica stando al banco con soltanto un'altra persona e non magari in dieci.

 

La musica era l'ambito professionale in cui Andrea voleva entrare, da sempre, sin da giovane, come accade più o meno a tutti quelli che si trovano a lavorare in questo settore. Quando ha avuto la possibilità mettersi in proprio (nella precedente attività era un dipendente) si è orientato verso il "coworking", nato già molto tempo fa in altri paesi ma che in Italia solo cinque anni fa ha iniziato a prendere piede seriamente, nel senso che tali centri stavano sorgendo come funghi. Ha quindi pensato di realizzarne uno dedicato alla produzione musicale. Ma è bene mettere a fuoco il concetto di "coworking", che consiste essenzialmente in uffici "a consumo". Ci sono due modi d'interpretarlo, uno è semplicemente la condivisione di uno spazio dove si affitta la scrivania a un altro professionista, per un mese, una settimana o altro periodo, dividendo con lui le spese. L'altro modo sottintende una maggior specializzazione che, a parere di Andrea, ha riscosso molto più successo essendo foriera di attività più complesse. In questa seconda forma non si divide soltanto una scrivania, ma si selezionano persone idonee a collaborare, in realtà convivere più che collaborare. Si profila insomma una coabitazione, molto simile a quella che avviene in una grande città come Milano, dove nello stesso appartamento ognuno ha la sua stanza. Il coworking è qualcosa di molto simile, però trasportato nel mondo professionale. L'obiettivo è di avere ridotti costi di gestione, potendo però disporre di una sede adeguatamente attrezzata, comunque svincolata dal lavoro da casa.

 

Sappiamo bene quali siano i suoi difetti, le tipiche fonti di disturbo domestiche, come per esempio il rumore di una lavatrice. Nella convivenza familiare di tutti i giorni non si riesce a essere "rispettati", è difficile poter svolgere il proprio lavoro in tranquillità, dalle otto di mattina alle sei di sera. Se invece si opera in uno spazio dedicato, si guadagna una dignità e anche delle performance di maggior livello. Il fatto di non essere isolati, di avere accanto qualche altra persona che sta facendo la tua stessa cosa, aiuta senz'altro a far fluire meglio il lavoro ed essere più organizzati. Nella sede di Via Bramante ne è stato aperto uno non enorme, di cento metri quadri, dove si dà ospitalità a professionisti del mondo dello spettacolo, prevalentemente giovani perché le grandi realtà non hanno bisogno di una struttura di questo tipo, che invece è utile a chi si affaccia al mondo della musica. Giova perciò alle nuove leve, ai "freelance" che hanno magari qualche cliente alla ricerca di un punto di riferimento, di una persona che ha dietro di se una struttura ben funzionante, la quale consente di programmare appuntamenti. Conviene avvalersi di uno spazio dotato di una sala riunioni, dove ci sono stampanti, connessioni Internet molto efficienti, insomma tutta una serie di mezzi basilari per poter lavorare serenamente senza avere il problema di essere distratti. Il Bar di turno, in definitiva, non è certo il posto ideale dove firmare contratti, può esserlo per conoscersi, per chiacchierare informalmente, ma quando si lavora, e soprattutto quando si deve firmare qualcosa o prendere accordi, è importante poterlo fare in una sede adatta.

 

Partendo quindi dal principio del "coworking", Andrea Dolcino è riuscito a trovare la chiave per realizzare uno studio di registrazione, vale a dire un centro che nel tempo ha subito enormi cambiamenti, difficilissimo da mandare avanti anche a causa degli altissimi costi di gestione. Lo studio di registrazione si è specializzato nel jazz acustico, dopo tanti sforzi ha trovato la sua identità, riuscendo a dar vita a una struttura un po' differente dalle altre, proprio perché mossa da un'originale vocazione di partenza. Indiehub è fondamentalmente un laboratorio conto terzi. Nonostante ci siano pochissime realtà di questo tipo, è indirizzato precipuamente alla registrazione. Essere rivolti al genere jazz acustico significa prima di tutto dover dotarsi di un setup tecnico, microfoni, cavi, di altissimo livello, con un percorso del segnale particolarmente pulito per poter acquisire le sorgenti con un'amplissima dinamica, laddove non esiste la possibilità, come in altri generi musicali, di andare a coprire eventuali deficit di qualità con la compressione dinamica. Ci sono dei casi dove tutto si può confondere con un buon mix, nel jazz acustico questo non si può fare. Oltre ai musicisti anche le sorgenti, intese come strumenti, devono quindi essere di ottimo livello. Indiehub dispone di un importante parco batterie, dove spicca una pregiata Jazzette Square Badge Gretsch del 1985, completamente restaurata, dotata delle classiche misure 18, 12, 14 e rullante di 14 x 5/12. Ci sono poi altre batterie, sempre di marca Gretsch. Troviamo soprattutto un eccellente pianoforte: uno Steinway & Sons Gran Coda della collezione Fabbrini.

 

"Abbiamo puntato tutto su questo strumento", afferma orgogliosamente Andrea, "che è uno dei fiori all'occhiello della nostra specializzazione e insieme vocazione per un certo tipo di musica". Essendo un Fabbrini non è un Gran Coda qualunque ma ha un "pedigree", affidato solo a un certo tipo di mani. Sappiamo che gli strumenti musicali sono vivi, se sono suonati bene divengono differenti da altri messi in mano a chissà chi. Scegliere un pianoforte come questo significa mettere a disposizione dei musicisti il meglio al mondo, uno strumento senza alcun tipo di compromesso. In Italia si è riusciti a instaurare questo rapporto con Fabbrini. Altra cosa essenziale è poter registrare i musicisti in contemporanea, mantenendo comunque la possibilità della divisione dello spazio acustico. Andrea mi porta in una cabina che, anche se in quel momento era cablata per la voce, viene usualmente utilizzata per la registrazione della batteria. In un ambiente di quel tipo, chiuso da una vetrata, con il pianoforte in una postazione differente e il contrabbasso chiuso in un'altra cabina, si può captare la musica di un trio in simultanea, avendo però i microfoni completamente separati. Questa tecnica di ripresa consente di dare un suono molto moderno all'insieme. Molti dischi di musica jazz oggi vengono registrati così. Ci possono essere delle occasioni in cui il "groove" magari è andato alla grande, la sezione ritmica ha fatto faville, però il pianoforte non è stato all'altezza, ecco che, tenendo separati gli strumenti, c'è la possibilità di rifare solo la parte del piano.

 

Ovviamente questa non è l'unica opzione seguita poiché capita di registrare tutte le sorgenti insieme. Lo studio è dotato di separatori acustici per poter piazzare anche i fiati. Sul jazz Indiehub ha lavorato moltissimo con la maggior parte delle etichette presenti in Italia, per esempio Abeat, Dodici Lune, con queste ha realizzato diversi progetti. Dopo i primi due anni di attività ha iniziato a occuparsi anche di musica leggera, stimolato dalle richieste di chi, avendo scoperto la cura e qualità con cui era solito lavorare, ne è stato attirato. Sono stati così prodotti diversi album per la Universal, dato voce ad Alice Paba, Nesli, in prodotti che si allontanano moltissimo da quella che è la sua vocazione di partenza, è avvenuto anche con il nuovo "Pronti a salpare" di Edoardo Bennato, un disco completamente rock. L'allargamento di orizzonti ha aperto un'altra porta: all'unico fonico di prima, specializzato nel jazz, se n'è aggiunto un altro, con cui vengono realizzate le registrazioni per la Universal, che in qualità di producer opera secondo una concezione moderna, si cimenta pure in arrangiamenti, scrive alcune parti, fornisce a volte inediti completi a disposizione dell'artista che deve provinare. Insomma oggi si riesce a svolgere un lavoro completamente diverso dal passato, grazie a un professionista che a questo si dedica: Stefano Giungato, mentre quello che si occupa di jazz è Gabriele Simoni. A sottolineare l'attenzione che viene prestata allo spazio di lavoro, c'è un'ampissima finestra da cui filtra della luce naturale in studio, in effetti insolitamente luminoso rispetto alla media.

 

Il pianoforte ne era investito al momento della mia visita, questo può essere spostato se si decide di registrare musica pop, rock o leggera. In tali occasioni la batteria viene posta nella parte più ampia della stanza in quanto si ha bisogno di un'ambientazione diversa. "Noi ci occupiamo di musica", dice Andrea, "l'artista quando arriva in studio si trova di fronte a colori neutri, non vede nessun poster, nessuna fotografia. Questa scelta viene fatta non perché siamo privi di gusto ma poiché, operando per conto terzi, riteniamo indispensabile mettere a disposizione uno spazio non caratterizzato, "flat", dimodoché posizionando la sua matita, spostando un pochino una luce o degli oggetti, il musicista si possa subito sentire a suo agio". L'importante è entrare e sentirsi subito operativi, senza perdere tempo ad ambientarsi. Il tempo dell'acclimatamento comprende anche quello necessario a familiarizzare con il nuovo spazio. "Noi diamo un'importanza fondamentale all'atmosfera, alle "coccole", che possono essere offrire la merenda, il pranzare insieme in cucina, il the... Creare confort serve sostanzialmente a far suonare meglio il musicista". Non deve avvertirsi la pressa del tempo, il disagio di essere in un posto che non si capisce come funzioni dev'essere eliminato fornendo degli strumenti tecnici impeccabili. Indiehub dispone di dotazioni tutte nuove, anche se completamente analogiche. Come per la tecnica, anche per l'ottimizzazione acustica non si è scesi ad alcun compromesso, sono fattori che devono vedersela con le possibilità economiche, le quali non sono infinite per questa come per qualsiasi altra realtà lavorativa, in questo caso però sono state particolarmente tenute in considerazione.

 

Per il costante ricircolo dell'aria sono stati evitati gli splitter, i quali tendenzialmente muovono sempre la stessa aria, ma ci sono due bocche che immettono sempre aria fresca e altre due aria climatizzata. Ogni particolare è stato curato, perciò anche il cablaggio. Non si verifica alcun problema d'interferenze né di rumore, quando si adoperano degli amplificatori è importante somministrargli una corrente pulita. C'è un'abissale differenza tra il quadro elettrico del settore "coworking" e quello dedicato allo studio di registrazione, ciò implica anche una notevole diversità di budget. Dove si registra le masse sono tutte contenute e ordinate in un percorso a parte mentre negli altri spazi c'è un normale impianto elettrico. Non è per caso che le incisioni nate in questo studio hanno una dinamica formidabile e un rapporto segnale/rumore altissimo. Visito un disimpegno che viene utilizzato a volte per gli amplificatori, altre volte per registrare la voce, a seconda delle formazioni, oppure per il contrabbasso; questa stanza ha un suono un po' da "bagno". Due monitor provvedono al collegamento visivo con le sale attigue, tramite questi il musicista può vedere gli altri elementi dell'ensemble. In uno stanzino c'è una piccola "sala macchine" (nei moderni studi non contengono molto...) in cui c'è tutto quello che fa rumore, come le ventole, e l'attrezzistica: cavi, cuffie, giraviti, il climatizzatore, l'impianto di ricircolo dell'aria della sala di ripresa, il computer, le schede di "Pro Tools" e, indispensabile, il gruppo UPS (Uninterruptible Power Supply) dotato di un accurato regolatore di tensione.

 

Di questo non interessa tanto il suo intervento in caso d’interruzione della corrente elettrica, quanto quello di stabilizzazione della tensione. Tutto ciò che può disturbare acusticamente è confinato e isolato in questa sorta di "sgabuzzino". Nella mia passeggiata entro finalmente in sua maestà la sala di regia, Andrea mi fa strada verso questa parte dello studio, per me forse più interessante, dove i miei occhi di audiofilo brillano alla vista di tre prestigiosi sistemi monitor posti sull'outboard del banco: due ATC (il nearfield SCM12 Pro e il più grande tre vie SCM50ASL Pro), un Amphion Two18 e le Midfield HEDD Type 30, protagoniste della Demo. Non mi addentro in particolari tecnici, ma non capita tutti i giorni di poter fare un confronto tra diffusori di questo livello. Chi leggerà la mia recensione delle HEDD Type 05 potrà farsi un'idea spero precisa di cosa voglia dire ascoltare un vero monitor. Al confronto con le imponenti ATC SCM50ASL Pro, le più piccole Type 30 hanno evidenziato un trattamento più "morbido" della materia sonora, pur rimanendo nell'ambito di quella rimarchevole capacità analitica che dev'essere propria di ogni monitor che si rispetti. Le 30 evidenziano una gamma bassa profonda molto presente, il bilanciamento leggermente a favore della gamma bassa e medio-bassa (comunque ampiamente gestibile con i controlli di livello) rende un suono di grande sostanza. Il tweeter AMT (Air Motion Transformer) s'impone come un autentico gioiello di elettroacustica, sempre privo di una seppur minima punta di aggressività, naturalissimo e dalle egregie prestazioni dinamiche. Se avete voglia di saperne di più non dovete fare altro che cliccare qui.

 

Le peculiarità soniche vantate da questi monitor HEDD le pongono come validissimi riproduttori non solo negli studi di registrazione ma anche perfettamente idonee all'ambiente domestico, laddove invece le ATC SCM50ASL Pro emergono come eminenti strumenti di lavoro, precisissime, sommamente analitiche, penetrano nel suono come un bisturi laser, ne evidenziano ogni infinitesimale particolare con spietata chirurgicità. È un'indole che, con tutta probabilità, non va incontro ai gusti "audiophile" di molti appassionati, i quali con le ATC si troveranno tra le mani un vero strumento da dissezione, poco adatto a un salotto domestico. Anche in questo locale è stata lasciata una luce naturale, che non sembra ma aiuta moltissimo a creare una situazione energetica positiva. Spesso quando si è in regia si sta sottoterra, come trovarsi in un sottomarino. Certamente ci si abitua a questa situazione, ma comunque mettere delle finestre che comunicano con l'esterno, per quanto costose, cambiano l'ambientazione e anche l'umore di chi deve vivere in quell'ambiente per lunghe ore. In sala regia conosco i collaboratori di Andrea Dolcino: il fonico jazz Gabriele Simoni, il producer Stefano Giungato, che si occupa delle produzioni rock, pop e musica leggera, e l'assistente Francesco Di Giovanni. Al centro campeggia un banco Api Model 1608, operante in classe A, uno dei pochi che oggi fa a meno di componentistica SMD (Surface Mounting Device) ma ne implementa una totalmente a discreti.

Il monitor HEDD Type 30

È dedicato essenzialmente alla registrazione, il mixer viene usato più che altro come sommatore, tenendo i livelli a zero, considerato che è prioritario poter acquisire, all'interno di un banco con tali possibilità dinamiche, un suono estremamente pulito e con un eccellente rapporto S/N. Se pensiamo agli studi "vintage", non vediamo una quantità strabiliante di macchine, ma solo apparecchi fondamentali e soprattutto senza compromessi. "La nostra filosofia", dichiara Andrea, "è avere poche macchine ma tutte di eccelsa qualità". Nello studio Indiehub si vive una fase in cui anche per gli ascolti si è messi molto bene, ai monitor ATC e Amphion si sono ora felicemente aggiunti gli HEDD. I main monitor sono sempre stati e rimangono i grandi ATC SCM50ASL Pro, in quanto, principalmente per la musica acustica, hanno una resa straordinariamente rivelatrice. La ragione per cui è stato previsto il monitoraggio con altre casse sta nel più vasto orientamento di oggi verso altri generi musicali. È chiaro l'intento di organizzare una regia di registrazione "dura e pura, non "inquinata" da altri dispositivi adoperati nella fase di producing, come le tastiere o aggeggi del tipo che attualmente compone il 50% un Project Studio. Dice Andrea: "Stefano Giungato aveva ogni tanto l'esigenza di avere a disposizione alcuni controller, gli ho risposto che, se non erano proprio indispensabili, preferivo non ci fossero". Lo scopo è continuare a dare quell'impressione che rende lo studio Indiehub quando si visita, cioè una realtà molto neutra ma potente.

Da sinistra: Francesco Di Giovanni, Stefano Giungato, Andrea Dolcino, Gabriele Simoni e Mauro Piatti.


Bella giornata e bella manifestazione ragazzi...

 

Alfredo Di Pietro

Marzo 2017

 


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