Cerca English (United States)  Italiano (Italia) Deutsch (Deutschland)  Español (España) Čeština (Česká Republika)
lunedì 13 maggio 2024 ..:: Elac Debut B6 ::..   Login
Navigazione Sito

 Elac Debut B6 Riduci


 

Andrew Jones

 

Ogni tanto qualche bella notizia si affaccia nel mondo dell'alta fedeltà, spesso rappresentato alle mostre da impianti milionari, anche se non so quante persone possano permettersi il lusso di avere una Ferrari dell'audio in salotto. A beneficio di una Hi Fi dal volto umano, un nuovo laboratorio di progettazione Elac è sorto nel sud della California, dedicato alla serie entry level Debut. Dietro questo c'è Andrew Jones che, per chi non lo conoscesse (dubito però che un appassionato di audio non sappia chi sia), è quel progettista elettroacustico impostosi prima come ingegnere di ricerca per KEF, poi passato alla Infinity e infine salito alla ribalta della TAD (Technical Audio Devices), dove ha creato il diffusore Reference One. Chi ha ascoltato questo concentrato di tecnologia dal costo di 80.000 $, avrà subito capito perché è stato salutato come uno dei più grandi sistemi d'altoparlanti di tutti i tempi. In realtà la grande professionalità del nostro progettista parte da lontano, con un esordio che non riguarda l'alta fedeltà ma la cancellazione del rumore. Jones è stato ricercatore universitario, poi sviluppatore di sistemi d'altoparlanti in grado di produrre alti livelli di basse frequenze al fine di annullare il rumore ambientale, come ad esempio i motori di navi o generatori di corrente per gli ospedali. Potremmo spiritosamente dire che oggi lo vediamo impegnato in un'operazione analoga, visto che ha deciso di cancellare d'emblée tutto il rumoreggiare intorno alle effettive qualità dell'affordable Hi Fi. Chi scrive è sempre più convinto che sarà questa e non i massimi sistemi, o qualche cantinaro mitomane, a risollevare le sorti dell'alta fedeltà.

 

A un certo punto è accaduto che Andrew Jones, non più in forze alla TAD, abbia deciso di vestire i panni di vice presidente del compartimento ingegneristico Elac America, dotato di una sede produttiva a Cypress. Vista la pragmaticità degli americani, è bene non lambiccarsi troppo il cervello con delle domande, ma può meravigliare il fatto che un egregio professionista sinora dedicatosi alla vera High End, scenda nelle "periferie" dell'audio abbordabile. L'entusiasmo di Jones nel prendersi cura della gamma Debut è stato palese sin da principio e la promessa di sviluppare nuovi tipi di altoparlanti per la Elac si è rivelata un deciso vantaggio per tutti. Per lui, che ha affrontato la dura sfida di produrre oggetti all'altezza della sua fama con un budget attentamente centellinato e per tutti gli audiofili, che potranno così godere di un buon suono senza svenarsi. Per la cronaca, il piccolo B5 della serie Debut è stato dimostrato per la prima volta in pubblico al T.H.E. Newport Audio Show, in California, il 29 maggio 2015. Da queste informazioni e dalle sue recenti realizzazioni, l'idea che mi sono fatto su di lui è quella di un insaziabile curioso dell'audio, abbastanza lontano da certi snobismi di matrice hiendistica e deciso a rivalutare un settore che sarebbe irragionevole trascurare. L'idea della nuova serie Debut pare non sia nuovissima, almeno nella filosofia, poiché abbiamo fondate ragioni di pensare che raccolga il testimone dei due modelli Pioneer P-BS22-LR e SP-FS52 in cui Jones ha infuso le sue più recenti idee di progettazione elettroacustica. Ci sono però delle differenze nella nuova serie Debut, la quale per esempio monta altoparlanti di qualità migliore.

Pioneer P-BS22-LR

 

Pioneer SP-FS52

Un'altra differenza riguarda le fattezze del mobile, un classico parallelepipedo nelle Elac, mentre le Pioneer hanno delle superfici laterali curve, segno di un'attenzione concentrata in massima parte nel progetto e nei driver. Va da sé che il progresso tecnologico ha beneficiato non solo i prodotti di fascia alta, ma anche quelli di bassa, che di riflesso oggi possono avere una qualità sorprendente in base al prezzo di vendita. Da veterano dell'Hi Fi, posso testimoniare che ben di rado nel passato i modelli economici, tranne rarissime eccezioni, potevano competere non dico con quelli di fascia alta ma anche con la Middle Class. Oggi la prestigiosa Elac Electroacustic GmbH raccoglie la provocazione di Andrew Jones lanciando sul mercato la serie Debut, costituita da tre modelli Bookshelf, il B4, B5 e B6 (protagonista della nostra prova), due floorstanding, l'F5 e F6, il centrale C5 e l'interessante A4, diffusore definito "Three-Dimensional Dolby Atmos Modules", nella sostanza un'unità equipaggiata da un due vie coassiale che risponde da 180 a 20.000 Hz. Ci troviamo perciò di fronte a una gamma completa, in grado di soddisfare ogni esigenza di sonorizzazione domestica. La nuova serie non nasce per caso, il suo lancio coincide con il novantesimo anniversario della fondazione di Elac, azienda nata il primo settembre 1926 a Keil, in Germania. Qualche cenno storico mi sembra doveroso farlo. Il suo esordio nel mercato audio consumer avviene nel 1948 con il giradischi PW1, proseguendo e consolidando nel tempo la sua posizione leader nel nascente settore audio, anche con delle elettroniche innovative.

 

Tra gli anni 1970 e 1980 raggiunge una buona diffusione nel mercato e nel 1984 inizia a progettare altoparlanti, in collaborazione con la Axiom, ditta specializzata in elettroacustica. Dopo appena un anno appare l'innovativo tweeter omnidirezionale 4Pi, un'unità che vantava contemporaneamente ottima estensione di gamma e ampia dispersione. La spinta propulsiva alla ricerca non si esaurisce, nel 1993 viene introdotto il tweeter a nastro pieghettato Elac Jet, capace di una risposta in frequenza estesa fino a 35 kHz. Con questo componente il brand tedesco ha dimostrato come un altoparlante in grado di spingersi oltre la gamma udibile dall'uomo, suoni meglio anche in quella percepibile.

 

 

ELAC DEBUT B6

UN ASSO DELL'AFFORDABLE HI FI ALLA SBARRA

 

 

SPECIFICHE TECNICHE DICHIARATE

 

Tipologia: 2 vie, caricato in Bass Reflex

Risposta in frequenza: 44 - 20.000 Hz

Impedenza nominale: 6 Ω

Sensibilità: 87 dB/2,83 V/1 m

Frequenza di taglio: 3.000 Hz

Potenza massima in ingresso: 120 Watt

Tweeter: 1" a cupola morbida in seta, caricato con guida d'onda "custom" sferoidale profonda

Woofer: 6,5" in fibra di Aramide intrecciata con magnete sovradimensionato e polo centrale ventilato

Cabinet: CARB2 MDF

Finitura del cabinet: Nero vinile spazzolato

Condotto reflex: a doppia svasatura

Binding post: 5 vie in metallo

Larghezza: 8,5" / 216 mm

Altezza: 14" / 356 mm

Profondità: 10" / 254 mm

Peso netto cadauno: 14,3 lb / 6,5 Kg

 

 

 

Per una volta faccio un’eccezione e dichiaro anticipatamente il prezzo di vendita di una coppia di B6: 450 euro, giusto per capire in che fascia commerciale ci muoviamo e chiudere la bocca a certi criticoni che cercano il pelo nell'uovo. Il Debut B6 si presenta con una forma del mobile di elementare semplicità ma non priva di una certa eleganza. Un parallelepipedo di 216 x 356 x 254 mm (L-A-P) senza fronzoli, a spigoli vivi ma dalla bella finitura nero vinile spazzolato. L'effetto "brushed" crea dei piacevoli giochi di luce. Una volta rimossa la griglia parapolvere, la quale fa presa abbastanza tenacemente sui quattro pin metallici posti agli angoli del pannello, si presenta alla vista il baffle con i due altoparlanti. L'aspetto complessivo non è malvagio, anzi lo ritengo decisamente piacevole, in considerazione dell'economicità di progetto. In questi casi è saggio indirizzare il budget disponibile verso la sostanza piuttosto che la forma. L'aspetto estetico comunque non è stato per nulla trascurato, risultando a mio parere perfettamente adeguato al target dell'oggetto. Mid-woofer e tweeter sono raccordati alla superficie del baffle per mezzo di una flangia estetica di plastica a "8", finitura silver, anch'essa a effetto spazzolato. Questo forse non interessa l'utente, ma io ho avuto qualche difficoltà a rimuoverla dalla sua sede. Improponibile la soluzione di fare leva alla congiunzione con il baffle mediante un cacciavite o una spatolina, si rovinerebbe irrimediabilmente la finitura, il miglior modo per farlo è abbrancarla con le dita dalla parte interna, inserendole tra questa e la sospensione del mid-woofer per poi staccarla progressivamente lungo il suo perimetro.

Manovra non facile nemmeno questa perché, soprattutto la prima volta, aderisce tenacemente al pannello tramite ben sette clip di plastica che vanno a incastrarsi in altrettante sedi nell'MDF. C'è da sudare freddo poiché nell'operazione la flangia si piega vistosamente e sembra essere sempre lì lì pronta a spezzarsi. Il cabinet è in Medium Density Fibreboard di buon spessore, materiale inerte e tetragono alle risonanze largamente usato per i cabinet dei diffusori. Quello utilizzato nelle Elac è di tipo CARB2, una certificazione seguita alla CARB1 attestante la sua conformità al Regolamento della California CCR 17 - 93120.2, emanato dal CARB (California Air Resources Board) in merito alla bassa emissione di formaldeide dei materiali base legno. Un'attenzione al rispetto dell'ecologia che non guasta.

Il tweeter è protetto da dita indiscrete grazie a una griglietta metallica a piccoli fori, particolare per differenziarsi in due zone, una centrale rotonda e una periferica anulare. Questa si rimuove invece facilmente facendo leva con le unghie sul bordo; vedremo alle misure qual è il suo effetto sulla risposta in frequenza. In corrispondenza delle sedi per gli altoparlanti troviamo due fresature: una per la flangia di raccordo e un'altra dove trova alloggio quella propria del trasduttore. Il lato B si fa presto a descriverlo, in alto troviamo lo sbocco del condotto "Dual Flared" (diametro 5 cm), vale a dire svasato ad ambedue le estremità, e la vaschetta portacontatti con i due Binding Post multifunzione che accettano banane, forcelle e cavo spellato.

Sopra la vaschetta c'è un adesivo che riporta in bella vista la paternità del diffusore, il numero seriale e le diciture "Designed in California" e "Assembled in China", giusto per la precisione. Non è possibile quindi il bi-wiring o bi-amping anche se sono fortemente convinto che tale opzione interessi poco o nulla l'acquirente tipo di questi diffusori, più che altro è una seccatura per l'eventuale tester costretto a separare manualmente le vie in sede di misura. Rimuovere i due altoparlanti non è stato affatto difficile, il mid-woofer è venuto via subito senza fare storie, operazione ancor più agevole per il tweeter che basta spingere dall'interno una volta rimosso il mid-woofer. Si accede così all'interno del cabinet, che troviamo interamente rivestito con assorbente acrilico di bassa densità, non pressato ma "cotonato". Non si evidenzia la presenza di setti anulari di rinforzo, che sarebbe auspicabile trovare, anche perché le dimensioni del mobile non sono proprio lillipuziane, ci appelliamo però all'attenuante del basso prezzo di vendita e passiamo ad altro. Il crossover è parte integrante della vaschetta portacontatti, fissato a ridosso di essa mediante quattro distanziatori, con i componenti passivi separati per le due celle filtro e disposti sulla faccia superiore e inferiore di una basetta in vetronite. Non sono bravo a ricavare il layout circuitale del filtro, per cui l'ho richiesto direttamente alla Elac, non ricevendo però alcuna risposta. Cosa comprensibile, non è la prima volta che mi succede e non sarà nemmeno l'ultima.

Quello che posso dirvi è che i passivi sono in tutto sette, un induttore avvolto su nucleo "Iron Core" in materiale ferromagnetico, due induttori avvolti in aria, due condensatori in poliestere e due resistori a filo. In mancanza dello schema è inutile fare congetture sul tracciato circuitale, anche se qualche idea ce l'ho. Se non posso mostrarvelo, nella sezione misure potete comunque vedere la funzione di trasferimento elettrica del filtro, prelevata ai quattro Fast-on dei trasduttori e con il woofer rigorosamente montato in cassa, a scanso di equivoci. Visto che li ho citati, i Fast-on impiegati sulle Debut sono davvero coriacei e non volevano assolutamente staccarsi dai contatti sugli altoparlanti, alla fine ci sono riuscito ma ho dovuto sudare le classiche sette camice, aiutandomi ad allargarli con un piccolo cacciavite da orologiaio.

 

 

GLI ALTOPARLANTI

 

Dopo aver estratto gli altoparlanti dalle loro sedi, prendo righello e multimetro digitale per misurare le quote fisiche ed elettriche. Il diametro effettivo del mid-woofer è 13,3 cm, misurato da centro a centro della sospensione esterna in gomma, 25 mm quello del tweeter. Questo, una volta privato della griglietta di protezione, assomiglia in modo inquietante a un occhio che ci guarda, con pupilla e iride ben riconoscibili, quest'ultima formata dall'assorbente acustico posto all'interno. Il midwoofer si presenta come un buon componente, l'aerodinamico cestello è di lamiera stampata, soluzione più economica della pressofusione in alluminio, la flangia non è circolare e presenta quattro fori per il passaggio delle viti. A proposito di viti, l'efficacia di presa nell'MDF rimane buona anche dopo diversi smontaggi e rimontaggi. Il mid-woofer si fa notare per due particolari, il corposo magnete in ferrite, denominato "oversized" nelle specifiche in inglese, dotato di un largo foro di decompressione al centro della piastra esterna e il materiale costitutivo della membrana. Non è carta né polipropilene ma fibra di Aramide, una fibra polimerica che vanta altissime prestazioni meccaniche, ottenuta per lavorazione di Poliammidi Aromatiche (in inglese ARomatic polyAMIDes). Ecco spiegato l'arcano del suggestivo nome di questo materiale, derivato dalla contrazione dei due termini. Ma quali sono i suoi vantaggi? Innanzitutto la resistenza e robustezza, tale da essere molto usato nell’industria aerospaziale e militare. L'Aramide è giusto la base costituente del Kevlar (usato per i giubbotti antiproiettile), forse più familiare agli audiofili, addirittura cinque volte più resistente dell’acciaio. Anche le sue doti di rigidezza non sono indifferenti, tanto da avvicinarlo più di altri materiali alla condizione del pistone rigido perfetto.

Parlando ancora di numeri, il diametro del complesso magnetico è notevole: 11,5 cm, un paio di centimetri scarsi inferiore a quello della membrana, 7 cm misura il magnete del tweeter, anch'esso "oversized", specie se guardiamo a certa produzione economica. Passiamo al responso della Re, misurata con il mio tester TRMS PCE-UT 61E: 4,24 Ohm e 6,69 Ohm, rispettivamente mid-woofer e tweeter. Come indicano le specifiche, il tweeter è caricato con una guida d'onda sferoidale, definita profonda, in effetti la sua curvatura porta la membrana del tweeter a essere piuttosto distante dallo sbocco. Numerosi sono i vantaggi di un siffatto dispositivo di caricamento, diverso da una tromba vera e propria. Tra questi possiamo citare la riduzione delle diffrazioni ai bordi del mobile, fenomeno che porta a una certa perdita di linearità nell'emissione, di conseguenza sarà migliore anche la risposta all'impulso perché vengono eliminate le sorgenti secondarie dovute appunto alle diffrazioni. La maggior direttività sulle alte frequenze si rivela utile in caso di ambienti riflettenti (il 99% dei domestici) in quanto limita le riflessioni su pareti, pavimento e soffitto. Va da sé che in questo modo la timbrica è meno influenzata dall'ambiente. Con la guida d'onda è assicurata anche una maggior protezione della cupola da schiacciamenti involontari, già ridotti a zero grazie alla presenza della griglietta. Ultimo ma non ultimo vantaggio, la possibilità di semplificare così la costruzione della cassa, non servono curvature particolari o spigoli arrotondati, ecco perché non si deve storcere il naso nel vedere quelli vivi del nostro cabinet.

Da qualche tempo a questa parte Non solo audiofili si da la pena di misurare i parametri di Thiele & Small dei Woofer/Mid-woofer equipaggiati sui diffusori che gli capitano sotto mano. Il software utilizzato è Limp e fa parte del pacchetto Arta-Steps-Limp, il quale consente ai misuroni, non solo di diffusori, di sbizzarrirsi a volontà. Per la misura dei parametri occorrono tre dati da introdurre da parte del tester: Re, diametro della membrana e massa aggiunta. Per l'attendibilità della misura è fondamentale essere quanto più possibile precisi nel misurarli. Quattro masserelle da quattro grammi ciascuna (pesate con la mia bilancina di precisione) formano una massa complessiva di 16 grammi, quanto basta per uno shift della Fs del 28,2%. Tra i risultati ottenuti registriamo una Fs di 58,67 Hz, un Qt di 0,40, ideale per il caricamento in Bass-Reflex e un Qms parecchio elevato: 10,53. I suoi effetti si riflettono sulla Rmax nella curva d'impedenza dell'altoparlante in aria libera: ben 111 Ohm a 58 Hz. Piuttosto elevato anche il fattore di forza (anche se non da record), che si segnala con un valore di oltre 8 Tm. Altri parametri di rilievo la Mms (Massa meccanica delle parti in movimento), pari a 17,2 grammi, il Vas di 11,61 litri e la sensibilità, non indifferente per un Mid-woofer, di 92,29 dB/2,83 V/1 m.

 

 

LE MISURE

 

 

SETUP

 

Microfono iSEMcon EMX-7150

Alimentatore Phantom Behringer Micro Power PS400

Calibratore Microfonico PCE-SC41 in classe 2

Multimetro TRMS PCE-UT 61E

PC Notebook Lenovo G50

Scheda audio E-Mu Creative Pre Tracker USB 2.0

Finale di potenza Rotel RB 1070

Jig per misure d'impedenza autocostruito

Voltage probe con attenuazione di 20,55 dB per la rilevazione in Dual Channel

Cavo di potenza Supra Ply 3.4 S

Software di misura: Arta - Limp - Steps

 

 

È stata individuata una sensibilità media in regime simil-anecoico di 85,176 dB/2,83 V/1 m, un dato da considerare non basso, ma abbondantemente nella media dei diffusori da stand.

 

La risposta @anecoica delle Debut B6 offre degli interessanti spunti di riflessione, a cominciare dalla gamma bassa, che appare ben smorzata, a eccezione di un lieve sopraslivellamento tra 100 e 350 Hz. Si tratta di poca roba, per di più con un andamento della piccola enfasi molto largo e progressivo, niente a che vedere con quello di certi esagerati (e furbeschi) ripple messi talvolta in atto talvolta nei piccoli sistemi per dare l'impressione di una gamma bassa più importante di quello che in realtà è. Nel passa alto apprezziamo uno sviluppo a doppia pendenza, con due parti distinte. Una prima più blanda tra 100 e 50 Hz, con pendenza di 6 dB/ottava, preceduta da una seconda porzione con inclinazione più decisa, assimilabile a un passa alto del sesto ordine. La F3, come l'andamento complessivo della risposta, è considerevole per la cubatura e il censo di questo bookshelf: i 68 Hz sono posti a -3 dB dalla sensibilità media, ma è soprattutto la blanda pendenza sino a 50 Hz a rendere sostanzioso il range inferiore delle B6. La gamma media si mostra discretamente lineare mentre dopo la frequenza d'incrocio si assiste a qualche moderato saliscendi, con deflessioni a 2900 Hz, 8200 Hz e 14.000 Hz, intervallate da picchi a 4000 Hz, 10.500 Hz e 15.500 Hz. Oltre tale frequenza inizia a manifestarsi il roll off che individua il limite in alto del diffusore.

 

La risposta in campo vicino del mid-woofer, già corretta delle perdite per diffusione, è significativa di una Fb (Frequenza di accordo del reflex) intorno a 50 Hz. È visibile dal notch profondo e aguzzo che segnala una quasi assenza di emissione in quel punto.

 

Tre sono i picchi emessi in gamma media dalla porta reflex, invero ben distanziati come livello dal principale. A fronte della risonanza a 45,6 Hz (125,40 dB) i picchi a 465, 730 e 1750 Hz valgono rispettivamente 99,8, 100,5 e 103,6 dB, ponendosi mediamente sotto di 24 dB rispetto al fondamentale. Direi che l'assorbente acustico svolge discretamente il suo dovere. Per inciso, ho potuto apprezzare la silenziosità del condotto "Dual Flared" in sede di misura delle distorsioni armoniche con Steps.

 

La funzione di trasferimento dei trasduttori filtrati rappresenta la loro risposta somma, elettrica più acustica, poi ricongiunta nella risposta in frequenza complessiva del sistema. Quella delle B6 ci dice che il taglio operato sui due altoparlanti si manifesta a circa 2500 Hz, dove il passa basso esibisce una pendenza piuttosto decisa, del quarto ordine, preceduto però da un tratto di discesa molto meno ripida. Il tweeter ha uno sviluppo "Trial Slope", con il tratto iniziale e finale simili (passa alto del quarto ordine) e uno scalino intermedio molto più blando, da 6 dB/ottava. Molto probabilmente il target del progettista era di ottenere delle pendenze elevate, a tutto vantaggio della tenuta in potenza e dell'incolumità dei driver esposti a sostanziose dosi di Watt.

 

Il Cumulative Spectral Decay parla chiaro: in zona d'incrocio l'impulso decade di 40 dB in circa 2 ms, in zona alte frequenze i tempi si riducono ulteriormente e da 10 kHz in poi sono fulminei, aggirandosi sul millisecondo o meno. Segue a ruota il Burst Decay con un prolungamento di cicli che non va oltre i 15 sulle frequenze alte mentre sino a 7.000 Hz l'energia decade in meno di 10 cicli.

 

I due grafici di CSD e BD del mid-woofer filtrato sono stati effettuati in campo vicino, 35 dB il target di decadimento preso in esame. Anche qui possiamo notare una notevole pulizia e tempi veloci di smaltimento dell'impulso sonoro, che portano i 500 Hz a fermarsi sugli 8 ms, intorno a Kilohertz c'è una perturbazione dovuta probabilmente a un fenomeno di risonanza interna. Vista la frequenza interessata, potrebbe essere una stazionaria che s'innesca tra le due pareti laterali. Intorno ai 3 ms il tempo invece dai 2.000 Hz in su. Lo stesso fenomeno è apprezzabile al Burst Decay, espresso però in cicli, dove vediamo un prolungamento di un paio circa alla medesima frequenza.

 

Ho effettuato due RTA in ambiente, entrambe alle quote di 45 cm dalle pareti laterali, 90 cm da quella di fondo, con il microfono posto a 350 cm dalla mediana congiungente i due diffusori, distanti tra loro 220 cm. La prima è stata fatta con i diffusori paralleli alle pareti laterali, con un Toe-in a convergere verso il punto di ripresa la seconda. Ovviamente ho usato il rumore rosa scorrelato come segnale test, quello che assicura l'assenza di eventuali alterazioni nella risposta dovute al non perfetto centraggio del microfono. La misura dimostra come con un accorto posizionamento è possibile conseguire dei risultati che non fanno rimpiangere troppo l'anecoica, al netto di qualche alterazione costruttiva e distruttiva al di sotto della frequenza di Schroeder, dovuta all'insorgenza delle onde stazionarie. A tal proposito, nel mio salotto i 28,6 Hz subiscono un certo rinforzo dovuto alla dimensione maggiore (6 metri). Basta fare due conticini per sapere che le due superfici parallele provocano, giustappunto, una risonanza a quella frequenza. Con il Toe-in, come prevedibile, la risposta sulle alte frequenze appare più in linea con la sensibilità media, a discapito tuttavia di un certo appiattimento della scena.

 

Aspettavo i grafici in asse/fuori asse e i diagrammi polari con una certa curiosità, desideroso di conoscere il comportamento del tweeter caricato con la guida d'onda sferoidale. In qualche modo presagivo quale potesse essere il loro risultato. Il giro di boa avviene intorno ai 10 kHz, con un comportamento ancora molto buono a 15° fuori asse, già però a 30° emerge un ginocchio che porta i 10.120 Hz a essere sottoslivellati di circa 3,5 dB, la forchetta aumenta a 45° con una differenza di livello pari a 8,7 dB, a 60° di rotazione si rasentano i 12 dB di calo. A 13.590 Hz, una frequenza a onor del vero piuttosto alta, la discesa è ancora più sensibile. In asse, a 15°, 30°, 45° e 60° registriamo rispettivamente un livello di 83,26 dB, 80,36 dB, 71,53 dB, 65,29 dB e 58,63 dB. La non grande ariosità sulle alte delle B6 è molto probabilmente imputabile a questo tipo di comportamento dispersivo, meglio e più completamente apprezzabile al Directivity Pattern. Il confronto con le RTA in ambiente, con e senza Toe-in, mostra come sia più favorevole l'orientamento a convergere verso il punto d'ascolto. Ovviamente queste sono considerazioni di mero livello e nulla ci dicono su come suonano in alto le B6, posso dirvi che alla prova dei fatti hanno ampiamente dimostrato di avere una gamma alta estremamente pulita, dinamica e per nulla affaticante (vedasi anche le considerazioni già fatte sulla riflettività degli ambienti domestici).

 

Nella risposta al gradino ambedue gli impulsi hanno la punta rivolta verso l'alto, indice di un collegamento elettrico in fase. More solito, al veloce e aguzzo impulso del tweeter segue quello ritardato e più arrotondato del mid-woofer. Le due punte sono distanziate temporalmente di 0,35 ms. un dato che assicura una buona coerenza temporale dei due altoparlanti. Non brevissimi i tempi esibiti nella curva energia tempo: occorrono 1,443 ms affinché la curva energetica si abbassi di 40 dB.

 

La risposta elettrica del filtro crossover è stata portata a termine con il midwoofer montato in cassa, completo di flangia estetica, per avere le giuste condizioni di carico, Nel caso dei Bass-Reflex l'operazione è agevole perché il cavo si fa passare dal condotto reflex, molto più difficile farlo con le casse chiuse. L'intervento del passa basso è piuttosto precoce ma ha una pendenza veramente blanda. Nel volgere di cinque ottave, da 100 a 1600 Hz, l'attenuazione operata dal filtro è di appena 9 dB scarsi, in prossimità della frequenza di taglio l'inclinazione subisce un drastico incremento che porta i 3790 Hz a essere distanti di 14,9 dB dall'ottava inferiore. Da notare la forte attenuazione che la cella del tweeter opera sullo stesso allo scopo di livellare l'emissione con il mid-woofer, siamo a oltre 10 dB, un dato che lascia intuire il notevole divario di sensibilità tra i due trasduttori.

 

È venuto il momento delle distorsioni armoniche, misurate per quanto concesso dalla larghezza di banda del mio iSEMcon EMX-7150. La ripresa è stata fatta in un'unica soluzione, cioè non dividendola per i due altoparlanti. I risultati ottenuti sono lusinghieri e testimoniano le buone capacità dinamiche delle B6. Il picco negativo a 52,7 Hz è da imputare al notch del mid-woofer alla Fb. Va rammentato che il Debut B6 è pur sempre un piccolo diffusore da stand per cui non dobbiamo aspettarci distorsioni ultracontenute sulle basse, si comporta comunque bene visto che a 60 Hz la seconda armonica e sul 3%, e la terza armonica è di solo 1,31 punti percentuali. L'andamento, come normalmente avviene, è in discesa vero le medio-basse e medie. Il limite dell'1% viene raggiunto intorno ai 120 Hz, con la terza armonica più contenuta della seconda (appena lo 0,127%), tale trend viene mantenuto sino a circa 750 Hz, quando si verifica un'inversione di tendenza che si prolunga sino alla soglia dei 2.000 Hz. Oltre, la terza ritorna minoritaria sulla seconda sino all'estremo alto. Da notare come i valori siano davvero contenuti: da 200 a 1400 Hz, in zona mid-woofer, non si supera lo 0,3-0,4% mentre in zona d'incrocio si scende ulteriormente allo 0,2-0,3%, con una terza armonica che oscilla intorno a percentuali dello 0,02%. Un fenomeno isolato di risonanza si registra tra 138 e 200 Hz, in questo segmento si verifica un rialzo contemporaneo di tutte le armoniche, in cui comunque si supera di stretta misura l'1%. Durante la misura, giunti in quel range di frequenze, si percepiva in modo sensibile la risonanza del cabinet.

 

La griglia di protezione è dotata di una discreta fonotrasparenza, l'unica alterazione di una certa entità si verifica nei dintorni degli 11.537 Hz, lì si evidenzia una perdita di 3,7 dB. Con la griglia montata il Roll-Off dopo i 17 kHz è più pronunciato.

 

Non è per eccesso di zelo ma per pura curiosità che ho voluto appurare l'effetto della griglietta sulla risposta in frequenza del tweeter. Niente di che anche in questo caso, poiché il discostamento "con e senza" si realizza praticamente solo a 13.200 Hz circa. Rimuovendo la griglietta, a questa frequenza si ha un piccolo picco positivo che rende l'andamento un po' più tormentato (ma dona un pizzichino di ariosità in più). All'ascolto comunque le differenze sono davvero minime per cui non fatevi troppi patemi d'animo in merito.

 

La Total Noise Distortion Measurement è una metodica di misura che quantifica la distorsione d'intermodulazione mascherante, messa a punto nel laboratorio di Audioreview da Fabrizio Montanucci e Gian Piero Matarazzo. E' utile per riscontrare le doti di articolazione del sistema. Nella mia piccola esperienza ho sempre trovato, mutatis mutandis, delle analogie tra questa e la misura delle distorsioni armoniche. Il livello del segnale test (rumore rosa "bucato") è stato stabilito in 90 dB. Anche in questo frangente le Elac si comportano benone, la condotta in zona medio-bassa è di una confortante regolarità, ben piantata sul 2-3% (che di per se è un ottimo valore per un piccolo bookshelf a due vie) tra 50 e 600 Hz. Nella fascia 400-1000 Hz si ha un certo incremento in corrispondenza delle bande laterali, dovuto con tutta probabilità all'interferenza tra le basse e le medie, riprodotte dal medesimo trasduttore. Dopo i 1.000 Hz la TNDM ridiscende verso valori più contenuti, non più del 2%. Il prosieguo è in ulteriore riduzione, sino all'ottimo valore dello 0,3%, esibito dal tweeter tra 8500 e 18432 Hz.

 

Ultima, anzi penultima di questa ricca carrellata è la misura del modulo e argomento d'impedenza, la quale ci dice che il minimo tra i due picchi del sistema reflex vale 6,60 Ohm e avviene alla frequenza di 49 Hz, in esatta coincidenza con la frequenza d'accordo (Fb). La prima delle due campane è più bassa della seconda, indice di buon smorzamento e di una Fb inferiore alla Fs. Le Debut B6 non rappresentano un carico difficile per l'amplificatore: il minimo di modulo vale 5,90 Ohm si raggiunge alla frequenza di 187 Hz, quindi di tutto riposo per l'elettronica. Dal lato rotazioni di fase, la massima negativa è di -60,4° (95 Hz) mentre la positiva risulta di 55,8° (29 Hz). Appena sotto i 200 Hz c'è una piccola flessione della curva, suggestiva di una risonanza e corrispondente al rialzo contemporaneo delle distorsioni armoniche gia visto in Steps. Stesso discorso per la lieve perturbazione a 750 Hz.

 

Chiudiamo con una misura di fase, quella relativa dei due trasduttori alla frequenza d'incrocio, contenuta in 30,9°.

 

 

THE AMERICAN WAY

L'ASCOLTO

 

 

SETUP

 

Finale di potenza EAM Lab PA2150

Finale di potenza Rotel RB 1070

Amplificatore integrato Lym Audio 1.0T Upgraded Linea

Amplificatore finale di potenza Luxus Audio Wagner

Personal Computer Lenovo G50 con player JRiver Media Center

Scheda Audio E-MU Creative Pre Tracker USB 2.0 (collegata direttamente ai finali)

Giradischi Pro-Ject Debut II SE con testina Denon DL 160

Preamplificatore Phono Grandinote Celio

Cavi di segnale Supra Dual RCA e Kimber Hero

Cavi di potenza Fluxus Alimentami

 

Le Elac Debut B6 nascono dalla condivisione di collaborazioni convergenti; prodotte da un'azienda tedesca, sviluppate da un illustre americano e assemblate in Cina. Assemblare è un termine ben preciso, indica il montaggio, l'unire varie parti meccaniche, in questo caso pensate e prodotte da altri. Siamo nel 2016 e credo che la fase di più o meno velata sfiducia verso l'operato di una delle maggiori potenze mondiali sia abbondantemente alle spalle, una semplice puntualizzazione questa mia, "en passant". Piuttosto, è stimolante osservare che da questa cooperazione ha avuto origine un diffusore che ha già fatto molto parlare di se e credo proprio che continuerà a farlo per un bel pezzo. Dopo averlo smontato, misurato e ascoltato ho avuto il piacere di constatare come i retaggi di un'Hi Fi ammiccante e ruffiana siano stati in questo caso dismessi a favore di una visione improntata alla correttezza. In soldoni, qui non troveremo alcun comportamento loudness, nessuna furbesca gobbetta sui mediobassi e/o alte frequenze in salita. Di cosa parliamo allora? Semplicemente di un sistema da stand fatto sfruttando al meglio il budget disponibile e sviluppato su sani principi, con il valore aggiunto di qualche finezza. I conti con un'alta fedeltà che possa essere definita tale tornano, non con l'inseguire prestazioni che scimmiottano i sistemi più grandi senza averne i presupposti, ma essenzializzando gli elementi fondamentali e concentrandosi su un progetto che punta a trarre il maggior risultato da un diffusore di questo tipo.

 

Il gentilissimo Luca Parlato di LP Audio mi ha concesso in prova una coppia di B6 nuove, ma avrebbe preferito darmene una già usata e questo per un motivo ben preciso: per esprimersi al meglio hanno bisogno di un rodaggio piuttosto lungo. Ho poi verificato la veridicità di quest'affermazione nel constatare come suonassero all'inizio alquanto chiuse e legate. Prima ancora delle misure le ho quindi sottoposte per un congruo periodo a un "bombardamento" di rumore rosa, bassissime frequenze per smollare le sospensioni del woofer, e tanta, tantissima buona musica a volumi non bassi. Dopo una settimana buona le ho rivalutate con attenzione prendendo atto che la gamma bassa era più libera di esprimersi e la alta un po' più frizzante. Ho già detto nel commento sul modulo e argomento d'impedenza che le Elac non prestano il fianco a critiche riguardo il pilotaggio. Nella prova d'ascolto ho voluto utilizzare due finali di potenza in classe A/B dal sostanzioso wattaggio: l'EAM Lab PA2150 e il fido Rotel RB 1070, entrambi abbondantemente al di sopra dei 100 Watt su 8 Ohm, (precisamente130+130), una potenza in grado di mettere alla corda le due piccoline. Accanto a questi, due classe D: il Lym Audio 1.0T Upgraded Linea, un piccolo integrato basato sul chip TA2024C, di bassa potenza ma dalle sopraffine qualità musicali, che ha "svegliato" la gamma alta delle B6 e il Luxus Audio Wagner, finale in classe D da 50 Watt per canale su 8 Ohm che sto testando in questo periodo insieme con altri tre classe D per una megaprova sui "Chip D Amplifier".

 

La sensibilità delle Elac non è alta, ma anche con l'elettronica più gracile non ho avuto problemi a sviluppare in ambiente una discreta pressione, diciamo un po' sopra il livello "condominiale". Via libera al divertimento invece con gli altri tre, favorito dalla tenuta in potenza molto buona, senza eccessivi patemi d'animo le B6 sono in grado di digerire dei wattaggi non indifferenti. Questi diffusori sono dotati di una veste timbrica sobria, pulita e lineare, ma assolutamente non scialba. La qualità del range inferiore cattura subito la mia attenzione, devo riconoscere di non aver mai sentito prima d'ora delle basse frequenze di questo livello su un diffusore bookshelf entry level. Possente, ben articolato, compatto e quasi fisico a volumi elevati, questo è davvero un signor basso! Le B6 testimoniano che con un buon mid-woofer e un carico azzeccato è possibile conciliare una buona discesa in frequenza con uno smorzamento apprezzabile. Le misure (oltre alle orecchie) ci parlano inequivocabilmente di un range inferiore sostanzioso, che non sfigurerebbe se emesso da un piccola slim tower. Un breve richiamo alla F3 misurata in regime simil-anecoico ci dice che questa è di 68 Hz, situazione ancora più favorevole troviamo nella RTA in ambiente dove, a fronte di un livello medio di 80 dB, i 50 Hz si posizionano giusto a 77 dB, cioè tre dB sotto. Ma non è solo l'estensione a sorprendere relativamente, la membrana in fibra di Aramide è suggestiva di un avvicinamento al concetto di pistone rigido ideale, croce e delizia di ogni produttore/progettista. Questo magari le misure lo dicono meno, però la consistenza, il punch, la sensazione di un arrivo efficace è davvero soddisfacente. Anche in virtù di questa caratteristica le Debut B6 suonano "grandi" nel soundstage, che si presenta largo e profondo ben oltre i limiti fisici del diffusore.

 

Per qualcuno potrebbe essere un'eresia ascoltare la settima sinfonia di Gustav Mahler con un diffusore di questa taglia, io invece lo faccio scoprendo un'egregia attitudine al trattamento delle masse orchestrali. Il disco è Mahler Symphony N° 7 - Kindertotenlieder. Bryn Terfel basso-baritono e Giuseppe Sinopoli alla testa della Philarmonia Orchestra. Etichetta Deutsche Grammophon. La finezza di dettaglio è buona, ma l'attenzione viene catturata soprattutto dalla nettezza articolativa delle grandi percussioni, con le pelli ben tese e reattive al minimo colpo. Astenersi gli amanti dell'effetto marmellata. L'appeal con questo capolavoro del sinfonismo tardo-romantico è immediato, le B6 sono un po' come il popolo e la terra americana, dotate di grande comunicativa e una grandiosità tutta particolare, marca USA. Chi ha un finale Krell o Mark Levinson mi capirà. Il grande senso spaziale non è l'unica risorsa, il diffusore va considerato come una cosa sola, ma composto in questo caso da due traduttori ben assiemati. Mahler alterna momenti di apocalittici sconvolgimenti orchestrali con altri di puntillismo, dove la strumentazione si riduce all'osso, Avviene nell'enigmatico "Nachtmusik (Andante amoroso)", un'occasione per apprezzare le qualità di estrema pulizia timbrica e notevoli risorse dinamiche delle B6. La gamma alta non sarà magari apertissima, qualcuno potrà additarla come manchevole di ariosità, non siamo alla presenza, in effetti, di un diffusore alla "Francese". Alle mie orecchie tuttavia l'acuto suona corretto, è questo il termine giusto da adoperare. Qui il discorso si potrebbe prolungare quasi all'infinito, mettendo in campo le frequentazioni sonore, il richiamo al nostro vissuto audiofilo e le preferenze individuali, ma non è questa la sede adatta, meglio spostarsi su qualche forum o qualche gruppo Facebook.

 

La gamma alta che sento è di un lindore esemplare, non presenta la minima acidità, smorzatissima e molto, molto dinamica. Si passa al pianoforte con "Mozart - Roberto Prosseda - Piano Sonatas 1-6", un bellissimo disco da me recentemente recensito su queste stesse pagine che ci da l'occasione di valutare il grado di luminosità in gamma media delle nostre. La registrazione è del bravo Sound Engineer Matteo Costa, presente e pulita, i violenti transienti tipici di questo strumento, tanto più quando questo è un Fazioli F278 (una specie di Ferrari dei pianoforti) sono riprodotti senza affanno. E' un pianoforte di sostanza, corposo e dinamico, quello che possiamo ascoltare. Anche qui godiamo di una finestra d'ascolto ampia. Il mio consiglio è comunque di orientare i due diffusori verso il punto d'ascolto con un Toe-in magari non completo, per non penalizzare troppo la profondità di scena, visto anche l'approccio abbastanza da monitor che hanno le B6, che ritengo essere un diffusore da seconda o terza fila. Chocolate Kings è un album della Premiata Forneria Marconi uscito nel 1975 per l'etichetta Numero Uno, vede al canto uno degli artisti più interessanti del rock progressivo italiano: Bernardo Lanzetti. Riscoperto da poco, casualmente, nel corso delle mie frequenti passeggiate su Spotify, lo ascoltai la prima volta a diciassette anni. È incredibile come le nostre emozioni giovanili, che credevamo irrimediabilmente perse, sono la classica brace che cova sotto la cenere. Mi sono sentito, oggi cinquantottenne, "aggredire" da tutta la sua sorprendente freschezza. Con questo e gli altri album a seguire ho voluto analizzare la condotta delle Elac nei generi moderni più energetici, non disdegnando qualche puntatina nel jazz.

 

Avevo già messo da parte il poco potente Lym quando ho deciso di ascoltare Mahler, ma qui risulta ancor più vantaggioso pilotare le B6 con i miei due finali in classe A/B e il Wagner, che non se la cava affatto male. Con lui suonano energiche, compatte, anche se non siamo su altissimi livelli di raffinatezza timbrica. Forti di un'egregia tenuta in potenza, discreto bilanciamento tonale (forse leggermente spostato sulle medio-basse) e soprattutto di una valida dinamica, sono emerse alla grande in questi generi. Da Chocolate Kings passo ai Coldplay di "A head full of dreams" giusto per svecchiare un po' le mie frequentazioni musicali, posso dirvi che un "vecchietto" come me li ha trovati davvero piacevolissimi! Le Debut parlano un linguaggio "punchoso", basso veloce e teso, alti leggermente asciutti, medie frequenze nitide e un po' in avanti sono gli ingredienti ideali per assicurarsi un ascolto ricco di timing, dove dopo un po' non si riesce proprio a tenere il piede fermo. Non siamo a livelli di largabanda ma la sintonia tra mid-woofer e tweeter persuade davvero; la coerenza c'è, il passaggio di testimone tra i due altoparlanti è indolore, a creare un suono unico, compattamente percepibile. Anche da questi particolari emerge la classe di un diffusore, intesa non come prezzo ma come "manico" del progettista. Il suono non soffre di compressioni dinamiche, almeno sino a un certo livello, lo sbalzo plastico-dinamico convince, adornando ogni ascolto di una particolare reattività alle sollecitazioni sonore. Un altro album che mi piace sentire è Fiel Garvie "Leave me out of this", atmosfere sornione e la voce eterea di Anne Reekie hanno portato a definirlo come "uno dei gruppi inglesi più innovativi ed enigmatici dell’ultimo decennio".

 

Le atmosfere d'effetto sono ben riproposte, la gamma media e la gestione degli armonici in questo disco vira spesso e volentieri verso tonalità calde e un po' confuse, un carattere voluto in sede di registrazione per sottolineare la valenza onirica di questa musica. Quando si tratta di esprimere generosità e calore troveremo nelle B6 delle affidabili alleate, stessa cosa dicasi se tra i nostri desideri c'è quello di un'emissione nitida. Nella raccolta "Top jazz singers" passano in rassegna delle grandi voci come Ella Fitzgerald, Sara Vaughan, Diana Krall e Cassandra Wilson, proprio quest'ultima m'invita ad approfondire la conoscenza della sua stupenda voce. Ascolto d'infilata tutte le tracce del suo "New Moon Daughter" e penso che sia quello giusto per far risaltare tutte le virtù sonore di queste piccoline. Il contrabbasso scende molto bene, lo fa con inusitata autorevolezza per la classe e il prezzo delle Debut, sempre rotondo, entra privo di timidezza nella mia sala d'ascolto. Molto presente la voce, posizionata esattamente al centro della scena e registrata in modo naturale, senza quei fastidiosi quanto innaturali assottigliamenti (leggi equalizzazione) che qualche ingegnere del suono pratica in fase di editing. L'ascolto scivola via nella massima naturalezza, mi da modo di ammirare un'altra qualità delle B6, di cui per la verità ho parlato molto poco, cioè la completa assenza di aggressività del range superiore, la quale contribuisce a portare la fatica d'ascolto su livelli davvero bassi. L'Elac è un diffusore che si può ascoltare per intere giornate e a volumi non bassi, senza che venga la voglia di spegnere l'impianto. Questa gradevolezza di fondo, l'efficacia emissiva, l'immanenza del basso fanno passare indenne questo bookshelf anche alla difficile prova dell'organo in "Buxtheude: organ music". Rimango sorpreso ancora una volta dalla grandiosità dell'immagine che riescono a evocare, relativamente alle loro dimensioni fisiche, la profondità del soundstage e il delizioso ricamo sonoro intessuto dal tweeter.

 

 

CONCLUSIONI

 

Questa è stata una recensione molto lunga ma le conclusioni saranno brevissime: al prezzo di 450 euro la coppia vi portate a casa dei piccoli capolavori di "affordable Hi Fi". Andrew Johnes ha deciso di dire basta a una serie di elettroacustiche furbette ma che peccano in sostanza vera. I muscoli e la classe si possono anche simulare, ma per poco tempo. Alla fine chi ascolta non tarda ad accorgersene. Le Elac Debut B6 hanno dalla loro una correttezza fantastica, pulizia e naturalezza di emissione in grado così elevato da avvicinarle pericolosamente a sistemi di ben altro prezzo. La garanzia è di due anni.

 

Ringrazio Luca Parlato della LP Audio per avermene concesso una coppia in prova!

 

Alfredo Di Pietro

 

Maggio 2016


 Stampa   
Copyright (c) 2000-2006   Condizioni d'Uso  Dichiarazione per la Privacy
DotNetNuke® is copyright 2002-2024 by DotNetNuke Corporation