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martedì 23 aprile 2024 ..:: Labirinti Acustici Fluxus ::..   Login
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 Labirinti Acustici Fluxus Riduci

 

 

INTRO

I frequentatori dei forum audio lo sanno bene, non esiste nessun argomento come quello dei cavi in grado di scatenare le più violente polemiche, flames che si dilungano per pagine e pagine prima di esaurire la loro veemente spinta. La battaglia si combatte tra i cavoscettici, convinti di ottenere il massimo con dei tripolari estirpati da qualche lavatrice rottamata e i cavomaniaci, appassionati che credono nei cavi milionari, costituiti da materiali e geometrie sofisticate.

La mia personale opinione è che entrambe le categorie pecchino di "estremismo ideologico", da ambo le parti si assiste alla manifestazione di un fideismo piuttosto indigesto per chi tenta la strada di un approccio realistico quanto obiettivo all'argomento.

Materiali e geometrie, insieme a sperimentazioni serie, hanno la loro importanza e chi s’illude di procurarsi un cavo definitivo a costo quasi zero credo che faccia male i suoi conti, ma ciò che forse è ancora più rilevante è quell'impalpabile entità che va sotto il nome di interfacciamento timbrico-elettrico, in altre parole le famose o famigerate sinergie, croce e delizia di ogni audiofilo.

Il problema della qualità del cablaggio si affacciò al mondo dell'Hi Fi a fine anni '70 inizio '80, quando cominciarono a comparire sulle riviste specializzate delle pittoresche pubblicità. Ne ricordo una in particolare, una vignetta raffigurante un muscoloso amplificatore personificato che soffiava con tutte le sue forze in un tubo pieno di toppe e rabberci, all'altro capo c'era un diffusore in evidente debito d'ossigeno che soffriva della poca aria pervenutagli dalla pur volenterosa amplificazione, nel mezzo del percorso sbuffi e perdite d'ogni sorta. La morale della favola era sin troppo chiara: a nulla servono prestanti elettroniche se al segnale viene negata un'efficace trasmissione.

A quel punto la rachitica piattina rosso-nero da 1,6 mm, in auge ai tempi in qualsiasi tipo d’impianto, dagli entry level a quelli di alto lignaggio, appariva del tutto inadeguata per una valida consegna del prezioso segnale. Da allora sul mercato sono apparse soluzioni sempre più sofisticate e costose, sino a giungere agli eccessi dei nostri giorni in cui si arrivano a spendere anche migliaia di euro per un metro di cavo terminato. Con il tempo l'appassionato "a la page" si è trovato di fronte a una rivoluzione nel campo dei cablaggi che lo poneva di fronte al dilemma: cavo economico, magari autocostruito e dal costo quasi nullo o cavo esoterico, richiedente un esborso paragonabile a quello necessario per l'acquisto di un intero impianto, tutt'altro che "entry level"?

Insomma l'Hi Fi è diventata un mondo difficile dove spesso il riconoscimento di ciò che conta davvero ai fini di una buona riproduzione non è immediato. Le brochure pubblicitarie dei cavi (e non solo) sono tutte tese a sottolinearne le meraviglie, semplici filati di rame inguainati in lussuose pelli annunciano con sicuro effetto glamour le loro doti miracolistiche. Il messaggio che si vuole far passare è netto: collegate questa meraviglia e dopo niente sarà più lo stesso, riuscirete a trasformare il vostro brutto anatroccolo in uno splendido cigno.

La coalizione formatasi tra tanta fuffa pubblicitaria, cantinari che improvvisano l'ultima meraviglia sonora, recensori francamente scocciati di approcciarsi a un pezzo di filo e le sempre più logoranti battaglie forumiere, purtroppo ha avuto l'effetto di svilire un argomento serio come quello della conduzione ottimale del segnale, relegandolo al ruolo di miccia per le solite risse da portineria piuttosto che elemento di sospetto verso sedicenti "progettisti", attirati dalla possibilità dell'"easy money".

Ho però la netta sensazione che l'argomento cavi abbia subito nel tempo un'involuzione, ha perso la”verve” iniziale arrivando ad annoiare se non suscitare reazioni all'orticaria da parte dei veri esperti, come dimostra lo scarseggiare di recensioni sui magazine. La nota rivista online TNT Audio, per esempio, con l'editoriale di Novembre 2010 "Sulla democraticità dei cavi audio" ha ufficializzato la sua posizione sull'argomento, ribadendo la sua decisione di non fornire più consulenze sui cavi mentre l'ultima disamina pubblicata risale esattamente a un anno fa.

 

 

IN MEDIO STAT VIRTUS

La qualità di un cavo si gioca sulle sue caratteristiche di mezzo trasmissivo elettrico, deputato a condurre il segnale nel miglior modo possibile. Idealmente quindi dovrebbe essere non dispersivo e non dissipativo, di bassa resistenza e altrettanto bassa capacità e induttanza. Teoricamente tutta la potenza inviata dal trasmettitore (sorgente, amplificatore, rete elettrica rispettivamente per i cavi di segnale, potenza e alimentazione) dovrebbe arrivare intatta e priva di distorsioni al ricevitore.

Le caratteristiche elettriche a loro volta dipendono da quelle meccaniche e geometriche del cavo, cioè numero dei conduttori e loro diametro, distanza dei conduttori, concentricità tra questi e l'isolante, presenza di schermi usati nella costruzione, sia conduttori che isolanti, i quali determinano la costante dielettrica nonché la permeabilità magnetica e conduttanza.

La presenza dello schermo è un fattore d'indiscutibile rilevanza soprattutto nei cavi di segnale, tanto più se questi devono condurre piccoli voltaggi. Emblematico è il caso degli interconnects tra giradischi analogico e pre phono dove i voltaggi sono davvero minimi (qualche mV nelle testine a magnete mobile e frazioni di mV nelle moving coil a bassa uscita). In un segnale così esiguo il rumore di fondo può diventare fonte di sicuro disturbo sporcando tutto, in tali casi un'efficace schermatura diventa praticamente obbligatoria poiché assicura una buona immunità ai disturbi elettromagnetici (EMI), riduzione dell’emissione di radio disturbi (RFI) e maggior costanza dell’impedenza. Inoltre, se applicato a singole coppie, lo schermo riduce la diafonia o cross-talk, cioè la misura di quanto un cavo disturba quello vicino, espressa in dB negativi.

E' importante quindi filtrare non solo il disturbo che dall'esterno perviene al conduttore ma anche l'inverso, cioè quello che dallo stesso cavo viene immesso nell'ambiente. Nei "foiled" il potere schermante è fornito da un foglio (foil), che può essere costituito da un sottile strato di mylar alluminato che avvolge il cavo sotto una guaina di protezione esterna. Alternativamente l'elemento schermante può essere una calza (braid), in cui c'è una trecciola di fili di rame che avvolge il conduttore. Questa soluzione presenta una conducibilità migliore del foglio di alluminio, ma ha lo svantaggio di avere una copertura non completa. Esiste infine il foglio più calza, indubbiamente il tipo di schermatura migliore, ma sensibilmente più costosa delle soluzioni singole oltre che di maggiori dimensioni.

Collegato al fenomeno della diafonia, va citato anche quello della paradiafonia, cioè la misura del segnale indotto sul cavo vicino, effettuata dalla stessa parte del trasmettitore e ancora la telediafonia, misura del segnale indotto a distanza sul cavo vicino, effettuata però all’estremità opposta del trasmettitore.

Alla definizione della personalità timbrica di un cavo concorrono anche gli effetti di smorzamento sul suono. Entra in gioco la resistenza che contribuisce allo smorzamento totale dell'insieme amplificatore-cavo-diffusori, aumentandolo o diminuendolo tramite l'influsso sui tempi di decadimento del segnale. Per dare un'idea di quello che avviene in un sistema sovrasmorzato, tempi di decadimento molto bassi produrranno un suono secco, asciutto e armoniche dall'espansione frenata; al contrario in uno sottosmorzato i tempi si allungheranno generando una sensazione di scarso controllo con enfasi delle basse frequenze e suono troppo rilassato, tali tempi possono variare nell'ordine dei decimi o centesimi di secondo e vanno comunque rapportati all'amplificatore e al suo "Damping Factor", se è, per esempio, controreazionato o no. Superfluo dire che le differenze diventano più o meno sensibili in relazione al sistema in cui si manifestano.

Altro particolare: la binatura o twistatura serve a far sì che i campi elettromagnetici esterni agiscano in egual modo sui due conduttori, tale tecnica consente una trasmissione differenziale che elimina i disturbi bilanciando i parametri elettrici. Passi di binatura differenziati servono per ridurre la diafonia (cross-talk) tra le coppie.

Il materiale di cui è composto il conduttore influenza di certo l'indole sonica. All'esperienza comune dell'ascolto è chiaro come i tipi di materiali più usati, rame, argento e alluminio, siano responsabili del colore timbrico generale: al rame si attribuisce il suono più morbido e musicale, all'argento il più brillante e luminoso mentre l'alluminio si rivela con una personalità più corposa e naturale in gamma alta. Oltre che con il prezzo diverso (l'argento, per esempio, costa sul mercato più del rame anche) bisogna sempre fare i conti con l'indole generale del proprio impianto, che va corretta "cum grano salis", vale a dire senza stravolgerla ma piuttosto assecondandola.

Sia detto con la massima chiarezza: nessun cavo può fare miracoli, scordatevi metamorfosi sonore tipo rospi che si trasformano in bellissimi principi. Più realisticamente un buon cavo è in grado di affinare la personalità di ogni catena senza stravolgerne tuttavia il valore complessivo.

Esistono tutte le ragioni fisico/elettriche per considerare un cavo come un filtro RLC (Resistenza, Induttanza, Capacità) del secondo ordine con resistenza e induttanza serie, capacità parallelo. E' proprio l'eventuale "mismatching" che si crea nella pratica quando andiamo a collegare le due entità a monte e a valle, dotate di caratteristiche elettriche peculiari cui si aggiungono quelle proprie del cavo, responsabile della camaleonticità di comportamento e del conseguente disorientamento dell'appassionato.

Per un immaginario quieto vivere si vorrebbe cristallizzare la personalità di un conduttore in un quadro certo e stabile, indifferente alle infinite possibilità entro le quali viene fatto lavorare. Purtroppo la realtà è ben diversa. Nessuna categoria è esclusa: segnale, potenza o alimentazione avranno la medesima instabilità luciferina, seppur forse con influssi differenti sul suono. Non si può dar torto a chi sostiene che non è possibile fare alcuna previsione su come un cavo suonerà inserito in un certo contesto "impianto-ambiente-ascoltatore" anche se si è portati, come sempre, a razionalizzare le proprie scelte.

Alla fine della fiera per il semplice appassionato valgono quelle considerazioni di carattere generale, basate più che altro sull'empirismo, che decretano la bontà o meno di una scelta sulla verifica "ascolticola" nel proprio impianto e ambiente. La rosa dei candidati deve in qualche modo necessariamente restringersi e un criterio empiricamente corretto può essere indicato nell'affidarsi ai propri gusti ed esperienza, cercando di assecondare il carattere generale del proprio impianto.

E' opportuno tenere ben presente il carattere di elemento passivo di un conduttore, qualunque esso sia. Un buon cavo, in definitiva, è quello che degrada meno il segnale, che introduce nel percorso il minor numero possibile di ostacoli e criticità, insomma il miglior cavo è quello che non c'è, una specie di fantasma buono che permette al segnale di consegnarsi intatto in tutta la sua primigenia efficacia. Lasciando da parte i discorsi teorici, in un sistema massimamente reale come il succitato "setup - ambiente - ascoltatore" vige la legge della non linearità delle reazioni, nel senso che sussiste un'alta dipendenza alle variazioni, agli scostamenti dalle condizioni iniziali, anche se di piccola entità.

Concretamente particolari forme di distorsione, anche quantificabili alle misure con valori piccoli, possono essere amplificate in corso di ricezione (ascolto); "de facto" si combinano esaltandosi in maniera non lineare tra loro con un risultato finale che può apparire poco confortante. Altro fattore è la sensibilità di un'elettronica al cavo, maggiore o minore in base al tipo di progetto e livello dell'oggetto. Tante insomma sono le variabili in gioco che rendono l'argomento cavi ancora più spinoso, affascinante o angosciante a seconda dei punti di vista del cultore appassionato che ricerchi l'elemento "virtus".

 

 

L'EFFETTO PELLE

Dello "Skin Effect" se ne occuparono Lord Kelvin, che spiegò il fenomeno per la prima volta nel 1887, e Nikola Tesla.

Nell'ambito dei segnali audio la corrente alternata alle diverse frequenze non dispone della stessa sezione di conduttore entro cui viaggiare. Il fenomeno è ascrivibile essenzialmente alle forze magnetiche che sospingono le alte frequenze verso la parte superficiale, quella corona esterna detta appunto "pelle" del conduttore.

La parte più alta della gamma audio è quindi costretta a vedersi relegato uno spazio ridotto della sezione complessiva rispetto a quello nominale, con una conseguente maggior resistenza da vincere. Il risultato, sgradito, consiste nella maggior impedenza (e quindi attenuazione) che in tali condizioni affligge la parte alta dello spettro audio. Le basse frequenze, al contrario, dispongono di una più ampia parte interna che oppone meno resistenza alla propagazione del segnale.

E' possibile quindi il manifestarsi uno sbilanciamento dell'equilibrio tonale, con un sensibile viraggio verso la parte bassa dello spettro. Ma questo non è l'unico inconveniente dell'effetto pelle. L'aumento della resistenza sulle alte suscita anche una diminuzione del ritardo di gruppo (Group Delay) di queste frequenze che provoca uno scostamento dall'andamento complessivo in banda audio che a sua volta genera distorsione di fase.

Un altro effetto, di minor rilevanza, riguarda l'abbassamento dell'induttanza nel medesimo range di frequenze, dovuto al mancato contributo delle alte alla parte interna del conduttore, sempre perché costrette a percorrere la parte superficiale. In parole povere una parte del conduttore è come se non venisse utilizzata e quindi, all'atto pratico, non esistesse.

Esiste però un tipo di conduttore, il filo Litz (dal tedesco Litzendraht, filo intrecciato) che è in grado di combattere efficacemente questo deleterio fenomeno con l'adozione di una particolare geometria. Grazie a questo è possibile la riduzione dell'effetto pelle in un ambito di frequenze che va da pochi KHz - siamo quindi in piena banda audio - sino a circa un MHz. Il Litz è costituito da un gran numero di esili filamenti isolati tra loro mediante un processo di smaltatura.

 

 

FLUXUS, I CAVI A NORME "MUSICALI"

Enrico Ricciardi spiega: "Sicuramente il primo passo che intrapresi (intraprendemmo) molti anni fa nel realizzare un cavo che fosse migliore e diverso fu di adottare il filo di Litz. In realtà il primo tentativo fu con i cavi per la corrente elettrica poiché nella “vecchia” sede di via Soave, avevamo un problema sulla rete elettrica e cominciammo utilizzando cavo unipolare in rame industriale di sezioni crescenti dal cantatore posto a livello terra, fino allo studio al piano -1. Furono soprattutto le schermature che ci diedero “filo da torcere”…

Poi passammo a sostituire il conduttore per approdare al filo di Litz. Questo passaggio fu contemporaneo a quello sui cavi di potenza audio. Cioè si iniziò a sperimentare la differenza fra rame e Litz".

Nella produzione della Labirinti Acustici, oltre ai marchi Exedra Assorbimi e Diffondimi dedicati alla correzione acustica degli ambienti, c'è la Fluxus, linea di cavi d’interconnessione per sistemi audio che propone diversi modelli, tutti accomunati dalla filosofia "Litz", in pratica un conduttore costituito da tanti fili di rame dal diametro massimo di 0,1 mm, rivestiti singolarmente da una smaltatura che ne determina l’isolamento elettrico.

Per i Fluxus la smaltatura è realizzata con vernice poliuretanica che consente la successiva saldabilità. Il filo smaltato utilizzato per i cavi di segnale, potenza e alimentazione è certificato secondo le rigorose norme UL Underwriters Laboratories Inc. Il Rame adoperato è elettrolitico con una purezza del 99.96% minimo, a norme UNI 5649, con tenore d’ossigeno (altro fattore che concorre alla purezza del rame) massimo di 250/300 PPM (Parti Per Milione).

Nei comuni Litz il numero percentuale massimo d’interruzione fili che lo compongono è del 3% mentre nei cavi della linea Fluxus è pari a zero. Come vedremo più avanti nella descrizione della preparazione, l’elevata sezione rende molto difficile la terminazione qualora le estremità non siano state precedentemente saldate ad arte: è fondamentale infatti che tutti i singoli fili di rame siano saldati fra loro con assenza d’impurità, il che significa totale eliminazione dello smalto d’isolamento, al fine di sfruttare al massimo la conducibilità insieme alle caratteristiche del cavo.

Tra i meriti della Labirinti Acustici c'è quello di aver anticipato di alcuni anni l’applicazione della normativa internazionale che vieta l’uso del piombo nelle leghe per saldatura. Sin dal luglio 2003, infatti, ha condotto numerose ricerche volte alla soluzione del problema, ottenendo e utilizzando per tutti i propri prodotti una lega per saldature proprietaria Fluxus composta da: 3% di Argento, 0,6% di Rame e 96,4% di Stagno.

 

 

LA GAMMA

Il Fluxus LTZ 900 Fixed Banana o Fixed Fork (FB o FF)

Particolare del LTZ 900

Il Fluxus 2*70 S

Il Fluxus Alimenta

Particolare dell'Alimenta

 

Lo spinoso problema delle geometrie è stato oggetto di studi e sperimentazioni da parte della Labirinti Acustici. La ricerca ha condotto alla progettazione di cavi con filo di Litz che nel catalogo hanno geometrie diverse e dielettrici diversi. In buona sostanza non ci si è affidati a un conduttore prodotto da terzi, già preconfezionato, nella convinzione che è lo studio e la possibilità di creare le proprie tipologie di cavo che fa la differenza.

Tutto ciò riveste particolare importanza se pensiamo che in un filo a sezione circolare, se ragioniamo in termini di sezione/diametro del singolo cavo unipolare, accostando per esempio due fili di diametro 3 mm e due fili di diametro 5 mm non avremo stessi valori di induttanza e capacità pur considerando i diversi valori di resistenza.

La gamma completa comprende i cavi d’interconnessione per sistemi di altoparlanti LTZ 900, protagonista della nostra prova, il LTZ 320 N, composto da 320 fili da 0,1 mm, pari a una sezione di 2.5 mmq. Una variante i cavi d’interconnessione per sistemi di altoparlanti Cambio, studiati per i professionisti che operano nei vari studi di registrazione dove l’interconnessione dei monitor passivi viene facilitata dalle terminazioni intercambiabili, che si adattano a qualunque tipo di amplificatore o diffusore.

La terminazione Cambio consiste in una boccola filettata, saldata con lega per saldature Fluxus all’estremità del cavo e su cui è possibile avvitare banane, banane a espansione, puntali e infine forcelle normali e piccole (per amplificatori con morsettiere americane). Il 350 Cambio, il 950 e il 13*70 Cambio di potenza sono gli esponenti di questa linea. La gamma prosegue con i ponticelli costruiti anch'essi nei tre modelli 350, 950 e 13*70. Lunghi 20 cm, sono terminati con forcelle inclinate in rame dorato che accettano viti di serraggio fino a 8 mm di diametro.

Nella tipologia cavi di segnale troviamo il Linea 2*70 RCA sbilanciato con terminazioni Pin RCA della Neutrik, il Linea 3*70 XLR/TRS, e il Linea 3*70 AES EBU, cavo bilanciato digitale con connettori XLR della Neutrik. Per l'alimentazione dei nostri impianti la Labirinti Acustici mette a disposizione l'Alimenta, composto da 320 fili di Litz del diametro di 0,1 mm, per una sezione pari a 2,75 mmq di ciascuno dei tre conduttori con dielettrico a triplo nastro in poliestere e calza di polipropilene esterna.

La finitura esterna è data da una guaina in materiale sintetico antifiamma di colore grigio molto scuro con ottima resistenza meccanica, autoestinguente a norme CE e temperatura d’esercizio da -50ºC a +150ºC. Le terminazioni sono con spina italiana o Shuco da 16A nera e presa IEC. Il Multipresa è nato per portare l’alimentazione elettrica dal contatore o dalla presa principale fino al mobile porta-elettroniche o ai rack, per ciascun polo utilizza conduttori da 1025 fili di Litz da 0,1 mm pari a 8 mmq.

Le terminazioni sono con spina italiana o Shuko da 16A nera e prese bivalenti italiane (numero max 8) o standard Italiano/Tedesco (max 4) che possono essere combinate fra loro. La ricca carrellata termina con i cavi d’interconnessione per strumenti musicali Potenza 350 TS.

 

 

LTZ 900: NASCITA DI UN CAVO

Il cavo di potenza LTZ 900, principale stimolo alla stesura di questo succoso articolo, viene fornito nella lunghezza di 2.5 o 3metri (e naturalmente a richiesta dal cliente) composto da 2 coppie di fili unipolari terminati con forcelle (FF) o banane (FB). All'audiofilo è lasciata la libertà e il gusto di scegliere le terminazioni più idonee. L'esordio commerciale del modello di potenza Fluxus LTZ 900 avviene per la prima volta nel settembre del 2001 al Top Audio di Milano per l’interessamento della Casa Editrice Sicut Sol e inserito fra le offerte del Club FdS.

Intrecciando due fili unipolari si ottiene un cavo per il collegamento di un canale. La complessa costruzione del cavo Fluxus LTZ 900 inizia dalla realizzazione di 9 trefoli, ciascuno ottenuto con 100 fili dal diametro di 0,1 mm, i nove trefoli vengono uniti a formare una corda di 900 singoli fili smaltati e isolati della sezione di 7 mmq. La protezione e l'isolamento sono conseguiti adoperando un filato in polipropilene con cui s’intreccia la calza del rivestimento caratterizzata da inattaccabilità agli acidi, all’umidità e notevole resistenza meccanica, con temperatura massima d’esercizio di 120°.

Nel corso di un pomeriggio di mezza estate ho avuto il piacere e l'onore di assistere alla preparazione di un cavo Litz, proprio nei laboratori milanesi della Labirinti Acustici. Sotto le sapienti mani di Enrico Ricciardi ha preso la sua forma definitiva proprio una coppia di LTZ 900, ora in pianta stabile nel mio impianto. La sua terminazione non è lavoro banale ma richiede un'attrezzatura adeguata e una buona manualità.

Si parte dalla liquefazione della lega saldante Fluxus nel crogiuolo, operazione che dura diversi minuti e che porta alla fluidificazione dell'argenteo blocco solido, portato a elevata temperatura. Nel frattempo si procede alla rimozione dell’isolante ottenuto con una spirale di nylon e una successiva calza in polipropilene per quel tanto che basta. La prima fondamentale tappa consiste nell'asportazione dello strato di isolamento elettrico da ogni singolo filo. E' così che i tantissimi esili conduttori vengono liberati dalla vernice poliuretanica che li isola ai due capi immergendoli per qualche secondo nella lega eutettica. Si assiste in breve alla formazione di minute bollicine che salgono in superficie, testimoni dell'avvenuto scioglimento della guaina isolante di cui è rivestito ogni singolo conduttore. Così tutti i filamenti entrano in contatto tra loro nel segmento messo a nudo, liberati dall'isolante sono ora in grado di condurre il segnale ad ambedue le estremità mentre nel corpo del cavo questo decorre nei singoli filamenti ancora isolati.

A questo punto interviene il passaggio più delicato dov'è l'abilità manuale a fare la differenza: una volta estratto il capo dal pozzetto bisogna eliminare l'eccesso di materiale, uniformare e twistare leggermente i numerosi piccoli conduttori. La fase finale della terminatura consiste nel saldare ai capi delle banane o forcelle, un buon effetto estetico è assicurato coprendo i punti di passaggio con della guaina termorestringente di diverso colore, rosso o nero a seconda che si riferisca al polo positivo o negativo mentre un altro segmento di termorestringente individua il limite tra la parte twistata comune e i singoli conduttori che andranno a collegarsi ai morsetti del diffusore.

 

 

IL GIOCO DELLE PARTI

I cavi, a seconda della loro tipologia (segnale - potenza - alimentazione) hanno generalmente un diverso peso nell'economia di un setup, questa è l'idea che chi vi parla si è formato con l'esperienza.

In un'ipotetica graduatoria metterei al primo posto quelli di potenza, che influiscono maggiormente sul risultato finale perché connessi all'elemento (i diffusori) che più caratterizza il suono di un impianto. Spesso una rappresentazione più o meno autoritaria dipende da questi, è una caratteristica che risalta immediatamente sin dai primi secondi di ascolto, imponendosi con la forza della sua evidenza.

In secondo luogo c'è il bilanciamento tonale che può variare anche vistosamente, in maniera spesso più sostanziale che nelle altre due tipologie. Seguono a ruota i cavi di segnale o "Interconnects", senz'altro importanti ma dall'influenza più blanda, la loro amministrazione è meno vistosamente autoritaria, più incline a rammentarci che ci muoviamo in un campo percettivo fatto spesso di variazioni fini, dove il giudizio può farsi più incerto, meno perentorio. Ultimi - ma non "ultimi" - i power cables concorrono alla rifinitura complessiva, la classica ciliegina sulla torta di ogni catena ben allestita.

Nella valutazione odierna ho avuto una conferma delle mie personali credenze, sia pur considerata al netto delle differenze esistenti tra i cavi della gamma Fluxus, risalenti alla medesima filosofia Litz. Abbandonando per un attimo le riflessioni di carattere generale a favore di una visione comparativa "familiare", ho trovato i potenza più efficaci dei segnale, apparsi in qualche occasione un po' timidi, lievemente carenti di "grip" emozionale. Prendete questa riflessione "cum grano salis"... i 2*70 vanno comunque molto bene e potrebbero essere la classica mano santa nei casi di catene dal piglio un po' troppo aggressivo, dove mitigheranno i bollenti spiriti di qualche elettronica intemperante rendendola più civile ed educata.

Gli improvement forniti dall'Alimenta sono quelli tipici imputabili a un conduttore di qualità, vale a dire ottimo senso di pulizia generale, basse frequenze ben presenti sin dalla prima ottava, soprattutto veloci e controllate nella risposta ai segnali impulsivi. Ad esempio gli "slap" di basso elettrico si presentano con una grande incisività, sempre tesi, ben articolati e in "tune". Lo stesso dicasi nella riproduzione delle impegnative grandi percussioni orchestrali in cui le fondamentali risultano immanenti e pastose.

Un buon cavo di alimentazione fa la differenza sul controllo elettrico generale a monte, lo considero una sorta di "Central Scrutinizer", per usare una terminologia zappiana, che supporta con vigore l'erogazione in quei momenti dove più ce n'è bisogno e, nello stesso tempo, ha un notevole influsso sul senso di pulizia globale dell'emissione.

 

 

L'ASCOLTO

IL SETUP

Preamplificatore Rotel RC 06
Trends Audio TA 10.2 in configurazione finale di potenza
Finale di potenza Rotel RB 1070
Personal Computer HP G62 con player Foobar 2000
Scheda audio E-MU Pre Tracker Pre USB 2.0
Diffusori: Dynavoice Definition DF-6 - Canton LE 109 - Alkemia Vero - Vef Radiotehnika RRR Giant FS-100.


Nei miei pregressi articoli, prima della stesura delle impressioni d'ascolto avevo seguito una metodologia ben precisa, impostata sulla base di criteri personali seguiti scrupolosamente dall'inizio alla fine. Non sto qui a elencarveli ché non è il caso, vi basti sapere che questa volta non ho seguito alcuna defatigante metodologia. Per il fatto che i Fluxus sono in pianta stabile nella mia catena oramai da un paio d'anni, posso affermare, forse con un pizzico di presunzione, di conoscerli in ogni loro più tenue sfumatura ed è per questa ragione che le note d'ascolto hanno seguito un andamento episodico, attinte dal grande calderone d'impressioni di questi recenti anni e ricucite con cura.

Dico subito di aver trovato più interessante la personalità sonica del LTZ 900 a quasi pari merito con l'Alimenta mentre il cavo di segnale 2*70 mi è parso meno autoritario dei fratelli maggiori, più incline ad atmosfere rilassatamente soffici quanto meno incisive, ma, ribadisco, come sempre è un problema di sinergie. E' la memoria acustica di questi ultimi due anni che fa la parte del leone, una prova d'ascolto che si ripete in un rituale quasi quotidiano mi da un grado di sicurezza in più, corrobora il vasto "pot-pourri" di percezioni ben sedimentate, nella speranza che l'abitudine non abbia tolto un po' di entusiasmo alla mia descrizione.

All'iniziale presa di contatto con i Fluxus della Labirinti Acustici, poi conclusasi con un felice matrimonio (non li cambierò, se è questo che volete sapere), sono seguiti una serie di confronti con diversi altri cavi di livello economico paragonabile, tutti di chiara fama. I protagonisti di questa prova sono emblematici di un carattere comune, riscontrabile nel cosiddetto "Family Feeling", dato credo in parte dalla geometria Litzendrath.

Se anche in altri cavi ho riconosciuto quel senso di vigore conferito da un'efficace trasmissione, ho altresì individuato nei Fluxus quella nota di luminosità tutta speciale nel registro alto che in diversi casi ha fatto la differenza. Anticipando le conclusioni ho riconosciuto in questi deliziosi cavi ariosità, grazia e un allungo naturale in quella regione dello spettro udibile, dove altri iniziano ad arrancare.

Anche la scelta dei brani musicali ha seguito un iter del tutto personale, avvalendomi di un'impostazione monotematica ha spaziato nella sterminata produzione di un grande compositore del '900: Francis Vincent Zappa, uno dei miei idoli della prima ora di cui posseggo l'intera discografia ufficiale e anche diversi bootleg. Non è assolutamente una scelta riduttiva se si pensa alla vastità del suo repertorio, variegato come pochi per accenti, strumentazione e qualità tecnica delle registrazioni.

Noti sono i suoi sconfinamenti nella musica cosiddetta "seria", quel genere sinfonico sperimentale che indusse Pierre Boulez a dire di lui: "Come musicista era una figura eccezionale perché apparteneva a due mondi, quello della musica pop e quello della musica classica. E non è una posizione comoda". In una sorta di revival che ha interessato le mie frequentazioni musicali, a partire dai 13 anni a oggi, ho rivissuto l'arte all'"Acido solforico" del grande artista statunitense, riconoscibile nel condensato d’intense emozioni, dal rivoluzionario "Freak Out!" del 1966 sino all'estremo lavoro: il visionario album orchestrale del 1993 "The Yellow Shark", straordinaria avventura umana e professionale con l'affiatatissimo Ensemble Modern, il cui entusiasmo commosse il compositore. In copertina c'era un Zappa già divorato dal terribile male (un tumore alla prostata) che di lì a poco l'avrebbe portato alla morte.

Nell'impervia produzione zappiana, mai troppo celebrata (è uno di quei compositori che o si amano o si odiano) l'incipit lo da proprio il suo primo lavoro, il doppio album (il secondo "doppio" nella storia del rock) "Freak Out!" con il brano "Hungry Freaks, Daddy", dal sapore corrosivo ma dagli accenti intensamente epici. La rappresentazione appare gradevolmente corposa, i piatti della batteria incisivi e stabili, stabilmente materializzati nel loro spazio. In "Call Any Vegetable" dal successivo album "Absolutely Free" le atmosfere proseguono sulla linea di complesse composizioni dadaiste, dense di sonorità sempre ironiche, a tratti rarefatte. Il LTZ 900 tratta la complessa materia sonora con il suo proverbiale equilibrio, rispettoso delle singole nuances.

Segue la complessa suite "Lumpy Gravy" del 1968, primo album da solista di Zappa, un sugo grumoso lungo trenta minuti, bevuto in un sol fiato tra flash jazzistici, abissi metafisici e giochi sperimentali alla Varese intramezzati da fitti dialoghi surreali. I Fluxus assecondano con grande trasparenza il tessuto sonoro ora fitto ora rarefatto, porgendo le volute musicali con ottima coerenza coloristica, la capacità di analisi non viene mai a mancare, men che meno in situazioni affollatamente farraginose (e nella musica del genio di Baltimora capita sovente).

Nell'album capolavoro "Uncle Meat" del 1969, dal linguaggio di una modernità per i tempi sconvolgente, è una fucina di generi musicali che va dal jazz all classica, passando per blues e rock'n'roll. L'incalzante incedere delle più variegate tinte strumentali viene ben assecondato dal magistero timbrico del Fluxus, il rilievo ritmico/dinamico conferito all'insieme è di prima qualità, così come la trasparenza. Viene fugato quel senso di piattezza che affiora qua e là nell'ascolto con altri cavi, una conferma delle doti plastiche dei Fluxus che tendono a scolpire più che disegnare, incidere più che abbozzare con il carboncino, forti di una personalità tutt'altro che dimessa.

Apostrophe ('), capolavoro zappiano del 1974, entrato nelle charts americane arrivando fino alla posizione numero dieci, è forse il suo lavoro più popolare, a distanza di tanti anni riesce ancora a elettrizzarmi con i brani "Don't Eat The Yellow Snow" e "St. Alfonzo's Pancake Breakfast", ricchissimi di una verve ritmico-melodica dalla freschezza ancora oggi inalterata. I Litz targati Labirinti Acustici sanno farsi apprezzare ancora una volta per la piacevole amalgama tra corposità in basso e luminosità in alto, intramezzata da una delle migliori gamme medie che abbia mai sentito, ricca e carnale come poche. E' possibile parlare di un sound non esattamente argentino, come i cavi costruiti con il nobile metallo, ma compreso in una gradevolissima misticanza del brunito e corposo rame con un accento di luce in più sugli alti.

Il risultato quindi è lontano da ogni accenno di secchezza (tra i rischi del "full silver"). Da qualsiasi lato la si voglia guardare ci troviamo al cospetto di una prestazione che fa di un coerente equilibrio, della sostanziale neutralità una delle sue armi più efficaci, l'ascolto insomma è sempre gratificante, forte di una plasticità palpabilmente giunonica che non lascia mai a bocca asciutta.

"Baby Snakes" del 1983 contiene la famosa "The Black Page n°2", vera bestia nera di ogni batterista per la complessità della partitura e composta appositamente per Terry Bozzio. In seguito Vinnie Colaiuta riuscì a interpretarla alla perfezione durante la sua audizione per entrare nel gruppo di Zappa. Tanto si è detto sulla difficoltà di esecuzione delle partiture zappiane e quanto lui fosse esigente nei confronti degli esecutori. Il compositore giunse a dichiarare come l'unico modo per poter apprezzare i suoi terribili intrichi poliritmici fosse utilizzare il Synclavier, complesso strumento elettronico che conosceva molto bene. I Fluxus ci tengono ben lontani da quell'effetto minestrone che tanto deleterio si rivela in questi casi. Il disegno è delineato con grande analiticità, è ancora l'esclusione dell'effetto pelle a tenerci al riparo da approssimazioni sia nell'estensione della risposta (quindi pregevole rifinitura in alto) quanto nella pulizia data dalle basse distorsioni e dalle contenute rotazioni di fase nei "Group Delay", tipici vantaggi di questa intelligente configurazione. Anche l'ottima resa macro e micro-dinamica aiuta alla delineazione di una prestazione di alto livello.

Sempre del 1983 è un album poco conosciuto: "Francesco Zappa", dove il genio di Baltimora gioca sull'omonimia con il compositore barocco offrendoci un riarrangiamento delle Opere I e IV del violoncellista e compositore su Synclavier. Pur non avendo le attitudini di un cavo smaccatamente "Middle Ground" per l'abilità a riprodurre con vigore gli estremi banda, il registro medio stupisce per la grande destrezza a riproporre una gradevole presenza e pastosità coloristica che lo rende estremamente interessante sulle voci e strumenti. L'assenza di distorsioni percepibili e la grande pulizia generale riesce a fare la differenza anche e soprattutto in occasione di partiture delicatamente intimistiche come questa, laddove è il tenue cesello che gratifica insieme alla sorpresa di scoprire un compositore camaleontico nel senso più elevato del termine.

Ecletticità che viene largamente dimostrata da Frank Zappa nelle composizioni orchestrali "serie" in cui riesce a fondere perfettamente la sua tensione ideale verso una sperimentazione il più possibile libera da lacci e laccioli, insieme alle istanze di rigore formale del genere sinfonico. L'approccio con il mondo della musica accademica e l'ambiente orchestrale fu tutt'altro che idilliaco per Zappa (leggete la biografia scritta in collaborazione con Peter Occhiogrosso e ne prenderete coscienza) ma i risultati conseguiti in quell'ambito furono ammirati anche da mostri sacri come Pierre Boulez e Zubin Mehta, diventati poi suoi amici. Nell'album del 1983 "Zappa", con la London Symphony Orchestra diretta dal giapponese Kent Nagano, nel dipanarsi dei brani "Bob In Dacron" (due movimenti), "Sad Jane" (due movimenti) e "Mo 'N Herb's Vacation" (tre movimenti) veniamo calati d'incanto in atmosfere orchestrali di largo respiro, scritte con una strabiliante padronanza tecnico/sinfonica.

Mondi misteriosi, a tratti apocalittici, testimoni del fuoco visionario che divorava l'autore in quegli anni. Si fa fatica a credere che tali abissi metafisici siano stati composti dalla stessa persona che produsse brani come "Titties & Beer" o "Dancin' Fool". Il LTZ 900 crea un palcoscenico tridimensionale di ampie proporzioni, ben dimensionato e credibile, dotato di un nero infrastrumentale adeguato alla suggestiva ricreazione di atmosfere a tratti rarefatte, a tratti furiosamente concitate, il tutto senza perdere mai la bussola di una rimarchevole lucidità.

Prima di giungere alla toccante, estrema testimonianza di "Yellow Shark" del 1993 con l'Ensemble Modern, capolavoro di sintesi della tormentata arte zappiana, provo a ripercorrere il periodo "elettronico" immergendomi nell'ascolto di "Jazz from Hell" del 1986 e "Civilization Phaze 3" del 1994 o brani occasionali come "The Girl In The Magnesium Dress", estratta dal lavoro "The Perfect Stranger" del 1984. In questi lavori il protagonista della scena è l'amato Synclavier, strumento di sintesi elettronica nel quale Zappa dimostrò grande padronanza tecnica.

I Fluxus rendono molto bene i velocissimi spunti costituiti da raffiche di note seriali, rese con efficace immediatezza grazie alla notevole correttezza nei tempi di attacco, sostenimento e decadimento del suono. Ogni passaggio appare privo d’innaturali rinforzi o code che potrebbero falsarne la naturalezza, per quanto "artificialmente elettronica" essa sia. Se un cavo può essere definito, nell'ambito del setup in cui lavora, sovrasmorzato o sottosmorzato, non esiterei a definire il LTZ 900 "normosmorzato".

 

 

CONCLUSIONI

Questi Fluxus della Labirinti Acustici mi sono piaciuti davvero molto. Il grado d’integrazione con il mio setup, per altro modificato in più punti nel tempo, è stato tale da non riservarmi spiacevoli sorprese o indurmi a ripensamenti sulla loro qualità. Al momento della prova mi sono avvalso di ben quattro modelli di diffusori, due miei (Dynavoice e Canton) e due di passaggio per una recensione (Alkemia e Giant). In ogni occasione e con qualsiasi genere musicale i cavi di Enrico Ricciardi si sono comportati egregiamente, forti di un'impostazione sonora equilibrata e scevra da limitazioni quanto da "effetti speciali" aggiunti. Il sound di casa è certamente riconducibile a una comune base di luminosità, correttezza e valido bilanciamento tonale. Mai fastidiose le sibilanti, accolte nel gradevole alvo di una tenue ma decisa brunitura di contorno, scevra da effetti distorsivi come da punte di aggressività, nondimeno pregevole la legatura tra le varie gamme. La resa non ha avuto alcun tipo di scompenso passando da un'amplificazione tradizionale in classe A/B a una D. In un campo dov'è tutt'altro che scontato associare autentica qualità a onestà di costi, i Fluxus svettano con le loro eccellenti prestazioni, ottenibili con un esborso economico assolutamente proporzionato se non decisamente vantaggioso. I benefici della geometria Litz sono immediatamente percepibili, tali da liberare l'eventuale acquirente da ogni dubbio, agevolandone una sicura e oculata scelta.

Alfredo Di Pietro

Luglio 2011


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