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giovedì 28 marzo 2024 ..:: Intervista al maestro Matteo Cicchitti ::..   Login
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 Intervista al maestro Matteo Cicchitti Riduci


 

 

Alfredo Di Pietro: Maestro, la prima domanda è di rito: come, quando e dove nasce la sua passione per la musica?

Matteo Cicchitti: La passione nasce in "illo tempore". Ho avuto la fortuna di essere nato da genitori fantastici, dove mio padre è un grande audiofilo e collezionista di LP. A casa mia si respirava aria di musica colta, sentivamo di continuo una serie di collezioni della Deutsche Grammophon, Decca e altre etichette. Ero piccolo, gironzolavo dentro casa assimilando questi suoni, chiedevo ai miei genitori di comprarmi anziché i soliti giocattoli da maschietto come i soldatini o le macchinine, dei giochi sonori. Si trattava di piccole tastiere, strumenti a percussione, flautini. Ero attirato, impazzivo letteralmente per tutto ciò che era suono. Mio padre e mia madre si accorsero di questa predisposizione e allora pensarono che fosse venuto il momento di andare a lezione. Così iniziai lo studio della musica, in forma però ludica, verso i cinque, sei anni, presso un bravissimo maestro delle mie parti, anche grande compositore, con il quale tenevo delle lezioni teoriche. Con il crescere dell'età, pian piano ho voluto strimpellare una serie di strumenti poiché ero alla ricerca di quello che faceva per me. Da innamorato della musica dovevo fare una scelta, che tuttavia è venuta tardi perché sino a diciassette anni più che altro giocavo con i suoni, arrivando a comporre, trascrivere. Mi piaceva ascoltare tutta la musica, non solo la Classica ma anche il Rock, il Jazz, m'interessavo a tantissimi generi. Sempre a diciassette anni, mi sentii molto attratto da uno strumento in particolare, il contrabbasso, così il mio maestro di composizione m'indirizzò a un bravissimo docente di contrabbasso classico. Iniziai a seguire le prime lezioni e poi da lì sono partiti, in maniera sempre più rigorosa, gli studi accademici. Entrai in conservatorio, con il vecchio ordinamento, diplomandomi in contrabbasso, proseguendo il mio percorso con la ricerca di perfezionamenti; subentrarono la laurea specialistica a Pavia, l'Accademia a Como e, in seguito, tante masterclass in tutta l'Italia, a Reggio Emilia, Parma e altre città. Mio padre mi portava sempre con sé a sentire i concerti. Intrapresi grandi viaggi con lui. Quando avevo sedici anni, mi portò a Salisburgo, ho un bel ricordo delle opere viste a quel festival, come Il flauto magico di Mozart.

ADP: Ha visto Karajan per caso?

MC: Purtroppo no. Ho conosciuto invece Nikolaus Harnoncourt, Claudio Abbado, due grandissimi direttori d'orchestra. Mio padre mi portava a vedere le opere anche qui in Italia, facevamo dei viaggi all'Arena di Verona, allo Sferisterio di Macerata. Sono stato in diversi teatri a Milano e a Roma.

ADP: L'Associazione Musicale e Culturale Musica Elegentia opera nell'ambito non solo dei concerti, con il suo gruppo Musica Elegentia Consort, ma organizza anche seminari, conferenze, laboratori, masterclass, mostre e rassegne. Oltre a questo s'interessa allo studio e alla pubblicazione di autori del XVI-XVII-XVIII secolo. Quanto è importante per l'ascoltatore, ai fini del godimento musicale, avere un buon retroterra culturale?

MC: Credo che sia molto importante. In latino si dice "vivere est cogitare", che vuol dire vivere è pensare. Sono convinto che si debba assolutamente elucubrare su una cultura con la "C" maiuscola; l'educazione musicale è un elemento predominante nella nostra coscienza, quindi nella nostra vita, e tutte le istituzioni dovrebbero cercare di capirlo. Purtroppo, spesso e volentieri viviamo qui in Italia una situazione particolare, quella di un Paese che è stato sempre patria di grandi artisti, di grandi musicisti, pittori, scultori, dove tuttavia si vive ancora un po' del passato. Dovremmo si conservarne il ricordo, proiettandoci però nel futuro, cercare di vivere un presente dov'è assolutamente necessario continuare a sviluppare una grande cultura artistica. È dalle scuole che bisogna partire, lo zoccolo duro è lì, sono queste le istituzioni più idonee allo sviluppo della musica in un Paese, quelle che dovrebbero instillare nelle coscienze l'importanza della musica. L'educazione dovrebbe iniziare già dall'asilo, impartita ai piccoli discenti della scuola dell'infanzia, e poi continuare nelle elementari, nelle medie e anche nelle superiori. Noi abbiamo scuole come il Liceo Classico e il Liceo Scientifico dove la musica non c'è più, la s'insegna solo nelle scuole medie, in maniera peraltro un po' bislacca. Sappiamo benissimo quali sono i programmi delle medie. Ritengo che sia necessario rivedere molte cose. La musica scompare nelle scuole superiori, a meno che non si segua un Liceo Musicale, un vero peccato perché, secondo me, l'educazione musicale dovrebbe essere una materia fondamentale come lo sono la matematica, l'italiano e l'educazione fisica. Lei ha elencato tutto quello di cui si occupa l'associazione, che in buona sostanza è il nostro credo e si sostanzia nel lavorare non solo sull'attuazione di concerti, seminari e conferenze, mostre o rassegne, ma molto anche sulla didattica poiché è attraverso l'educazione che si può formare un discente, non solo dal punto di vista artistico o professionale. Lo si deve praticamente aiutare ad accogliere la musica quale parte integrante del proprio patrimonio espressivo e di comunicazione.

ADP: Il Musica Elegentia Consort è sicuramente un vostro fiore all'occhiello. Questo ensemble si occupa dell'esecuzione di musica antica su strumenti d'epoca o su copie fedelmente riprodotte e adotta una lettura filologica. Lei crede che questo "modus operandi" possa essere un volano idoneo a una maggior diffusione della musica barocca e classica?

MC: Ritengo di si. Cercare di usare le tecniche documentate dai trattati d'interpretazione musicale delle stesse epoche, sono persuaso che sia la via più idonea, più consona da seguire per rispettare "in primis" l'autografo del compositore. Bisogna perciò fare tutto per il meglio, attenersi a ciò che è scritto, usare strumenti dell'epoca oppure copie fedelmente riprodotte e sforzarsi di proporre un'esecuzione della musica antica che rispetti lo scopo di riprodurre con precisione assoluta ciò che aveva inteso il compositore. Questo non è soltanto un mio credo, ma una prassi citata anche nel famoso trattato del 1766 scritto dal monaco benedettino Dom Bedos de Celles, dove si diceva proprio questo.

ADP: Un vostro vanto è certamente la partecipazione a rassegne concertistiche di notevole importanza in teatri e sale prestigiose. Qual è la risposta che ha riscontrato nel pubblico, alle prese con un repertorio così particolare?

MC: Per attuare un concerto monografico, bisogna comprendere tanti fattori. Innanzitutto, ci sono rassegne e rassegne, nel senso che ve ne sono alcune dove il pubblico ha delle esigenze di ascolto un po' più di nicchia, in questo caso presentiamo dei progetti monografici articolati in un determinato modo. Tuttavia, occorre anche dire che ci sono dei festival dove il pubblico non è totalmente audiofilo, ma sotto certi aspetti più popolare. La musica, in realtà, è del popolo, è necessario allora offrire dei programmi che non siano troppo rigorosi, far "assaggiare" varie cose del menù, proporre delle musiche più orecchiabili all'utente comune e altre invece più ricercate, dove l'ascoltatore è interessato a scoprire nuovi compositori, nuovi generi musicali. Esibirsi in un concerto dal vivo è un qualcosa di molto differente che registrare un disco. Attualmente si tende a pubblicazioni prettamente monografiche, tematiche, con dei prodotti rivolti a chi vuole scoprire il nuovo. La varietà nei concerti è importante, sappiamo bene che rimanere concentrati nell'ascolto di un'ora di musica non è cosa facile, sessanta minuti effettivi sono veramente tanti. Alcune volte si può raggiungere anche l'ora e mezza. Immaginiamo per esempio le opere, che durano due, tre o anche quattro ore. A livello scientifico è dimostrato che è difficile rimanere attenti per tanto tempo. Personalmente, preferisco lavorare a percentuale, do dei concerti istituzionali che durano quei sessanta minuti effettivi che citavo, però in questi bisogna sforzarsi di variare i brani, creare anche delle pause di silenzio, elemento importantissimo. Si dice che la quiete al termine di un'esibizione attribuisce valore all'esecuzione musicale stessa, come la morte dà senso all'esistenza. A volte ci dimentichiamo com'è importante saper ascoltare, cosa molto diversa dal semplice udire.

ADP: In effetti, quel silenzio di cui lei parla, secondo me rappresenta il momento giusto per raccogliere le idee che si sono formate durante l'ascolto, elaborarle e farle penetrare in profondità.

MC: Esatto.

ADP: Sono rimasto molto colpito dalla stoffa timbrica del suo violone, messa in evidenza dall'ultima ottima registrazione "Divertimenti Viennesi", edita dall'importante etichetta Brilliant Classics. Può parlarci più approfonditamente di questo strumento musicale antico, che credo sia non largamente conosciuto?

MC. Si, è uno strumento che deriva dalla famiglia delle viole da gamba, ha una morfologia molto simile al contrabbasso. È di grandi dimensioni, anche se esistono violoni di varie taglie. C'è quello grosso, e questo lo citava anche Johann Sebastian Bach, e il piccolo, che è accordato in sol, c'è un tipo di violone con accordatura austriaca, viennese. Ce ne sono veramente tanti. Si tratta di uno strumento a corda facente parte della famiglia dei cordofoni ad arco, è munito di tasti e settato in corde di budello, il numero di queste può variare da tre a sei, dipende dalle accordature che si vogliono adottare in determinate composizioni. In Germania si suonava un particolare tipo di violone, scendendo nel sud di questo Paese, in Baviera, e un altro ai confini con il Tirolo. A Roma era configurato in maniera ancora diversa e così via, cosicché variava la sua forma anche in base alla provenienza geografica. Era considerato il vero basso degli archi, sia nella musica da camera sia in quella da chiesa, adatto per le esecuzioni all'aperto poiché in queste si richiedeva un maggiore volume di suono; per tale motivo era molto adoperato, certe volte più del violoncello, come nei Divertimenti Viennesi che ho appunto inciso per la Brilliant Classics. Il suo suono è chiaro, trasparente, ha anche un uso solistico che lo rende molto adatto al linguaggio musicale non solo del periodo classico, ma anche di quello più antico come il barocco. Il violone appare nel rinascimento, periodo in cui ha conosciuto il suo "exploit" a 360° (parliamo del '600) proseguendo la sua strada nel '700 con il periodo post-galante. Nei periodi storici seguenti gli organici strumentali iniziarono a variare, i compositori stavano andando verso un nuovo stile. Subentrò il romanticismo e le viole da gamba scomparvero, il clavicembalo fu soppiantato prima dal fortepiano e poi dal pianoforte. È un corso tutto sommato naturale, fa parte della diacronia musicale. Come ho detto, è uno strumento che si suona con l'arco, con l'impostazione della viola da gamba, cioè con il palmo della mano rivolto verso l'alto. Il suo timbro è molto bello, chiaro, diretto, dove pure il registro basso ha una notevole nitidezza.

ADP: La meritoria opera della vostra associazione si spinge, con Musica Elegentia Juvenilia, anche nel delicato campo dell'educazione musicale infantile. Forse è superfluo ribadirlo, ma vuol parlarci dell'importanza che riveste la didattica per il bambino, vale a dire per il futuro musicista o ascoltatore?

MC: Abbiamo creato diverse anime nella nostra associazione, come lei ha citato c'è anche la parte didattica riservata ai piccoli discenti. C'impegniamo con Musica Elegentia Juvenilia a progettare delle vere e proprie organizzazioni propedeutiche musicali. In verità, questa cellula esiste già da dieci anni e svolge la sua attività in una scuola dell'infanzia delle mie parti. Attraverso la musica il bambino alimenta la propria immaginazione e la propria creatività, sviluppa la capacità d'introspezione, di comprensione di se, degli altri e della vita in generale. Dobbiamo cercare di guidarlo all'apprendimento musicale. A noi non interessa che diventi un musicista, ci sta invece a cuore che riceva questa fondamentale educazione, diversificata in vari obiettivi, come quello di unire i bimbi alla musica attraverso il canto, sostenere ogni forma di comunicazione interpersonale, rendere possibile una buona relazione tra loro. L'educazione all'ascolto va vista anche come presupposto alla produzione vocale. Sapersi sentire l'un l'altro, capire la relazione tra suono e parola. Sono tutti aspetti che per noi educatori sono molto importanti. C'è un famoso detto che recita: "Il bambino canta ancora prima di parlare e balla ancora prima di camminare". Nell'associazione crediamo molto in un'educazione musicale che parta in genesi dalla scuola dell'infanzia, per me la più importante perché l'infante è una vera e propria spugna di emozioni. Non c'interessa la crescita di un genio musicale oppure la formazione di un futuro musicista professionista a ogni costo, il vero obiettivo è instaurare con lui una relazione significativamente affettiva attraverso la musica, alla quale noi lo esponiamo affinché questa possa diventare strumento di comunicazione e integrazione. Affinché il fanciullo stesso, crescendo, ne possa gioire come ascoltatore consapevole o come musicista amatoriale o ancora, chi lo sa, come bravo professionista.

 



ADP: Torniamo a parlare un po' di lei maestro. Ha un volume di attività da far tremare le vene ai polsi: violonista, contrabbassista, gambista, didatta, conoscitore e continuo ricercatore della pratica esecutiva storica. Direttore artistico e musicale, vincitore del bando d'insegnante di violone presso il Conservatorio di Musica "A. Pedrollo" di Vicenza, curatore di conferenze, masterclass e seminari. Per non parlare delle innumerevoli collaborazioni. Dove trova l'energia e il tempo per seguire tutte queste cose?

MC: Piccolo appunto. A Vicenza ho vinto il bando d'insegnamento però, purtroppo, quell'anno non sono potuto andare a insegnare poiché non c'erano, a quanto pare, gli iscritti presso il conservatorio. Comunque lo cito nel mio curriculum perché è una cosa bella partecipare a un bando e vincerlo, anche se poi bisogna avere la fortuna che nasca la classe. L'istituzione vicentina doveva cercare di fare un po' più di pubblicità e questo, non per fare polemica, è un "modus operandi" che dovevano adottare loro. Per quanto riguarda l'insegnamento del violone, continuo a fare masterclass nei vari conservatori un po' per tutta Italia. L'ultima sul violone e la prassi esecutiva barocca, bellissima e piena di allievi, ne ho avuti addirittura quindici, un record credo per questo strumento così insolito, è stata da me tenuta presso il Conservatorio Antonio Vivaldi di Alessandria nel gennaio scorso. È stata un'esperienza fantastica, in cui ho trovato l'energia attraverso la passione, questo fuoco che fortunatamente è ancora vivo e arde continuamente dentro di me. Mi dà sempre la forza di gioire tramite ciò che mi piace e le relazioni personali con i discenti; insegnando s'impara moltissimo perché porta al capirsi su alcune tematiche, su come raggiungere determinati obiettivi, affrontare le sfide. Trovo grande soddisfazione anche nel fare conferenze, credo che la musica non vada solo fatta, nel senso di eseguirla, ma bisogna anche saperla raccontare, poiché attraverso la verbalizzazione è possibile esprimere la sua filosofia, la sua semantica. Da lì si può poi arrivare a come interpretarla. Lo studio tecnico è fondamentale, è necessario conoscere il proprio strumento, dove bisogna mettere le dita sulla tastiera, come usare l'arco, la tecnica del colpo d'arco, comprendere a livello teorico la decodificazione musicale, studiare i trattati dell'epoca però, alla fine, come mi diceva il mio vecchio insegnante, la musica bisogna farla. E lì si apre un altro mondo, con il guardarsi dentro per iniziare a elucubrare. Lo scopo è far sì che tutti questi importanti elementi assimilati nel corso dello studio vengano fuori nell'interpretazione e nella comunicazione. Quest'ultima è la cosa più difficile per un musicista. Fare musica non è semplice. Io dico sempre questo: la cosa essenziale è cercare di dialogare con il proprio io, intessere prima una specie di monologo, dopo il quale interviene il "feedback"; nel momento in cui si tiene un concerto il monologo si trasforma in dialogo con le sensazioni del pubblico. Il nostro compito è far arrivare ciò che stai esprimendo alla persona che ti è davanti. Talvolta il musicista si sofferma a conoscere solo ed esclusivamente tutto ciò che ruota intorno all'apparato musicologico, invece la musica, come dicevano anche i greci, appartiene alle Muse, alle arti e bisogna abbracciare tutto quel mondo, quindi anche la pittura, la scultura, la poesia, la letteratura, non solamente interessarsi alle note musicali. "Nosce te ipsum (conosci te stesso). Sul versante masterclass, ne curo una da cinque anni a questa parte che, ahimè, quest'anno non ho potuto realizzare a causa del COVID-19. La organizzeremo comunque il prossimo anno. Si tratta di una masterclass incentrata su un laboratorio di musica da camera, dove i ragazzi vengono da ogni parte non solo d'Italia ma anche dall'estero. Abbiamo avuto anche qualche olandese.

ADP: Una domanda da audiofilo. Il doppio album "Divertimenti Viennesi" è stato registrato a Salle, in provincia di Pescara, nella chiesa di San Salvatore. Lei ha suonato il violone in tanti contesti, quindi potrà dirci come influisce l'acustica ambientale su uno strumento dalla timbrica così particolare.

MC: È un fattore sicuramente molto importante. La scelta d'incidere il disco della Brilliant Classics "Divertimenti Viennesi" con Musica Elegentia a Salle è stata legata a molteplici fattori. Innanzitutto Salle è una ridente località in provincia di Pescara, un piccolo paese di montagna con soli trecento abitanti, chiamata anche la patria delle corde armoniche in quanto lì ci sono i cordari più famosi. Attualmente troviamo, per esempio, l'azienda Toro Strings, produttrice di corde di budello, dove operano professionisti fondamentali per noi che ci occupiamo di filologia musicale. La location individuata è perfetta perché lì la tranquillità regna a 360° e la genuinità dei suoi pochi abitanti è straordinaria. Questi sono tutti elementi che, a livello psichico, fanno sì che il musico si senta a proprio agio per cercare (e qui ritorniamo al concetto filosofico) di fare musica. I due CD sono stati registrati in un periodo caldo, ho individuato questo perché gli strumenti così hanno più prontezza, più riflessi. Sono di legno e sappiamo che quando vengono suonati in chiese nel periodo invernale sono molto più difficili da gestire poiché vanno prima riscaldati per bene, come anche le mani dell'esecutore. Suonare gli strumenti antichi è così, ci sono i pro e i contro. I pro stanno in una riproduzione spettacolare del suono, dove emerge una grande nitidezza, si apprezza il suono dell'epoca, la naturalezza di una timbrica con la "T" maiuscola. I contro invece consistono nell'essere le corde di budello in materiale organico, cosicché tendono a scordarsi di più perché condizionate dagli effetti climatici, dalla temperatura e umidità dell'aria, dalla sudorazione stessa delle mani. Perciò anche l'estate è difficile controllarle. Abbiamo registrato nella chiesa che lei ha citato, il Santuario del Beato Roberto, che magari non è, e non me ne vogliano i sallesi, esteticamente bellissima, però, a mio giudizio, ha all'interno un'acustica eccezionale e ti mette in condizione di emettere un suono straordinario. In più, la bravura del fonico, dell'ingegnere del suono e il lavoro di postproduzione hanno fatto il resto. Se si ha dall'inizio come "anello primordiale" un posto congeniale, dotato di un riverbero magnifico, non eccessivo, allora si parte con il piede giusto. Si riesce a suonare più concentrati, si sente il suono viaggiare. Ecco perché si è scelta questa location. Per il secondo disco ritorneremo probabilmente a Salle, anche se a me piace cambiare luogo; speriamo di registrarlo questo agosto. Siamo abbastanza fortunati qui in Abruzzo perché ci sono tantissimi bei posti dove poter registrare, non è difficile trovare varie sale e chiese con un'acustica molto valida.

ADP: Mi consenta un'ultima domanda maestro, collegata alla terribile epidemia da COVID-19, dalla quale per fortuna sembra stiamo uscendo. Non è peregrino pensare che ci abbia tutti cambiati, inducendoci a una pausa di riflessione. Come ne esce la musica, secondo lei, e come cambierà l'approccio sia del professionista che la esegue che dell'ascoltatore appassionato?

MC: Si sono rivelati mesi intensi per tutti quanti noi. Io sono stato con la famiglia, che poi è la patria del cuore come diceva Giuseppe Mazzini. Ho preso tutto il tempo per rientrare in me stesso, nel mio io, dando spazio a delle riflessioni personali. Abbiamo citato prima il silenzio come elemento meraviglioso, importante per fornirti quell'ambiente speculativo che è necessario riservarsi. Nel mio caso, dato che ho sempre fatto una vita fino a poco tempo fa molto frenetica, tra viaggi e spostamenti vari, stavo trascurando le pause. Una pausa indesiderata da una parte, visto il periodo drammatico che abbiamo passato e stiamo ancora vivendo, ma significativa per il nostro mondo interiore. Io sono abruzzese e vorrei citare l'aforisma di Gabriele D'Annunzio: "La musica è come il sogno del silenzio"; ci tengo a sottolineare l'importanza del fattore "silenzio" perché ti aiuta a pensare su tanti aspetti, non solo su quello professionale. Sono stati mesi sicuramente molto difficili, la musica, come tutte le altre cose, si è fermata. Non sono una persona cui piace far polemica, tuttavia sono incline a dire le cose in maniera esplicita e desidero dichiarare che noi artisti siamo stati parecchio dimenticati dalle istituzioni. Questo va detto con chiarezza. È molto triste il fatto che in tanti comunicati emessi dal governo e altre istituzioni noi non siamo mai stati citati. E se lo siamo stati, la maniera in cui è stato fatto rasenta il bislacco. Personalmente, mi sono sentito molto abbandonato. Consideri che ho perso tantissimi concerti, avevo l'estate piena d'impegni, già da marzo la mia agenda era fitta di progetti concertistici ma anche didattici. C'è l'insegnamento online, è vero, ma anche se siamo nel 2020 e viviamo in un contesto dove la tecnologia ha fatto passi da gigante, il suono che può essere raggiunto è quello che è. Sin quando fai una lezione online con un singolo strumento, in qualche maniera puoi gestire la situazione, ma nel mio caso, che insegno materie collettive come la musica d'insieme e orchestra, è assolutamente impossibile. E poi c'è il rapporto con i discenti. Il termine di "concerto" a livello etimologico contiene la preposizione latina "cum", la quale vuol dire "insieme" e se non si fa gruppo, appunto insieme, non è possibile fare musica. Ci sono state delle non chiarezze sul ripristino delle nostre attività e tutt'ora molte cose sono veramente anomale. Sono ulteriormente dispiaciuto vedendo che nel calcio, nello sport ci si abbraccia facendo finta di nulla mentre noi per fare un concerto dobbiamo essere distanziati e indossare la mascherina. Ci sono elementi estranei alla mia conoscenza che, però, evidentemente per le istituzioni sono normali. Bisogna quindi farsi coraggio, mettere in campo forza, volontà, nella consapevolezza che abbiamo il dovere di amare l'umanità e, nel contempo, rispettare noi stessi. Per realizzare tutto questo dobbiamo veramente rimboccarci le maniche, agire, essere pragmatici perché di parole se ne sono dette tante. Nanni Moretti affermava che le parole sono importanti, ma allo stesso tempo bisogna agire. Allora, per far sì che ci sia un rilancio musicale e artistico è opportuno mettersi al tavolino, parlare poco e agire rapidamente in maniera pragmatica. Io mi auguro che ciò avvenga ma la strada è lunga e tortuosa, come dicevano i Beatles. Spero soltanto che pian piano si riesca a percorrere.

ADP: Io sono abbastanza ottimista maestro, penso che con il tempo qualcosa cambierà.

MC: Anche io lo sono, di indole, perché noi musicisti ci cibiamo di utopia, diversamente non avremmo mai abbracciato la causa di un mondo così difficile, dove non si pensa ad arricchirsi, cosa antietica per l'arte. Un mondo astratto dove sogniamo il più possibile e nello stesso vogliamo farci sentire nei momenti che contano. Ma vorrei raccontarle un aneddoto. Il disco che abbiamo inciso con la Brilliant Classics è uscito nei primi giorni di aprile, anticipato da un pre-lancio il giorno 21 marzo, giornata dedicata alla musica antica, e per l'occasione abbiamo redatto un video di presentazione. Alcuni colleghi, conoscenti e amici mi avevano chiesto se fossi convinto di pubblicare i due CD sotto pandemia. Gli ho risposto che, a parte il fatto che non decidevo io il giorno del lancio sul mercato, anche se questa decisione fosse spettata a me l'avrei tranquillamente avallata in quanto, pur se il momento era drammatico, bisognava comunque divulgare ciò che è bello, vale a dire il frutto artistico di un lavoro nato tre anni fa, considerato che registrazione è stata fatta nell'agosto 2017. Abbiamo aspettato un po' di tempo perché io avevo tanti altri progetti sottomano.

ADP: Va bene anche perché la fruizione di un disco è molto più semplice di quella di un concerto. Una persona lo ascolta comodamente in casa sua e senza correre rischi.

MC: Infatti, a maggior ragione è giusto mettere a disposizione un prodotto che si ha il tempo di ascoltare in casa e altrove. È stata quindi una sorta di sfida, poi vinta, contentissimo di averlo fatto uscire in quel periodo. Siamo grati anche alla critica, per il confortante riscontro che il nostro album ha avuto presso di essa. Sono state sinora scritte otto recensioni veramente molto interessanti da parte di critici musicali, cartacee o nell'ambito di riviste online. Siamo onorati di tanta attenzione, questa ci ripaga di tutta la nostra fatica. Come lei ben sa, dietro questi lavori c'è tantissimo sudore e un ritorno economico davvero molto modesto. Ci cibiamo semplicemente di emozioni, di consensi e gloria, come si suol dire. Per noi è una grande soddisfazione, una vera linfa vitale essere oggetto d'attenzione di professionisti del settore, gente erudita interessata ai nostri prodotti. Ad agosto intraprenderemo un nuovo progetto, sulla linea dei divertimenti, dove verrà affrontato un autore importante della Wiener Klassik. Questa volta non ci sarà la viola ma il violoncello, mentre rimarranno nella formazione cameristica il violino e violone, sempre di trio d'archi quindi si tratterà. Un altro progetto che stiamo portando avanti da due anni è "Diacronie musicali dal Rinascimento al Classicismo", fa leva su un organico costituito da viola da gamba e basso continuo, con delle musiche che partono dall'antichità sino ad arrivare al '700 con Abel. Tocchiamo autori come Ortiz, Praetorius, Kapsperger. È avvincente perché rispolvera il formato del "medley"; si cerca di viaggiare, anche attraverso le tonalità, per poi arrivare alla Sonata molto bella di Abel. Abbiamo registrato qualcosa "live", non escludo che molto materiale dal vivo del progetto citato possa anche essere pubblicato in disco. Curo anche un altro progetto, questo da solo, incentrato su un seminario-concerto, dove mi piace suonare dei ricercari, delle canzoni o per viola da gamba sola o per violone in sol e abbinare alla parte concertistica una conferenza sull'interpretazione, tipo una lezione-concerto. La musica è del popolo, è per tutti. Ho tenuto nel novembre scorso un a mio avviso emozionante seminario-concerto presso la Casa Circondariale di Lanciano. Credo sia stato uno dei momenti più stimolanti della mia carriera. Le persone che purtroppo stavano scontando la pena si sono dimostrate super interessate, mi hanno fatto delle bellissime domande, genuine, perché avevano sete e voglia di capire quel mondo. Ho passato una giornata davvero memorabile e ringrazio ancora la direttrice del carcere che mi ha permesso di svolgere questo evento nel giorno della festa di Santa Cecilia. Le conferenze e i seminari vengono quindi da me svolti non solo nelle università o nei conservatori, che sono luoghi già in sé riservati agli addetti ai lavori, ma anche e soprattutto in posti non abitualmente frequentati da questi. Tutti possono essere consoni per il sapere, per cercare di erudire il proprio intelletto.

 




Alfredo Di Pietro

Settembre 2020


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