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martedì 19 marzo 2024 ..:: Intervista alla pianista Serena Valluzzi ::..   Login
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 Intervista alla pianista Serena Valluzzi Riduci


 

 

Alfredo Di Pietro: Maestro, inizio sempre le mie interviste con la medesima, importante domanda: quando, dove e come nasce la sua passione per la musica? Per concretizzarla, si è subito indirizzata verso il pianoforte?

Serena Valluzzi: Ho iniziato a muovere i primi passi nel mondo della musica a quattro anni grazie a mia madre e alla passione che ha nutrito fin da bambina per il pianoforte. Mio fratello maggiore suonava già da un anno e non appena i miei acquistarono il nostro primo pianoforte cominciai anch'io a strimpellare, un po' per imitazione, un po' per curiosità. Così mia madre decise subito di iscrivere anche me ad una scuola di musica privata e tre anni dopo sono entrata in Conservatorio. Da allora non mi sono mai fermata né ho mai avuto bisogno di chiedermi se quella fosse la mia strada: fin da subito è stato qualcosa di naturale che ha fatto parte della mia quotidianità. Tuttavia come accade di solito quando si inizia così presto, la vera e propria passione è arrivata solo più tardi, con la crescita personale e la consapevolezza di quale strumento potentissimo di espressione fosse per me la musica.

ADP: Lei è risultata vincitrice della quarta edizione del Premio Alkan per il virtuosismo pianistico 2020. Nella giuria erano presenti il direttore artistico Vincenzo Maltempo, Luca Ciammarughi, Pieter van Winkel, Mark Viner, Luca Chierici e Klara Wurtz. Qual è per Serena Valluzzi il vero valore di un premio del genere?

SV: Ottenere un riconoscimento è sempre gratificante e utile a dare una conferma della validità ed efficacia dei propri sforzi, oltre che un incoraggiamento a proseguire nel proprio percorso. I concorsi poi danno la possibilità di creare delle occasioni di crescita e di arricchimento per la propria carriera e formazione. Il concorso Alkan in particolare rappresenta un'occasione molto preziosa per i fantastici premi che offre, tra cui la registrazione di un master CD e di video professionali di altissima qualità. Inoltre questo premio arriva in un momento molto critico, soprattutto per il mondo della musica e dell'arte: per me ha rappresentato l'opportunità di ripartire con nuovo slancio per la realizzazione di progetti artistici  concreti.

ADP: Questa terribile pandemia da COVID-19 ha purtroppo interrotto i concerti dal vivo in teatri, auditorium e altri luoghi. Molti artisti hanno comunque voluto mantenere il rapporto con il pubblico organizzando dirette "live" sui Social Network. Giudica questa un'iniziativa efficace? Secondo lei quali sono i suoi pregi e limiti?

SV: In un momento in cui tutto sembra immobile, soprattutto nel campo delle arti e dello spettacolo dal vivo, l'iniziativa di continuare a far musica con i mezzi di cui disponiamo non può essere considerata una cosa sbagliata. Tuttavia la musica in streaming attraverso i social ha mostrato limiti soprattutto per quel che riguarda il rapporto con il pubblico: in un concerto dal vivo l'artista crea un vero e proprio dialogo con il pubblico presente, dando vita ad uno scambio di energia ed emozioni tangibile e reale, di cui bisogna necessariamente fare esperienza affinché la musica possa essere davvero vissuta ed apprezzata fino in fondo.

ADP: Lei è cresciuta suonando. Come hanno influito gli studi, il rapporto con i maestri e il pubblico sulla personalità che oggi dimostra al pianoforte? Mi spiego meglio, c'è a suo parere un nucleo interiore immodificabile in ogni artista, una sorta di propellente, e come questo si concilia con gli innumerevoli influssi esterni assorbiti nel corso della carriera?

SV: Sì, sono convinta che esiste un'attitudine innata in ognuno di noi, qualcosa di immutabile che può però dar luogo a personalità tanto diverse quanto differenti sono le esperienze che influenzano la vita di un interprete e la formazione ricevuta durante il proprio sviluppo.  Difficile dire con certezza in che modo tutto questo vada a conciliarsi, ma credo che in generale iniziare un'educazione musicale fin dai primi anni di vita sia molto utile a sensibilizzare e facilitare ogni forma espressiva. Trovare il giusto insegnante è poi fondamentale per ottenere i mezzi necessari ad esprimere le proprie potenzialità e per imparare a sfruttarli al meglio. Infine un ruolo importante hanno il pubblico e le persone che ti seguono e ti sostengono nel tuo percorso: ti aiutano a credere in te stessa, offrendo un riscontro diretto del tuo lavoro e delle tue qualità artistiche.

 



ADP: Sono rimasto molto impressionato dalla sua interpretazione di "Gaspard de la nuit" di Maurice Ravel. A parte la sicurezza con cui si pone allo strumento e la tecnica sopraffina, lei dimostra un approfondimento espressivo della materia musicale sorprendente per la sua giovane età. La maturità è davvero condizionata dallo scorrere del tempo o può anche essere un dono non sottoposto alla sua legge?

SV: Sono sicura che se ascoltasse una mia interpretazione di qualche anno fa di questa stessa opera, avrebbe la risposta alla sua domanda. Credo sia stato proprio questo capolavoro raveliano ad aver assistito in qualche modo al passaggio da una fase un po' immatura ed approssimativa del mio modo di approcciarmi allo studio e alla musica, ad una fase invece quanto meno più consapevole e razionale. È sicuramente un'opera difficile da rendere in maniera efficace e puntuale senza un lavoro approfondito della materia musicale e poetica di cui è costituita e quindi senza una cura per il dettaglio in fase di analisi e di studio tecnico.
Io credo che il processo di crescita e di maturazione necessiti di tempo: tempo per accumulare esperienza, tempo per conoscere se stessi e il mondo, tempo per trovare la propria vocazione e dedicarvisi con costanza e amore.

ADP: Un altro suo video che mi è piaciuto tantissimo è quello dell'esecuzione della Sonata K 427 (Presto, quanto sia possibile) di Domenico Scarlatti alla prova eliminatoria del Livorno Piano Competition. Mostra un'altro lato della sua personalità, più giocoso e sbarazzino. E con quanta incisività suona gli improvvisi e perentori accordi in forte! Considera queste deliziose sonate altamente formative per un tipo di tecnica per così dire "microchirurgica"?

SV: Sicuramente le Sonate di D. Scarlatti hanno un certo peso nella didattica pianistica, in quanto hanno una scrittura densa e articolata, ricca di una varietà di difficoltà tecniche che richiedono una certa padronanza e controllo della tastiera.
Mi piace molto questa Sonata perché è una delle più brillanti e incisive che Scarlatti abbia mai scritto: la uso spesso nei concorsi in apertura della prima prova perché mi aiuta in qualche modo a "rompere il ghiaccio" e a prendere subito confidenza con lo strumento in un'atmosfera comunque vivace e leggera.

ADP: Quali sono i suoi autori e repertorio prediletti?

SV: In generale ho sempre avuto una predilezione e un'intesa speciale con gli autori romantici e tardo-romantici, per l'impeto, l'esuberanza, la passione e il dolore che esprimono più o meno esplicitamente nella loro musica. Sono tantissimi in realtà i compositori che amo, anche di altre epoche. Tuttavia ho un debole particolare per la musica di Rachmaninov, non solo quella prettamente pianistica, che occupa la maggior parte della sua produzione, ma anche quella cameristica: la sua Sonata per violoncello op. 19 in sol minore è un'opera che non mi stancherei mai di ascoltare e che spero un giorno di poter suonare con un bravo violoncellista.

ADP: Non trova che in Italia ci sia una discrasia tra la fame di bella musica e l'attenzione a essa riservata in forma di sovvenzioni statali? Cosa ne pensa a riguardo?

SV: Onestamente non so quanta fame di cultura e di musica di qualità ci sia nel nostro Paese. A volte ho la sensazione che per chi ci governa l'arte e la musica non rivestano un ruolo così centrale: ne è un'ennesima prova la facilità con la quale durante l'emergenza attuale sono stati chiusi teatri e sale da concerto.

ADP: Può avere delle fondamenta la ben nota "querelle" sull'eseguire autori come D. Scarlatti e J.S. Bach (come altri) su un pianoforte moderno e non sul cembalo? Cosa è davvero importante nel riproporre oggi questi autori?

SV: Avere un atteggiamento filologico nello studio della musica credo sia una delle basi per ottenere un risultato di qualità. In ques'ottica può essere comprensibile l'esigenza o la volontà, soprattutto quando si parla dell'Immenso J.S. Bach e del Barocco in generale, di avvicinarsi ad uno stile più clavicembalistico e cercare di attenersi alle prassi esecutive dell'epoca pur utilizzando uno strumento diverso da quello di cui si disponeva, e che tuttavia ne amplia le possibilità espressive. Ma l'attenzione secondo me non si dovrebbe porre sullo strumento specifico attraverso il quale si sceglie di far rivivere una partitura, a qualunque epoca essa appartenga, bensì sulla musica stessa: sulle forme, sui fraseggi, sulle armonie, sulla polifonia e sui significati più o meno impliciti in essa contenuti. Il tutto ovviamente in maniera sapiente e consapevole di quelle che sono anche le possibilità che lo strumento in questione offre.

ADP Mi consenta un'ultima domanda, che in realtà ne contiene due: nel suo calendario di concerti, una volta finita l'emergenza, ha per caso previsto degli eventi in quel di Milano, o comunque in Lombardia? Può anticiparci qualcosa dei suoi futuri progetti?

SV: Al momento purtroppo non mi è possibile anticipare molto riguardo concerti e progetti dato che, vista la pandemia, sono stata costretta a riprogrammare i miei piani che sono ancora in fase di riassestamento, in attesa che la situazione si sblocchi. Posso però preannunciare che per il 18 settembre si prevede proprio a Milano, presso la Sala Verdi, il concerto di premiazione offerto dal Premio Alkan.

 




Alfredo Di Pietro

Giugno 2020


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