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sabato 18 maggio 2024 ..:: Gran Galà Padova - III Parte ::..   Login
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 Gran Galà dell'Alta Fedeltà Padova 2010 - Terza Parte Riduci

EVENTI

 

Ascolto dell'ultima incisione di Salvatore Accardo per la Fonè: Le Quattro Stagioni Di Antonio Vivaldi. Il grande violinista incontra il pubblico.

Chi ha detto che le mostre Hi Fi sono soltanto delle belle vetrine luccicanti e nulla più? Un formidabile "tris" di eventi quello cui il visitatore della due giorni padovana ha potuto assistere nelle ampie sale Kandinsky 1 e 2 dell'Hotel Crowne. Tre demo imperniate sull'ascolto delle Quattro Stagioni vivaldiane interpretate dal maestro Salvatore Accardo e immortalate in una splendida registrazione della Fonè di Giulio Cesare Ricci. A tutti gli effetti il Gran Galà si è dimostrato una manifestazione si piccola, ma solo nelle dimensioni, mentre grande e ricca è apparsa nei contenuti. Mi piace pensare a queste demo come momenti di riflessione, in cui agli ascolti si sono affiancati episodi di alta partecipazione umana e notazioni tecniche in un intrecciarsi privo di spigolosità, naturale e colloquiale. La prima, quella dedicata agli ascolti in vinile del capolavoro di Vivaldi nella sala Kandinsky 1, ha visto protagonista il folto pubblico in compagnia di Salvatore Accardo, entrambi impegnati in un emozionante ascolto, intervallato da dialoghi e testimonianze di vita vissuta. Il maestro ci parla delle sue prime esperienze con il vinile: "Una cosa che mi colpì, a parte l'esecuzione, fu proprio l'odore, questo profumo nuovo che non conoscevo e che ho sempre poi ritrovato in ogni disco, e ne ho comprati circa 3000. Questo profumo lo sento ancora ogni volta che tiro fuori un vecchio disco dalla sua busta, ecco questa sensazione con il digitale non ci sarà più. Bisogna prendere atto che le nuove generazioni non hanno più questa consuetudine, addirittura non hanno più il tempo neanche di aprire la busta".

Dopo l'ascolto di un frammento del primo tempo dell'"Inverno" Accardo racconta: "Questi suoni un po' stridenti si ottengono suonando con l'arco molto vicino al ponticello, verso la fine del movimento Vivaldi scrive: "Il freddo che ti fa battere i denti". Questo battito di denti che sentiamo quando abbiamo freddo secondo me viene fuori molto efficacemente appunto suonando con l'arco vicino al ponticello, è una tecnica diversa da quella che usavo nell'interpretazione delle Stagioni tantissimi anni fa. Questa con la Fonè è la mia terza incisione del capolavoro vivaldiano, la prima l'ho registrata negli anni '60 con la vecchia Orchestra da Camera Italiana, la seconda con gli amici delle Settimane Musicali di Napoli e l'ultima con la nuova Orchestra da Camera italiana, un'orchestra molto particolare perché non esiste credo al mondo una formazione dove tutti gli elementi siano allievi dello stesso insegnante. Ciò consente di raggiungere una grande uniformità nel modo di far musica, con tutti gli allievi che suonano con la stessa impostazione, con la medesima tenuta, distribuzione dell'arco e modo di vibrare: sono cose che a un orecchio esperto non sfuggono. Un lavoro di prova con questi ragazzi parte già su un altro piano poiché con un'orchestra che non conosci, devi incominciare da una fase anteriore mentre con loro s’inizia su un piano più avanzato. In un momento come l'attuale, irto di difficoltà non solo per i giovani musicisti ma in generale, vedere dei giovani così impegnati, così seri e umili fa veramente bene, trasmette un'energia, un'emozione unica.

Io dico sempre che nei miei oltre trent'anni d'insegnamento ho conosciuto centinaia di giovani musicisti di tutto il mondo e non mi è mai capitato di incappare in un problema di tossicodipendenza. Questo dovrebbe far pensare. Significa che la musica non è solo qualcosa da ascoltare superficialmente ma dona una ricchezza interiore che ti riempie veramente e completamente per cui non hai bisogno di andare a cercare altre cose. Purtroppo, e lo dico con molta amarezza, il nostro paese, definito da Riccardo Muti non il paese della musica, ma quello della storia della musica, non lo ha capito e non so quando la comprenderà. Pensiamo a un paese come il Venezuela, il quale pur non avendo una tradizione musicale come la nostra, capisce quello che noi sinora non abbiamo nemmeno iniziato a percepire. Con grande determinazione ha creato un progetto meraviglioso che salva i giovani da tutte le brutture della vita come la prostituzione, la droga e la delinquenza di cui purtroppo il Venezuela è pieno. Ha salvato migliaia di giovani, di bambini presi dalla strada con cui ha fondato delle orchestre giovanili, gli ha avviati allo studio della musica e di uno strumento. In questo contesto sono nati alcuni musicisti di primissimo ordine come Gustavo Dudamel, oggi uno dei più grandi direttori d'orchestra. Ciò che è rilevante non è solo il fatto di formare queste orchestre, i grandi musicisti verranno certamente fuori se c'è un talento di base, ma è l'insieme del progetto che è meraviglioso. Si tratta di un percorso in essere da più di trent'anni, nonostante si siano succeduti nella nazione vari dittatori, nessuno si è permesso di cambiarlo.

Lo ripeto con amarezza: il Venezuela compie questi passi e noi qui in Italia non abbiamo neanche l'idea di tutto questo". Per quanto riguarda gli ascolti ogni considerazione "audiofila" formulata sul suono dell'insieme vinile-sistema Linn, ascoltato nella sala Kandinsky 1, potrebbe facilmente deviare verso un linguaggio infarcito d’iperboli da rivista. E' un rischio che però non voglio correre. Ciò che ho sentito era semplicemente "magico". La sottile arte di uno dei massimi violinisti viventi era porta all'orecchio dell'ascoltatore con una trasparenza, un rispetto del timbro dello strumento e un'ambienza mai calibrate artificialmente ma che risaltavano con un'assoluta naturalezza grazie al sapiente sfruttamento del luogo dove la registrazione è avvenuta. Arte dell'interpretazione e arte della registrazione che si fondono in una perfetta simbiosi a beneficio del buon ascolto. Un "unicum" che fa davvero bene all'anima e all'orecchio.

 

Le Quattro Stagioni "Liquide". Presentazione ufficiale grazie alla tecnologia Linn DS 

L'avvento della musica liquida, cioè quei files musicali digitali scaricabili dal web, liberi da un qualsiasi supporto fisico, rappresenta senza ombra di dubbio quella che possiamo definire la seconda rivoluzione digitale se la prima è stata quella del Compact Disc trent'anni fa. Gli zeri e gli uni scorrono nel doppino telefonico o viaggiano nell'etere mediante le connessioni wireless e vanno a finire la loro corsa nel disco rigido di un PC oppure si esauriscono naturalmente nelle riproduzioni in streaming, un po' quello che avviene, mutatis mutandis, per gli ascolti radiofonici. Ma c'è di più, la rivoluzione sarebbe solo parziale se si limitasse a questa pur interessante innovazione. Grazie al progressivo aumento delle capacità in gigabyte degli Hard Disk e delle memorie flash, insieme al non trascurabile fattore del calo costante dei loro prezzi, è possibile oggi ascoltare in casa propria quei formati in alta risoluzione diretta discendenza delle registrazioni originali. Questo significa che il violino di Salvatore Accardo registrato dal maestro Giulio in alta risoluzione è possibile ascoltarlo, esattamente con la stessa qualità "Master" originale, sul nostro impianto domestico. Ma quali sono i sistemi che rendono possibile ascoltare questi meravigliosi files in ambito casalingo? Ciò avviene attraverso i NAS (Network Attached Storage), i quali sono essenzialmente dei capienti HD, collegati in una rete locale LAN mediante protocollo Ethernet o Wireless. Il flusso dati viene poi fatto transitare attraverso i cosiddetti "Streaming Player", elettroniche che si occupano di processarlo mediante i DSP (Digital Sound Processing) e convertirlo in analogico per mezzo di un DAC (Digital Analog Converter).

Tali macchine sono in grado di leggere il file esattamente com'è, senza rumore introdotto da una meccanica, privi di problemi di jitter indotto dalla scansione, meglio addirittura di come li leggerebbero da una penna USB perché questa ha una sua velocità con cui può scaricare i dati mentre in rete questi sono immediatamente disponibili nel buffer della macchina. Sui Media Players più evoluti vengono superati anche i limiti dei tradizionali hard disk per la semplice ragione che questi sono un prodotto di derivazione informatica il cui prezzo continua a scendere. Con l'evoluzione tecnologica sono già iniziate a spuntare delle capaci memorie a stato solido, senza cioè parti in movimento come i tradizionali HD. Questo è il motivo per cui apparecchi di recente progettazione come il Linn Klimax DS non integrano un HD evitando la probabilità di rendere quest’oggetto obsoleto nel momento stesso in cui è commercializzato. In realtà non avere l'hard disk è un grande vantaggio poiché si riesce a sfruttare l'apertura di un mondo che è eminentemente informatico dove i prezzi degli oggetti sono assolutamente convenienti. Una rivoluzione, quella del digitale, non solo quindi puramente tecnologica ma anche economica avendo inaugurato la democratica stagione del suono di alta qualità a prezzi abbordabili. Un altro vantaggio offerto dal digitale è la varietà di contenuti disponibili su queste memorie cui l'utente si può interfacciare. La mancanza della "fisicità" della copertina, la bellezza del maneggiare l'oggetto, è un piacere sanamente feticistico che solo un supporto fisico può dare, ma dovremo inevitabilmente abituarci a farne a meno.

Tale vuoto però sarà compensato dalla notevole quantità d’informazioni che consentono un modo di esplorazione ancora più approfondito del vinile come, per esempio, il filmato delle fasi salienti della registrazione o delle complete informazioni sugli artisti. Se una grande casa come la Linn ha deciso di smettere la produzione di CD Player continuando invece quella dei giradischi vuol dire che nel mondo della riproduzione audio un netto segnale è stato lanciato: il vinile continuerà a rappresentare il mondo dei supporti fisici con il suo intramontabile fascino tattile e sonoro mentre il futuro, invero già un presente, è la musica liquida.

 

Giulio Cesare Ricci fa ascoltare il Master originale analogico de "Le Quattro Stagioni" di Antonio Vivaldi, violino solista Salvatore Accardo, utilizzato per la produzione dei Vinili Signoricci. L'ascolto è avvenuto con il leggendario Ampex ATR 102.

Il terzo evento è stato propedeutico all'introduzione di un altro grande argomento: l'ascolto dei nastri master analogici ovvero la qualità sonora assoluta, la massima raggiungibile, che incontra la grande musica. Senza avere la minima intenzione di aprire un contenzioso tra analogico e digitale è stato proposto un accostamento tra le due diverse realtà che ha dimostrato come la "vecchia" tecnologia analogica, certo con le difficoltà e i costi che tutti conosciamo, regge benissimo il confronto con il digitale più evoluto risultando, secondo alcuni, ancora superiore. La visione di Giulio Cesare Ricci tra le due tecnologie è perfettamente equilibrata, tende a riconoscere, senza talebanismi audiofili, la validità di entrambe e soprattutto il non senso delle "esclusioni". Sarebbe sintomo d’irriconoscenza ricusare l'analogico, come gettare alle ortiche un percorso umano e di tecnica assolutamente unico e ancor oggi valido. L'analogico ha una sua forte personalità e un fascino altrettanto potente, differente dal digitale, offre all'ascoltatore un sapore inconfondibile, irripetibile con altre tecnologie, la cui valenza va preservata da esecrabili operazioni di "pulizia etnica". Ricci ci dice che in questi ultimi tempi qualcuno ha ironizzato sul fatto che da ventisette anni registra sempre in analogico tutte le sue produzioni e da quando c'è il digitale anche in digitale, quasi a voler insinuare una furbesca ambivalenza. Per lui l'analogico è sempre stato un riferimento mai abbandonato e nel digitale ha lavorato per la sua crescita ed evoluzione. Non trova nessun problema in questo.

Purtroppo stiamo drammaticamente vivendo la fine dei supporti e non perché siamo noi a deciderlo ma perché e stato il "potere" a decretarne la morte. Il fatto che un'azienda come la Linn si sia messa nella condizione di offrire un prodotto superlativo non limitandosi a fornire hardware ma anche, con la Linn musica, un vasto catalogo di files audio anche in alta risoluzione, dimostra chiaramente in quale direzione si voglia andare. Ricci stampa i suoi LP con materiale selezionatissimo in Giappone, dove da ventisette anni ha dei rapporti meravigliosi con professionisti del settore, proseguendo su un cammino, quello del vinile che è stato tenuto in vita grazie ai Disk Jokey della musica da discoteca. E' grazie a questi, infatti, che l'industria ha continuato a fabbricare la materia prima. Il lavoro fatto in direzione della musica liquida ha la medesima importanza se è vero, com’è vero, che il CD è ormai un supporto in via d'estinzione. Otto anni fa è caduto il copyright del Compact Disc, la Philips che trent'anni or sono l’ha inventato ha deciso di smantellare i suoi dipartimenti di produzione sostituendoli con settori dedicati alla strumentazione digitale. Il maestro Salvatore Accardo interviene portando la questione dell'analogico e del digitale in campo squisitamente musicale: "Mi pare ci sia una specie di parallelo con quello che sta succedendo con gli accordatori di pianoforti. Ormai sono cinquant'anni che faccio questo lavoro, ne ho visti e conosciuti tanti in tutto il mondo ma usando la macchinetta digitale il pianoforte non è accordato.

Il lavoro fatto con l'orecchio è molto diverso, lo stesso do naturale intonato utilizzando la macchinetta ha delle frequenze di vibrazione diverse da quello fatto a orecchio, purtroppo si sta perdendo la cultura dei professionisti che accordavano solo con l'orecchio. Questo è il motivo per cui i pianoforti oggi sono più freddi, i più grandi pianoforti accordati solo con la macchinetta non hanno la completezza armonica di quelli in cui si è fatto uso della sensibilità umana. Ma ritorniamo alla nostra demo. Nelle produzioni della Fonè i nastri master sono in doppia copia, realizzati registrando contemporaneamente con due macchine identiche. L'Ampex ATR 102 presente in sala che apparteneva a Pierre Boulez, è stato modificato dotandolo di ruote per renderlo "da viaggio". Il maestro francese era molto legato a una cultura analogica, tutti i concerti con l’Orchestre National de France venivano registrati con due macchine similari. L'Ampex ATR 102 è un'autentica macchina da "guerra", molto pesante, sempre in giro per le registrazioni nei teatri, nelle chiese e nei palazzi. Può viaggiare a una velocità di 76 cm al secondo o 38, il nastro magnetico ha un'ampiezza di traccia di mezzo pollice. Come sappiamo in dominio analogico la qualità del suono è direttamente proporzionale all'ampiezza di traccia e alla velocità. Alla massima velocità/massima qualità il nastro dura molto poco, appena quindici minuti a bobina.

Ci dice Ricci: "I nostri nonni, come si dice in Toscana, erano di molto ganzi e hanno ideato un sistema per cui le schede elettroniche sono ospitate all'interno dello chassis, se una si guasta è facile rimuoverla e sostituirla con una nuova, questa soluzione dà la possibilità, in caso di bisogno, d'intervenire rapidamente. Sul frontale del registratore ci sono quattro VU meter accesi ma non si deve far confusione perché le tracce sono due da mezzo pollice, gli indicatori sono quattro perché nel caso se ne rompesse uno, in un attimo collego gli altri due e sono operativo senza dover sostituire il quadro intero. La registrazione su quattro tracce a me non serve, però volendo posso, con un'azione rapida, levare il copritestine e sostituire il blocco con uno da quattro; naturalmente cambiando configurazione anche le schede elettroniche andranno sostituite. Questo per dimostrare come nel mondo analogico di alto livello i nostri "nonni" avevano pensato per benino le cose". Dopo la registrazione si passa alle fasi successive che daranno come prodotto finale le copie in vinile, che, anche se fatte perfettamente sono pur sempre delle copie e non possono avere ovviamente la qualità del master. Viene assolutamente evitata la copia nastro-nastro perché in questo passaggio si avrebbe una perdita di qualità. Il registratore è poi collegato a un tornio d'incisione, dove abbiamo un disco di metallo circondato da cera speciale chiamato lacca, il tornio trasferisce l'informazione dal master alla cera con il bulino incisore.

La lacca così incisa viene spedita per via aerea in Giappone in speciali contenitori a temperatura controllata, la stabilità termica è molto importante perché il salto di gradi centigradi dall'alta quota all'arrivo a terra potrebbe modificare lo stato fisico della cera, per questo motivo in via prudenziale viene mandata più di una copia. Ogni lacca viene ricoperta da particelle di nichel e argento mediante un bagno galvanico, si forma così una "foglia" di materiale metallico che è l'esatto negativo della lacca, adoperata per lo stampaggio dei positivi (i vinili). Allo scopo di ottenere il minimo degrado dal master originale dalla lacca viene prodotta una sola galvanica, Ricci ha dato inoltre disposizione che ogni negativo sia usato per la stampa di un massimo di 496 copie. Usualmente il negativo subisce un altro bagno galvanico per ottenere un positivo, poi da questo ancora un negativo, sempre metallico, utilizzato per lo stampaggio finale. La Fonè non ha sposato questa metodica perché, ragionando in termini molto semplici ma efficaci, fare una produzione con lo stampatore diretto rappresenta un vantaggio per la qualità. Altre due galvaniche sono due passaggi in più che sicuramente allontanerebbero ulteriormente il suono finale da quello del master. Perché lo stampaggio viene fatto nella terra del sol levante? Il Giappone ha delle caratteristiche che sono intanto una grande professionalità nella lavorazione fine dei materiali, sussiste poi la possibilità, com'è avvenuto nel caso della Fonè, dell'impiego di pregiate mescole poliviniliche, particolarmente pure e silenziose.

Loro hanno la materia prima migliore del mondo e sono molto bravi nello stampaggio a 200 grammi di altissima levatura, ferma restando la qualità del master originale. La Fonè produce anche delle lacche per quegli appassionati possessori di giradischi importanti e che vogliono il massimo della qualità possibile dopo il master. A un certo punto le parole lasciano spazio alla musica. Un suono totalizzante, avvolgente, si diffonde nella sala emozionando i presenti con la sua ineffabile bellezza. L'interpretazione del maestro Accardo, esaltata da un suono completo, integro in ogni suo parametro, si rivela profondamente vissuta e coerente con la sua visione del capolavoro. Una magia pura si sprigiona da un suono curato in ogni particolare, atto non all'esibizione di una sonorità artificiosamente di superficie ma concentrato nell'espressione di quella vitalità, mobile e profonda insieme nonché testimone di un'inventiva inesauribile, caratteristica del genio vivaldiano. L'evento si conclude con una nota nostalgica del maestro Ricci. Cogliendo l'occasione del Gran Galà padovano gli è piaciuto raccontare al pubblico la sua vicenda artistica e umana in una sorta di "Recherche du temps perdu", gli ritorna così alla mente il ricordo del pianista Nikita Magaloff, la sua indelebile esperienza con uno dei più grandi pianisti della storia. Commosso racconta: "Venne al teatro Goldoni di Livorno Nikita Magaloff per organizzare una stagione di concerti, io lo incontrai  chiedendo se potevo fargli un regalo; volevo donargli la registrazione originale su nastro, unico esemplare, di un suo concerto.

Lui accettò. Tempo dopo mi scrisse affermando che era una grande registrazione e che sarebbe stato molto onorato se fosse diventata un disco. Dissi al maestro di essere commosso, onorato della sua proposta, ma al contempo lo avvertii di non essere la Philips e lui: "Io con Philips ho già fatto delle integrali, però voglio registrare con lei dal vivo perché non sopporto la luce rossa e la luce verde degli studi di registrazione, non voglio essere fermato perché secondo loro ho sbagliato una nota. So benissimo quando sbaglio una nota, però voglio finire lo stesso il mio pezzo". Seguii per anni il maestro Nikita Magaloff in giro per l'Italia incidendo i concerti dal vivo più belli che avessi mai registrato. Devo dire che quando un artista, com'è avvenuto per il grande pianista russo, si riconosce in una mia registrazione dichiarando che è la migliore che abbia mai sentito, è per me la soddisfazione più bella al mondo.

Ripeto la domanda... chi ha detto che le mostre Hi Fi sono soltanto delle belle vetrine luccicanti e nulla più?

 

IL RINFRESCO 

 

 

Intervista con il maestro Salvatore Accardo 

Alfredo Di Pietro: La manifestazione del Gran Galà, che lei nobilita con la sua presenza, ha il pregio di conciliare due esigenze diverse, quella della musica e quella della riproduzione audio. Maestro qual è il suo rapporto con l'alta fedeltà?

Salvatore Accardo: Con l'alta fedeltà ho un rapporto vecchissimo, fin da quando ero bambino, perché non avendo la possibilità di andare in tutto il mondo ad ascoltare i grandi musicisti del passato me li sono portati a casa, quindi un rapporto straordinario che dura nel tempo. In tutti questi anni ho ascoltato e realizzato tantissime registrazioni con varie case discografiche ma credo che la qualità delle riproduzioni di Giulio Cesare Ricci sia un qualcosa di speciale. Forse è l'unico che riesce a riprendere il suono che desideri, cioè il "tuo" suono.

DPA: Lei ha inciso per le più importanti case discografiche del mondo, la sua esperienza in sala di registrazione è quindi enorme. Che cosa può dirci della sua collaborazione con Fonè di Giulio Cesare Ricci?

SA: E' uno dei pochissimi ingegneri del suono che registra in modo naturale. I microfoni diventano delle orecchie, non vengono posizionati nelle varie parti dell'orchestra piuttosto che vicino al pianoforte o altri strumenti, ma rispettano la posizione dell'orecchio dell'ascoltatore. Il risultato è un suono assolutamente naturale ed equilibrato.

DPA: Nel 1971 ha dato vita al Festival "Le Settimane Musicali Internazionali" a Napoli in cui, primo esempio assoluto, il pubblico era ammesso alle prove. Oggi è qui per ascoltare insieme al pubblico le sue più recenti incisioni, in particolare le Quattro Stagioni di Antonio Vivaldi incisa con la Fonè. Da questi eventi traspare la figura di un artista particolarmente vicino al pubblico. Come si è evoluto nel tempo il suo rapporto con gli appassionati?

SA: Il pubblico è la nostra vita, noi diamo molto a lui e ne riceviamo molto in un rapporto di dare avere. S’instaura un flusso di energia, di emozione tra l'esecutore e il pubblico e questo è di fondamentale importanza.

DPA: Ritorniamo per un attimo all'alta fedeltà. Il violino è sicuramente uno degli strumenti musicali più difficili da riprodurre, vero banco di prova per valutare la fedeltà di qualsiasi impianto. Lei che da una vita vive in simbiosi con la voce del suo strumento può dirci se attualmente un impianto Hi Fi è in grado di restituire pienamente il timbro e la grande ricchezza armonica di cui il violino è dotato?

SA: Io credo che "pienamente" sia una parola molto grossa, la risposta è quindi no, ma che si avvicini il più possibile senz’altro. Molto dipende dall'impianto ma anche dalla registrazione. Un'incisione fatta bene può suonare egregiamente su qualsiasi setup. Naturalmente più l'impianto è straordinario e più renderà la registrazione. A mio parere la grandezza di una ripresa molto fedele sta nel fatto che, pur con le dovute differenze, riesca a suonar bene su qualsiasi apparato riproduttivo, in macchina piuttosto che su un impianto molto sofisticato.

DPA: Un'ultima domanda, forse scomoda. Come reputa l'attuale situazione italiana riguardo all'attenzione delle istituzioni alla valorizzazione della grande musica?

SA: Assolutamente inesistente e per una ragione molto semplice, la totale mancanza di educazione musicale in questo paese. Lo dico con rammarico ma bisognerebbe guardare a una nazione come il Venezuela, in Italia purtroppo non abbiamo una simile realtà. E' una situazione che fa molto male se pensiamo che il nostro è sempre stato il paese della musica ma oggi, come dice Riccardo Muti, è soltanto il paese della "storia" della musica.

 

 

Intervista a Giulio Cesare Ricci

Alfredo Di Pietro: Innanzitutto La ringrazio per avermi concesso questa intervista. Sotto quale impulso è venuta alla luce una manifestazione come il Gran Galà dell'Alta Fedeltà? Può raccontarci brevemente i suoi natali?

Giulio Cesare Ricci: Il nome Gran Galà dell'Alta Fedeltà, dato alla manifestazione, potrebbe forse essere considerato troppo altisonante. In realtà la mia idea era di presentare al pubblico che ama l'alta fedeltà, una rassegna che fosse dimensionata in maniera diversa rispetto alle altre. Le mostre che normalmente noi apprezziamo e frequentiamo, vedono la partecipazione di moltissime aziende, il pubblico ha quindi la possibilità di avere un panorama molto ampio ma spesso non ha abbastanza tempo per gli approfondimenti. Nel Gran Galà la mia intenzione era quella di selezionare alcune aziende di qualità ospitandole in un luogo confortevole ed elegante dove passare due giornate molto speciali. Questo è avvenuto a Livorno, a Roma e ora anche a Padova, sempre nell'intento di consentire ai visitatori di concentrarsi negli ascolti avendo il tempo necessario per farlo. Molto spesso infatti nelle manifestazioni più grandi non si riesce a trovare il tempo opportuno per ascoltare e poi giudicare col proprio orecchio e il proprio gusto. L'altra idea, una vera novità, è portare al Gran Galà un testimonial (da quasi trent'anni produco musica con artisti internazionali). Sono partito con Renzo Arbore a Livorno poi Stefano Bollani a Roma e ora a Padova mi sono presentato con il maestro Salvatore Accardo. Per il visitatore è un'occasione di incontrare un grande musicista in una situazione completamente nuova, diversa da quella in cui normalmente s'imbatte, poiché di solito lo ascolta in concerto e al massimo lo incontra per un autografo. Trovarselo però nelle salette ascoltando la sua musica, le sue incisioni insieme a lui con l'opportunità di poterci parlare, fargli delle domande, brindare e mangiare qualcosa vicino a lui è certamente un'occasione umanamente molto bella. Arbore e Accardo sono due artisti molto diversi ma entrambi grandi nel loro genere, appassionati di alta fedeltà. I visitatori hanno potuto confrontarsi con loro anche sugli aspetti specifici della riproduzione audio. In effetti, sono argomenti che non si penserebbe mai di poter affrontare con personalità di questo calibro. Affinché non ci siano fraintendimenti, devo dire che io da sempre partecipo e continuerò a partecipare a tutte le manifestazioni che si svolgono in Italia, naturalmente nel limite delle mie possibilità umane. Ho inteso da sempre con la mia presenza e il mio prodotto dare una spinta al loro successo, anche in quelle situazioni dove io sono presente semplicemente come azienda discografica. Ritengo che l'alta fedeltà abbia bisogno di un lavoro di squadra in cui tutti siano coinvolti; il mio Gran Galà, che è una realtà più piccola rispetto alle altre, in questo momento mi auguro possa essere un'occasione di confronto proprio per cercare di creare le condizioni di un maggior sviluppo della passione per l'Hi Fi soprattutto rivolto ad un pubblico nuovo. Un altro elemento di diversità che ho cercato di dare e che mi ha impegnato sia dal punto di vista organizzativo che economico è il promuovere i Gran Galà al di fuori della cerchia abituale del nostro pubblico, sempre nell'ambito della musica, ma dove questa si fa dal vivo, pertanto una promozione nei luoghi e nelle stagioni dei concerti. Questo è avvenuto a Roma, dove ho fatto promozione al Teatro dell'Opera, all'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, al Parco della Musica e al Grande Teatro mentre nel triveneto ho toccato luoghi dove si svolgono i festival musicali e le grandi stagioni di concerti. Il mio obiettivo è incuriosire il pubblico amante della musica al mondo dell'Alta Fedeltà  ed offrire al pubblico che già ama l'Alta Fedeltà delle nuove e stimolanti occasioni d'incontro e di confronto.

DPA: Il Gran Galà ha dimostrato di possedere una notevole vitalità. Il suo segreto sta nel riuscire a conciliare sapientemente l'amore per la musica e insieme per i mezzi di riproduzione audio?

GCR: Questa è un'idea che è sempre stata dentro di me fin dall'inizio del mio percorso di appassionato Hi Fi e di discografico. Ricordo che da bambino volevo fare i dischi spinto da un grande amore per il bel suono e per l'alta fedeltà. Da questo punto di vista c'è un parallelismo fortissimo che mi ha accompagnato in tutti questi anni di passione e di lavoro. Ognuno è giusto che promuova e sviluppi quelle che sono le proprie idee, i Galà sono organizzati con lo spirito di dare un contributo all'alta fedeltà e di presentarla al nuovo pubblico come una cosa importante. Persone che sono abituate ai concerti dal vivo e che in prima battuta si trovano di fronte a cinquanta sale d'ascolto forse rimarrebbero un po' scioccate diversamente dall'audiofilo abituato alle grandi mostre. Ritengo sia fondamentale abituarsi ad ascoltare bene a piccoli gradi, incontrare l'importatore/distributore o il negoziante com'è avvenuto in questi Galà, instaurando un dialogo legato principalmente alla musica reale e a quella riprodotta. Per fidelizzare un pubblico nuovo è importante la cornice, quindi la location dove organizzare l'evento, il testimonial, perché l'artista di nome può essere considerato come un volano per il successo della manifestazione. Senza un personaggio che può trainarla, il pubblico nuovo sarebbe meno interessato a visitarla. Tante persone che sono venute a Padova legate alla musica e alle stagioni dei concerti mi hanno detto che Accardo lo avevano incontrato moltissime volte nelle stagioni concertistiche e il fatto di sapere che era presente al Gran Galà le ha invogliate a partecipare. In questo momento è importante "fare", realizzare delle cose con passione, con energia, con qualità, naturalmente in direzioni anche diverse. Ogni manifestazione ha la sua importanza perché più occasioni il pubblico ha d'incontrare il nostro mondo e più noi possiamo augurarci di rimanere in vita con la nostra passione e il nostro lavoro.


DPA: Arte dell'esecuzione e arte dell'incisione sono due soggetti aventi pari dignità. La presenza quest'anno del maestro Salvatore Accardo, che insieme al pubblico ha ascoltato le sue incisioni più recenti, è testimone della volontà di un maggior coinvolgimento dell'appassionato?

GRC: Questo sicuramente. Sono partito con i tre personaggi citati e con altri sto dialogando in vista dei prossimi Gran Galà. Proprio in questi giorni sto organizzando la seconda edizione di Livorno che si terrà il 24 e 25 Aprile con  la partecipazione straordinaria dell'ultima grande diva dell'Opera lirica, la soprano Raina Kabaivanska. Questi grandi artisti li coinvolgo perché ho con loro dei rapporti professionali, oltre ad avere uno splendido rapporto umano. Il progetto che inseguo mira a creare un ponte tra la musica e l'alta fedeltà, un ponte che già esisteva anni fa quando ero un giovanissimo appassionato. In questi ultimi anni ritengo che ci sia stato uno scollamento di larga parte del pubblico dalla passione per i mezzi di riproduzione audio. Non dobbiamo però perdere di vista che la nostra finalità è di ascoltare musica ai massimi livelli in un ambiente domestico, creare una sorta di finestra di verità. Il vero è il riferimento assoluto ed è la musica il personaggio principale,  recuperando il rapporto con la suprema arte potrà essere possibile creare una nuova stagione, una sorta di rinascimento per l'alta fedeltà.


DPA: Lei definisce la sua creatura, Fonè, uno dei luoghi "del rinascimento del vinile di nuova generazione". Di fatto il "trend" dell'analogico, pur identificandosi in un ambito commercialmente di nicchia, è in continua e prepotente ascesa e non certo per un fattore nostalgico. In cosa consiste questo vinile di nuova generazione?

GRC: Quello sul vinile è un discorso molto serio che negli ultimi tempi ho cercato di portare avanti anche a livello internazionale grazie ai rapporti che ho con le aziende distributrici dei miei prodotti, ma anche correlandomi con artisti che sono inseriti nel circuito internazionale. L'argomento del rinascimento del vinile l'ho affrontato già da  tempo con grande energia. Dal mio punto di vista rappresenta un po' come la fine di un percorso. Amo i vinili da quando ero bambino. Il mio primo vinile l'ho prodotto esattamente ventinove anni fa e prima di realizzarlo ho passato molto tempo a prepararmi da un punto di vista tecnico-qualitativo con il risultato che il mio primo vinile fu giudicato di grandissimo riferimento a livello internazionale. Difatti, al di là della registrazione che avevo curato personalmente, tutte le fasi di lavorazione furono effettuate con il massimo della qualità che si poteva allora raggiungere. Mi riferisco al taglio di lacca eseguito dalla Linn a Glasgow e allo stampaggio realizzato alla Teldec Press a Nortorf, storico stabilimento tedesco di altissimo prestigio. Già allora la qualità che mi potevo permettere era eccelsa. Con l'avvento del CD questo straordinario mondo analogico fu fortemente ridimensionato, umiliato e in parte anche distrutto. Nel mio caso ho cercato sempre di tenerlo in vita, anche quando il digitale imperava. E' evidente tuttavia che c'è stata una sorta di pausa, un buco nero di molti anni dove generazioni di tecnici non hanno affrontato l'argomento del vinile perché dovevano dedicarsi al digitale, era il protagonista del momento, il lavoro era lì e non da altre parti. Sono stati anni  bui. Ecco perché il rinascimento doveva a mio parere nascere con determinate caratteristiche, cioè un'eccellenza ancora più marcata, ancora più spiccata. Il mio atteggiamento nei confronti del lavoro consiste nel cercare di fare sempre di più, di andare ancora più avanti e questo ho potuto farlo grazie a quelle persone che hanno dedicato la loro vita a un ideale, in questo caso l'analogico e il vinile. Fondamentale è stata l'amicizia e la cooperazione che per molti anni ho avuto con David Manley, il quale mi ha messo nella condizione di eseguire i tagli di lacca con il tornio da lui posseduto in California. Quando conobbi Manley mi resi conto che quella fase di lavorazione era superiore a quella già straordinaria della Linn del 1982. Ci poteva quindi essere un taglio di maggiore qualità. Il percorso di un LP prosegue con altre fasi molto delicate come i bagni galvanici per ottenere gli  stampers. Lo stampaggio è un altro grandissimo argomento che ho affrontato brillantemente grazie ad uno stabilimento giapponese conosciuto da anni con il quale ho instaurato un dialogo straordinario. Pensi che il direttore di questo stabilimento, quando ci siamo prima scritti e poi incontrati in Giappone per stabilire lo standard di lavorazione, con grande emozione disse che mi conosceva dal mio primo LP (Marco Fornaciari, Sonate per violino solo). A questo punto è chiaro che si può davvero parlare non di un'operazione nostalgica ma di vinile di nuova generazione, con riferimento a momenti di grande eccellenza tecnica. Sfortunatamente, molto spesso dei vinili  stampati oggi non raggiungono un alto standard poiché, ci sono delle ragioni che ne limitano la qualità, tutte le fasi di lavorazione devono essere senza compromessi e la partenza deve essere analogica al 100%. E' facile quando si vuole risparmiare a tutti i costi  che il prodotto finale non sia all'altezza.   


DPA: E' noto il suo grande rispetto per la naturalità dell'evento sonoro, un risultato il cui raggiungimento è tutt'altro che banale implicando, tra le altre cose, l'utilizzo di microfoni allo stato dell'arte, il loro particolare posizionamento nello spazio e l'individuazione di luoghi naturali adatti per registrare musica. Come riesce a conciliare così bene il lato creativo del suo essere "Sound Engineer" con quello strettamente tecnico?

GRC: Quella che lei ha sintetizzato è l'impostazione che mi ha sempre contraddistinto, dall'inizio del mio percorso produttivo a oggi. E' una cosa che  fa parte di una mia sensibilità personale. Quello che in tutti questi anni ho voluto perseguire, e che il pubblico di tutto il mondo ha sostenuto, è stata l'idea della ripresa sonora in un luogo naturale. Lei consideri la difficoltà e il lavoro faticosissimo che ho dovuto fare perché ogni incisione aveva uno spazio ed una situazione diversa ogni volta da ricreare. Il mio carattere mi ha consentito di portare avanti coerentemente questa convinzione, senza inquinarla sino a oggi. Certamente è un'impostazione legata alle produzioni classiche, il mondo fonè è classico. Altri generi musicali è palese che debbano essere affrontati con uno spirito e tecnologia completamente diversi, ci sono tuttavia altre visioni nel modo di catturare il suono anche nell'ambito classico e alla fine il pubblico fa le sue scelte. Mi sono sempre considerato una persona appassionata che ci tiene a mantenersi libera e un uomo libero per fare le proprie scelte non può scendere a compromessi, deve abolire i legami e le cooperazioni economiche con altre aziende perché inevitabilmente lo vincolerebbero. Così il mio essere indipendente mi ha portato a realizzare dal 1982 sino a oggi più di 400 produzioni discografiche, è il pubblico di tutto il mondo che mi ha permesso di poter arrivare a questo traguardo e di continuare su questa strada. Ciò è avvenuto da sempre perché non avendo avuto sostegni o sponsor particolari, il rapporto con il pubblico è l'unica fonte di sostentamento ed insieme una garanzia. In tutti questi anni di lavoro appassionato, facendo musica colta e raffinata ho veicolato diversi milioni di pezzi nel mondo sempre con quella freschezza intellettuale ed energia per sviluppare insieme ai miei artisti dei progetti dedicati al pubblico.

Un caloroso ringraziamento a Giulio Cesare Ricci per l'intervista concessa.

Alfredo Di Pietro


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