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 Frédéric Chopin - Complete Mazurkas Vol. 1 (On period instrument) - Tatiana Larionova Riduci


 

 

Parlando della pianista russa Tatiana Larionova, non che sia per forza necessario partire "ab ovo", ma per chiarire su quali premesse io intenda fondare questa critica musicale, è opportuno fare un piccolo "rewind" temporale. Ne sono sempre più convinto: per poter dire di conoscere un interprete bisogna prima aver assistito alle sue esecuzioni "live", ovvero alle sue performance in concerto, magari da una distanza non troppo grande. Sin dalla mia prima presa di contatto con la sua arte pianistica, avvenuta non ascoltando un CD ma assistendo il 5/5/17 a un concerto in occasione della Primavera di Baggio, sono rimasto molto colpito dalla sua personalità. Suonava "Hommage to Stravinsky, Prokofiev and Shostakovich", composizione per pianoforte di Alfred Schnittke, insieme all'ottimo Alberto Chines. Incisive impressioni che sono ritornate a pervadermi il 04/05/2018, sempre nell'ambito della "Primavera", dove eseguiva la Fantasia in fa minore per pianoforte a quattro mani Op. 103, D. 940 con Davide Cabassi, altro eccellente pianista. Per completezza d'informazione, Tatiana e Davide formano un consolidato duo pianistico nato parecchi anni fa, da quando cioè hanno deciso di formare una coppia anche nella vita. Impossibile (e anche ingiusto) non nominare la loro "creatura artistica", la Primavera di Baggio, stagione concertistica che con cadenza annuale suole risvegliare il fermento culturale del noto quartiere milanese. Ed è proprio ascoltando Tatiana dal vivo che non possono sfuggire l'estrema concentrazione, la cura certosina delle dinamiche e la valorizzazione di ogni singola nota, financo delle pause, che con lei diventano materia musicale strettamente interconnessa con le note.

Ho avuto quindi molto piacere nel sapere che era stato pubblicato il CD "Frédéric Chopin - Complete Mazurkas Vol. 1 On Period Instrument", un progetto frutto della collaborazione tra la pianista e l'etichetta Da Vinci Classics. Ma chi è Tatiana Larionova? Nasce nel 1979 a Primorskij Krai (URSS) e inizia a studiare il pianoforte all'età di cinque anni. Nel 1991 viene ammessa alla Central Music School di Mosca, dove studia con il Professor Yuri Slesarev e poi, dopo essersi diplomata con la massima votazione, entra al Conservatorio di Stato Tchaikovskij di Mosca nella classe di Victor Merzhanov, proseguendo con lui gli studi fino al 2004, anno in cui si laurea con grande onore. La figura di questo grande pianista e didatta è stata certamente di primaria importanza per la sua formazione. Per individuarne la statura, basti ricordare che Merzhanov ottenne il riconoscimento internazionale come pianista nel 1945, all'età di ventisei anni, quando vinse il primo premio (in condivisione con Sviatoslav Richter) al Terzo Concorso Pianistico All-Soviet-Union. Divenne solista della Filarmonica di Mosca nel 1946 e fu professore al Conservatorio di Mosca dal 1947 fino al 2012, anno della sua morte. Nel corso dei suoi sessant'anni di carriera ha tenuto oltre 2000 recital in diversi paesi e fu scelto da Prokofiev per la "premiere" della sua sesta sonata. Ma torniamo alla nostra pianista, che in anni più recenti (2014) ha conseguito il Master in Pedagogia presso il Conservatorio della Svizzera Italiana a Lugano. Successivamente ha seguito dei corsi di perfezionamento con Stanislav Ioudenitch presso l'International Center for Music (Park University, Kansas City) dove ha vinto una "Full Scholarship".

Grazie alle sue grandi qualità d'interprete, è risultata vincitrice di numerosi premi in concorsi internazionali, fra cui nel 1999 il prestigioso International Liszt Piano Competition (Polonia). Conquista il terzo premio al Concorso Internazionale S. Thalberg di Napoli, nel 2004 e, nello stesso anno, il secondo premio al "Premio Seiler" International Piano Competition di Palermo. Il suo "bottino" non finisce qui: nel 2007 riceve la menzione d'onore al Web Concert Hall International Competition (USA), il primo premio al Concorso Pianistico Internazionale "Lago di Monate" e il primo premio al Concorso Pianistico Internazionale "Palma d'oro"; è inoltre terzo premio al Concorso Pianistico Internazionale "Città di Cantù". Continua e intensa è la sua attività concertistica, con la partecipazione a molti festival pianistici internazionali, fra cui il Col-Legno di Lucca, il Tirolerfestspiele, Erl, il Forum Pianistico Europeo di Berlino e il "Bodensee-Festival" in Germania. Ed è proprio in occasione di quest'ultimo che conosce il grande pianista Shura Cherkassky, presente all'esecuzione, il quale affermò di essersi trovato di fronte a un "Wunderkind assoluto". Tatiana ha suonato nelle sale più importanti di tutta Europa: Russia, Bielorussia, Germania, Polonia, Francia, Austria, Svizzera, Italia e anche negli Stati Uniti. Risaliamo di qualche anno, nel 2001, e scopriamo che ha eseguito con grande successo il Concerto N. 23 di Mozart nella Sala Bolshoi del Conservatorio di Mosca con l'orchestra del Conservatorio diretta da A. Kaluzhnyi. Otto anni dopo, nell'Aprile 2009, esordisce con straordinaria acclamazione da parte del pubblico nella Sala Verdi del Conservatorio di Milano per la Società dei Concerti.

In quest'occasione riceve il conferimento, da parte del Comune di Milano, del premio "Milano Donna" 2009, dedicato alle donne che con la loro attività fanno grande il nome della capitale lombarda nel mondo. Nel 2013 fonda i corsi estivi Kawai a Ledro (Junior e Senior Camp), è inoltre docente presso l'Istituto Comprensivo Madre Bucchi di Milano. "In fieri" la sua produzione discografica, esordita nel Novembre 2009 con un cofanetto di CD/DVD contenente musiche di Haydn, Liszt e Rachmaninoff, per l'etichetta Limen Music. Il primo volume dell'integrale sulle mazurche di Chopin è storia dei nostri giorni. Chiamata "Mazurek" in polacco, è una danza popolare di coppia con ritmo ternario, nata in Polonia intorno al XVI secolo e poi diffusasi in tutta l'Europa a partire dal 1700. In realtà, la sua l'etimologia non è stata completamente chiarita, poiché c'è la possibilità che il termine derivi da "Masuria" o "Masovia", che sono nomi di due regioni polacche, oppure dal citato "Mazurek", villaggio nei pressi di Varsavia, o ancora da "Mazur", nome con cui si indica contadino polacco. Per la nostra gioia, negli anni tra il 1825 e 1849, il grande compositore polacco scrisse 59 mazurche per pianoforte, di cui 58 sono state pubblicate (45 essendo Chopin in vita e 13 postume). Ne sono inoltre note altre 11 i cui manoscritti sono in mani di private (2) o non tracciati (almeno 9). Una materia magmatica e non scevra di tratti misteriosi per quanto riguarda la sua storia, strettamente collegata alla già nota mazurka polacca, un genere con struttura di base "ABA" che si è voluto ricco di ripetizioni, com'è giusto sia per una danza.

Difficile pensare che Chopin le abbia composte per essere ballate, ma che piuttosto abbia considerato la forma originale per creare dei brani perfettamente autonomi che di quello stile erano pregni, arricchiti dal punto di vista tecnico con l'uso del cromatismo e di una particolare armonia, insieme all'implementazione del contrappunto e delle fughe. La peculiarità musicale distintiva della mazurca sta nella caduta dell'accento ritmico sul secondo tempo della misura, cosa in comune con altre danze nazionali polacche e derivata, pare, dal trotto dei cavalli, dove infatti si avverte che il secondo battito degli zoccoli è più accentuato rispetto al primo. A questo punto, chi si aspettava molto da questa straordinaria pianista, ascoltando questo CD non è rimasto certo deluso. Già dalla prima traccia, la Mazurca Op. 6 N. 1 in fa diesis minore, è evidente il messaggio di reverenza che si vuol portare alla musica popolare polacca. La pianista affronta questa pagina, al pari delle altre, con ammirevole coscienziosità e nel rispetto del segno scritto. Questo significa innanzitutto non tradire le intenzioni dell'autore, ma porgere all'ascoltatore un ordito musicale dall'esemplare chiarezza, senza che tuttavia faccia capolino una lettura pedestre. L'attenzione verso ogni indicazione si risolve allora in uno "steccato" da non scavalcare, ma nell'ambito del quale si è liberi d'esprimere tutta la propria personalità. Una personalità molto forte nel caso di Tatiana Larionova.

 



Segni dinamici come le forcelle, i crescendo e decrescendo, il rubato, in verità appena accennato per non appesantire la fluidità di andamento che deve avere una danza, il ritenuto che inizia quattro battute prima del fiero "ff", sottolineato dal pedale sull'accordo, sono tutti particolari che risultano lampanti a chi ascolti con la partitura davanti. È una cosa che ovviamente non è tenuto a fare il comune ascoltatore, ma al quale, proprio in virtù di questa certosina nitidezza, sicuramente non sfuggiranno certe finezze, poi tradotte in termini di emozioni. Anche nelle ricorrenti figurazioni puntate è riposto il segreto e la nobiltà dell'arte pianistica di Tatiana applicata alla mazurca, nel suo modo tranquillo e insieme sfuggente di evocarle sulla tastiera. È capace di grande dolcezza nella N.2 in do diesis minore: Sotto voce, nel "piano legato" che ci trasporta direttamente nelle calde acque maternali di una musica senza tempo. Come negli accenti sulle semiminime all'inizio della N. 3 in mi maggiore: Vivace, eseguiti con scrupolo e un non comune senso percussivo, abili nel dare impulso al lato più gioiosamente gagliardo di queste mazurche. L'ingresso del "ff", magistralmente assecondato dall'uso del pedale, è come una scossa elettrica; qui la pianista russa, pur sottolineando l'improvviso scarto d'intensità sonora, si mantiene sempre particolarmente attenta alla qualità del suono, non permettendo mai che sconfini nell'esagerato o, peggio, nello sguaiato.

Ascoltando questo lavoro, non bisogna mai dimenticare che Tatiana ha utilizzato un pianoforte Pleyel d'epoca (1853) e non uno smagliante Steinway & Sons piuttosto che un Fazioli. Non sono un addetto ai lavori, ma credo che l'impresa di dominare intensità e dinamiche sul Pleyel sia tutt'altro che facile. Ma è la stessa pianista, da me interpellata, a sciogliere ogni dubbio a riguardo: "Partiamo dal presupposto che io non sono una fortepianista, né una specialista degli strumenti d'epoca. Mi piaceva quel preciso strumento, l'ho provato un po' e... via! Sicuramente sono strumenti meno potenti, con minore, secondo la mia modesta opinione, varietà timbrica ma maggiore possibilità di controllo. Il pedale è meno vigoroso, quindi diventano più applicabili quelli originali di Chopin. La meccanica poi, essendo più lenta, invita a un maggior rubato e libertà in generale. Uno strumento del genere giustifica minore lucidità, esposizione, ma maggiore intimità. È come se avessi fatto più un disco per gli amici che un prodotto di mercato. E questo inevitabilmente dona più sincerità e naturalezza." "Tutto è eleganza", sembra essere l'imperativo da soddisfare sempre e comunque, come nella Mazurca Op. 7 N. 1 in si bemolle maggiore: Vivace, con il suo andirivieni di note ascendenti e discendenti, inframmezzate da figurazioni in "scherzando" di sapida ironia, in un pezzo che sembra fare il verso a un vero e proprio valzer. Un lieve soffio diventa la musica nella sezione "pp sotto voce". Nella N. 2 in la minore: Vivo, ma non troppo, l'atmosfera nostalgica instaurata sembra bruscamente spezzarsi alla settima battuta nel "f stretto", eseguito da Tatiana con un fulmineo scatto di reni.

Il grande controllo che lei mostra, la ferrea volontà che nulla sfugga al dominio sulla partitura, esige un livello di vigilanza che non deve mai scemare e che poi porta, in buona sostanza, a un grande coinvolgimento finale da parte dell'ascoltatore. È la classica brace che cova sotto la cenere, pronta a rivelarsi nel suo ardente calore in qualsiasi momento. Nell'Op. 17 N. 1 in si bemolle maggiore: Vivo e risoluto, da una sezione "A" di notevole baldanza, si transita con disinvoltura a un sezione "B" sognante, delineata con pochi ma efficaci tocchi e sostenuta dal ritmo oscillante della mano sinistra, tracciato con superba precisione ritmica. Davvero incantevole il senso del rubato nella N. 2 in mi minore: Lento, ma non troppo, sorprendente per la sua estrema raffinatezza, se l'ascoltatore inavveduto avrà considerato questa pianista tendente al "monolitico". Nulla di più sbagliato, perché la sua è un'arte adorna di grande flessibilità, obbediente all'espressività che in un dato frangente deve emergere senza se e senza ma. Un rigore che non cede mai il passo allo smanceroso, nemmeno nei momenti di più accentuata languidezza, come avviene nella N. 4 in la minore: Lento, ma non troppo. Una specie di ballata triste e delicatissima raccontata con una lievità commovente e grande senso dello "spleen". Op. 24... nella N. 2 in do maggiore: Allegro non troppo, sull'incipit quasi sornione, scandito dagli accordi di semiminime, s'innesca alla quinta battuta il guizzante tema, eseguito con sopraffina tecnica di dito da Tatiana, che può contare sulle sue notevoli doti di scatto e velocità.

Nella stupenda e difficile N. 4 in si bemolle minore: Moderato, Tatiana deve vedersela con un andamento a elastico, tra accelerando e ritenendo, che va gestito con sapienza, se non si vuole irrimediabilmente rovinare la poesia che si sprigiona da questa pagina, ancora una volta emergente da un "mix" di dolcezza, fierezza e un senso d'indicibile nostalgia. La mazurka si spegne tra gli echi di una sublime poesia del "manque", che ha il suo epilogo a partire dal "sempre rallentando" che segue il punto coronato, otto battute prima della fine, sino allo "smorzando" delle ultime tre. In un'atmosfera circospetta si apre invece l'Op. 30 con la N. 1 in do minore: Allegretto non tanto, mazurca che nella diciassettesima battuta si apre al canto "con anima". La pianista di Primorskij Krai ha il dono di saper legare i vari momenti emotivi in maniera coerente, stilisticamente impeccabile; in modo "indolore" lascia che sia il gradiente espressivo a essere eloquente di per sé, mai sottolineato da forzature tutto sommato inutili, se non dannose. La sua è una lezione di trasparenza. Sono come scolpiti nella roccia i momenti di "p" e "f" nella N. 2 in si minore: Allegretto, acquistano rimarchevole rilievo nel loro alternarsi. Nella stupenda e famosa N. 3 in re bemolle maggiore: Allegro non troppo è l'incanto melodico che la fa da padrone, dove anche gli sbalzi dinamici sembrano ammorbiditi onde non turbare quella soave magia. Qui le indicazioni vengono trattate "cum grano salis", non marcandole ma solo accennandole, a vantaggio della creazione di un'atmosfera estremamente raffinata, dove calcare troppo sulle indicazioni dinamiche rovinerebbe tutto.

Nello "slentando" la rarefazione raggiunta prelude e rafforza il "a tempo risoluto". Concludono il primo volume di quest'integrale le quattro mazurche Op. 33. Un vertice di malinconia, visto che da Parigi Chopin desiderava rimembrare con queste la campagna polacca e la sua infanzia. Furono pubblicate nel 1838, eminente simbolo della Mazur, la danza nazionale che prende il nome dai Mazuri, gli abitanti del Mazowsze, una regione della Polonia del nord. Sin dalla N. 1 in sol diesis minore: Lento, Tatiana Larionova dà l'impressione di voler conferire maggior libertà agogica a quanto è sotto le sue mani, per questo il rubato è qui più fantasioso ed emancipato. Nella N. 2 in re maggiore: Vivace prevale l'etereo volteggiare di note, accompagnato dai rumoretti provenienti dalla meccanica del vecchio Pleyel; ma anche questo fa parte del gioco, nel degustare il sapore di antico che emana questo strumento. "Mesto" indica il N. 4 in si minore, un pezzo dall'ampio sviluppo e tra i più noti di Chopin. Se il genere della mazurka per pianoforte s'identifica in maniera quasi totalizzante con la figura di Frédéric Chopin, dopo aver ascoltato questo CD posso dire che tale binomia un po' si verifica anche con Tatiana Larionova, pianista versatile impegnata in un'interpretazione su un pianoforte dell'ottocento. Si ha l'impressione che sia costantemente mossa da un'insospettabile energia, emanata con una determinazione che teme pochi rivali. La sua lettura sembra sottostare una forza misteriosa, che va oltre le sue fattezze fisiche, portatrice di un'alta etica che sconfina quasi nel missionario.

Accende un'idea: la musica come apostolato, come privilegiato strumento atto a traghettare un essere finito verso l'infinitezza. Tanti sono gli elementi che decretano la validità di questo disco, innanzitutto il fascino derivante dall'esternazione di un'istintività autenticamente slava, quella sfumata nostalgia che tinge di viola ognuna di queste mazurche, non un viola qualunque ma recante la malinconia che Tatiana ha per la sua terra. Il fascino che queste deliziose composizioni già contengono in se, viene accresciuto dall'esecuzione su uno strumento d'epoca, il quale dona particolare asciuttezza al tessuto musicale è l'assoluta mancanza di quella posticcia patinatura che talvolta "inquina" queste composizioni. Il suo è uno Chopin tensivo, percorso da una forte corrente interiore, ubbidiente solo a una purissima essenzialità. Ecco che queste "Mazurkas" diventano altra cosa rispetto a certe letture mielose in cui è dato incappare nella discografia dell'immenso artista polacco. Tatiana Larionova fa scoccare dalle sue dita particole di fuoco la cui luminescenza è appena smorzata dal suono dello strumento d'epoca, una sorta di vecchio "carillon" francese con il dono della primigeneità, impegnato nell'atto di consegnarci intatto lo spirito dell'autore. Un lavoro che quindi si stacca da altri in virtù del suo battere un percorso all'incontrario, dove lo smalto luminoso e levigato degli strumenti moderni ci ha fatto forse perdere le radici più intime di questa musica meravigliosa.


Alfredo Di Pietro

Dicembre 2019


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