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mercoledì 15 maggio 2024 ..:: Dynavoice Challenger M-65 EX ::..   Login
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 Dynavoice Challenger M-65 EX Riduci

 

INTRO

C'è nell'aria un nuovo modo di concepire la riproduzione audio, una classe di oggetti destinata a gettare nuova luce su un mercato per certi versi asfittico? Sempre più spesso mi capita di rimuginare su questo tema innestandolo su quello popolare dell'"Affordable Hi Fi". Per esperienza e possibilità economiche è un filone che mi appartiene sino all'osso, soprattutto da quando trovo affascinante avventurarmi nell'ambito di quelle macchine da musica che consentono di raggiungere un risultato sonoro confortante a fronte di un modesto esborso.

Il tema dell'alta fedeltà a buon mercato non è certo una novità, collateralmente alla "middle class" e all'Hi Fi di lusso c'è sempre stata insomma una via di fuga (o di salvezza) per gli audiofili attenti alle proprie tasche ma non per questo disposti a rinunciare alla qualità. Inevitabile corollario al primo nasce un secondo interrogativo: com'è possibile realizzare dei prodotti che costino poco, in relazione ovviamente alla qualità che sono in grado di esprimere?

La complessa questione viene brillantemente affrontata dalla svedese Dynavoice, un brand che forse non molti conoscono ma presente sulla scena dell'alta fedeltà sin dagli anni '70. Forte di un risultato che è sotto gli occhi di tutti, con la sua gamma di diffusori sbugiarda in pieno il cliché che il valido è sempre costoso. Seguendo il "fil rouge" del contenimento dei costi industriali, i sistemi Dynavoice sono frutto di una collaborazione Svezia/Cina, in buona sostanza sono progettati in Svezia da Tommy Wadensten, uno dei titolari dell'azienda, aiutato dal suo staff e prodotti in Cina. Si favorisce così l'approccio a un'oculata concezione del mercato che demanda ad aziende orientali la realizzazione del concepito, con il valore aggiunto di un netto abbattimento dei costi di produzione. Regista della Dynavoice, come anche dei marchi Proson e QLN, è la JWS International AB, azienda svedese di Falkenberg attiva nel campo degli altoparlanti come anche in altre tipologie di articoli che riguardano l'audio.

Il poliedrico Tommy fa da ponte di congiunzione tra le due nazioni coinvolte nel processo ideativo/produttivo, da un lato in qualità di esperto progettista e dall'altro come comproprietario della JWS e socio della Topsound, azienda cinese di prodotti OEM (Original Equipment Manufacturer) che non vende direttamente, ma produce solamente per committenti, tra cui ci sono i tre marchi citati. E' bene precisare che la Topsound non è l'unica azienda che produce diffusori e componentistica per JWS in quanto centrata solo su prodotti di una certa fascia di prezzo, il marchio Dynavoice invece, che ha pretese qualitative di un certo tono, si affida a un'azienda OEM dal diverso target. Sarà una logica produttiva anche un po' complicatuccia ma pienamente congruente con i risultati che si volevano ottenere (e si sono come vedremo ottenuti).

Non si parla molto di questi diffusori, anche se sui forum dedicati all'alta fedeltà sostenibile nascono sempre più spesso dei thread che li riguardano, ma chi li ha ascoltati con attenzione non corre il rischio di relegarli a prodotti da discount dell'audio, non sarebbe né giusto né onesto farlo. Come ho avuto modo di costatare in prima persona sanno comportarsi con onore anche con elettroniche rivelatrici e dalla classe di prezzo nettamente superiore alla loro. Una rapida rassegna a volo d'uccello credo sarà utile al lettore per inquadrare meglio quanto viene offerto dalla Dynavoice. Attualmente la gamma di diffusori del marchio svedese si distende nelle serie:

Magic EX, dalle ottime finiture, costituita da un bookshelf (EX S-4), un centrale (EX C-4), un floorstanding (EX F-6) e un nuovo subwoofer di produzione 2010 (EX SUB-8).
Serie Challenger EX, dinamica e trasparente, con un bookshelf (EX S-5), un centrale (EX C-5), un floorstanding, oggetto della nostra prova, (EX M-65).
Serie Definition, molto raffinata, composta da un bookshelf (DM-5), un centrale (DC-5), due floorstanding (DF-5 e DF-6) e un subwoofer (SW-10).
Serie Dynamite dalla dinamica esplosiva: un bookshelf (S-61), un centrale (C-62) e due floorstanding (8 e 10).

 


LE CHALLENGER M-65 SOTTO LA LENTE D'INGRANDIMENTO

SPECIFICHE TECNICHE:

Tipologia: Diffusore da pavimento, 3 vie Bass Reflex con 2 Dumper inclusi. Connessioni Bi-Wiring. Tecnologia "X-Change".

Altoparlanti:
1 Tweeter da 1" "Superaudio"
2 Midrange da 5,25" in fibra di carbonio
2 Woofer da 6,5" in fibra di Kevlar
Impedenza: 4-8 ohm

Risposta in frequenza: 25 - 32.000 Hz (-3 dB)

Sensibilità: 93 dB

Potenza massima sopportabile: 250 W

Peso: 27 kg

Dimensioni (Altezza - Larghezza - Profondità): 1100 x 198 x 395 mm

Bene, è ora giunto il momento di prendere in mano cacciavite a croce e chiave a brugola per denudare queste M-65. Smontare gli altoparlanti è un'operazione che mi mette sempre un po' d'ansia per il timore di rovinare qualcosa. Il baffle frontale delle Challenger, al pari delle Definition DF-6, ha una bella finitura piano black laccato nero e sarebbe stato un peccato segnarlo oltre che antipatico dover rifondere il danno fatto, per non parlare delle membrane che la punta del cacciavite in un movimento inconsulto potrebbe facilmente danneggiare.

Il Midrange da 5,25" in fibra di carbonio

Il Tweeter "Superaudio" da 1"

Il Woofer da 6,5" in fibra di Kevlar

La diversa finitura dei fianchi, del top e del pannello posteriore, in laminato melamminico effetto quercia nero, fa da pendant all'elegante laccatura anteriore. Nei miei ultimi test prima di procedere alla prova compio l'operazione di picchiare le nocche sul mobile per verificare quanto sordo sia alle sollecitazioni esterne, un test elementare che ha rivelato la solidità di queste Challenger.

Le manovre di smontaggio non sono state questa volta facilissime per via di due "sorprese" che si sono presentate. La prima l'ho incontrata dopo aver rimosso le quattro brugole del midrange superiore, con l'altoparlante che non ne voleva sapere di staccarsi dalla sua sede perché rimasto incollato alla vernice antirombo spalmata in abbondanza sulla fresatura. Non ho demorso e con un po' di pazienza sono riuscito a staccarlo senza danni. Il secondo imprevisto si è affacciato quando, rimosse le viti della morsettiera posteriore, sono riuscito a estrarla dalla sede solo di pochi millimetri (poi vi dirò perché), problema anche questo risolto senza rovinare nulla.

Il cabinet è costruito in MDF di buon spessore (18 mm), l'irrigidimento della struttura è realizzato grazie a diversi listelli di rinforzo di cui alcuni posti intorno alle sedi degli altoparlanti, dove più si fanno sentire le sollecitazioni create dalle loro vibrazioni. Diversi altri sono sistemati all'incrocio tra le sei superfici in MDF che costituiscono il mobile (laterali, anteriore, posteriore, top e base).

All'interno della camera di carico dei due woofer sono posti orizzontalmente due telai di rinforzo di notevole spessore, uno tra il primo e il secondo condotto e l'altro tra il terzo e il quarto. Interessante notare come i due midrange lavorino in un volume di carico separato da quello più grande dei woofer, lo scopo di questa soluzione è evitare interferenze con i trasduttori per le basse frequenze che sono ospitati in una camera di carico separata, posta più in basso.

Il "sub cabinet" dei medi è accuratamente isolato, il foro praticato sulla parete posteriore attraverso cui passano i cavi che raggiungono il crossover è occluso con della colla termica per evitare ogni minimo sfiato d'aria. Ecco spiegato il busillis della difficoltà di rimozione della morsettiera posteriore: i cavi di midrange e tweeter erano bloccati nel passaggio, impossibilitati quindi a scorrere in avanti. Per liberarli sono stato costretto a rimuovere la colla e in un secondo momento ho potuto estrarre la vaschetta posteriore portacontatti per quel tanto necessario a fotografarla.

Le pareti interne laterali e posteriore sono tappezzate da una buona quantità di fibra di poliestere, con funzione di assorbimento delle onde stazionarie interne. La scelta di realizzare ben quattro accordi reflex posteriori, invece di uno dalla superficie complessiva equivalente, credo sia stata fatta per consentire all'utente una facile modulabilità delle basse frequenze in ambiente (una specie di basso "ben temperato), vera bestia nera di ogni audiofilo che tiene a un buon bilanciamento timbrico.

I damper

I due piccoli damper forniti con ogni diffusore possono essere utilizzati per tappare uno o due dei quattro condotti, raggiungendo così lo smorzamento desiderato. Dati gli sbocchi posteriori, il sistema andrà posizionato non troppo vicino alla parete di fondo per evitare interferenze ed eccessivi rinforzi. I condotti sono realizzati in cartone pressato per la parte che affaccia internamente al mobile mentre per gli ultimi centimetri sono di una plastica rifinita nello stesso modo delle superfici anteriore e posteriore. A scanso di equivoci è bene sottolineare che non si tratta di una scelta grama, fatta in economia poiché il cartone pressato, particolarmente sordo, è uno dei migliori materiali di cui possa essere costituito un condotto. Ognuno di essi è lungo 15 cm e largo 7 cm.

Vista interna dell'X-Change

La vaschetta portacontatti, tenuta in sede da otto viti con testa a croce, è predisposta per il bi-wiring/bi-amping, monta connettori dorati di buona qualità e integra l'originale dispositivo On Board "X-Change", che già illustrai a suo tempo nella recensione delle Definition DF-6. Il suo intervento consente la regolazione del livello di emissione nella zona delle frequenze medio-alte (dai 4000 ai 20.000 Hz), secondo i gusti dell’ascoltatore e/o le esigenze di acustica ambientale. Il suo utilizzo è molto semplice: Senza il ponticello di ottone a "U" si ottiene un'attenuazione di 2 dB, connettendolo sul lato destro del triangolo equilatero non si ha alcuna attenuazione o esaltazione (0 dB), sul lato sinistro + 2 dB mentre ponendolo sui due contatti dorati che formano la base abbiamo la massima esaltazione possibile: + 4 dB. Nell'esame della sua faccia nascosta notiamo che il triangolo equalizzatore è costituito da due resistenze 5W2RJ i cui reofori sono saldati sul vertice e ai due connettori inferiori seguendo le linee laterali, il dispositivo è collegato alla PCB del filtro medio-alti tramite un corto cablaggio.

Mi sarebbe piaciuto approfondire il discorso sugli altoparlanti, filtro crossover, X-Change e altri particolari progettuali, per cui ho scritto alla Dynavoice Svezia allo scopo di acquisire qualche informazione aggiuntiva, purtroppo senza ricevere risposta.

 Il filtro passa basso dei woofer

Tra l'X-Change e il passa basso vediamo il filtro della sezione medio-alti con il passa banda dei midrange e il passa alto del tweeter.

Integrato alla morsettiera, vero cervello del diffusore, troviamo il filtro crossover che prevede un secondo ordine elettrico (attenuazione di 12 dB/ottava) sulle basse frequenze, costituito da un'induttanza in serie, un condensatore in parallelo (l'elettrolitico CYC da 68 microfarad/100 Volt) e una resistenza 5W4R7J. A monte dei midrange c'è un passa banda anch'esso del secondo ordine elettrico dotato di condensatore e induttanza in serie e induttanza - condensatore in parallelo mentre il tweeter Super Audio è filtrato con un semplice condensatore, configurando così un passa alto del primo ordine elettrico (attenuazione di 6 dB/ottava).

Chi pensa che due o tre altoparlanti siano pochi non rimarrà certo deluso dalle Challenger M65-EX, dove ne troverà ben cinque. Ma non sono solo i numeri che contano, tutti i trasduttori sono notevoli per fattura e finitura, a partire dal tweeter Super Audio da 1" passando ai due midrange da 5,25" con membrana in fibra di carbonio e dotati di una flangia aggiuntiva in plastica per l'integrazione con il frontale, per arrivare ai due woofer con membrana in fibra di Kevlar da 6,5". I complessi magnetici circolari appaiono ben dimensionati, il tweeter ha la struttura in polimero, come l'aerodinamico cestello dei woofer. I malpensanti mettano da parte le facili ironie, come detto riguardo al cartone pressato dei condotti reflex anche in questo caso si è privilegiato un materiale molto poco risonante, provate a colpire leggermente con la punta di un cacciavite un cestello in lamiera stampata e dopo uno in plastica e vi accorgerete subito della differenza. I midrange e woofer hanno la sospensione in gomma e sono dotati di un'ogiva rifasatrice che funge anche da parapolvere, tutti i trasduttori hanno i cavi degli altoparlanti collegati tramite dei "Fast-on" di larghezza differente, maggiore per i poli positivi e minore per i negativi, impossibile quindi sbagliarsi invertendo le polarità.

I connettori dorati per i cavi di potenza sono di buona qualità, rivestiti di coperchietti in plastica trasparente nei punti metallici di contatto con i cavi. Come dicevamo è possibile il bi-wiring/bi-amping mentre chi vorrà usarle in mono-wiring potrà adoperare i ponticelli di ottone forniti: due sottili lamine sagomate. Io vi consiglio di metterle da parte e utilizzare dei corti spezzoni dello stesso cavo di potenza usato per il collegamento con l'amplificatore.

 

 

L'ASCOLTO: IL FASCINO DISCRETO DELL'ELEGANZA

Setup:
Preamplificatore Rotel RC 06
Due amplificatori integrati Fenice MKT II (Tripath TA 2024) utilizzati in biamplificazione verticale passiva
Finale di potenza Rotel RB 1070
CD Player Rotel RCD 1070
Personal Computer HP G62 con player Foobar 2000
Scheda audio E-MU Pre Tracker Pre USB 2.0
Cavi di segnale Fluxus 2*70 S
Cavi di potenza Fluxus LTZ 900
Cavi di alimentazione su CDP e Preamplificatore Fluxus "Alimentami"

E' risaputo che la tecnica più semplice per migliorare il suono è di spostare i diffusori nell'ambiente d'ascolto, così facendo modificheremo il bilanciamento tonale, avremo più o meno bassi se li avvicineremo o allontaneremo dalle pareti laterale posteriore. Anche l'orientamento contribuisce ai miglioramenti e/o caratterizzazioni particolari, angolando per esempio le torri a convergere nel punto d'ascolto (toe-in) avremo la sensazione di una definizione più marcata piuttosto che tenendole parallele alle pareti laterali anche se, allo stesso tempo, la riproduzione potrà apparirci più piccante e aggressiva.

Nel caso delle nostre M-65 la disposizione in ambiente non mi è sembrata particolarmente critica né nel mio salotto di 24 metri quadri mediamente riflettente né tantomeno nel "laboratorio" che mi sto allestendo (un garage lungo 7 metri e largo 3). Nel salotto sono stati sufficienti 80 - 100 cm di aria dalla parete posteriore e una sessantina - settantina dalle laterali mentre usando il "trucco" dell'orientamento verso il punto d'ascolto, il mio preferito, ho ottenuto un'immagine solida, stabile e ben a fuoco. L'interasse tra i diffusori era di circa tre metri.

Gran bella utility è la possibilità di modulare l'emissione della gamma bassa grazie ai ben quattro condotti di accordo di cui due occludibili con i damper di spugna forniti. Volendo possono essere tappati tutti e quattro ma ve lo sconsiglio, ne risulterebbe una gamma bassa soffocata e cupa, per ottenere una regolazione fine in ambiente a mio parere i due "turaccioli" in dotazione bastano e avanzano. Dopo aver sperimentato diverse soluzioni, sono giunto alla conclusione che nella mia sala andava bene mettere un damper nel primo condotto, quello più in alto e un altro nel terzo lasciando liberi il secondo e il quarto.

Le M-65 si rivelano essere un sistema molto versatile, pensato per una buona integrazione in una vasta tipologia di ambienti domestici in cui il minimo sindacale dovrebbe essere, a lume di naso, dai 4x3 m in su. Il buon Tommy Wadensten avrà pensato che uno dei maggiori crucci degli audiofili è proprio l'adattamento del sistema all'ambiente (il contrario è più difficile), così anche il sistema "X-Change" favorirà il giusto interfacciamento con il locale e le elettroniche. Nella prova d'ascolto questo dispositivo era settato sugli 0 dB e così l'ho lasciato durante il corso dei test, anche se ci ho giochicchiato un po' per valutarne l'efficacia.

Consiglio all'eventuale acquirente un rodaggio di almeno 50 - 60 ore, io l'ho portato a termine alternando dei segnali test a volume moderato (White e Pink Noise) lasciati per ore a "rosolare" gli altoparlanti, alternati con CD musicali in repeat.

Sin dai primi minuti l'indole di queste M-65 s'impone alle orecchie dell'ascoltatore con franchezza, siamo ben lontani da quell'essere né carne né pesce dei sistemi rabberciati alla meglio, l'impressione che il progettista abbia lavorato per dare coerentemente vita a un ideale di suono ben definito è netta. La D'Appolito è una configurazione di altoparlanti in cassa acustica che prende il nome dal progettista che l'ha realizzata (Joseph D'Appolito) e prevede l'inserimento in linea verticale di un tweeter tra due woofer o due midrange allo scopo di rendere la dispersione verticale più uniforme possibile. Nelle nostre Challenger la geometria adottata è l'MTM (midrange, tweeter, midrange) così ne viene fuori una gamma media ampia e ben distesa nello spazio in cui il tweeter però è solo "discretamente" raccordato con i due midrange, il suo intervento rimane facilmente individuabile nell'impasto sonoro, un po' scollato dalla gamma media.

L'importante test sulle voci vede protagonisti Fabrizio De Andrè e Sting rispettivamente nei due lavori "Anime Salve" e "If on a Winter's Night", il compito è impegnativo perché il loro spettro tonale, sottolineato dalla registrazione e per l'abitudine del grande Faber di cantare con il microfono vicinissimo alle labbra, cade nella zona critica dell'incrocio tra midrange e woofer, un cimento difficile per qualsiasi diffusore ma che le Challenger superano egregiamente. Il timbro del cantante-bassista ex Police è asciutto, le sibilanti appena accennate non procurano il minimo fastidio in un quadro di buona naturalezza. Una prestazione insomma poco spettacolare, nel senso migliore del termine, le M-65 molto difficilmente vi stancheranno durante gli ascolti prolungati o più in là nel tempo. In "Prinçesa" De Andrè sfodera uno smalto levigatissimo, mai sabotato da fenomeni di fatica d'ascolto, lo si scopre solo preoccupato di mettere in luce la sua intensa musicalità senza distrarre l'ascoltatore con invadenti elementi di disturbo. Nel brano "Quello che non ho", dove la voce travalica le medie per entrare nel campo di pertinenza dei woofer, si nota però una certa enfasi del mediobasso, confermata anche in altri passaggi del test d'ascolto.

Procedendo viene confermata l'impressione di avere a che fare con una gamma media poco o nulla aggressiva, costantemente naturale, rilassata e del tutto priva di acidità, se avete bisogno di "trapani" rivolgetevi altrove :-) Non ho trascurato ovviamente le voci femminili, che entrano in campo con due fuoriclasse: Anne Sofie Von Otter, splendidamente accompagnata al pianoforte da Brad Mehldau nell'intenso doppio album "Love Songs" e Christa Ludwig nell'interpretazione dei "Kindertotenlieder" di Gustav Mahler con H.V. Karajan e i Berliner Philharmoniker. A parte l'indiscutibile bellezza del timbro sono rimasto colpito dall'accuratezza con cui i piccoli salti dinamici vengono riprodotti, ogni più piccolo respiro è vissuto con spontanea freschezza nel ruscellare di una sublime musicalità, anche alzando il volume il suono non si scompone e l'equilibrio timbrico rimane inalterato. La gamma media c'è ma la sensazione è che sia un po' slegata dal tweeter, soprattutto nella porzione superiore della banda di competenza, si percepisce la presenza di un insellamento prima dell'intervento energizzatore del tweeter Super Audio.

Pilotata in biamplificazione con i Fenice va molto bene ma... bisogna andarci piano con la manetta perché pur sviluppando una buona SPL continua mostra la corda proprio negli improvvisi guizzi dinamici. Il test sulle voci della lirica è portato a termine con "Des Knaben Wunderhorn" di Gustav Mahler nell'interpretazione della Von Otter e Quasthoff, con Claudio Abbado alla guida dei Berliner, due registrazioni "difficili" da riprodurre su qualsiasi impianto. I Fenice si rivelano timbricamente perfetti ma il volume va parecchio ridimensionato per evitare distorsioni sui picchi più intensi. La situazione s'inverte con il potente finale Rotel RB 1070, dove ci aggiudichiamo pressioni e dinamica a iosa ma purtroppo non si conseguono la stessa trasparenza, analiticità e bellezza timbrica.

Non ho avuto la possibilità di fare quest'esperimento ma credo che un buon classe D di potenza intorno ai 50 - 60 watt, per esempio un Virtue Audio Virtue ONE.2 o il più recente Two.2, sarebbe in grado di riunire i vantaggi delle due amplificazioni annullandone i limiti. Comunque anche i due Fenice, grazie alla buona sensibilità delle M-65, assicurano volumi di livello "condominiale".

Nel brano "Fanfare for The Common Man", interpretato dalla Los Angeles Philharmonic Orchestra sotto la direzione di Zubin Mehta, l'impatto percussivo dell'unisono iniziale di timpani e grancassa è impressivo, il senso di tensione delle pelli percosse è pregevole, come la rotonda pienezza degli armonici che concorrono al tratteggio timbrico-armonico. Le due grandi percussioni non s'impastano mantenendo distinta la loro individualità. Certo l'estensione non è di quelle telluriche e fa ancora capolino una certa enfasi del mediobasso, ma le M-65 scendono comunque bene e con un buon controllo.

Due cavalli di battaglia del grande gruppo fusion Weather Report sono "Black Market"e "Badia", quest'ultimo tratto dall'album Tale Spinnin' del 1975. Nel "Mercato nero" i piatti della batteria sono ben incisi, non risultano né troppo lontani o attenuati ma presenti il giusto mentre nel rarefatto e misterioso "Badia" c'è un ricco tessuto di strumentini con una prevalenza della gamma acuta sul resto della banda. Un diffusore opaco nella regione alta dello spettro li penalizzerà deprivandoli del loro fascino. Anche in questo test le M-65 si difendono bene, i piatti sono abbastanza presenti e incisivi senza mai diventare invadenti, il suono è solidamente scolpito, forse non ricchissimo di armonici e dalla prospettiva leggermente schiacciata ma certamente godibile e del tutto privo di punte di acidità.

Il tweeter da 1" Superaudio si rivela essere un componente davvero notevole, dal suono incisivo, solido e dinamico. La batteria del gagliardo Billy Cobham in Spectrum è una vera goduria, i potenti colpi di cassa sono veloci, la risposta all'impulso intensa e appagante. Il basso si presenta in ogni occasione ben articolato ma con una certa tendenza alla ruffianeria, decisamente piacevole sui generi più moderni anche se non propriamente corretta. I tremendi colpi inferti ai piatti "splash" da Mister Energy sono efficaci, ricchi di forza e ben scolpiti. L'efficacia della gamma alta è una delle cose migliori di queste Challenger.

La prova d'ascolto si chiude in bellezza con il pianoforte, suonato da quel gigante della musica che è stato Glenn Gould, nell'estrema (in tutti i sensi) interpretazione delle Variazioni Goldberg BWW 988 di J.S.Bach La registrazione risalente al 1982 fu portata a termine dal genio canadese poco tempo prima di morire e rappresenta il suo testamento spirituale, un sublime canto del cigno che lascia stupefatti per l'intensità e la perfezione estrema della lettura. Ascolto di un fiato l'aria e le trenta variazioni che compongono questo monumento sonoro. Le Challenger appaiono ricche di rigore, misurate e mai sopra le righe. Il sound è luminoso, le M-65 ancora una volta non accennano a esibire alcuna voglia di protagonismo nell'ampio registro medio dove si mantengono sempre sul binario di una rigorosa contenutezza. Il timbro del pianoforte è convincente nell'attacco e decadenza delle armoniche, i tempi di esistenza appaiono corretti ma è evidente la sottolineatura nella parte medio-bassa dello strumento.

Chapeau Dynavoice!

 

 
SFIDA IN FAMIGLIA: DEFINITION DF-6 Vs CHALLENGER M-65 EX

Nel corso del test è emerso in maniera evidente come per la Dynavoice produrre diffusori non vuol dire appiattirsi su un'impostazione sonora comune a tutti i modelli, è quanto ho potuto arguire non tanto analizzando le M-65 nei dettagli quanto comparandole con un modello di tipologia simile. Le mie Definition DF-6 sono, infatti, anche loro dei floorstanding di buone dimensioni (tolta la base le misure sono identiche), diverse però negli altoparlanti, nella concezione tecnica e anche nel suono. Sotteso a questo concetto è quello del rispetto per i gusti del cliente e l'adattamento dei sistemi ai più svariati ambienti domestici, i tratti estetici che discriminano una serie dall'altra danno subito "a pelle" l'idea di come il diffusore suonerà e a quale tipo di audiofilo (o di utilizzo) è dedicato.

Ho voluto quasi per gioco mettere a confronto questi due modelli, individuare le differenze di personalità più che stabilire la superiorità di una sull'altra è stato per me un esercizio affascinante e divertente. Anche a volerla ricercare a tutti i costi, a mio parere non esiste una netta prevalenza di una sull'altra ma solo una personalità alternativa, direi complementare nella cornice di un’indiscutibile validità di fondo. Ho utilizzato gli stessi brani della prova d'ascolto singola, riprodotti sui due modelli a brevissima distanza temporale (il tempo di staccare e attaccare i cavi). A causa della differente sensibilità, passando dalla DF-6 alla M-65 la SPL in ambiente si riduceva per cui ho cercato d'individuare il gap di rotazione della manopola per ottenere un volume uguale, la modifica ovviamente veniva fatta prima dell'inizio del brano.


BASSE FREQUENZE

DF-6: Rigorose e lineari, ben calibrate e capaci di un'ottima estensione. Non si può dire, per usare un termine da recensore consumato, che i contrabbassi non siano abbastanza rugosi o il pedale d'organo immanente.

M-65: Piuttosto "ruffiane". Anche se si lasciano apprezzare per il timbro rotondo e seducente mostrano una certa enfasi del medio-basso che introduce delle piccole colorazioni nel messaggio musicale.


FREQUENZE MEDIE

DF-6: riescono nell'intento di miscelare un'ottima definizione con la naturalezza, fluide e lineari si legano molto bene con il registro alto senza manifestare picchi o depressioni apprezzabili.

M-65: Si presentano imponenti, voluminose ma non perfettamente accordate con la porzione superiore dello spettro. L'incrocio purtroppo non è invisibile, inoltre i due midrange risultano lievemente velati nella parte superiore della banda di pertinenza.


ALTE FREQUENZE

DF-6: piuttosto timide e dalla dinamica non esplosiva, sanno rivalersi oltre che con una grana molto fine anche con una ricostruzione dell'ambienza sottile e accurata. Sono una mano santa nelle audizioni prolungate in cui l'astante non accuserà il temibile sintomo della fatica d'ascolto.

M-65: gagliarde, scolpite e incisive. Tra le frecce al loro arco hanno quella di una sorprendente capacità dinamica, che si riesce a esprimere anche con amplificazioni da pochi watt. Nessuna esitazione trapela negli attacchi che sono sempre netti, decisi e repentini mentre nella scena hanno un comportamento tipicamente monitor, insieme alle medie, riproducono cioè un palcoscenico piuttosto proiettato in avanti.


SCENA

DF-6: ben bilanciata, ampia e magniloquente, un vero comportamento da "grande" diffusore (scongiurato l'"effetto presepe"). Il fronte è sempre uniforme, dotato di grande focalizzazione.
 
M-65: l'impostazione "monitor" classifica queste torri come diffusori da prima o seconda fila. Se da un lato avvicineranno di più alla musica dall'altro tenderanno a piallare un po' i piani sonori. Il medio-basso intensamente corposo rafforza tale impressione.


BILANCIAMENTO TONALE

DF-6: Alla Dynavoice è stato fatto un gran lavoro su questo modello, se non fosse per il sensibile "roll off" sulle alte frequenze, comunque correggibile con amplificazioni brillanti oppure agendo sull'"X-Change", sarebbe semplicemente perfetto.

M-65: non propriamente equilibrato. A fronte di una buona regolarità del registro alto, le medie risultano un tantino discontinue e dalla definizione perfettibile, come si è già detto le medio-basse sono alquanto enfatizzate e un po' di colorazione al suono la danno.
 

MICRO E MACRODINAMICA

DF-6: complessivamente buona ma a tratti un po' rilassata, l'impressione è che manchi un po' di nerbo perché più che essere affrontati con decisione i dislivelli dinamici sono talvolta "ingentiliti". Si tratta comunque di sfumature, la dinamica è sicuramente valida, sviluppata coerentemente alla personalità del diffusore, il quale tende a una naturale morbidezza.

M-65: segnano un altro punto a loro favore con una performance compatta, viva ed efficace. Chi ama i generi vigorosi non verrà certamente deluso da queste eleganti torri da pavimento ma troverà in esse il giusto feeling. Di buon livello in particolare il comportamento del tweeter Super Audio da 1".


FOCALIZZAZIONE DELL'IMMAGINE

DF-6: molto valida nella corretta posizione d'ascolto come anche nel moderato fuori asse. Concedono una definizione dai contorni precisi e uniformi in qualsivoglia gamma di frequenze.

M-65: discretamente buona (con la punta d'eccellenza del tweeter) ma complessivamente un po' inferiore alle Definition DF-6.


LEGATURA TRA LE VARIE GAMME DI FREQUENZA

DF-6: davvero encomiabile, c'è molta coerenza in questi diffusori e nessun fastidioso scalino nel passaggio tra le diverse gamme.

M-65: meno valida. L'affiatamento tra bassi, medi e acuti non è inappuntabile, farebbe piacere avere un po' di cemento in più a vantaggio dell'invisibilità degli incroci anche se, a onor del vero, non disturba più di tanto all'ascolto.

 


CONCLUSIONI

Se volevate veder scorrere il sangue sarete rimasti delusi... :-)
Uno dei vantaggi di chi scrive esclusivamente per passione, lontano dalle costrizioni di una precisa linea editoriale, è proprio il poter liberamente dire la propria, senza reprimere riflessioni e osservazioni. Tuttavia questa libertà non deve mai sfociare nell'espressione di giudizi a cuor leggero, al contrario chi è il solo responsabile delle sue dichiarazioni sa bene di avere i riflettori puntati contro senza schermi di sorta e per questo dovrà essere ancora più circospetto. Riprendendo fiato dopo l'ultima estenuante seduta d'ascolto posso in tutta franchezza asserire che le DF-6 e le M-65 sono due ottimi sistemi ma dalla personalità sensibilmente differente, come sovente accade a due figli generati nella stessa famiglia. Nelle valutazioni bisogna tener presente "in primis" la non piccola differenza di prezzo tra i due modelli (499 euro le DF-6 e 356 euro le M-65), ogni considerazione sui pregi e difetti andrà perciò messa nella giusta prospettiva. E' bene chiarire che le discrepanze diventano sensibili solo in un confronto diretto, portato a termine in tempi ravvicinati, non si tratta perciò di differenze esagerate, anche se un orecchio allenato non mancherà di coglierle. Trovo entrambi i modelli degni di ben figurare in un impianto di caratura medio-economica, notevoli nello scavo timbrico hanno il grande spirito di un vero artigiano del cesello insieme a uno smalto accattivante. Le Definition DF-6 risultano all'orecchio più equilibrate e rigorose, ottimamente coerenti dimostrano una legatura perfetta tra le varie gamme. L'energia sugli acuti, in cui opera l'accoppiata Dome/Ribbon tweeter, non è di quelle da far tremare le vene ai polsi ma la ricostruzione dell'ambienza è molto fine. Le "consanguinee" M-65 sono per certi versi complementari, regalano una performance ricca di feeling ma un po' loudness e la resa non è omogenea su tutta la gamma, le medie tendono a una leggera velatura. Il fatto di poter contare su un gran corpo di strumenti e voci va considerato come un elemento che aggiunge "pathos Hi Fi" alla riproduzione, ecco perché i generi moderni sono forse più godibili sulle M-65, dotate di un'inconfutabile punta di ruffianeria.

Alfredo Di Pietro


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