Cerca English (United States)  Italiano (Italia) Deutsch (Deutschland)  Español (España) Čeština (Česká Republika)
venerdì 17 maggio 2024 ..:: Azio Corghi ...tra la Carne e il Cielo ::..   Login
Navigazione Sito

 Azio Corghi ...tra la Carne e il Cielo Riduci

 

 

Azio Corghi (1937)

1) ...Tra la Carne e il Cielo.
Da Pier Paolo Pasolini. Drammaturgia poetica di Maddalena Mazzocut-Mis per violoncello concertante, voce recitante maschile, soprano, pianoforte e orchestra.

Silvia Chiesa, violoncello
Maurizio Baglini, pianoforte
Valentina Coladonato, soprano
Omero Antonutti, voce recitante
Orchestra Filarmonica di Torino diretta da Tito Ceccherini.


2) Filigrane Bachiane.
Concerto per pianoforte e orchestra d'archi.

Maurizio Baglini, pianoforte
Orchestra Filarmonica di Torino diretta da Tito Ceccherini.

D’après cinq chansons d’élite.
Suite per violoncello e pianoforte.

3) La Carmagnole
4) Vive Henri IV
5) Charmante Gabrielle
6) Romance patriotique
7) Ah! ça ira !

Silvia Chiesa, violoncello
Maurizio Baglini, pianoforte


"Bach è l’autore che amo di più, un po' per motivi irrazionali, un po' perché per me la musica di Bach è la musica in sé, la musica in assoluto"

Pier Paolo Pasolini

Con la spietata franchezza che lo contraddistingue, Pier Paolo Pasolini nei suoi "Studi sullo stile di Bach" dichiara quanto sia scoraggiante prendere atto dei contorni indefiniti in cui si muove chi scrive di musica: "Non esiste una tradizione di vera critica musicale; e mi consolo pensando che non cadrò nelle banalità linguistiche della biografia, e, tantomeno, nelle rievocazioni estetico-letterarie di ineffabilità musicali, quali commoventissimo solletico delle proprie disposizioni immaginative". Ce ne sarebbe a sufficienza per indurre chiunque a deporre "d'emblée" la penna, abbandonando ogni velleità di descrivere ciò che solo e soltanto la musica può comunicare. Léon Bloy, parlando dell'attività critica in generale, forse fu ancora più crudo: "Il critico è colui che ostinatamente cerca un letto in un domicilio altrui", affermò lapidariamente. Ma se a Pasolini appariva evidente questo impaccio, con la medesima lucidità individuò quell'elemento che congiungeva arte musicale e letteraria: la "musicalità, che lui però riconosceva affatto diversa nelle due. Approfondisce poi questa discrasia superando il concetto di critica, quando l'espressione verbale ambisce a diventare essa stessa arte "musicale": "Innanzitutto s'ha da distinguere una musicalità della poesia da una musicalità della musica. Qui verte l'equivoco... i rapporti tra musica e poesia non sono di un'equivoca musicalità, e nemmeno rapporti tra note e sillabe; ma, se mai, rapporti tra ritmo e sintassi, se proprio vogliamo salvare una somiglianza esterna".

Individuava così un'esteriore chiave di volta dell'enigmatico rapporto parola-musica, in un concetto pur non semanticamente applicabile nello stesso modo a entrambe le arti. Una possibile soluzione all'impasse viene indicata da Pasolini stesso nel testo che ha ispirato Azio Corghi: "Se c'è un rapporto tra musica e poesia questo è nell'analogia, del resto umana, di tramutare il sentimento in discorso, con quel risparmio, quella misura, quell'accoratezza che sono semplicemente comuni ad ogni opera d'arte." Una strada era stata tracciata dal genio bolognese, una giusta misura per non eccedere in funambolismi verbali, i quali fanno più male che bene alla causa della parola come espressione delle emozioni insieme alla musica. Ed è proprio il sentimento di asciuttezza, di misuratezza che percorre come un "fil rouge" tutta l'opera di uno tra i maggiori artisti e intellettuali del XX secolo. Il suo ambito d'azione rasentava la sconfinatezza, dotato di eccezionale versatilità fu poeta, scrittore, cineasta, sceneggiatore, drammaturgo e giornalista, lasciò notevoli contributi anche come pittore, romanziere, linguista, traduttore e saggista, non solo in lingua italiana, ma anche friulana. Leggendo questi "Studi sullo stile di Bach" potremmo aggiungere anche critico musicale raffinato e sensibilissimo, tanto da far rimpiangere un suo impegno più sostanziale in questo campo. Inestinguibile saggista, in questo scritto ha rischiarato alla radice il rapporto tra letteratura e musica, un legame che la storia insegna essere stato oltremodo fruttuoso, espressosi in generi come il melodramma, la romanza, il Lied, la moderna canzone, per citare i più noti.

Due mondi paralleli che si fondono in un risultato capace di commuovere e aprire nuovi scenari in cui il tutto, per dirla secondo la Gestaltpsychologie, è più della somma delle singole parti. Ciò che per il critico può risultare aleatorio, per l'arte dei suoni si rivela quindi immediato, nel senso vero del termine, cioè non mediato da altro che le sia in qualche modo estraneo. Un concerto, registrato nell'atto del prender vita davanti al pubblico, contiene in sé i germi di questa genuinità ancor più di una ripresa in studio. Particolarmente felice appare allora la scelta di produrre un CD "Live", cioè l'istantanea di un evento reale con tanto di applauso del pubblico alla fine dell'ultimo pezzo, quel "Ah! ça ira !" che conclude perentoriamente la Suite "D’après cinq chansons d’élite". Per questo, se Pasolini avesse assistito al concerto del 2 novembre 2015 a Pordenone, avrebbe espresso con entusiasmo la sua ammirazione per "...Tra la Carne e il Cielo". Lo immagino salire di slancio sul palco a fine concerto per abbracciare uno per uno tutti gli artisti, riconoscendo che proprio nella formidabile potenza espressiva di un ensemble allargato alle voci, una recitante e una cantante, c'è una delle possibili soluzioni all'enigma parola-suono. Lui, così riservato e schivo, avrebbe sorriso con un pizzico di compiacimento per la scelta di suoi testi. Il disco di cui parliamo oggi fiorisce in un periodo di grande fermento creativo per la coppia Maurizio Baglini - Silvia Chiesa, recentemente reduce dal successo discografico di "Rachmaninov - Complete Works for Cello and Piano".

Conosco, condividendola, l'affezione di Maurizio per Pasolini, non di rado sulla Timeline di Facebook abbiamo dichiarato la nostra ammirazione per il suo immenso lascito artistico/culturale. Ero quindi certo che, in qualità d'infaticabile operatore culturale, non avrebbe trascurato un anniversario così importante come il quarantesimo della morte. A un certo punto l'idea vincente: Il Teatro Verdi di Pordenone che commissiona ad Azio Corghi, uno dei massimi compositori contemporanei, un lavoro significativo dell'amore di Pasolini per Bach, vera fonte di pensieri ed emozioni. Così sboccia "..Tra la Carne e il Cielo“, oggi immortalato in prima mondiale in un disco Decca-Universal insieme ad altre composizioni di Corghi. Il CD contiene la registrazione del concerto tenutosi al Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone il 2 novembre 2015. Protagonisti dell'esecuzione l' Orchestra Filarmonica di Torino diretta da Tito Ceccherini, Silvia Chiesa (violoncello concertante e dedicataria del brano), Maurizio Baglini (pianoforte), Valentina Coladonato (soprano) e Omero Antonutti (voce recitante). In tutte le opere proposte, un primo importante presupposto si evidenzia nella corrispondenza tra interprete e dedicatario. "Filigrane Bachiane" (in prima registrazione mondiale) sono infatti dedicate a Maurizio Baglini, "…tra la Carne e il Cielo"  è dedicata a Silvia Chiesa, a entrambi "d’après cinq chansons d’élite".

La prima lunga traccia contiene l'opera commissionata al Teatro Verdi. L'idea di compendiare la vita tormentata di Pier Paolo Pasolini in questa composizione nasce dalla lettura del saggio di Giuseppe Magaletta intitolato “Studi sullo stile di Bach di Pier Paolo Pasolini”, da citazioni o frammenti critici estratti da testi di Bo Summer’s e Alberto Moravia e dalle recenti affermazioni del musicologo australiano Martin Jarvis, relative alla collaborazione di Anna Magdalena Bach nella stesura delle Suites per Violoncello. Da questi scritti Maddalena Mazzocut-Mis ha tratto una drammaturgia poetica per soprano e voce recitante. Una sorta di libretto che interagisce con la musica. La memoria va ai primi anni della formazione di Pasolini, in Friuli, nel corso della guerra, quando per la prima volta ascoltò la musica di J.S. Bach, eseguita dalla violinista amica di famiglia Pina Kalc. L'impressione ricevuta fu così forte da indurlo a scrivere: "Bach rappresentò per me in quei mesi la più forte e completa distrazione... rivedo ogni rigo, ogni nota di quella musica; risento la leggera emicrania che mi prendeva subito dopo le prime note, per lo sforzo che mi costava quell'ostinata attenzione del cuore e della mente. La piccola stanza spariva, sommersa dall'argento freddissimo e ardentissimo del Siciliano: io lo ascoltavo e lo svisceravo, particolare per particolare; avevo scritto degli 'studi' ... Ogni volta che lo riudivo mi metteva, con la sua tenerezza e il suo strazio, davanti a quel contenuto: una lotta, cantata infinitamente, tra la Carne e il Cielo, tra alcune note basse, velate, calde e alcune note stridule, terse, astratte... come parteggiavo per la Carne!...

È evidente che soffrivo, anche lì, d'amore; ma il mio amore trasportato in quell’ordine intellettuale, e camuffato da Amore sacro, non era meno crudele." La sensualità di un'opera basata, secondo le parole dello stesso autore, "sugli echi di una lotta fra la 'Carne' della poesia di Pasolini e il 'Cielo' della musica di Bach." E la citazione "letterale" di alcuni passi delle Suites per Violoncello, affidata alla "superbia" artistica di Silvia Chiesa sono davvero di un'intensa carnalità. Il violoncello con femminea duttilità s'incunea tra voce recitante, canto e pianoforte, partecipando alla formazione di quattro piani strumentali distinti che si muovono nell'alveo orchestrale, scolpitamente plastici e divergenti dalla classica simmetria orizzontale. Vengono a galla questi piani sonori, scalati nello spazio, a delineare profondità differenti. Allo strumento ad arco è al pianoforte è affidata la parte tradizionale, bachiana, al canto del soprano quella di lacerante modernità, nel mezzo c'è la voce recitante di Omero Antonutti, che si integra facendosi portatrice di un declamato elemento letterario. Nel rispetto del pensiero di Pasolini, la funzione della musica non è essere al servizio del racconto, farsi portavoce dei suoi concetti, ma piuttosto tendere a dimostrarne il significato. Anche in questo risiede il fascino della composizione, edificata su piani paralleli ma indipendenti, dove uno non si fa "servo" dell'altro ma conserva la sua individualità. È ancora Pasolini che sintetizza la lotta tra due elementi solo in apparenza contrastanti: "Era soprattutto il Siciliano che mi interessava, perché gli avevo dato un contenuto e ogni volta che lo riudivo mi metteva ... davanti a quel contenuto: una lotta, cantata infinitamente, tra la Carne e il Cielo ... Come parteggiavo per la Carne! ... E come, invece, sentivo di rifiutarmi alle note celesti!".

Una specie di Bach vitaminizzato con nuove molecole farmacologiche, dove i musicisti riannodano i fili di una rappresentazione teatrale e umanissima, non immune a tratti da un tocco di raffinato istrionismo. E sono ancora i piani sonori diversificati a essere protagonisti delle "Filigrane bachiane", composizione dalla concezione complessa, come un mosaico le cui tessere sono rappresentate da puntillistiche citazioni bachiane che s'intrecciano con moti compositivi di schietta matrice moderna. Il tutto confluente nella cornice di un'olografia tridimensionale che avvince l'ascoltatore trasportandolo in una dimensione insieme familiare e stranita. L'accanito studio di Azio Corghi della musica strumentale di Bach è il punto di partenza di questo Concerto per pianoforte e orchestra d'archi dedicato a Maurizio Baglini. L'idea di una geniale contaminazione tra composizioni diverse ne percorre la spina dorsale. Si vogliono evidenziare alcune particelle estratte dal clavicembalo ben temperato, stagliandole sullo sfondo di una precedente composizione. Il materiale costitutivo è quindi attinto dal Clavicembalo I° Volume, con riferimento ai soli Preludi e "Il pungolo di un amore", un'opera "a programma" di Azio Corghi del 1990. Il Concerto si sorregge su un impianto formale di geometrica simmetria, in cui gli stuzzicanti frammenti dai Preludi entrano a "gamba tesa" nel discorso creando un forte elemento di richiamo con la tradizione barocca, un ricamo a sorpresa dove spiccano le qualità pianistiche di Baglini, la sua estrema rapidità di reazione e l'estro con cui quasi provocatoriamente lancia le citazioni.

Si percepisce nettamente il loro carattere intrusivo, dei semi gettati "ex abrupto" che però s'impiantano sapidamente nella dialettica dell'opera, entrano a pieno diritto nelle regole del gioco speculativo. L'opera fu commissionata nel 2010 dalla Direzione Artistica dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI per RAI Nuova Musica. Il termine "filigrana" ben circoscrive le sue logiche, nel riferimento alla "marca visibile per trasparenza, ottenuta nello spessore del foglio mediante un intreccio di fili metallici, che i fabbricanti di carta usarono fin dai tempi più antichi per contraddistinguere i loro prodotti". Azio Corghi spiega: "Dopo aver steso gli appunti progettuali, lo scorrere parallelo delle suddette due dimensioni mi ha spinto a scegliere una timbrica omogenea, limitata alle sole corde vibranti: quelle percosse dai martelletti del pianoforte e quelle sollecitate dallo sfregamento con l’arco. L'intenzione è stata quella di realizzare un tessuto polifonico trasparente da cui emerga la memoria di gesti pianistici familiari e intensamente partecipati: figure che diventano visibili in controluce, come 'filigrane' cartacee." La composizione è ripartita in cinque sezioni che si susseguono senza soluzione di continuità. Tutto ruota "a specchio" intorno al perno della tonalità di fa#, inclusa nella III sezione, attorno a essa ruotano, accoppiate, la I-II e IV-V. La diversificazione non è solo "logistica" ma investe il carattere timbrico-concettuale della composizione, dato che nella I e II prevale il pianoforte solista che ricostituisce, rispettando la successione bachiana, i frammenti dei dodici Preludi compresi fra le tonalità di do maggiore e fa minore.

La terza sezione vede il preponderare gli archi nei due Preludi di fa# maggiore e minore, vero ago della bilancia fra l'inizio e il termine del Concerto. Nella IV e V parte si verifica un riequilibrio tra pianoforte e archi, che si alternano in un dinamico scambio dialogico nell'ambito dei Preludi compresi tra le tonalità di sol maggiore e si minore. La modernità del messaggio bachiano trae alimento dal netto contrasto tra i Preludi e la musica di Corghi. I primi, appena accennati, sorvolano "en passant" il tessuto sonoro, una lama tuttavia veloce e affilata che affonda nella memoria, la stimola alla rimembranza per poi ritirarsi subito nel manico. È anche in questa fuggevole precarietà che risiede l'indubbio fascino della composizione. Da una parte c'è l'inquieto occhio del compositore, dall'altra un Bach ridotto a icona sonora in sedicesimo. Due mondi incompatibili, ma solo in apparenza. Tra le varie composizioni su testi di Pier Paolo Pasolini, oltre alla qui presente "...tra la Carne e il Cielo", ci sono il balletto "Mazapegul!, "a 'nsunnari...", il Rondeau per soprano e archi "…ite bellu!" e il dialogo sacro fra Verdi e Pasolini "Madreterra". Con "d’après... cinq chansons d'élite" per violoncello e pianoforte, pubblicate nel 2006, titolo e dedica a Silvia Chiesa e Maurizio Baglini si chiude il ciclo di questa bella avventura musicale. In realtà la prima stesura dell’opera, intitolata semplicemente "chansons d'élite...", risale al 1989 e prevedeva il solo pianoforte (con voce ad libitum), e fu realizzata in occasione delle celebrazioni del bicentenario della rivoluzione francese.

Pure questa composizione si muove in un "humus" enigmatico che fa leva su un linguaggio costituito da un indovinato mix di modernità e citazioni storiche. Il materiale cui s'ispirano sono cinque noti canti della Rivoluzione Francese: La Carmagnole, Vive Henri Quatre, Charmante Gabrielle, Romance patriotique e Ah! ça ira. Sotto la lente deformante dell'ironia si consuma il trascolorare da momenti di raffinato snobismo, contraddistinti da quella "cultura d'élite" che univa membri dell'aristocrazia e dell'alta borghesia, a momenti sferzanti, come "Vive Henri Quatre", in cui il dialogo tra i due strumenti si risolve in un concitato botta e risposta, tinteggiato di una comicità conferita dallo strambo andamento a singhiozzo. Atmosfere più rarefatte si addensano in "Romance patriotique", qui è abilissima Silvia Chiesa nel tratteggiare un movimento serpeggiante, ricco di raffinatezze agogiche. I due interpreti centrano in pieno il senso "archeologico" dei frammenti musicali, a momenti sognante (e anche commovente...) con le citazioni, gli straniti grovigli timbrici e le ironiche contrapposizioni di motivi popolari con i più "nobili" appartenenti alla letteratura classica e romantica. La risultanza di questo lavoro di contaminazione incontra, secondo le stesse parole del compositore: "un proprio destinatario timbrico nella scelta di uno degli organici strumentali più interessanti della musica da camera europea: il duo Violoncello-Pianoforte. Di qui l’applicazione di artifici tecnico-compositivi che mirano ad abbinare gusto armonico-contrappuntistico raffinato e canto popolare".

A titolo di esempio, la carmagnola (in francese La Carmagnole) è insieme un canto e una danza di grande popolarità nel periodo della Rivoluzione francese. Fu composta nel 1792 da un autore anonimo, in contemporanea con l'arresto di Luigi XVI e poco prima dell'avvento del Regime del Terrore. La composizione di Corghi rievoca sapientemente un testo che vuole irridere Luigi XVI e Maria Antonietta, soprannominati Monsieur Véto e Madam' Véto (Signore e signora veto). La forma musicale della carmagnola è originaria del Piemonte, proveniente con tutta probabilità da un'antica danza omonima nata a Carmagnola. La canzone venne introdotta in Francia dalle truppe rivoluzionarie di ritorno dall'Italia, diffondendosi dapprima nella regione di Marsiglia e successivamente a Parigi. Maurizio Baglini e Silvia Chiesa adattano camaleontescamente la loro tecnica esecutiva alla temperie contemporanea di questi brani, cambiano pelle timbrica e interpretativa sostenendo il senso più autentico della partitura, anche in quei frangenti dov'è richiesta un'espressività distante dai canoni tradizionali. Nella Suite "D’après cinq chansons d’élite" la difficoltà maggiore consiste forse nel far risaltare il tratto d'intensità quasi barbarica e la stralunata ironia che permea i cinque brani. Di ammirevole flessibilità è in questo senso la condotta di Silvia Chiesa, che con il suo Giovanni Grancino rievoca impasti timbrici cangianti, mutevoli non solo nel rincorrere le indicazioni di testo ma anche nel risvegliare sensazioni inconsuete nell'ascoltatore.

Nel duo il fraseggio vira, quando richiesto, verso il tratto nervoso, non ammorbidisce ma esalta i contrasti tra le parti più meditabonde e le più "violente", incline alla sferzata sonora piuttosto che alla mediazione dei conflitti umorali. Così ogni frase assume il carattere di un'imprevedibile sorpresa, come nelle intenzioni dell'autore vuole scuotere. Ironia, cantabilità e lampi aggressivi si avvicendano senza fatica nel procedere episodico. Dalle composizioni contenute in questo CD emerge una modernità "a misura d'uomo", dove anche il tratto più marcatamente sperimentalistico non si risolve mai in una cervellotica elucubrazione. Ad Azio Corghi sta evidentemente a cuore il rispetto di quella musicalità più volte accoratamente invocata da Pier Paolo Pasolini, e un'umanissima poetica, fortemente radicata in tradizioni ben riconoscibili, anche quando sono "simpaticamente" deformate. Il richiamo alle nostre radici nella musica di Corghi diventa ancora solida, rende queste pagine subito familiari a chi le ascolta, viatico di una modernità non alienante. Per questo motivo il disco facilita una forte presa sull'ascoltatore già dal primo ascolto. Non è uno di quelli che si fanno scoprire con fatica, non chiede tempo ma ha la virtù di apparire, lampante, sin da subito. Come uno scrigno che sprigiona i suoi brillanti riflessi non appena colpito dalla luce. Il duo Baglini-Chiesa in quest'ultima fatica discografica dimostra come la grande maturità artistica conquistata lo porti a eccellere anche oltre il repertorio classico tradizionale.

Il lavoro di scavo profondo, anche sulle tecniche di esecuzione indicate dal compositore, investe tutti gli aspetti della comunicazione con il pubblico. La naturale sintonia esistente tra i due suggella il controllo quasi spietato esercitato sulla materia musicale. Affiora una vis interpretativa che non teme confronti, anche quando si passa dal romanticissimo Rachmaninov a composizioni contemporane dalle prospettive affatto diverse. Un piccolo manuale di sopravvivenza spirituale in stile moderno, questo possiamo trovare in "...tra la Carne e il Cielo", che sembra fatto apposta per farci capire quanta bellezza, aderenza alle nostre radici si possa celare dietro una composizione contemporanea.

E basterebbe solo questo "piccolo" particolare per rendercelo grato sopra ogni cosa...

 



Alfredo Di Pietro

Giugno 2016


 Stampa   
Copyright (c) 2000-2006   Condizioni d'Uso  Dichiarazione per la Privacy
DotNetNuke® is copyright 2002-2024 by DotNetNuke Corporation