Buscar English (United States)  Italiano (Italia) Deutsch (Deutschland)  Español (España) Čeština (Česká Republika)
viernes, 19 de abril de 2024 ..:: Amplificatore Integrato Clones Audio 25 iR ::..   Entrar
Navegación del Sitio

 Amplificatore Integrato Clones Audio 25 iR Minimizar

 

 

INTRO

In principio fu il 47 Laboratory Gaincard Amplifier, partorito della mente di Junji Kimura. Nel 2000, su TNT-Audio ne apparve una recensione a firma di Geoff Husband. Si trattava di un integrato stereo da 25 Watt per canale su 8 Ohm, progenitore della stirpe dei cosiddetti "Chip Amp", basato sull'Opamp (Amplificatore Operazionale) National Semiconductors LM3875. In realtà, questo IC non era stato certamente progettato per scopi Hi Fi, né tantomeno Hi-End, ma per uso generico, come l'audio portatile, nei cosiddetti compattoni, televisori, diffusori attivi. Quanto basta per far storcere il naso ai puristi dell'alta fedeltà e non solo. Il bello è che, nonostante queste premesse non proprio allettanti, il circuito integrato in questione era in grado di sfoderare un ottimo suono e fu positivamente giudicato da fior di recensori in tutto il mondo. Il prezzo di un 47, in abbinata all'alimentatore "Power Humpty", non era tuttavia propriamente popolare poiché superava abbondantemente i 3000 dollari (3300 per la precisione). Oltre ad alcune interessanti caratteristiche tecniche, dalla sua questo IC aveva un'ottima autonomia di funzionamento, dando la possibilità all'autocostruttore di avere con poco sforzo un amplificatore pronto per l'uso e ben suonante. Non ci volle molto perché gli appassionati del DIY "Do-It-Yourself" si accorgessero delle sue qualità.

Intere schiere di volenterosi autocostruttori cominciarono a realizzare repliche del Gaincard, i cosiddetti "Gainclone" (termine coniato nella comunità Audio Asylum), utilizzando i circuiti integrati della National Semiconductor. Anche un appassionato non particolarmente esperto nel fai da te poteva raggiungere il risultato voluto, gli restava da aggiungere all'Opamp un telaio, un potenziometro, qualche componente passivo (pochi resistori e condensatori), e il gioco era fatto. Una semplicità costruttiva che divenne ancor maggiore quando qualche azienda iniziò a offrire circuiti stampati e kit. Con il tempo questa felice idea ha creato proseliti non solo nel mondo dell'autocostruzione ma anche nel commerciale, la filosofia dei Chip Amp è stata abbracciata da marchi prestigiosi come Jeff Rowland o Audio Analogue, accortisi anche loro delle convincenti qualità soniche di certi IC.


STORIA DELLA CLONES AUDIO

La tendenza degli attuali criteri alla base di ogni recensione, al netto delle personalità individuali, non può che essere differente dal passato, lo comprende bene chi è vissuto a cavallo tra l'era pre internettiana e l'odierna. Il vecchio appassionato che ogni mese leggeva le recensioni sulla carta stampata ora può farlo anche seduto al PC. Oggi tutto è cambiato, la grande messe d'informazioni presenti sul Web (purtroppo non sempre attendibili) hanno il vantaggio di un'immediata fruibilità, sono pronte per essere colte con un semplice "click". Il rovescio della medaglia di questa facilità sta nella tentazione del copia-incolla, il quale non è, chiaramente, vera cultura, anche se può dare l'illusoria impressione di esserlo. D'altronde Umberto Eco ha detto che: "Il computer non è una macchina intelligente che aiuta le persone stupide, anzi è una macchina stupida che funziona solo nelle mani delle persone intelligenti." Potremmo chiederci a questo punto quale può essere un modo avveduto per sfruttare quell'immenso pozzo di San Patrizio che è la rete. Io credo che la chiave di volta stia nella comodità nel reperire informazioni, ma anche e soprattutto nella possibilità di tessere delle relazioni una volta impensabili. Torniamo per un attimo al passato. Chi era desideroso di ulteriori conoscenze o delucidazioni non aveva altra via che scrivere una lettera alla rivista del cuore o al produttore, nella speranza di avere una risposta. Oggi ci sono i Social, dov'è possibile dialogare in tempo reale con eminenti personalità di ogni campo, anche il recensore potrà quindi procurarsi le varie tessere del puzzle dialogando direttamente con un progettista o titolare d'azienda.

Ed è proprio quello che ho fatto io mandando un messaggio privato sulla pagina Facebook della Clones Audio. Così, non solo ho risolto una piccola seccatura tecnica ma ho potuto conoscere meglio la storia di questo marchio cinese. Una data formata da tre numeri uguali, 12/12/12, indica l'entrata in scena della Clones Audio, fondata a Hong Kong da un "One man band", l'eclettico Funjoe, che allora svolgeva la professione di Graphic Designer. Tutto è avvenuto per pura passione e per una benevola disposizione verso gli audiofili non danarosi, partendo da quel campione di bel suono che era il 47 Laboratory Gaincard, di cui era un fan sfegatato. Di quel marchio ha posseduto il preamplificatore stereo 0247, il finale di potenza 0347 e anche il diffusore monovia Lens. Un giorno il padre di Funjoe, anche lui audiofilo e suonatore di chitarra blues, rimase colpito dalle prestazioni del sistema 47 Labs, tanto da volerlo possedere. Purtroppo si trattava di un impianto piuttosto costoso e lui non poteva permetterselo. Suo figlio allora pensò di comprargli un Gaincard di seconda mano, ma l'impresa si prospettava tutt'altro che facile: anche l'usato rimaneva costoso e per di più quasi impossibile da trovare. Funjoe non si perse d'animo, decidendo di costruirne uno con le proprie mani per il compleanno del padre. Iniziò così il suo viaggio nell'autocostruzione. Si rese conto di quante persone avevano avuto la sua stessa idea, pochi però erano riusciti a catturare la vera anima dell'originale, forse a causa delle posticce aggiunte che non erano previste nel progetto primigenio.

Ritornò allora al puro e semplice schema di partenza. Dopo parecchi tentativi riuscì finalmente ad avere la sua versione con un nuovo layout della PCB e un piccolo "case" per tenere corto il percorso del segnale. Ci prese gusto, non solo riuscì a esaudire il desiderio del padre, ma iniziò a pensare di costruirne un piccolo numero per la vendita, oggetti sempre realizzati a mano da lui per garantire le massime prestazioni. Venne fuori un'Hi Fi dal volto umano e soprattutto onesto, in cui l'intento perseguito era di mettere in vendita il prodotto a prezzi accessibili, in modo tale che molte persone potessero fare il primo passo nel loro viaggio audio contando su un suono di grande pregio. Funjoe allora si organizzò, affrettandosi a realizzare il suo sogno prima che nascesse il primogenito. Una storia che s'interseca con la sua, anche se temporalmente precedente, è quindi quella di Junji Kimura, che ai tempi stava lavorando alacremente alla sua sofisticata meccanica di lettura CD PiTracer. Ma come nacque l'idea del Gaincard? A un certo punto ebbe bisogno di un affidabile amplificatore di riferimento con il quale seguire costantemente la ricerca e sviluppo di quella fantastica meccanica. Preso com'era in quel momento, non avendo la voglia né la possibilità di dedicare molto tempo alla progettazione di un amplificatore, assemblò un circuito pubblicato sul primo semestre di elettronica 101. Lui stesso dovette essere rimasto sconcertato dal risultato sonoro conseguito. La notizia dell'inaspettato successo cominciò a diffondersi, tanto da stimolarlo a dei successivi perfezionamenti e, alla fine, alla commercializzazione. Lo stesso titolare della Clones Audio ha dichiarato alla nota rivista online "Six Moons": "Tutto qui è un segreto aperto. I miei amplificatori sono semplicemente un altro Gainclone che segue l'originale fino alla marca di condensatori e selezione dei cavi. Ovviamente il mio telaio è diverso. Qui ho imparato che la scala e la struttura sono molto importanti perché questo tipo di Chip Amp utilizza davvero poche parti. Tutto così diventa importante ed evidente."


CLONES AUDIO 25 IR
UN OGGETTO "CHIP" MA NON "CHEAP"


Specifiche Tecniche Dichiarate

Potenza d'uscita: 25 + 25 Watt (8 Ohms)

Impedenza d'ingresso: 10 kOhm (solo sbilanciata, 3 ingressi)

Guadagno: 30 dB

Dimensioni: 170 (Larghezza) x 100 (Altezza) x 180 (Profondità) mm

Peso: 6.0 kg

Garanzia: 5 anni

 



Una volta rimosso dall'imballo di cartone, il Clones dà immediatamente l'impressione di una grande solidità strutturale. Piuttosto pesante (6 kg), non rischia di rimanere appeso ai cavi come altri Chip Amplifier più leggeri. Il cabinet non è di grandi dimensioni, dato di fatto che lo rende collocabile con facilità dovunque, su un piccolo tavolo o sulla mensola di una libreria per esempio, ma anche su un mobile portaelettroniche farà una bella figura, in virtù della sua innata eleganza. La compatta enclosure è composta da sette lastre di alluminio anodizzato spazzolato e rifinito in nero, sei di queste costituiscono l'esterno mentre una divide in due lo spazio interno. Particolarmente spessa è quella del frontale (ben 1 cm). Non troviamo piedini di supporto in plastica, ma tre robuste basette metalliche avvitate alla parte inferiore del telaio, altro indice della sua ottima accuratezza costruttiva, due anteriori (dove il peso è maggiore a causa del trasformatore toroidale) e una posteriore. Il pannello frontale è di stampo minimalista, accogliendo soltanto due elementi: una corposa manopola del volume e un piccolo display a LED rossi. La prima fa capo a un Rotary Encoder del tipo spingi/ruota, premendola si avverte un piccolo scatto che attiva la funzione di selezione degli ingressi. Ogni scatto corrisponde al passaggio da uno all'altro, quello selezionato appare sul display per pochi secondi, passati i quali si ritorna automaticamente alla funzione di controllo del volume. Ruotando la manopola è invece possibile regolare il livello a passi, che sono in tutto 64, di 0,5 dB ciascuno.

 



Sul pannello posteriore troviamo il solito parco connessioni, a sinistra le sei RCA (sbilanciate) per i tre ingressi linea, i Binding Post per il collegamento di una coppia di diffusori e un'unica placca che comprende la presa IEC, dotata di fusibile, e l'interruttore di accensione/spegnimento con retroilluminazione rossa. Spegnendo l'apparecchio dall'interruttore, il display rimane comunque acceso. Per vederlo oscurarsi è necessario scollegare l'amplificatore dalla rete. È un comportamento particolare, mai da me riscontrato prima in altri oggetti. Ottima la qualità dei connettori RCA femmina montati a pannello, dei CMC-816U prodotti dall'americana Charming Music Conductor, con il conduttore placcato oro e alloggiamento in ottone di alta qualità. Altrettanto bene si presentano quelli multifunzione dedicati ai diffusori, robusti e di alta qualità, che accettano banane, forcelle e cavo spellato. Gli RCA sono montati a pannello, nessun patema d'animo quindi nell'inserire un cavo di segnale che fa un po' i capricci per entrare, diversamente dai connettori "PCB mount", molto meno tetragoni alla pressione. Ma è una volta scoperchiato il Clones che si scoprono le sue cose più interessanti. Innanzitutto, ci troviamo di fronte a uno spazio interno bipartito, delimitato da un massiccio spessore in alluminio, dove il discreto sviluppo in altezza ha permesso il montaggio in verticale delle PCB. Il vano di maggiori dimensioni accoglie il trasformatore toroidale RS 671-9157, dedicato all'alimentazione dei chip di potenza, e la scheda dell'elettronica che ospita il ponte raddrizzatore (realizzato con otto diodi NFH35GU820).

 



Al suo fianco destro (guardando il Clones frontalmente) è stato ricavato un compartimento dov'è montata una board più grande, riservata all'alimentazione dei microcontrollori Maxim MAX7219CWG1618, STC12C5A60S2 e della sezione di input e volume PGA2311. La loro alimentazione è quindi separata dalla principale, che rimane addetta al solo stadio d'uscita, e fa capo al piccolo toroidale azzurro (RS TA60E) visibile in foto. Nel vano più piccolo, a ridosso del pannello posteriore, troviamo la sezione d'ingresso e uscita con due PCB posizionate verticalmente. In una, montata su due distanziatori in metallo, è accolto il circuito d'ingresso con il PGA2311, mentre nell'altra ci sono i dispositivi finali di potenza: una coppia di Opamp Texas Instruments LM3886, sistemati su una piastrina di alluminio piuttosto spessa che ricopre il ruolo anche di schermo tra i circuiti e l'alimentazione. Apprezzabile la decisione del brand cinese di collocare isolatamente e a ridosso del pannello frontale la sezione MCU e quella dedicata al display, questo per ragioni di massimo contenimento del rumore. In effetti, all'atto dell'ascolto il 25 iR mostra una grande silenziosità di funzionamento. Il progettista ha saggiamente voluto che il percorso del segnale fosse particolarmente breve. Questo, dagli ingressi RCA passa direttamente al PGA2311, indi all'ingresso degli LM3886. La preamplificazione è quindi di tipo passivo, essendo affidata al solo controllo del volume. Una comodità che negli apparecchi di oggi non può certamente mancare è il telecomando. Quello dato in dotazione al 25 iR è in plastica, in realtà utilizzabile da tre modelli della Clones Audio: l'AP2, il 25 iR e l'Asher DAC. Le funzioni controllabili sul nostro integrato sono però soltanto la regolazione del volume e la selezione degli ingressi. Le rimanenti di stand-by, bypass del volume, fase e filtri sono dedicate al DAC, quella di mute al solo AP2.

 




UNA PANORAMICA SUI CHIP



Texas Instruments LM3886
Cominciamo dal fondo con il cuore dell'amplificatore, l'Opamp Texas Instruments LM3886, che ha sostituito l'originale LM3875 del 47 Laboratory Gaincard Amplifier. Un'occhiata al Datasheet ci consente di sapere che la sua potenza erogata è davvero notevole, ben 68 Watt su 4 Ohm che diventano 38 su carico di 8 Ohm, con una capacità di ben 135 Watt istantanei di picco. I Watt che vengono fuori da questo minuscolo chip sono però condizionati dalla tensione di alimentazione, i 68 si ottengono con una Vcc di ±28V. Prendendo in considerazione invece il carico di 8 Ohm I 38 Watt si ottengono con una Vcc di ±28V, ma possono diventare 50 se la tensione di alimentazione sale a ±35V. Questa può essere scelta in un ampio range: da 20 a 94 Volt. Buono il rapporto Segnale/Rumore, uguale o superiore a 92 dB. L'LM3886 è praticamente impossibile da rompere per via elettrica, protetto da sovravoltaggio, sottovoltaggio, sovraccarico, corto circuito e anche dalle temperature istantanee di picco. A questo punto, l'unico modo per farlo fuori credo sia di prenderlo a martellate. Sul versante distorsioni, si segnala una THD dello 0,03% alla potenza d'uscita nominale e una IMD eccezionalmente bassa, addirittura dello 0,004%. Dato poi confermato dall'analisi spettrale.

Maxim Serially Interfaced 8-Digit LED Display Drivers MAX7219CWG.

 


È il cervello pensante che amministra il LED rosso a segmenti che indica il livello del volume e l'ingresso selezionato. Nella sostanza, un compatto "driver" per display a LED sino a otto cifre, interfacciato serialmente per l'ingresso e uscita. Comunica con microprocessori per la gestione dei sette segmenti che andranno poi a visualizzare le cifre. Un solo resistore esterno è necessario per impostare la corrente segmentaria per tutti i LED. La comoda interfaccia seriale a 3 fili consente la connessione a tutti i più comuni microprocessori (un STC12C5A60S2 nel nostro caso). Il Maxim include una modalità di spegnimento a bassa potenza (150 μA), un controllo analogico e digitale della luminosità e un particolare registro di "scanlimit", che permette la visualizzazione da 1 a 8 cifre. È prevista una modalità test, la quale forza l'accensione di tutti i LED.

STC12C5A60S2 Serie MCU.

 


Si tratta del microcontrollore che s'interfaccia con il MAX7219CWG. È basato sull'architettura ad alte prestazioni 1T con CPU 80C51, prodotta dalla stessa STC MCU Limited. Tramite una migliorata Kernel è in grado di eseguire istruzioni in 1-6 cicli di clock ed ha un set d'istruzioni completamente compatibile con lo standard industriale della serie di microcontrollori 80C51. Opera entro un range di tensione che va da 3,5 Volt a 5,5 Volt. È un IC complicato assai, sul quale non mi soffermo oltre.

Amplificatore operazionale a basso rumore Texas Instruments NE5534.

 


Erroneamente, avevo di primo acchito pensato che questo Opamp governasse la sezione di preamplificazione del Clones. Nulla di più sbagliato poiché questa è passiva e gestita da un altro importante chip, il PGA3211, di cui parleremo tra un po'. In realtà, per individuare la sua vera funzione, che è quella di regolare la tensione nel circuito di alimentazione dedicato ai chip del display e del PGA2311, bastava vedere in quale scheda fosse alloggiato. In effetti però, tra le applicazioni suggerite, c'è anche quella dell'utilizzo nei preamplificatori audio. Nella descrizione del Datasheet, l'NE5534 è indicato come facente parte di una serie di amplificatori operazionali (NE5534, NE5534A, SA5534 e SA5534A) ad alte prestazioni che combinano eccellenti caratteristiche in corrente continua e alternata. Alcune di queste sono il rumore molto basso, la capacità di pilotaggio ad alta uscita, l'elevato guadagno unitario e l'ampiezza di banda ad alta uscita. Vanta inoltre una bassa distorsione e alto Slew Rate. Come tutti i chip, anche questo è dotato di protezioni: d'ingresso a diodi, di cortocircuito in uscita e offre la capacità di annullamento della tensione di offset mediante l'uso dei pin Balance e Comp/Bal.

Burr Brown Stereo Audio Volume Control PGA2311.
Implementa la funzione di controllo del volume audio in modalità stereofonica, è progettato per sistemi audio professionali e di consumo "High-End". Utilizza nei suoi stadi interni amplificatori operazionali ad alte prestazioni, produce basso rumore e distorsione, fornendo al tempo stesso la possibilità di pilotare carichi da 600 Ohm direttamente e senza buffering. L'interfaccia di controllo seriale a 3 fili consente la connessione a un'ampia varietà di controllori "Host", oltre a supportare il collegamento "a margherita" di più PGA2311. Questo è un controllo di tipo analogico ma governato digitalmente, che opera entro un ampio range di attenuazione e guadagno: da +31,5 dB a –95,5 dB con passi di 0,5 dB. Bassissima la distorsione aggiunta e molto alto l'intervallo dinamico, rispettivamente dello 0,0004% e 0,0002% (non pesata e pesata A) e 120 dB. Estremamente contenuta anche la diafonia tra i due canali, di -130 dBFS.


LE MISURE

SETUP

Dummy Load & Differential Front End Lym Audio
Scheda Audio E-MU Creative Professional Pre Tracker USB 2.0
Multimetro digitale PCE UT-61E
Cablaggio di segnale Supra Dual RCA, Labirinti Acustici Fluxus di Potenza

 

GUADAGNO MEDIO: 29,244 dB

IMPEDENZA D'INGRESSO (1 - 2 - 3): 5093 Ohm

IMPEDENZA D'USCITA: 0,14 Ohm

DAMPING FACTOR= 57,428





L'analisi della risposta in frequenza mette in evidenza tre dati, la notevole estensione e linearità, la sostanziale equivalenza di comportamento sui due carichi di 8 e 4 Ohm e il ridottissimo scarto di livello tra i due canali. Riguardo alla prima, a 8 Ohm si nota una gamma bassa intonsa, con i 10 Hz (siamo quindi negli infrasuoni) sottoslivellati di soli 0,3 dB rispetto al centro banda, i 20 Hz di un irrisorio 0,09 dB. Sul versante opposto delle alte frequenze la situazione è altrettanto rosea, con i 20 kHz in perfetta linearità, mentre un Roll-Off molto lento e progressivo si manifesta solo a partire dai 30 kHz. I 40 kHz sono a -0,08 dB, i 50 kHz a -0,15 dB e il -1 dB si raggiunge a quasi 88 kHz. Irrisorio lo scarto del livello tra i due canali: di 0,03 dB a 8 Ohm e 0,05 dB a 4 Ohm.



Uno dei punti di forza del Texas Instruments LM3886 è la distorsione molto ridotta, specialmente quella d'intermodulazione (responsabile all'ascolto della particolare pulizia del suono?). Si parte dal canonico Watt, primo dei quattro livelli di potenza individuati per le analisi spettrali, dove annotiamo un ottimo 0,0043% di THD e 0,033% di THD+N. Ancor più favorevole la distorsione d'intermodulazione, rilevata con i soliti tre doppi toni, dove troviamo uno 0,0046% (13/14 kHz), 0,0056% (19/20 kHz) e 0,041% a 250/8000 Hz. Valori che si mantengono parimenti contenuti ai livelli superiori di potenza. La spuria di rete a 50 Hz, la cosiddetta "ronza", già a un Watt appare ben distante dalla fondamentale a 1000 Hz: 87 dB. Questo significa che il suo livello è 22.387 volte inferiore al tono test. Basso anche il Noise Floor (tappeto di rumore). Sono dati che classificano questa elettronica come ben silenziosa, come emerso inequivocabilmente anche nel corso degli ascolti. Ma sono ancora i tassi d'intermodulazione a sorprendere: a 5 Watt la IMD 13/14 kHz si riduce allo 0,0031%, allo 0,0035% quella a 19/20 kHz, mentre alla difficile IMD (SMPTE) 250/8000 Hz risulta dello 0,043%. A 12,5 Watt, a fronte di una THD/THD+N dello 0,0047%/0,01%, il doppio tono a 13/14 kHz genera un sorprendente tasso dello 0,0028% che diventa dello 0,0031% a 19/20 kHz e 0,045% a 250/8000 Hz. Solo intorno ai 20 Watt si comincia ad assistere a un sensibile rialzo, a questa potenza riscontriamo dei tassi comunque ben contenuti, tali da rendere il Clones ancora perfettamente sfruttabile: 0,01% (THD), 0,087% (THD+N), 0,0051% (IMD 13/14 kHz), 0,0055% (IMD19/20 kHz), 0,052% (IMD 250/8000 Hz). Il clipping si raggiunge a una potenza di oltre 29 Watt.



In tutti i grafici la terza armonica ha un andamento un po' tormentato sino alla frequenza di circa 500 Hz, dopo si regolarizza. A 1 Watt si registra un andamento leggermente in salita sulle basse frequenze, segue una discesa sino a un minimo tra 100 e 500 Hz e poi una risalita sulle alte frequenze. A 223 Hz si tocca lo 0,001% di THD, bassissima la terza armonica (0,00036%) e la seconda (0,0009%). A 5 Watt la risalita sulle alte fa registrare uno 0,018% di THD a 5050 Hz, che diventa lo 0,033% a 10101 Hz, sempre con una netta prevalenza della seconda armonica sulla terza. Salendo in potenza (12,5 Watt) la "gobba" sulle basse tende a essere meno evidente, livellandosi quasi del tutto con la mediobassa. Praticamente invariata è la THD nei due punti di 5050 Hz e 10101 Hz presi a riferimento, Alla massima potenza test di 20 Watt la situazione vede un netto aumento della distorsione armonica sulle basse, in ripida caduta sino a 100 Hz (0,01%). Questo tasso non viene mai superato sino a circa 1700 Hz, limite oltre il quale si verifica un certo aumento. A 5050 Hz si raggiunge lo 0,021%, a 10101 Hz lo 0,037%, sempre con una certa forbice tra seconda e terza armonica.



Comportamento tipico da stato solido, se vogliamo credere a certe convinzioni che girano nel mondo dell'alta fedeltà e parlano di una distorsione armonica totale che si mantiene molto bassa entro un certo valore per poi subire un'impennata improvvisa. Rialzo repentino che nel nostro 25 iR si verifica oltre i 20 Watt.


ANIMA LATINA
L'ASCOLTO

 

L'IMPIANTO

 

PC Lenovo G50
DAC/Scheda Audio E-MU Creative Professional Pre Tracker USB 2.0
CD Player Rotel RCD 1070
Giradischi Pro-Ject Debut II SE con testina Denon DL 160
Preamplificatore Phono Grandinote Celio
Diffusori Canton LE 109 - Aliante Caterham Seven Exclusive - Wharfedale Diamond 11.4
Cablaggio: Kimber - Supra - Labirinti Acustici


Ma dopo questa valanga di dati tecnici e misure, in definitiva come suona questo amplificatore integrato?
Avevo già avuto modo di apprezzare tempo fa le sue doti sonore e di pilotaggio proprio a casa dell'amico Marco Sonnino, titolare della Hifi Direct. Rimasi sorpreso dalla disinvoltura con cui riusciva ad amministrare un diffusore non facile da pilotare come il VEF Radiotehnika Giant FS-100N prima serie, sistema da pavimento che conoscevo molto bene per averlo recensito nel settembre 2011. Arrivando a oggi, la lunga seduta d'ascolto finale del Clones Audio 25 iR non è che il compendio delle tante che ho avuto la possibilità di fare, confortato dal fatto che 25 Watt su 8 Ohm sono sicuramente una potenza di tutto rispetto per un normale ambiente domestico. E il mio salotto di circa 6x4 metri, mediamente riflettente, rientra certamente in questa categoria. Nel corso del test ero libero anche dal vincolo dei fatidici 90 dB di sensibilità che occorrono per far cantare a dovere amplificatori di piccola taglia, diciamo sino a una diecina di Watt utili. Con il Clones no, si può scendere di qualche dB. Dimostrazione è che le mie torri snelle Canton LE 109 (87 dB dichiarati) non hanno in nessuna occasione mostrato il fiato corto, come neppure le dure Caterham Seven Exclusive o le Cocaine S-40 Improved, piccoli diffusori da stand che si attestano sulla sensibilità di 82 dB/2,83 V/1 m. Visto che l'occasione era ghiotta, una persona ha avuto la gentilezza di prestarmi un'altra coppia di Slim Tower, le Wharfedale Diamond 11.4, giusto per pareggiare il conto con i bookshelf.

Questo quarto ospite ha scompigliato un po' le carte sul tavolo, piacevolmente perché ha sfoderato davvero un suono molto bello esaltando la grandezza del palcoscenico tridimensionale di cui questo integrato è capace. Punto fisso le Canton, le conosco talmente bene dopo anni di convivenza e frequenti rotazioni di elettroniche che non posso farne a meno in ogni mia valutazione. Talmente forte è la personalità del Clones Audio 25 iR che basterebbe ascoltare un solo CD o LP per inquadrarne subito le caratteristiche. Una gradevolissima musicalità si materializza nella mia sala d'ascolto con l'album Kind of Spain di Wolfgang Haffner, ricco di fascinazioni spagnole. Non lascia certo a bocca asciutta il suono, che si mostra da subito opulento, fastoso, con una gamma media molto interessante. Il basso è corposo e anche discretamente controllato. Siamo agli antipodi di una concezione sonica affilata, iperanalitica (anche se un sano dettaglio di certo non manca), non è tendente all'esangue quest'elettronica ma offre una bella sensazione di corpo e matericità. Rimango sulla strada del jazz ipnotico con il trittico di Lars Danielsson Liberetto I, II e III. La registrazione è molto buona, lucida e profonda, espansive le basse frequenze. Mi verrebbe voglia di fermarmi qui e non ascoltare altro, tanto è il sex appeal che si sprigiona dal 25 iR in questi album. Non è una voce essenziale, scarnita la sua, né nel timbro né tantomeno nelle dimensioni della scena, che si distende molto ampia, soprattutto in larghezza, un po' meno in profondità.

Per goderselo fino in fondo, bisogna accettare questa sua impostazione "monitor", che porta le medie abbastanza in avanti, pronte per essere colte con la massima evidenza. Ma una prova d'ascolto non può essere monocorde, piuttosto deve interessarsi ai generi più vari ed eventuali che l'utente avrà piacere di ascoltare. Fatto sta che tra una "divagazione" e l'altra, sono tornato spesso su questo trittico, che mi ha completamente conquistato. Mi sposto, forse non di molto, con il compunto Crossover di Mr. & Mrs. Cello con il loro album Crossover One, una intrigante rassegna di vari autori, tra cui Ludovico Einaudi e la sua Nuvole Bianche e una toccante Fragile di Sting, dove il pizzicato e l'arco descrivono una temperie sonora che non è un pallido ectoplasma della "grandeur" tipica delle amplificazioni più correntose e blasonate. Qualcuno potrà anche sorridere o credermi vittima di allucinazioni auditive, ma nelle corde di questo Chip Amp c'è veramente traccia del sound granitico dei finaloni di stampo americano, senza magari avere quei potenti muscoli ma con un pizzico d'intimismo e raffinatezza in più. Passo all'ultimo brano dell'album, eminentemente classico, cioè l'arrangiamento per due violoncelli delle "Variazioni sul tema Dal tuo stellato soglio dal Mosè in Egitto di Rossini". Le sonorità si mantengono costantemente su una rimarchevole intensità, nei timbri acuti emerge il notevole spessore armonico, tra i migliori connotati del Clones, insieme a quel calore che in un ascolto in cieco potrebbe farlo scambiare per un valvolare.

Non fa rimpiangere, direi, molti Push-Pull a tubi, per il calore che sprigiona in gamma medio-bassa, o se vogliamo dei Single Ended, vista la composizione armonica a favore degli ordini pari. Se fosse un motore, direi che ha una buona "spalla". Anche se non è nelle mie corde, questa volta mi sono cimentato anche con il Chemical Beat, l'album è The Fat Of The Land dei The Prodigy. Notevole la prestazione in termini di matericità con le Wharfedale, i ritmi sono serrati, a tratti angoscianti, ho pensato che l'amatore di quel genere (non io) potrebbe trovare dei buoni motivi per impossessarsi di un 25 iR, in virtù della sua abilità a entrare in sintonia con queste mistiche allucinazioni. Non mi dilungo oltre con The Prodigy, avvicinandomi a qualcosa di più familiare, che in qualche maniera chiude il cerchio di questa parentesi sonora. L'album è il gettonatissimo Aion dei Dead Can Dance, con un Saltarello che mi fa letteralmente sobbalzare dalla sedia. Qui trovo più musica che non con le precedenti alienazioni di "Smack My Bitch Up" o "Diesel Power". I bassi qui sono viscerali, dall'estensione intonsa, quasi inquietanti nella loro telluricità e contribuiscono a potenziare certe atmosfere che il duo musicale World-Fusion ha voluto evocare. Da ascoltare sino all'ultima nota questo CD di Lisa Gerrard e Brendan Perry, non fosse altro che per riflettere un po' su quanto la qualità sonora possa condizionare le emozioni che suscita la musica, qualsiasi essa sia. Il Country del bravissimo John Scofield in Country For Old Man mi conduce su percorsi più rassicuranti, di una primaverile tenerezza con i brani "Mr Fool", "Wildwood Flower" e "Red River Valley".

Nella seconda c'è il garbato drumming di Bill Stewart che ricama un gustoso scambio tra tom tom. Nella prestazione del Clones c'è molta pulizia, dei timbri autentici che possono contare anche su una gamma alta molto corretta, mai fuori dalle righe, beneducata e men che meno affaticante. In alcune occasioni, tuttavia, rischia di essere messa un po' in ombra dalla giunonicità della medio-bassa. Concludo questa carrellata dei generi, per me abbastanza inusuali, con l'Hip-Hop di Frankie-Hi-Nrg. L'album è Verba Manent, frutto dell'arte un po' stranita di Francesco Di Gesù, rapper e cantautore di origini siciliane. Si tratta di una musica elettrizzante, ricca di ritmi scattanti, che sottolinea la buona riserva dinamica con i due sistemi da pavimento, meno con i piccoli. A un certo punto penso che qua e là ci sia qualche accenno di lentezza, che si manifesta nei programmi musicali più ricchi d'improvvisi transienti. Son però dubbioso sulla mia percezione, ascolto allora "Peninsula" dall'album Jet Lag della Premiata Forneria Marconi, che mi fa subito ricredere. Alla fine giustifico questa mia - falsa - sensazione proprio con la generosità del Clones, la sua naturale propensione verso le tonalità calde. La fatica d'ascolto molto bassa, la totale assenza di fenomeni di vetrosità o acidità rende l'ascolto del Liscio (si, ho preso in considerazione anche questo) di Raoul Casadei particolarmente piacevole. Il CD è il classicissimo Romagna Mia. Ma la tentazione di ritornare al violoncello è forte, lo faccio con un tuffo nella classica grazie alla nuova release discografica di Silvia Chiesa, bravissima strumentista italiana.

Mario Castelnuovo-Tedesco, Gianfrancesco Malipiero, Riccardo Malipiero Cello Concertos è uno splendido disco che vede l'artista citata suonare con l'Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI diretta da Massimiliano Caldi. Il Giovanni Grancino di Silvia Chiesa è stato ripreso da distanza piuttosto ravvicinata, decisione felice che porta alle orecchie dell'ascoltatore tutto il suo calore e impressionante ricchezza armonica. Ci si ritrova immersi in un suono magnetico, che si fa completamente padrone dei nostri sensi, ubertoso. Il singolare e articolatissimo percorso umano della Sinfonia N. 5 di Gustav Mahler è costituito da numerosi tasselli che quasi tutto comprendono dell'animo umano. Trascinato dolore nella Trauermarsch, drammatica follia fatta di accecanti lampi di luce nello Stürmisch bewegt, pastorale incanto nello Scherzo. Kräftig, nicht zu schnell, sublime malinconia (come uno sguardo del mondo dall'alto) nel notissimo Adagietto e forza belluina, esaltazione del gioco e catarsi nel Rondo-Finale. London Philharmonic Orchestra diretta da Klaus Tennstedt. Se la cava alla grande il Clones con i suoi 25 Watt di forza, dolcezza, intensità e una musicalità che definire seducente sarebbe riduttivo. Grande vivacità timbrica traspare nel Concerto per archi in Sol maggiore RV 151 "Alla Rustica", qui l'assenza di qualsiasi forzatura porta a suonare quest'integrato con deliziosa naturalezza, la fioritura dei colori barocchi trova pieno rispetto e soddisfazione.

Concludo questa bellissima giornata di ascolti con il rilassante "Roots", dove intravedo molta più grazia e raffinatezza di quanto potuto riscontrare con altre amplificazioni (in classe D), magari meno "midrange-centriche" di questa. Perfettamente discriminabile il suono metallico delle chiavi del clarinetto basso suonato da Achille Succi e vellutata la chitarra di Pietro Ballestrero in questa registrazione "Live in studio" del fonico e produttore Marco Lincetto. Non arricci il naso l'audiofilo abituato ai pesi massimi, alle quintalate di componenti elettronici racchiusi in un ponderoso telaio. Questo è solo un piccolo, innocuo Chip Amplifier, che magari lui snobberà o guarderà con aria di sufficienza. Non così io, che ho scoperto in lui una "grandeur" sonora insospettabile, un amico fidato che fa del calore e della finissima musicalità le sue principali armi di battaglia. Può essere considerato al limite un po' "frontale", essere tacciato di "iperattività" della gamma medio-bassa ma è proprio per questo che avvicina alla musica più di altre amplificazioni, lo fa in virtù del fatto che strumenti e voci sono in plastica evidenza, sempre ben presenti. La gamma alta c'è tutta, linearissima, ma all'ascolto non appare particolarmente munifica e questo esclusivamente a causa del bilanciamento tonale un po' spostato verso il registro medio e basso. Si tratta comunque di un acuto di qualità al di sopra di ogni sospetto, esemplare per civiltà e discrezione, quanto mai lontano dall'"artificialità" di certi prodotti economici. Grande, infine, è la sensazione di silenziosità e nero infrastrumentale.


CONCLUSIONI

Il prezzo d'acquisto di 1099 euro proprio popolare non è. Qualche autocostruttore potrebbe avere un soprassalto e dichiarare che lui riuscirebbe a costruirselo con molto meno. A questo punto ci sono da fare un paio di considerazioni. Prima Riflessione. Quanti, tra i desiderosi di possedere un Gainclone, hanno una qualche abilità di autocostruzione? Ammesso che la abbiano, la qualità delle loro realizzazioni molto difficilmente potrebbe superare, o anche solo eguagliare, quella del 25 iR, per la semplice ragione che non possono disporre della competenza e dei mezzi che ha un marchio come la Clones Audio. Seconda riflessione. Esistono oggi in commercio tanti Chip Amp, sia in versione finita che a livello di PCB, molti (probabilmente la maggioranza) sono in classe D. Questi ultimi sono economici, fanno bene il loro dovere, hanno generalmente un'erogazione in gamma bassa solida e determinata, ma salendo in frequenza non hanno la magia del 25 iR, la sua meravigliosa eloquenza armonica in gamma media, la deliziosa musicalità e pienezza che invece questo possiede. Cercando di essere quanto più possibile obiettivo, ritengo che, in virtù dell'eccellente livello costruttivo, della qualità dei materiali e componentistica utilizzati, degli accorgimenti messi in atto per rendere silenziosa quest'elettronica, ma soprattutto per lo splendido suono, quest'integrato ha comunque un buon rapporto qualità/prezzo. La qualità timbrica è di piena soddisfazione, ricca e carnosa senza essere approssimativa; la gamma media svetta letteralmente sulla concorrenza grazie all'incredibile espressività e ricchezza armonica, con l'unica controindicazione di essere un po' più avanti di quanto dovrebbe. Il Clones Audio 25 iR è un amplificatore che in qualche maniera potremmo definire "Monitor". Una cosa è certa: si comporta davvero da grande amplificazione!

Ringrazio Marco Sonnino della Hifi Direct per aver reso possibile questa recensione e la Clones Audio per il prezioso supporto tecnico datomi!

 

 

Alfredo Di Pietro

Settembre 2018


 Imprimir   
Copyright (c) 2000-2006   Términos de Uso  Declaración de Privacidad
DotNetNuke® is copyright 2002-2024 by DotNetNuke Corporation