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 Amiata Piano Festival 2017 - Baccus - 25 Giugno Riduci

 

 

OMAGGIO A PAGANINI

Niccolò Paganini (1782 - 1840)
Serenata concertata in La maggiore, per violino e chitarra
   1. Allegro spiritoso
   2. Adagio assai espressivo
   3. Rondeau: Allegretto con brio. Scherzando

Sonata per la Grand Viola (trascrizione per viola e chitarra del compositore)

Terzetto in Re maggiore per violino, violoncello e chitarra

Introduzione e variazioni sul tema "Dal tuo stellato soglio" dal "Mosè" di Rossini (trascrizione per violoncello e pianoforte di Luigi Silva)

Quartetto per violino, viola, chitarra e violoncello in la minore Op. 4 N. 1
   1. Andante marcato - Vivace
   2. Minuetto alla marsigliese: Andantino
   3. Tema con variazioni: adagietto cantabile - Var. I: Più mosso - Var. II: Minore - Var. III: Presto


Roberto Molinelli (1963)
Fandango spagnolo "alla maniera di Niccolò Paganini", per violino, viola, violoncello, chitarra e pianoforte


Gianpaolo Bandini, chitarra
Mihaela Costea, violino
Simonide Braconi, viola
Silvia Chiesa, violoncello
Maurizio Baglini, pianoforte



Il concerto del 25 giugno conclude la prima tranche di Baccus. Lasciate decantare le ansie esistenziali della terza serata, giunge il momento di rilassarsi con una musica che non trafigge, ma coccola l'ascoltatore. La prendo come un cordiale arrivederci alla successiva triade di appuntamenti di Euterpe. A luglio, infatti, non saranno quattro ma solo tre i concerti, perché nella giornata di sabato 29 si svolgerà la festa patronale del Montecucco. Nella tradizionale festività paesana verranno aperti il Castello di Collemassari e l'azienda agricola, la musica quindi si concede una pausa che verrà comunque recuperata nei Concerti di Natale, che quest'anno saranno due invece di uno. Qui all'Amiata Piano Festival la musica può permettersi di essere disimpegnata (la vita è fatta anche di momenti leggeri) mai però banale o insignificante, recando sempre il segno distintivo dell'alta qualità, delle opere e dei musicisti chiamati a interpretarle. Se si ascoltano e riascoltano questi brani, suoneranno ogni volta più belli, anche quel piacevolissimo velo di effimero di cui sono rivestiti si rivelerà un elemento non controproducente per il puro godimento musicale. È qui, haydnianamente, di belle idee ce n'è a profusione. Ma siamo certi di conoscere bene il popolarissimo Niccolò Paganini? Ben note sono le sue doti di strabiliante virtuoso, meno forse quelle di compositore e l'Amiata Piano Festival ci aiuta stasera a focalizzare un repertorio cameristico che fu molto ponderoso, puntualmente sorretto da uno stile brillante, elegantissimo e accattivante, proprio come fu caratterialmente il musicista genovese.

 



Probabilmente prima "rockstar" della storia, è noto per aver portato la tecnica violinistica a vette insuperate (e forse insuperabili), in un'evoluzione/rivoluzione analoga a quella che Franz Liszt operò sul pianoforte. I due musicisti sono entrati a pieno diritto nell'immaginario collettivo come simbolo di un'abilità tecnica talmente elevata da sembrare sovrumana. Sono stati abbastanza simili anche nella personalità, affascinanti e gaudenti, entrambi noti per essere stati dei "tombeur de femmes". Ma se Paganini sovente sfogava sul violino il suo lato più demoniaco, alla chitarra (della quale fu eccellente esecutore) affidava la sua indole più amabile e salottiera, molte delle sue composizioni dedicate a questo strumento sono dei veri e propri corteggiamenti in musica. Non condusse certo una vita "monastica", dongiovanni impertinente, giocatore incallito accumulò molti debiti, non insensibile al denaro, ma il pubblico fu completamente conquistato dal suo violino. Non è esagerato parlare di leggenda per un musicista che fu grandissimo nel suo strumento principale, ma in grado anche di essere un virtuoso con pochi rivali anche nella chitarra e suonatore di viola. Noti sono i giudizi di alcuni grandi personaggi che lo ascoltarono. Di lui Heinrich Heine disse "Era una musica che l'orecchio non può sentire, una musica che solo il cuore può sognare. E Ludwig Halirsch: "Ogni nuovo successo conferma che è il più grande strumentista che il mondo musicale abbia mai avuto".

 



Robert Schumann, grande compositore e finissimo critico musicale: "Domenica di Pasqua. Stasera ho sentito Paganini. Che estasi! Con lui, gli esercizi più noiosi rifulgono come asserzioni pitiche, e il divino Schubert: "Nell'adagio di Paganini ho sentito il canto degli angeli. Non ci sarà più un altro come lui". Ma severo, quasi una stroncatura fu il giudizio di Thomas Moore: "Potrebbe suonare divinamente, e a volte lo fa per un paio di minuti, ma poi esce con trucchetti, sorprese, convulsioni dell'archetto ed enarmonici simili a miagolii di un gatto morente". Particolarmente feroce fu il giudizio del grande Wolfgang von Goethe "Non riesco a capire il fascino di questa colonna di fiamme e nubi. Io ho sentito solo suoni rapidissimi che non sono ancora riuscito a interpretare". Ma stasera ciò che ascoltiamo dalle corde di Gianpaolo Bandini, Mihaela Costea, Simonide Braconi, Silvia Chiesa e Maurizio Baglini al pianoforte (si, anche lui suona delle corde...) ci conduce nell'ambito del soave, ci parla se non dell'angelo Paganini ma del suo essere "fine dicitore", ci consente soprattutto di entrare nella sua amabilissima cantabilità. Un galante slancio propulsivo si riconosce nella Serenata concertata in La maggiore, per violino e chitarra, dove è quest'ultima forse a guidare il gioco, sicuramente con il suo timbro gentile rende tutto molto carezzevole. Si, quel musicista che si diceva avesse venduto l'anima al diavolo, talmente trascendentale era la sua tecnica, amava improvvisare e stupiva per il garbo elegante di una musica che spesso prendeva spunto da danze popolari.

 



La Sonata per la Grand Viola Op. 35 MS 70 è una composizione per viola e orchestra ma che qui ascoltiamo nella trascrizione per viola e chitarra fatta dallo stesso compositore. Fu eseguita per la prima volta a Londra nell'aprile 1834 e testimonia del particolare interesse di Paganini per questo strumento. Eminentemente virtuosistica, secondo lo stile del compositore, è strutturata in un movimento unico e si articola nelle tre sezioni di "Introduzione: Larghetto - Recitativo a piacere", "Cantabile: Andante sostenuto" e "Tema con Variazioni". Segue il Terzetto in Re maggiore per violino, violoncello e chitarra, emblema di quelle composizioni di carattere intimo, dedicate a un ambiente familiare e salottiero, meno impegnative dal punto di vista tecnico dei Concerti e le Variazioni per violino e orchestra. Paganini ne compose, dandole alle stampe, una buona quantità mentre delle opere a carattere trascendentale era molto geloso e mai in vita ne consentì la pubblicazione. Personaggio complesso, anche machiavellico se vogliamo, fortemente deciso a stupire le folle con la sua demoniaca abilità, era invece simpatico confidenziale in privato. Quest'ultimo aspetto credo si sia voluto sottolineare stasera con il flautato Terzetto in Re maggiore per violino, violoncello e chitarra. Un tributo al suo indiscutibile fascino melodico che si spande sul pubblico in un camerismo affettuoso. Momenti intimistici e rilassati che richiedono ensemble ben affiatati per essere comunicati al meglio. I nostri musicisti hanno capito che non è possibile trasmettere tutta l'amabilità che queste opere contengono se non si è disposti a sorridere, a lasciarsi andare a un beneducato dialogare senza mostrare alcuna legnosità dialettica.

 



Nella "Introduzione e variazioni sul tema "Dal tuo stellato soglio" dal "Mosè" di Rossini" interprete è il collaudatissimo duo Baglini-Chiesa, formazione cameristica che ha tutte le carte in regola per poter suonare con autorevole sicurezza un brano che esige nelle variazioni un notevole impegno virtuosistico. Ascoltiamo un Paganini in gran spolvero, disposto a familiarizzare immediatamente con il pubblico. Il Quartetto per violino, viola, chitarra e violoncello in la minore Op. 4 N. 1 è una composizione di più ampio respiro, in tre tempi. Questo "Omaggio a Paganini" termina in modo molto divertito, con il pirotecnico Fandango spagnolo "alla maniera di Niccolò Paganini" di Roberto Molinelli. Presente in sala il compositore, direttore d'orchestra e violista italiano. Si tratta di un brano contenente imitazioni onomatopeiche dei versi di parecchi animali, ancor più in questa versione approntata per l'Amiata Piano Festival. La storia di questa composizione umoristica inizia l'anno scorso, quando il Festival Paganini di Parma, su commissione del maestro Gianpaolo Bandini, propose a Roberto Molinelli di scrivere un pezzo per loro. Il direttore artistico Maurizio Baglini lo ha ripescato, ha deciso d'inserirlo nel programma ritenendolo il pezzo più divertente che nella musica da camera abbia mai trovato. Tanto è bastato per convincerlo a utilizzarlo come gran finale di Baccus. Ha desiderato però personalizzarlo, così da parte sua è stata avanzata la richiesta di aggiungere qualche animale poiché gli sarebbe piaciuto entrare a far parte del brano, in qualità di "animale" da palcoscenico, per concludere in bellezza la splendida serata.

 



Roberto Molinelli ha accettato e ha aggiunto la mosca e l'orso, con una marcia funebre, in una versione creata "ad hoc" per l'Amiata Piano Festival. Come spesso avviene, divertente però non coincide con facile da eseguire, il brano infatti è molto impegnativo, tanto difficile quanto ameno, un omaggio che il maestro Molinelli ha fatto di cuore al Festival. In questa composizione passano in rassegna cani e gatti, cavalli e cucù, asini e galline, la mosca e l'orso.

 

 

IL MAESTRO ROBERTO MOLINELLI PARLA DEL SUO FANDANGO SPAGNOLO "ALLA MANIERA DI NICCOLÒ PAGANINI".

 



Il pezzo è strutturato come “Tema e Variazioni”, con un leit-motiv che ritorna di volta in volta ("Maggiore") affidato a un diverso strumento, e si suddivide in questo modo:
 
- Tema – Allegro con spirito
- Var. I – "asini e galline" (violino)
- Var. II – "cani e gatti" (violoncello e viola)
- Var. IIb - "mosca & orso" (pianoforte)
- Var. III – "cavalli e cucù" (chitarra)
- Var. Ultima – "animali da palcoscenico"
 
Il "Fandango Spagnolo" era un brano nel quale il giovane Niccolò Paganini si esibiva usando il violino come mezzo di imitazione, per lo più di versi di animali, attraverso variazioni virtuosistiche che, come ci tramandano alcune testimonianze del tempo, incendiavano le folle. Di questa composizione, ammesso che avesse una forma musicale definita e che non fosse invece frutto della mera improvvisazione del momento, non è rimasto nulla, se non la data approssimativa, derivante dalle sopracitate attestazioni d'epoca: circa 1800. Nello scrivere questo Fandango Spagnolo, seppure ispirato "alla maniera di Niccolò Paganini", non ho perciò usato citazioni musicali del grande virtuoso genovese: tutto il materiale è originale e composto dal sottoscritto, con l'unico riferimento alle imitazioni onomatopeiche. Agli esecutori è richiesto dunque di evidenziare le rispettive variazioni, ricercandone platealmente l'effetto e talvolta - perchè no - pure esasperandolo, attraverso le umoristiche caricature animalesche di: "asini e galline" (Var. I, violino), "cani e gatti" (Var. II, rispettivamente violoncello e viola, con chitarra e violino che accompagnano simulando il fremito delle fusa feline), "cavalli e cucù" (Var. III, chitarra). Il crescendo dell'immaginazione animalesca dei gentili musicisti dovrà portarli, nella Var. Ultima e al ritmo di Nacchere, ad immedesimare se stessi come "animali da palcoscenico": una fiera e robusta razza artistica che da sempre infiamma le folle e che non sarà mai in via d'estinzione!

Alfredo Di Pietro

Luglio 2017


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